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Abbiamo letto con grande interesse il commento pubblicato nella presente rivista a firma del dott.Vincenzo Di Cerbo e del dott.Fabrizio Amendola sulla esperienza della Sezione Lavoro della Cassazione, organizzata, nel rispetto della Legge 197/2016, al fine di consentire agli operatori del diritto di confrontarsi con una sempre più costante uniformità di pronunce in ambito giuslavoristico.
Sia consentito un breve passo indietro.
Come noto il Giudice di legittimità sconta un costante aumento del contenzioso sottoposto al suo esame, con una litigiosità portata davanti ai Supremi Giudici che non ha eguali nel mondo.
A seguito della riforma apportata dalla L.n.197/2016 il Legislatore, anche al fine di agevolare le decisioni dei collegi, ha deciso di “relegare” la sentenza pubblica solo alle questioni di stringente attualità giuridica e di modifica/conferma di attestazioni giurisprudenziali obsolete, “confinando” invece tutti i casi relativi a vicende giuridiche di semplice soluzione all’udienza in camera di consiglio delle varie sezioni.
A questa prima “grande” rivoluzione, che ha visto la Cassazione decidere migliaia di ricorsi in maniera piuttosto celere, se ne è aggiunta un’altra derivante dall’esperienza della Sezione Lavoro del giudice di legittimità (e proprio di questa intende occuparsi il presente contributo).
Vero è infatti che, seppure la prima “scrematura” consentisse decisioni piu’ agevoli e veloci circa l’esito di molti contenziosi in essere (testimoniata dall’importante “recupero” che si è registrato negli ultimi 3 anni sui ricorsi pendenti), la sez. Lavoro della Suprema Corte ha voluto “osare” di piu’ e, per evitare che in lassi temporali ristretti, e senza alcuna giustificazione, l’interpretazione della normativa lavoristica fosse la più disparata possibile - pur a fronte di situazioni pressoché identiche - si è pensato di rendere ancor più “specializzati” i Collegi della sez. IV del Lavoro, creando tre macro aree.
Medesimi collegi si sarebbero infatti formati per dirimere vicende del pubblico impiego, ovvero quelle di natura previdenziale, ovvero, infine, quelle attinenti il lavoro privato.
All’interno di queste tre macroaree, poi, i si è spinti ancora oltre, creando una sorta di verifica ed esame preliminare delle varie questioni, per indirizzarle in sottocategorie a cui affidare, nei fatti, sempre gli stessi Collegi.
In altre parole, si è assegnato a composizioni di Collegi una rotazione limitata e, sempre in un’ottica di maggiore specializzazione, deciso di affidare agli stessi (Collegi) questioni giuridiche comuni.
In questo modo si è realizzato un primo evidente vantaggio, ovvero quello di consentire la trattazione di un importante numero di ricorsi relativi alle medesime questioni di diritto (o a questioni connesse tra loro) sempre allo stesso pool di Giudici, in modo da dirimere le controversie con decisioni tutte costanti e uniformi ed in tal modo realizzare - di fatto – quel principio nomofilattico che il Legislatore, sin dal 1941, vorrebbe attribuire al giudice di legittimità.
Quanto sopradetto non solo ha permesso una maggiore celerità nella trattazione dei ricorsi, con decisioni in P.U. solo laddove emergano questioni che possono aver riflessi giuridici degni d’esame dal giudice di legittimità, ma ha altresì consentito un’uniformità di decisione e di orientamenti degni di nota ed approfondimento da parte degli operatori del diritto.
Lungi quindi dall’aver creato una sorta di common law della Cassazione - per essere i giudici di merito comunque non vincolati alle attestazioni del giudice di legittimità – è purtuttavia vero che questo “dialogo” tra magistratura di merito e di legittimità consente all’avvocato (intento ad affrontare un contezioso) molteplici opportunità e vantaggi.
E’ infatti innegabile che il conoscere preventivamente – e con ragionevole probabilità - che laddove una certa questione giuridica venga portata all’attenzione dei supremi Giudici, il suo esito risulterà “allineato” all’orientamento in merito, consente in tal modo di poter operare una sorta di giudizio prognostico per poter poi “ancorarvi” l’opportunità (o meno) di coltivare il contenzioso.
Ma non solo.
Vero è infatti che, proprio perché la Cassazione non si occupa di dirimere “fatti”, ma di risolvere questioni giuridiche o interpretazioni di legge secondo l’effettiva intenzione del Legislatore, l’abilità del legale, laddove l’orientamento giurisprudenziale risultasse a Lui sfavorevole, consisterà nel far emergere quelle circostanze di fatto in grado di consentire un possibile ribaltamento della posizione giurisprudenziale “consolidata”.
Lo stesso dicasi per la magistratura di merito: i passaggi in sentenza che abbiano una logicità giuridica rispetto a circostanze di fatto emerse nel corso del processo ed, in particolare, in fase istruttoria, saranno sempre insindacabile nel giudizio di legittimità, mentre diverso discorso potrebbe essere fatto laddove quel medesimo giudice si trovi a confrontarsi con questioni strettamente giuridiche in via distonica dalle (costanti) attestazioni della Suprema Corte di Cassazione.
Posto quindi come, senza dubbio, questo scenario apra le porte alla criticità degli operatori del diritto del “precedente” conforme/difforme, si ritiene ben diversamente che possa essere considerato un valore lo stare decisis, che è ben diversamente l’obbligo della magistratura di merito di motivare adeguatamente tutte le volte in cui vi sia uno scostamento da una attestazione giurisprudenziale costante nel tempo da parte del giudice di Cassazione, per consentire, da un lato, di non comprimere il bisogno di giustizia in casi che, apparentemente simili ad un costante orientamento giurisprudenziale, presentino tuttavia delle peculiarità degne di essere affrontate e risolte anche in modo non conforme a quello conosciuto.
Al contrario, ove la fattispecie sia invece perfettamente sovrapponibile a quella già affrontata da costanti pronunce del giudice di legittimità, l’operatore accorto potrà agevolmente decidere di risolvere, anche magari in via stragiudiziale, la vertenza sottoposta al suo esame.
Nuovi scenari, quindi, si stanno aprendo, e con detti nuovi stimoli per la professione e per il diritto.

 

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