testo integrale con note e bibliografia

1. La Commissione di Garanzia dell’attuazione della legge n. 146-90 da «arbitro» del conflitto a strumento di sostegno alle parti sociali per la tenuta del sistema 

L’esperienza applicativa della legge 146 del 1990, dopo oltre trent’anni dalla sua approvazione, e l’istituzione della Commissione di Garanzia, che di tale approccio normativo rappresenta lo strumento più innovativo e significativo per garantire la piena attuazione degli obiettivi del legislatore all’esito di una gestazione culturale e parlamentare all’epoca affatto semplice, impone di effettuare un bilancio in ordine agli effetti che tale sistemazione ha generato sulla regolazione dello sciopero nei servizi pubblici essenziali.
A tal proposito, in primo luogo merita di essere segnalata l’eccezione che ne è derivata nel sistema italiano delle relazioni sindacali, dove i modelli di confronto tra le parti sociali sociale nel meccanismo di regole storicamente esistenti all’interno del conflitto collettivo si sono rivelati particolarmente accesi.
La legge 146, infatti, pur in un quadro di marcata procedimentalizzazione delle regole e dei meccanismi funzionali alla proclamazione dello sciopero, ha preferito incanalarli nel binario del confronto e del dialogo tra soggetti collettivi, piuttosto che nella prospettiva, ben presto apparsa meno feconda, della fissazione di regole stringenti, che avrebbero determinato un ingestibile irrigidimento del confronto tra gli attori collettivi.
Il risultato raggiunto è stato quindi quello di realizzare, in misura totalmente innovativa, un meccanismo di gestione del conflitto sindacale mediante la fissazione di regole che hanno l’obiettivo di grantire un equilibrio tra fonti, con lo scopo di garantire il bilanciamento tra diritti costituzionali e disciplina collettiva, rimessa alla volontà e al confronto fra le parti.
La strumento prescelto, com’è noto, è quello di un’elencazione, a titolo esemplificativo e parametrico, di diritti della persona costituzionalmente garantiti e, nel tempo in misura anche crescente in relazione al comune sentire, dei servizi considerati come essenziali, attribuendo la funzione di garantire l’esercizio di quei diritti, non tanto in via diretta al legislatore, bensì alle parti collettive, con il compito di individuare, tra quelle, attraverso appositi accordi ovvero il ricorso ai codici di autoregoamentazione laddove previsto con riferimento ai lavoratori autonomi per effetto dell’estensione operata dalla l. n. 83 del 20000, le prestazioni indispensabili che devono essere erogate e garantite in caso di sciopero.
Per raggiungere tali finalità, il legislatore ha poi introdotto nel sistema di relazioni collettive la presenza di un nuovo attore, la Commissione di Garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, a cui, in un primo tempo è stata devoluta una funzione di «arbitro» del conflitto, composta da esperti in discipline giuridiche e relazioni industriali, nel disegno del legislatore e nella pratica applicativa tendenzialmente estranei alla logica del confronto politico, dotata di prerogative in grado, dapprima, solo di fornire strumenti di supporto all’attività negoziale e poi, in seguito, come vedremo, di imporre la propria visione funzionale al perseguimento del superiore obiettivo di contemperamento dei diritti della persona costituzionalmente garantiti, senza tuttavia intaccare le regole del confronto sindacale.
La Commissione, cui il legislatore, per espressa previsione, ha quindi attribuito il compito fondamentale di valutare, tra l’altro, l’idoneità degli accordi e dei codici di autoregolamentazione di cui si è detto, a perseguire gli obiettivi prioritari che la legge si è data, opera in effetti in una particolare posizione di «incrocio» tra diversi diritti costituzionalmente garantiti: quelli di libertà economica, nelle diverse accezioni, ad esempio, di circolazione, mobilità, approvvigionamento di beni e servizi, da una parte ma anche gli altri diritti di libertà della persona dall’altra, assumendo un fondamentale ruolo di supplenza regolativa del governo del conflitto collettivo in sostituzione del legislatore.
Per effetto di tale meccanismo, ma soprattutto in ragione della difficoltà di individuare modalità regolatorie che prescindessero dalla selezione degli agenti contrattuali legittimati, alla luce delle note difficoltà derivanti dalla duratura mancata attuazione della seconda parte dell’art. 39 Cost., che a tal fine le ha attribuito una specifica prerogativa in tal senso, la Commissione nel tempo assunto una particolare importanza nell’ambito delle fonti di disciplina dello sciopero.
E invero, alla Commissione, inoltre, sono state affidati tutta una serie di compiti e funzioni che consentono di accompagnare gli attori del conflitto al perseguimento di un accordo, anche attraverso la previsione di obblighi di tregua e procedure di c.d. raffreddamento dello stesso, sul modello di quanto si verifica in altri ordinamenti europei, aventi chiare finalità dissuasive e che, senza intaccare il libero esercizio del diritto alle rivendicazioni di origine sindacale, lo canalizzano in una prospettiva disincentivante che favorisce il perseguimento di intese idonee a ridurre il disagio degli utenti dei pubblici servizi e a perseguire il contemperamento tra diversi diritti costituzionali di pari rango e valore, ancorchè, in presenza di accordo fra le parti, da perseguire quale strada principale, senza efficacia vincolante, sussistente solo in mancanza di un’intesa collettiva allo scopo di garantire comunque che il contemeperamento sia ugualmente realizzato, evitando un’eccessiva dilatazione del confine dello sciopero.
Tale situazione tuttavia, soprattutto in relazione alla proliferazione dei gruppi spontanei e delle organizzazioni non confederali e tradizionalmente meno collaborative che in epoca di crisi, come storicamente avviene in Italia in maniera ciclica, anche per effetto delle difficoltà economiche conseguenti alla pandemia, rende indispensabile anche interrogarsi sull’ambito di effettivo intervento della Commissione e sulle sue rinnovate capacità di svolgere ulteriormene e con analogo profitto tale funzione.

2. Il ruolo della Commissione di Garanzia nella gestione del conflitto collettivo nella giurisprudenza della Corte Costituzionale

Di particolare importanza nell’attribuzione alla Commissione di Garanzia di un compito decisivo nella gestione del conflitto collettivo è stata la giurisprudenza costituzionale.
Difatti, fin dalla prima verifica di costituzionalità, il Giudice delle leggi ha affermato l’infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 4, 8, 12, 13, 14 l. 146/90, sollevate dalla Provincia Autonoma di Bolzano per un presunto contrasto con talune disposizioni dello Statuto Speciale per il Trentino-Alto Adige.
Attraverso tale decisione, la Corte ha così evidenziato che la disciplina della l. 146/90, in quanto attuativa del precetto costituzionale, ha la funzione di garantire una regolamentazione omogenea della materia sull’intero territorio nazionale, allo scopo di «assicurare all’intera comunità una garanzia uniforme dei diritti fondamentali della persona, in vista dei quali la legge ha, appunto, introdotto limiti e condizioni alla possibilità di ricorso allo sciopero da parte di alcune categorie di lavoratori», così consentendo di affermare che la Commissione di Garanzia svolge una funzione di controllo e valutazione della fondatezza e della rispondenza delle fonti di disciplina dello sciopero ai principi indicati dal legislatore, assicurando un ruolo di sostegno alle procedure negoziali finalizzate a determinare il contenuto delle prestazioni indispensabili da erogare in caso di sciopero ed avvalendosi a tal uopo anche di poteri autonomi consistenti anche nella possibilità di emanare proposte di regolamentazione che, dopo le ulteriori aggiunte della l. 83 del 2000, hanno la funzione di predisporre comunque una disciplina di fissazione delle prestazioni indispensabili in attesa che le parti raggiungano un accordo valutato idoneo dalla Commissione stessa, che resta la soluzione chiaramente auspicata dal legislatore, ma che attribuisce una diversa portata all’attività della Commissione, chiamata non soltanto quindi a valutare l’idoneità degli accordi bensì a fissare un sistema di regole che, ancorchè provvisorio, consente di evitare che il mancato accordo fra le parti impedisca il bilanciamento tra l’esercizio del diritto di sciopero e quello degli altri diritti della persona costituzionalmente garantiti.
Successivamente, con sentenza 18 ottobre 1996, n. 344, la Corte si è pronunciata per l’infondatezza della questione di legittimità degli art. 1, 2° co., 2, 2° e 3° co., 8, 2° co., l. 12.6.90, n. 146, nella parte in cui impongono le prestazioni indispensabili individuate dai contratti o dagli accordi collettivi, nonchè dai regolamenti di servizio emanati in base ad accordi aziendali, a tutti i lavoratori, indipendentemente dall’iscrizione alle organizzazioni sindacali stipulanti, in riferimento agli art. 3, 39, 4° co., 40 Cost. soffermandosi in tal modo sulla incapacità del legislatore di predisporre un quadro di regole in materia di rappresentanza sindacale in attuazione del precetto costituzionale della seconda parte dell’art. 39 Cost., tale da consentire di selezionare preventivamente gli agenti contrattuali e le organizzazioni sindacali legittimate a rappresentare i lavoratori scioperanti e, dunque, di affiancare alla disciplina dello sciopero nei servizi pubblici essenziali un organismo effettivamente in grado di condizionare le parti del conflitto nell’individuazione delle prestazioni indispensabili nei settori di più rilevante interesse a tutela degli utenti.
Con tale decisione, peraltro, la Corte costituzionale ha ritenuto che la c.d. proposta della Commissione di Garanzia emanata ai sensi del vecchio testo della l. n. 146/90, avesse un’efficacia vincolante, provvisoriamente sostitutiva dell’accordo mancante, lasciando però aperta la strada affinche fosse il legislatore ad assegnare alla Commissione un ruolo più prossimo a quello delle principali autorità amministrative indipendenti.
Sotto il profilo sanzionatorio, va peraltro segnalata la sent. della Corte Costituzionale n. 57 del 24 febbraio 1995, che costituisce lo spartiacque tra l’originaria configurazione giuridica della Commissione e l’evoluzione della sua funzione nella dinamica dello sciopero nei servizi pubblici essenziali.
Con tale decisione, difatti, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, co. 2 della l. 146/90 nella parte in cui non prevedeva la preventiva valutazione della Commissione sulla legittimità delle sanzioni da irrogare anche alle organizzazioni sindacali in caso di sciopero illegittimo, limitandosi, la legge, a prevederla solo per le sanzioni individuali e, così facendo, ha difatto avviato il processo di rafforzamento dei poteri della Commissione di Garanzia.
La Corte costituzionale, quindi, cone le proprie pronunce di carattere manipolativo-additivo ha consentito l’attribuzione alla Commissione di Garanzia di un ruolo ben più esteso rispetto a quella del testo di legge, così aprendo la strada al rafforzamento normativo poi in seguito realizzato dal legislatore con la l. 83/2000.
La soluzione individuata dalla Corte, che ha ritenuto necessario l'intervento della Commissione nel procedimento sanzionatorio, se ha comportato un incremento del livello della garanzie procedimentali ai fini dell'irrogazione delle sanzioni, ha anche consentito di assegnare alla Commissione un ruolo non più soltanto di mera autorità garante delle finalità previste dalla legge, quanto piuttosto di vero e proprio soggetto «regolatore», in grado cioè di intervenire nel merito del conflitto allo scopo di valutare l’adeguatezza delle sanzioni da applicare ai responsabili dello sciopero proclamato e realizzato in violazione di legge.
Invero, la prima stesura dell’art. 12 della l. 146/90 costruiva la Commissione di Garanzia, come un organismo dotato di funzioni per lo più complementari e di sostegno alle attività negoziali, senza attribuire ad essa poteri autonomi e diretti di intervento con lo scopo di risolvere i conflitti collettivi, autorizzando la dotrrina a dubitare della sua natura di autorità «amministrativa indipendente», potendo al più «valutare l’idoneità delle misure volte ad assicurare il contemperamento dell’esercizio del diritto di sciopero con il godimento dei diritti della persona costituzionalmente tutelati...», nel corso del tempo ha poi ampliato il suo ambito di intervento, sia riconoscendo in capo ad essa nuove e più definite attribuzioni e facoltà, sia il compito di determinare autonomamente i criteri del proprio funzionamento e di acquisire, anche mediante audizioni, dati e informazioni dalle pubbliche amministrazioni, dalle organizzazioni sindacali e dalle imprese, nonché dalle associazioni degli utenti dei servizi pubblici essenziali, allo scopo di valutare le cause di insorgenza del conflitto e intervenire attraverso ampi poteri di intervento, anche di natura conoscitiva, per consentirne l’eliminazione ovvero le modalità ritenute più opportune nell’ambito del sistema di regole proprie del diritto sindacale vigente finalizzate ad appassirle.
D’altra parte, le previsioni, di cui all’art. 13, l. 146/90, nuovo testo, da quella della possibilità di convocare le parti in apposite audizioni per verificare se sono stati esperiti i tentativi di conciliazione e se vi sono le condizioni per una composizione della controversia, alla pubblicità delle delibere della Commissione fino alla previsione di comunicare ai Presidenti delle Camere, su richiesta deimedesimi o di propria iniziativa, sugli aspetti di propria competenza dei conflitti nazionali e locali relativi a servizi pubblici essenziali, valutando la conformità della condotta tenuta dai soggetti collettivi ed individuali, dalle amministrazioni e dalle imprese, alle norme di autoregolamentazione o alle clausole sulle prestazioni indispensabili, consente di affermare che la Commissione «si inserisce nella dialettica del conflitto fra il datore di lavoro e le forze sindacali per sindacare l’esatta applicazione della legge regolatrice del diritto di sciopero» e che pertanto essa rappresenta «un organo che non esercita alcuna funzione che concerna la regolamentazione, l’organizzazione o l’erogazione di servizi pubblici essenziali» e che è dunque pacificamente «neutrale», con ciò sensibilmente avvicinandola, nell’interpretazione giurisprudenziale, alle autorità di regolazione e garanzia di più sicura identificazione.

3. La progressiva estensione dell’ambio di influenza della Commissione di Garanzia nella valutazione della giurisprudenza di legittimità e nell’autonoma capacità dell’autorità di garanzia di assumere un ruolo sempre più decisivo nella gestione del conflitto collettivo. I limiti alla discrezionalità dell’Autorità di Garanzia nella sentenza del Consiglio di Stato n. 2116/2023.

Nell’originaria impostazione del legislatore, dunque, alla Commissione erano attribuiti in prima istanza compiti di collaborazione all’adozione, e quindi alla successiva applicazione, di misure a supporto degli interessi degli utenti e delle regole definite negli accordi collettivi per individuare le modalità di esercizio dello sciopero e l’erogazione delle prestazioni indispensabili.
L’art. 13, lett. a) della legge istitutiva, difatti, pur prevedendo la possibilità che la Commissione, non soltanto su istanza delle parti o di terzi, ma anche di propria iniziativa, potesse intervenire ad esaminare e valutare l’idoneità degli accordi conseguiti ex art. 2, 2° comma, stabiliva altresì che qualora questi non fossero giudicati idonei ad assicurare il conseguimento degli obiettivi previsti dalla legge, all’esito dell’esperimento di una fase conciliativa, potesse avanzare una propria proposta assegnando alle parti un termine di quindici giorni per potersi pronunciare in merito, ma senza esplicitamente ipotizzare alcuna sua vincolatività in caso di mancato adeguamento spontaneo ad essa.
Le uniche ipotesi previste dalla norma tali da imporre alle parti precisi comportamenti da tenere nelle ipotesi di mancato accordo erano previste unicamente con riferimento alla possibilità di formulazione di una richiesta congiunta alla Commissione di emanare un ‹‹lodo arbitrale›› sul merito del conflitto.
Orbene, proprio su tale proposta, e relativamente alla possibilità del datore di lavoro di imporre l’esecuzione di prestazioni ritenute indispensabili, nel silenzio della legge, in caso di mancato raggiungimento di accordi sul loro contenuto, si è concentrata l’attenzione della giurisprudenza di legittimità allo scopo di accertarne l’effettiva natura giuridica onde comprenderne l’ambito di intervento nel sistema delle fonti del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali.
L’assenza di specifiche attribuzioni funzionali alla composizione del conflitto, la previsione che il lodo di cui all’art. 13, lett. a) della l. n. 146/90, pur riguardando il merito, fosse di fatto soltanto limitato al contrasto sul contenuto e l’applicazione degli accordi, senza tuttavia poter incidere sugli effetti del conflitto, e la previsione della possibilità di indire un referendum sull’interpretazione e/o l’applicazione di accordi e codici di autoregolamentazione in ordine all’individuazione o alle modalità di effettuazione delle prestazioni indispensabili, non consentivano dunque di attribuire alla Commissione una vera e propria funzione di autorità di regolazione sul modello di quanto previsto dala legge in materia, ad esempio di concorrenza o comunicazioni e la cui riuscita di funzionamento era quindi prevalentemente rimessa alla mera volontà delle parti di conseguire accordi, piutosto che alla capacità della Commissione stessa di svolgere precipui compiti di sollecitazione alle parti di individuazione di intese efficaci a perseguire gli obiettivi fissati dal legislatore in direzione del contemperamento tra i diversi interessi e diritti costituzionali in gioco.
Nella fase iniziale, pertanto, la Commissione di Garanzia, pur costituendo un organismo di indubbio interesse in grado di incidere in misura significativa sul conflitto sindacale, in particolare in assenza di iniziative idonee a superare l’inattuazione della seconda parte dell’art. 39 Cost., evidenziava tutti i suoi limiti rispetto alle più significative autorità indipendenti presenti nel panorama normativo, dimodochè le proprie deliberazioni si rivelassero in pratica sostanzialmente inefficaci in funzione concretamente risolutiva dei conflitti collettivi.
Tuttavia, rispetto al testo originario della l. 146/90, l’attività creatrice e interpretatrice della giuriprudenza, non soltanto costituzionale, ma nel tempo anche di legittimità e di merito, ha consentito di conseguire il risultato di un rafforzamento del ruolo della Commissione di Garanzia.
Allo stesso tempo, la necessità di porre un argine all’emergere sempre più crescente di manifestazioni conflittuali caratterizzate da scioperi anomali e selvaggi nei settori più disparati della vita economica e sociae del Paese anche per ragioni determinate da una crescente difficoltà finanziaria che ha manifestato i suoi effetti più evidenti su famiglie, imprese e larghi settori della società, si pensi a giustizia e libere professioni, serivizi come energia, gas, acqua, igiene ambientale e rifiuti, trasporto aereo, ferroviario, marittimo, trasporto pubblico locale, pulizie e multiservizi, sanità, reti e comunicazioni, per ricordare i casi principali, ma anche scuola e università, ministeri, regioni e autonomie locali, ha imposto alla Commissione stessa la necessità di reinterpretare il proprio ruolo quale attore fondamentale del conflitto collettivo in direzione di una più marcata capacità risolutiva del conflitto, allargando in misura sempre più massiccia il proprio spazio e ambito di influenza, ben oltre gli spazi disegnati dal legislatore.
Così, hanno difatti oggettivamente «sorretto» l’azione delle Commissione ad assumere un proprio ruolo attivo, di stimolo all’attività negoziale delle parti, favorendo il perseguimento dello scopo principale della l. 146, di regolazione legale della capacità di auto-regolazione del conflitto della parti sociali, nella prospettiva di un successivo ampliamento del proprio ambito di intervento.
A sua volta, la giurisprudenza di legittimità si è poi pronunciata per il riconoscimento della preventiva obbligatorietà della valutazione della Commissione di Garanzia ai fini dell’emanazione dell’ordinanza di precettazione ex art. 8, l. 146/90 vecchio testo.
Inoltre, con riferimento ai limiti dell’efficacia della proposta formulata ai sensi dell’art. 13, lett. a) l. 146/90, pur avendo la dottrina rilevato come la principale funzione della Commissione, piuttosto che di composizione del conflitto, fosse prevalentemente quella di svolgere compiti di sostegno all’attività negoziale, la giurisprudenza, in mancanza di un’inequivoca pronuncia del legislatore, aveva infatti dovuto inizialmente negare il valore vincolante della proposta limitandosi a richiamare l’autorevolezza del giudizio della Commissione allo scopo di giustificare l’esclusione dell’antisindacalità del comportamento datoriale di comandata sulla scorta della preventiva valutazione circa l’idoneità degli accordi da parte della Commissione.
Sotto tale profilo, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’emissione dell’ordinanza di precettazione debba essere preceduta dalla formulazione alle parti in conflitto di una proposta alle parti, seppur non vincolante, e precisato che il mancato interpello della Commissione comporta l’illegittimità dell’ordinanza e la conseguente illegittimità del provvedimento sanzionatorio a carico dei dipendenti in sciopero.
Con ulteriori pronunce, i giudici di legittimità hanno poi riconosciuto efficacia vincolante alle proposte della Commissione, consentendo cosi di superare definitivamente le incertezze interpretative che avevano caratterizzato la prima stagione della legge sullo sciopero ed aprendo la strada ad un sensibile rafforzamento del ruolo e della funzione della Commissione nel delicato equilibrio tra poteri.
Secondo la Corte, infatti, in tema di sciopero nei s.p.e., al co. 1 dell’art. 2 della l. 146/90 deve attribuirsi natura di norma imperativa, dotata di effettiva esigibilità anche qualora tra le parti non siano intervenuti i contratti collettivi e gli accordi negoziali previsti dal comma 2 ovvero nel caso in cui la Commissione di Garanzia abbia espresso sugli stessi il giudizio di inidoneità.
Le difficoltà della Commissione di trovare autonoma collocazione e veder attribuita adeguata rilevanza giuridica ai propri atti nel sistema delle fonti dello sciopero nei servizi pubblici, unita alla necessità di individuare regole di più estesa efficacia in quei settori maggiormente travagliati dalla proclamazione di scioperi «selvaggi», hanno generato, nel corso del tempo, la produzione di una «giurisprudenza creatrice» da parte dello stesso organismo di garanzia.
La Commissione si è così ritagliata un ruolo crescente nella individuazione delle regole del conflitto, attribuendosi, attraverso lee proprie delibere, una funzione che il legislatore aveva inizialmente soltanto in qualche misura “abbozzato” e che, con riferimento al valore e al significato della proposta, ha acquisito, con le innovazioni introdotte dall’art. della l. 11 aprile 2000, n. 83, funzione di regolamentazione provvisoria, dopo aver verificato con apposite audizioni da svolgersi nell’arco di 20 giorni l’indisponibilità a raggiungere l’accordo, imponendosi alle parti e diventando pertanto vincolante.
Così, alle delibere della Commissione che - principalmente nei settori a più elevato tasso di conflittualità ed in mancanza di accordi collettivi hanno operato e continuano costantemente ad operare un intervento di «supplenza» nella determinazione delle regole sugli scioperi si sono successivamente affiancate ulteriori significative pronunce di sostegno a tale attività sia della giurisprudenza di merito che di legittimità, che hanno sostenuto sia la doverosità dell’esercizio del potere datoriale di determinazione delle prestazioni indispensabili in assenza degli accordi negoziali previsti dall’art. 2, co. 2 della l. 146/90 ovvero nelle ipotesi in cui la Commissione li abbia valutati inidonei, sia l’illegittimità dell’ordinanza di precettazione emessa in assenza del previo invito alla Commissione di formulare una propria proposta sul merito del conflitto, l’attività della Commissione si è infatti progressivamente concentrata da un lato, in direzione della specificazione di un quadro di regole di settori particolarmente delicati, abbisognevoli di ulteriori specificazioni rispetto al ristretto dettato normativo, dall’altro verso l’implementazione di discipline peculiari in settori trascurati ovvero non sufficientemente normati dalla l. 146/90.
La novella intervenuta con legge n. 83/2000 ha dato dunque soluzione alle non infrequenti situazioni di paralisi nell’individuazione di soluzioni giuridiche ai temi evidenziati, causate dalla mancanza di una disciplina consensuale: tale mancanza, infatti, spesso bloccava il normale iter di regolazione di un determinato settore, costituito dalla combinazione dell’accordo sindacale e dal successivo provvedimento di efficacia pubblicistica adottato dalla Commissione di Garanzia.
Ciò si è verificato in numerosi caso ma meritano ad esempio di essere segnalati lo sciopero dei docenti universitari, valutato legittimo dalla Commissione a condizione tuttavia che fossero rispettati taluni parametri tali da non ledere il diritto costituzionale allo studio ovvero le iniziative adottate per invitare il datore di lavoro a garantire la piena effettività del diritto alla mobilità dei cittadini utenti in caso di scioperi nel settore del trasporto pubblico locale, settore a conflittualità particolarmente elevata.
Rispetto ad esso, ad esempio, nella seduta del 5 dicembre 2017, la Commissione ha osservato di riscontrare l’esistenza di un “dislivello fra la percentuale di iscritti alle Organizzazioni sindacali proclamanti, il dato di adesione reale agli scioperi e gli effetti inversamente proporzionali che, invece, tali astensioni implicano per i cittadini utenti che si vedono costretti a usufruire dell’erogazione del servizio di trasporto esclusivamente nelle fasce di garanzia, benchè la partecipazione effettiva dei lavoratori ai suddetti scioperi risulti spesso numericamente esigua”.
In altre circostanze e sempre con riferimento all’elevata conflittualità esistente nel settore del trasporto pubblico locale, la Commissione ha posto la propria attenzione sulla necessitù dell’adozione da parte del datore di lavoro di misure organizzative idonee ad evitare gli effetti dannosi delle manifestazioni consistenti in assenze di massa per malattia ovvero ancora ha previsto il raddoppio dell’intervallo minimo che necessariamente deve intercorrere tra due scioperii nel medesimo bacino di utenza.
In tale prospettiva, la Commissione è ad esempio anche intervenuta allo scopo di contrastare i fenomeni di aggiramento delle regole consistenti in azioni collettive idonee a provocare effetti particolarmente disagevoli agli utenti attraverso forme di astensione dal lavoro attuate attraverso comportamenti idonei a creare peculiari forme di disagio all’utenza, senza la preventiva proclamazione di un vero e proprio sciopero, come ad esempio verificatosi in occasione della massiccia presentazione di certificati medici da parte dei componenti del Corpo della Polizia Municipale di Roma la notte di San Silvestro del 2014, che ha generato un acceso dibattito, poi conclusosi per effetto di una pronuncia della Sez. Lavoro della Corte di Appello di Roma, che si è pronunciata in senso favorevole al potere di intervento e sanzionatorio della Comissione di Garanzia, affernamandone la legittimità.
Tale evoluzione è ormai inarrestabile ed è sempre più spesso supportata dalla giurisprudenza.
A tale proposito, infatti, merita di essere segnalata la pronuncia della Corte di Cassazione, sez. Lavoro, n. 11365 del 7 aprile 2023.
Invero, la Corte di legittimità, nell’esamiare i poteri della Commissione di Garanzia, ha confermato la decisione del giudice di appello, affermando che il compito di verificare l’ illegittimità dell’operato degli aderenti ad uno sciopero illegittimo è demandato all’Autorità alla quale viene riconosciuto il potere di “prescrivere” al datore di lavoro l’applicazione di sanzioni individuali ai propri dipendenti.,
La prescrizione, se da un lato rende doveroso il comportamento del datore di lavoro in ragione della “funzionalizzazione” del potere disciplinare alla tutela dei beni-interessi di livello costituzionale coinvolti nel bilanciamento effettuato dalla legge sullo sciopero, sotto altro profilo costituisce il presupposto per l’esercizio del potere disciplinare.
Il datore di lavoro, infatti, secondo la Corte, resta libero di esercitare il proprio potere indipendentemente dal pronunciamento della Commissione solo in presenza di condotte dei lavoratori che si astengono dal lavoro senza il rispetto delle modalità legittimamente programmate dai sindacati, ampliando ulteriormente l’ambito di intervento della Commissione ed attribuendole quindi una funzione di vero e proprio organismo in grade di fungere da «metronomo» della gestione del conflitto collettivo anche in ordine alla proporzionalità della reazione datoriale sul profilo sanzionatorio rispetto a comportamenti ritenuti illegittimi.
Una significativa pronuncia, tuttavia, in ordine ai limiti all’esercizio della discezionalità dell’attività della Commissione di Garanzia è tuttavia di recente intervenuta per effetto della sent. del Consiglio di Stato n. del 2023.
Il massimo organo della giustizia amministrativa, infatti, accogliendo il ricorso presentato da FILT-CGIL, ha annullato la delibera n.18/138 del 23 aprile 2018 adottata dall’Autorità e che, in materia di trasporto pubblico locale aveva esteso fino a 20 giorni, l’intervallo tra le azioni di sciopero, osservando che la discrezionalità della Commissione deve “essere esercitata con particolare cautela e attenzione, assumendo decisioni che siano il frutto di una accurata istruttoria e che siano caratterizzate, nell’individuazione della misura più opportuna da mettere in campo, da una motivazione puntuale dalla quale sia possibile poter ricostruire nella sua interezza e completezza il corredo informativo che giustifica l’azione autoritativa".

4. Commissione di Garanzia ed evoluzione del conflitto in direzione della sua sempre più marcata «terziarizzazione»

L’evoluzione del conflitto in direzion di una configurazione sempre più ampia ed estesa del concetto di «servizio essenziale», hanno comportato nel tempo un allargamento sostanziale dell’area di applicazione della l. 146/90 in nuove direzioni, che probabilmente al momento della stesura della legge non erano nemmeno ipotizzabili.
Si pensi ad esempio al vorticoso sviluppo della logistica connesso alla crescita sempre più marcata del commercio a distanza, ma in generale la crescita del lavoro da remoto e l’incremento sempre più vasto dei sistemi di intelligenza artificiale che impattano sull’organizzazione del lavoro ovvero anche del fenomeno dei riders.
Fenomeni, questi, che comportano la necessità di ripensamento delle logiche e delle modalità di funzionamento del conflitto e conseguentemente delle sue regole, anche in considerazione delle difficoltà che tali vicende possono determinare sia sulla individuazione dei criteri per determinare la titolarità dello sciopero e le modalità concrete di attuazione.
A ciò si aggiungano le inevitabili trasformazioni che derivano dall’emergere di nuovi modelli organizzatvi, sociali ed economici post-pandemia e dalla modalità di svolgimento della prestazione, soprattutto nel settore dei servizi, fattori tutti che incidono in misura sensibile sulla tipologia del conflitto e le sue modalità di esercizio.
La fase post-pandemica e la crisi economica che ne è seguita, difatti, vede registrarsi una ripresa delle agitazioni collettive, dopo un periodo di relativa riduzione dovuto al blocco di numerose attività, ma anche la tendenza alla modificazione, già emersa in verità in precedenza, della tipologia del conflitto: così, si assiste a casi sempre più frequenti e diffusi di micro-conflittualità, in ambiti diversi, che prendono il posto dei grandi scioperi, anche in ragione della ormai scarsa capacità aggregativa del sindacato e della sua trasformazione da organizzazione di massa in direzione di una sempre più estesa individualizzazione del conflitto; dall’altro la crescita sempre più estesa del fenomeno dei piccoli sindacati, meno strutturati rispetto alle sigle tradizionali, che ricorrono allo sciopero allo scopo di incrementare la loro visibilità e rappresentanza, altrimenti sacrificate dal sistema.
Rispetto a tali cambiamenti anche il ruolo della Commissione ha avuto e dovrà necessariamente subire un’ulteriore evoluzione, con interventi mirati anche in direzione di frequenti inviti alle parti e, soprattutto alle aziende e alle amministrazioni erogatrici dei servizi a scongiurare blocchi totali allo scopo di evitare l’aggravamento della situazione emergenziale.
A fronte di ciò e della sempre più diffusa frammentazione sindacale, appare sempre più indispensabile l’individuazione di meccanismi di selezione degli agenti contrattuali, così come di strumenti che consentano la riduzione in macroaree dell’enorme numero e tipologia di contratti collettivi nazionali di lavoro che nel corso degli ultimi anni, come registrano le Relazioni sull’attività della Commissione periodicamente presentate al Parlamento, tendono a profliferare sempre più, sovente anche nell’ambito di uno stesso settore, creando ulteriori difficoltà e complicazioni nell’ambito della dialettica delle relazioni industriali, generando veri e propri fenomeni di dumping sociale.
D’altra parte, appare ancor più necessario, alla luce dei mutamenti in atto, un ulteriore rafforzamento delle prerogative della Commissione, non soltanto in termini di allargamento delle competenze, quanto piuttosto dell’incremento delle risorse in termini di dotazioni di personale e finanziarie, dimodochè la struttura amministrativa possa ulteriormente dedicarsi all’accertamento delle cause di insorgenza del conflitto e consentire al Garante di intervenire nella fase preventiva a quella di insorgenza del conflitto e di costruzione delle relazioni sindacali, anziché in quella di valutazione dei comportamenti, una volta che lo sciopero sia stato già proclamato.
A tale scopo, appare tuttavia opportuno evidenziare che sovente, in particolare nelle situazioni in cui sia coinvolta una pubblica amministrazione, l’origine del conflitto risiede nel comportamento dello stesso soggetto pubblico quando ritardi l’adempimento delle proprie obbligazioni, ad esempio in termini di corrispettivo pattuito, alimentando forme di tensione sociale del personale dei concessionari o affidatari del servizio, rispetto alle relazioni con il proprio personale addetto: orbene, allo scopo di arginare il fenomeno la Commissione di Garanzia ha avviato un percorso di collaborazione con la Procura Regionale della Corte dei Conti allo scopo di ottenere l’accertamento della sussistenza, in tali ipotesi, di danno erariale in capo alle amministrazioni responsabili di tali rallentamenti fonte di incremento della conflittualità, allo scopo di ridurne la frequenza.
E’ chiaro però che in tale prospettiva, piuttosto che limitarsi ad attenrsi che tali compiti siano circoscritti alla pur apprezzabile capacità di iniziativa della Commissione, risulti indispensabile la costruzione di meccanismi e percorsi che siano in grado di incidere, da un lato sull’intera filiera del conflitto e non soltanto sugli aspetti meramente formali ed esteriori delle manifestazioni conflittuali quando sfocino nello sciopero e dall’altro sul rafforzamento del sistema sanzionatorio, che solo un intervento del legislatore possa consentire di conseguire, partendo innanzitutto dalla necessaria approvazione di una legge sulla rappresentanza sindacale per la quale i tempi appaiono più che maturi se non si vuole correre il rischio di disperdere il prezioso patrimonio di conquiste sul piano della legittimazione giuridica, formale e sostanziale dell’attività dell’organo di garanzia, i cui sforzi rischierebbero di scontrarsi con la realtà fattuale e che non possono essere unicamente supportti dall’attività interpretativa e creatrice della giurisprudenza ma riconodotti nell’ambito di un ben definito percorso normativo e istituzionale.

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