testo integrale con note e bibliografia

sentenze citate

Affronterò innanzitutto il profilo dei diritti di partecipazione del Sindacato alle scelte imprenditoriali che afferiscono alla chiusure di stabilimenti.
Il Sindacato, a mio avviso, ha diritto di assumere un ruolo di vero e proprio agente contrattuale nelle vicende che occupano questo dibattito.
Il diritto di informazione del sindacato si ascrive ontologicamente alla tutela collettiva degli interessi dei lavoratori, ed è un diritto strumentale, finalizzato al diritto di consultazione nei procedimenti di adozione delle più significative scelte dell’impresa.
Pertanto esso è collocabile nella protezione costituzionale dei diritti fondamentali; innanzitutto, nella categoria delle libertà sindacali contemplate dall’art. 39 cost, e certamente quale declinazione della libertà di informazione pure prevista dall’art 21 cost, intesa, come notava l’insigne costituzionalista bolognese Paolo Barile, quale libertà di informare, informarsi ed essere informarsi. Nel nostro caso, meglio, quale libertà di essere informati, informarsi ed informare .
Felice Testa, in una sua nota, osserva che “L’informazione è funzionale alla protezione che la conoscenza reca ai lavoratori, così realizzando l’utilità sociale ex art 41 cost.” .
E’ quindi collocabile anche nell’ambito del diritto dei lavoratori a collaborare alla gestione delle aziende di cui all’art. 46 cost, perché finalizzata alla “elevazione economica e sociale del lavoro in armonia con le esigenze della produzione”.
E pure nell’alveo dell’art. 2086 c.c novellato dal codice della crisi, con riguardo agli oneri di tempestiva rilevazione della crisi, di istituire assetti adeguati e di superare la crisi anche con accordi di composizione negoziata.
Tali oneri corrispondono ad uno specifico interesse dei lavoratori, tant’è che l’art 4 comma 3 del codice della crisi dispone a tali fini anche una particolare procedura di informazione consultazione sindacale “Ove non siano previste, dalla legge o dai contratti collettivi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 25, diverse procedure di informazione e consultazione”.
Uno dei problemi che sono stati posti in dottrina e giurisprudenza è proprio quello di armonizzare le prescrizioni e le garanzie contrattuali e normative in tema di diritto di informazione sindacale.
Il primo apparente contrasto che è stato esaminato in numerosi procedimenti per condotta antisindacale promossi negli ultimi tempi dalla Fiom Cgil è quello tra le procedure di informazione previste nella L. 223/91 per i licenziamenti collettivi e quelle previste nelle imprese con più di 50 addetti nello “Stato membro”, dalla Direttiva Comunitaria 2002/14/CE, attuata dal d. lgs 6/2/2007 n. 25.
Ciò perchè l’art. 8 del decreto esclude che le informative ex L. 223/91 siano assorbite da quelle del d.l. 25/2007, ma nulla dice per il caso contrario, ossia se quelle ex L. 223/91 possano assorbire le altre.
Vieppiù giacchè l’art. 9 del ccnl metalmeccanica, che è stato il primo ed ancora uno dei pochi contratti a dare attuazione alla norma, espressamente prevede che “…le procedure previste dalla legge 23.7.1991, n. 223, dalla Legge 29.12.1990, n. 428 nonché dal D.P.R. n. 218 del 2000, assorbono e sostituiscono le procedure di informazione e consultazione in materia.”.
La giurisprudenza ha costantemente interpretato gli oneri di informazione preventiva di cui al citato art. 9 come diversi ed ulteriori rispetto a quelli previsti dalla L. 223/91, afferendo, invero, tali ultimi oneri solo alla procedura, recte, alla materia dei licenziamenti collettivi, mentre i primi alla “ situazione, la struttura e l'andamento prevedibile dell'occupazione nonché, in caso di previsioni di rischio per i livelli occupazionali, alle eventuali misure di contrasto previste al fine di evitare o attenuarne le conseguenze” , collocandosi, pertanto, in un momento necessariamente antecedente rispetto alla scelta di adottare i licenziamenti.
Segnatamente, il Tribunale di Firenze, con il noto decreto ex art. 28 del 20/9/2021, nel caso, identico a quello che ci occupa, inerente il licenziamento collettivo di tutti i lavoratori della GKN, ha osservato:
< Dalla lettura della norma contrattuale emerge che l'obbligo di informazione gravante sul datore di lavoro non è limitato alla comunicazione della decisione assunta, ma si estende alla fase di formazione della decisione stessa. Dalle espressioni "andamento prevedibile dell'occupazione", ''previsioni di rischio per i livelli occupazionali”, “previsioni sulle dinamiche occupazionali anche in relazione all'andamento della domanda e dei conseguenti carichi di lavoro" si inferisce che parte datoriale è tenuta a condividere con il Sindacato non solo i dati aziendali (sull' andamento del mercato, i livelli produttivi ed altro), ma anche ogni valutazione effettuata in ordine ai suddetti dati, tutte le volte che, come nel caso di specie, tale valutazione comporti una "previsione di rischio per i livelli occupazionali" >.
Analogamente il Tribunale di Trieste nel decreto ex art. 28 del 23/9/22 inerente la chiusura dello Wartisila , precisando, peraltro, che < ….. si deve evidenziare che pur non esistendo normative specifiche sul tema può ritenersi esistente, con riferimento alle tutele ed alle garanzie in ambito macro – occupazionale, un principio di “indifferenza”, nel nostro ordinamento giuridico, rispetto alle dinamiche infragruppo. L’art. 4 comma 15 bis della legge 223/91 afferma espressamente che “Gli obblighi di informazione, consultazione e comunicazione devono essere adempiuti indipendentemente dal fatto che le decisioni relative all'apertura delle procedure di cui al presente articolo siano assunte dal datore di lavoro o da un'impresa che lo controlli. Il datore di lavoro che viola tali obblighi non può eccepire a propria difesa la mancata trasmissione, da parte dell'impresa che lo controlla, delle informazioni relative alla decisione che ha determinato l'apertura delle predette procedure”. La resistente non può quindi opporre ai ricorrenti la dinamica delle vicende infragruppo per sostenere di avere correttamente ed in buona fede adempiuto agli obblighi informativi cui la stessa era tenuta.>.
Il Tribunale di Monza, con decreto del 28/1/21, per la chiusura dello stabilimento Giannetti: < Né si può ritenere che laddove nell’art. 9 si legge che “Le Parti si danno atto che le procedure previste dalla legge 23.7.1991, n. 223, dalla Legge 29.12.1990, n. 428 nonché dal D.P.R. n. 218 del 2000, assorbono e sostituiscono le procedure di informazione e consultazione in materia” i contraenti abbiano voluto ritenere assorbite nella procedura dell’art. 4 della L: 223/91 anche informazioni relative alla chiusura degli stabilimenti. Ed infatti, dalla lettura della suddetta disposizione è chiaro che essa fa riferimento agli obblighi informativi “in materia” ovvero a quelli propri, con riferimento alla legge n. 223/91, del licenziamento collettivo>.
Il Tribunale di Ancona nel decreto ex art. 28 del 22/2/22, occupandosi della chiusura dello stabilimento Caterpillar e delle prescrizioni dell’art. 9 del ccnl metalmeccanica, osserva, in riferimento agli oneri di informativa pure prescritti dall’art. 4 d. lgs 25/2007 attuativo della direttiva europea 2002/14/ce, che è espressamente richiamata dalla prefata norma collettiva, che “…le informazioni preventive debbano essere date con modalità di tempo idonee a garantire l’efficacia della iniziativa”.
Infine il Tribunale di Foggia, con il decreto ex art. 28 del 30/5/2023, in ordine alla chiusura dello stabilimento G&W Electric, afferma espressamente che : “non pare, infatti, seriamente contestabile che la decisione di cessazione dell’attività produttiva, con conseguente avvio della procedura di licenziamento collettivo, rientri a pieno titolo nelle materie oggetto di preventiva informazione e consultazione, trattandosi, a tacer d’altro, di determinazione suscettibile di comportare rilevanti cambiamenti dell’organizzazione del lavoro” e, in particolare, che “il mancato adempimento dell’obbligo di preventiva informazione e consultazione delle OO.SS. in una fase cruciale per la sopravvivenza della società integra, in ogni caso, un comportamento contrario ai principi generali di correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1375 c.c.), al cui rispetto è improntato il sistema delle relazioni sindacali”.
Rimarca, inoltre, il Giudice di Foggia, adito espressamente dalla Fiom per sentire dichiarare la violazione dell’obbligo di informativa ex art. 9 del CCNL, che < l’art. 8, comma 1, del D.lgs. n. 25/2007 – nel far salve le procedure di informazione e consultazione previste, tra le altre, dalla legge n. 223/1991 (che, quindi, “restano ferme”) – lascia intendere che i diversi obblighi informativi (quelli sanciti in via generale dal D.lgs. n. 25 cit. e quelli dettati in materia di licenziamento collettivo) siano tutti parimenti coesistenti nella loro portata vincolante >.
Unanimemente, dunque, la giurisprudenza, nelle analoghe fattispecie, ha ravvisato la antisindacalità della condotta datoriale per il mancato preventivo assolvimento degli obblighi di informativa ex art. 9 CCNL metalmeccanica nelle ipotesi di licenziamento collettivo, vieppiù laddove giustificato dalla chiusura della azienda.
Ad ogni buon conto, deve essere rilevato che la norma contrattuale non dispone espressamente la sanzione per tale violazione e che, e pertanto, ciò ha determinato, nella fattispecie, soluzioni non univoche quanto alla rimozione egli effetti di tale condotta omissiva.
La norma che disciplina la procedura di informazione nel caso di chiusura di stabilimenti industriali, non prevede, infatti, la sanzione della nullità dei licenziamenti non preceduti dalla informativa come l’art 37 del d.l. ”aiuti” ter n. 144/2022, che modifica l’art 1 co 235 della L. 234/2021, per le imprese con più di 250 dipendenti che intendano delocalizzare e licenziare più di 50 lavoratori.
Il Tribunale di Firenze con il decreto ex art. 28 del 20/9/21, ha ordinato la revoca della procedura di licenziamento collettivo, pur ritualmente avviata ex L. 223/91, ordinando al datore di lavoro di adempiere preventivamente agli obblighi ex art. 9 CCNL.
Il Tribunale di Ancona, nel decreto ex art. 28 del 22/2/22, ha dichiarato la antisindacalità della condotta in esame condannando il datore di lavoro al risarcimento del danno alla immagine arrecato al sindacato in misura di euro 50.0000,00.
Il Tribunale di Monza , riformando parzialmente il decreto ex art. 28 con il quale aveva ordinato la cessazione della condotta e la revoca della procedura di licenziamento collettivo, con sentenza di opposizione n. 56 del 28/1/22, salva la procedura ed ordina al datore di lavoro per il futuro di adempiere agli obblighi informativi ex art. 9.
Il Tribunale di Trieste, con il decreto del 23/9/22, revoca la procedura di licenziamento collettivo e condanna il datore di lavoro a risarcire il danno alla immagine del sindacato in misura di euro 50.000,00.
Il Tribunale di Foggia , con decreto ex articolo 28 emesso il 30/5/2023, dichiara l’antisindacalità della condotta della multinazionale G&w Srl in liquidazione ed attualmente in concordato preventivo per la mancata concessione preventiva dell’informativa sulla situazione organizzativa ed occupazionale e condanna la società a risarcire al sindacato la somma di euro 50.000,00 per danno all’immagine ordinando la pubblicazione del decreto sui maggiori quotidiani nazionali.
Osserva, tuttavia, la dottrina, evocando la norma comunitaria della quale l’art. 9 del ccnl metalmeccanica costituisce espressa applicazione (cfr: “Le previsioni che precedono costituiscono attuazione della disciplina di cui al d. lgs 6/2/2007 n. 25”, norma nazionale che a sua volta attua la direttiva di seguito indicata): < L’art. 4 comma 3, della Direttiva n. 2002/14/Ce, a proposito delle modalità delle informazione e consultazione, è estremamente chiaro nel prescrivere che “l’informazione avviene ad un dato momento, secondo modalità e contenuti appropriati. Suscettibili in particolari di permettere ai rappresentanti dei lavoratori di procedere ad un esame adeguato e di preparare , se del caso, la consultazione”. Pare dunque inevitabile riconoscere, in caso di violazione dell’obbligo, un pregiudizio ai bei protetti dalla norma statutaria ( nella specie, la libertà sindacale) nonché pretendere, in sede di rimozione degli effetti del comportamento lesivo, il ripristino di condizioni che consentano di svolgere utilmente l’attività sindacale, il chè suppone il ripristino dei vincoli di propedeuticità che le fonti legali e negoziali all’uopo istituiscono>
La giurisprudenza più restrittiva, in realtà, non pone una questione di astratta idoneità del rimedio concernente la invalidazione della procedura di licenziamento collettivo, pur legittimamente avviata, nella ipotesi considerata di mancata preventiva comunicazione della informativa ex art. 9 del CCNL, né di insussistenza della attualità della condotta.
In punto di fatto, tuttavia, parte della giurisprudenza di merito (Ancona, Monza e Foggia in contrapposizione a Firenze e Trieste ed alla citata dottrina, che non richiedono tale verifica), giunge ad ammettere la possibilità di revoca della procedura di licenziamento collettivo solo ove sia sussistente e positivamente dimostrato il nesso di causalità, anche probabile, tra la omessa informativa ex art. 9 CCNL e l’avvio della predetta procedura.
La più recente sentenza resa il 28/9/2023 dal Tribunale del Lavoro di Milano ha , tuttavia, dichiarato, per la omissione delle preventive informazioni al sindacato, la antisindacalità e quindi la nullità di tutti i licenziamenti disposti dalla Uber Eats, che intendeva delocalizzare le attività, nei confronti dei lavoratori riders, puntualizzando alcuni interessantissimi aspetti che mi accingo ad illustrare:
1) Lo Statuto dei Lavoratori, e pure l’art 28, si applica integralmente ex art 2 DL 81/2015 anche alle collaborazioni eterorganizzate come è qualificabile il rapporto “algoritmico” dei riders;
2) Si applica quindi, anche la L. 223/91 e gli obblighi di procedura informativa ad essa connessi;
3) Si applica anche l’art. 1 co. 224 L. 234/21 che sancisce la nullità dei licenziamenti disposti dalla impresa delocalizzante in mancanza di informative;
4) Quanto al coordinamento con le altre disposizioni, dichiara inapplicabile in toto alla fattispecie il dl 25/2007 stante l’assenza di contrattazione collettiva di attuazione;
5) Non liquida il danno alla immagine poiché nel processo non risultava favor nei confronti di altre OO.SS..
L’ultimo argomento del Giudice di Milano non è assolutamente condivisibile, giacchè il danno alla immagine patito dal Sindacato a seguito della lesione del suo diritto di informazione nelle situazioni di crisi occupazionale si realizza principalmente nei confronti dei suoi iscritti, laddove invece l’ipotesi della discriminazione nei confronti di altra sigla sindacale, al più, costituirebbe aggravamento del danno già verificato.
L’ordinamento, del resto, già prevede un utile parametro della sua quantificazione con la sanzione amministrativa da commisurarsi nel range da 3.000,00 a 18.000,00 euro, ai sensi dall’art 8 del dl 25/2007, per ogni violazione di informazione ex se considerata.
In chiusura di questa rapida rassegna giurisprudenziale e della mia relazione, non può che essere rilevato che l’intervento del Giudice e del legislatore nella materia della chiusura degli stabilimenti, è limitato, con le attuali previsioni sanzionatorie, ai fini di ristabilire la correttezza del conflitto sindacale, giacchè, ripristinato il diritto di informativa, l’impresa rimane libera di adottare le sue decisioni.
Non sempre, peraltro, come pure detto, la giurisprudenza consente il ripristino effettivo della lesione del diritto di informativa, salvo, come detto, l’applicabilità della disciplina in materia di delocalizzazioni, in quanto gli strumenti di riparazione prescelti in alcune più recenti pronunce si risolvono anche nella mera tutela risarcitoria.
Sta di fatto che il Sindacato, se tempestivamente informato, può esercitare il conflitto promuovendo le migliori tutele occupazionali.
E’ evidente che costituisce prerogativa e dovere del Sindacato l’esercizio della facoltà di comunicare le proprie contrarie istanze e di partecipare, opponendosi, alle scelte della impresa che, a fronte di una situazione di crisi, intenda realizzare la chiusura di uno stabilimento.
Prima, naturalmente, che tale decisione sia in concreto adottata.
Il Sindacato, quindi, ha il diritto di formare una pubblica opinione contraria, innanzitutto nelle sede istituzionali di comunicazione: le assemblee, diritto protetto dalla Statuto e disciplinato dall'art. 20 della L. 300/1970, il referendum, previsto dal successivo art. 21, le affissioni (art 25 Statuto).
Ha diritto di proclamare scioperi (art 40 cost) e di manifestare in cortei (art 21 e 17 cost), nonché di utilizzare i mass media e di sollecitare l’intervento delle autorità di governo dei territori per orientare eticamente le scelte dell’impresa.
Si tratta, dunque, di consentire l’esercizio di diritti tutti assistiti da protezione costituzionale, di rango primario, la cui lesione è incompatibile con gli assetti di una Repubblica fondata sul lavoro, nella quale, peraltro, l’iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con la utilità sociale.
E’ auspicabile, pertanto, in considerazione della valenza e portata dei diritti compromessi nel caso di accertata violazione del diritto di informativa nella situazioni di crisi occupazionale, che la giurisprudenza esprima un orientamento meno restrittivo con riguardo all’accertamento dei presupposti di nesso tra la suddetta lesione e la adozione dei licenziamenti, giacchè la fretta di concludere le procedure di comunicazione e di assolvere ai doveri di informativa dopo la adozione della scelta di licenziare, potrebbe essere uno strumento utilizzabile per vendere meglio e più facilmente uno stabilimento in quanto privo di dipendenti perché tutti già licenziati, in buona sostanza, di elusione delle tutele ex art. 2112 c.c. .
Per gli stessi motivi, è ancora più auspicabile che il legislatore estenda anche alle ipotesi di chiusura dei grandi stabilimenti industriali, da parte di imprese che non intendano delocalizzare la produzione, la previsione di nullità dei licenziamenti adottati in violazione dei diritti di informativa ex Dl. 25/2007 e magari intervenga, nella fattispecie considerata, anche con una più stringente applicazione dei vincoli previsti a tutela dei lavoratori nella norma che disciplina i trasferimenti di azienda.

Questo sito utilizza cookie necessari al funzionamento e per migliorarne la fruizione.
Proseguendo nella navigazione acconsenti all’uso dei cookie.