Testo integrale con note e bibliografia

1. La pensione e la rendita di reversibilità.

La pensione e la rendita di reversibilità, come noto, costituiscono gli istituti giuridici di tutela a valenza generale apprestati dal legislatore previdenziale in favore di individuate cate-gorie di familiari in caso di morte del lavoratore assicurato o del pensionato .
Sia la pensione di reversibilità sia la rendita di reversibilità sono prestazioni riconosciute jure proprio ai beneficiari e, come costantemente affermato dalla Corte di cassazione con riguardo alla prima, si tratta di un beneficio che si colloca nell’alveo degli artt. 36, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione, che prescrivono l’adeguatezza della pensione quale retri-buzione differita e l’idoneità della stessa a garantire un’esistenza libera e dignitosa.
Ancora, nella pensione di reversibilità, la finalità previdenziale si raccorda a un peculiare fon-damento solidaristico. Tale prestazione, difatti, mira a tutelare la continuità del sostentamento e a prevenire lo stato di bisogno che può derivare dalla morte del coniuge. Il perdurare del vincolo di solidarietà coniugale che proietta la sua forza cogente anche nel tempo successivo alla morte, assume queste precise caratteristiche.
Lo stesso fondamento solidaristico, che il legislatore è chiamato a specificare e a modulare nelle multiformi situazioni meritevoli di tutela, in modo coerente con i principi di eguaglianza e ragionevolezza, permea l’istituto anche nelle sue applicazioni più recenti alle unioni civili .
Sulla stessa scia si pone la Corte di cassazione che riconosce il carattere solidaristico assistenziale della pensione di reversibilità, con il fine di consentire al coniuge la prosecuzione del sostentamento prima assicuratogli dal coniuge defunto . Più in generale la Corte sottolinea che la pensione di reversibilità appartiene al più ampio genus delle pensioni ai superstiti e costi-tuisce una forma di tutela previdenziale nella quale l’evento protetto è la morte, vale a dire un fatto naturale che, secondo una presunzione legislativa, crea una situazione di bisogno per i familiari del defunto, i quali sono i soggetti protetti .
In via generale si constata che il trattamento previdenziale di reversibilità, con riguardo all’ambito soggettivo dei beneficiari dello stesso , per scelta legislativa, comprende in questa categoria fra l’altro da un verso l’ex coniuge, in forza di quanto previsto dall’art. 9 della legge 1.12.1970, n. 898; da altro verso la persona dello stesso sesso che abbia costituito un’unione civile, giusto il disposto dell’art. 1, comma20, della legge 20.5.2016, n. 76 .
Di converso sono esclusi dal beneficio, ancorché in via generale possano fruirne, quei fami-liari superstiti, condannati con sentenza passata in giudicato per omicidio, omicidio preterin-tenzionale e per morte o lesioni come conseguenza di altro delitto in danno dell’iscritto o del pensionato, ai sensi dell’art. 1 della legge 27.7.2011, n. 125 .
Il reticolato all’interno del quale si pone il trattamento previdenziale di reversibilità si arric-chisce di un ulteriore ganglio se lo si pone in connessione con il sorgere in capo al familiare superstite del diritto al risarcimento del danno patrimoniale a seguito della morte del lavorato-re o del pensionato per colpa altrui. La Corte di cassazione ha ritenuto che dal risarcimento del danno, non deve essere detratto il valore capitale della pensione di reversibilità riconosciu-ta al familiare superstite in conseguenza della morte del congiunto .
Sulla situazione legislativa e giurisprudenziale descritta con riguardo ai benefici previdenzia-li riconosciuti ai familiari a seguito della morte del congiunto lavoratore o pensionato, si è pronunciata la Corte costituzionale con un gruppo di decisioni rese nel corso dell’anno 2022.
Decisioni che da un verso hanno condotto ad ampliare l’ambito di tutela previdenziale appre-stato con l’istituto reversibilità, mentre da altro verso e per altri aspetti hanno lasciato inaltera-to l’assetto di tutela prefigurato dal legislatore.

2. Le decisioni della Corte costituzionale nell’anno 2022.
Il Giudice delle Leggi ha scrutinato, nel corso dell’anno trascorso, quattro questioni di le-gittimità costituzionale ove, pur da versanti diversi, i giudici remittenti erano chiamati ad ap-plicare istituti che si imperniavano sulla tutela previdenziale dei familiari dopo la morte del ti-tolare del reddito.
Di queste decisioni, due, la n. 88 (https://www.giurcost.org/decisioni/2022/0088s-22.html?titolo=Sentenza%20n.%2088) e la n. 100 (https://www.giurcost.org/decisioni/2022/0100s-22.html?titolo=Sentenza%20n.%20100), hanno riguardato la pensione di reversibilità e specificamente la prima l’ambito soggettivo di applicazione dell’istituto la seconda la misura della prestazione in favore di figlio minore del de cuius, allorquando contitolare del diritto alla prestazione è il coniuge superstite non genitore.
La più recente delle decisioni, la n. 237 (https://www.giurcost.org/decisioni/2022/0237s-22.html?titolo=Sentenza%20n.%20237), atteneva al vaglio di legittimità costituzionale dell’art. 1 della deliberazione del Consiglio di Presidenza del 16.10.2018, n. 6, che prevede la rideter-minazione, a decorrere dal 1° gennaio 2019, della misura anche degli assegni vitalizi di reversi-bilità riconosciuti ai superstiti di colui che ha ricoperto cariche politiche in assemblee elettive.
Infine, con la decisione n. 202 (https://www.giurcost.org/decisioni/2022/0202s-22.html?titolo=Sentenza%20n.%20202) la Corte ha esaminato una fattispecie promossa dal coniuge e che atteneva al riconoscimento della rendita da infortunio in favore della moglie, as-sicurata presso l’Inail ai sensi della l. n. 493 del 3.12.1999, defunta a seguito di infortunio oc-corso presso l’abitazione dei genitori della moglie e non presso la sua casa coniugale.
Solo la prima delle decisioni ha quale esito la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 38 del d.P.R. n. 818 del 1957, nella parte in cui non include tra i destinatari diretti e immediati della pensione di reversibilità i nipoti maggiorenni orfani riconosciuti inabili al lavo-ro e viventi a carico degli ascendenti assicurati.
Gli altri procedimenti incidentali di costituzionalità si sono conclusi con declaratorie di inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale proposte, lasciando pertanto inalte-rata la disciplina della quale i giudici remittenti avevano sollevato incidente di costituzionalità.
La Corte costituzionale, nella decisione n. 88, sostanzialmente accoglie e fa propria la mo-tivazione utilizzata dalla Corte di cassazione nell’ordinanza interlocutoria dell’8 aprile 2021, n. 9377.
Il giudice della legittimità sottolineava come il rapporto di parentela tra l’ascendente e il ni-pote, nel caso sottoposto al suo vaglio nipote maggiorenne incapace di intendere e volere, ina-bile al lavoro e carico del nonno defunto, venisse ad avere un irragionevole trattamento dete-riore rispetto a quello fatto dall’ordinamento nel caso di nipote minore di età, dato che in en-trambe le ipotesi la condizione di minorata capacità del nipote è indifferente all’età, minore o maggiore, dello stesso e l’obbligo di assistenza dell’ascendente, anche materiale, nei confronti del nipote è immanente alla relazione affettiva che non muta con riferimento all’età di quest’ultimo .
La Corte costituzionale, nel percorso che la porta alla declaratoria di illegittimità costituzio-nale dell’art. 38 d.P.R. cit., prende le mosse dalla sua precedente decisione, la n. 180 del 1999, ove aveva dichiarato illegittimo costituzionalmente sempre lo stesso articolo ma nella parte in cui non includeva tra i soggetti ivi elencati anche i minori dei quali risulti provata la vivenza a carico degli ascendenti, richiamando i passaggi motivazionali a corroborazione della stessa. Da tale delineato quadro come descritto nel proprio precedente del 1999, ne trae la conseguenza che “il rapporto di parentela tra l’ascendente e il nipote maggiorenne orfano e inabile al lavoro, subisce un trattamento irragionevolmente deteriore rispetto a quello con il nipote minorenne…ed è illogico, e ingiustamen-te discriminatorio, che i soli nipoti orfani maggiorenni e inabili al lavoro viventi a carico del de cuius siano esclusi dal godimento del trattamento pensionistico dello stesso, pur versando in una condizione di bisogno e di fragilità particolarmente accentuata: tant’è che ad essi è riconosciuto il medesimo trattamento di reversibilità in caso di sopravvivenza ai genitori, proprio perché non in grado di procurarsi un reddito a cagione della predetta condizione. Ulteriore profilo, codesto, di irragionevolezza della disposizione in esame.” .
L’esito al quale è pervenuta la Corte costituzionale appare condivisibile, dovendosi ritenere che il piano di tutela apprestato dal sistema previdenziale con il riconoscimento della pensione di reversibilità in favore del nipote orfano maggiorenne, incapace di intendere e volere e inabi-le al lavoro sia altro e diverso rispetto alla tutela assistenziale eventualmente riconosciuta allo stesso soggetto, nella sua veste di inabile al lavoro sprovvisto di redditi necessari per vivere . Ciò ovviamente non esclude che il legislatore possa prevedere in favore del soggetto che cu-mula entrambe le prestazioni, la possibilità di escludere, integralmente o parzialmente, la frui-zione di una delle due; ma il tutto sempre nella consapevolezza che si tratta di due prestazioni, l’una previdenziale e l’altra assistenziale, che pur riguardando lo stesso soggetto hanno diverse ragioni d’essere. Specificamente, nel caso della pensione di reversibilità, nel rapporto di paren-tela che legava il nonno e il nipote e nell’obbligo di assistenza del primo nei confronti del se-condo; e nel caso delle prestazioni assistenziali nel diritto che il soggetto inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere può vantare nei confronti dell’ordinamento repubbli-cano.

Esito diverso ha avuto la questione di legittimità costituzionale che ha interessato l’art. 13.2, lett. b) del R.d.l. n. 636/1939, riguardante la misura della pensione di reversibilità da ri-conoscere al figlio del genitore lavoratore defunto, allorché lo stesso diritto sia riconosciuto dall’ordinamento al coniuge del defunto che non sia allo stesso tempo genitore del minore.
La Corte costituzionale ritiene che la condizione del figlio nato fuori dal matrimonio, ai fini della concessione della pensione di reversibilità, sia comparabile a quella del figlio orfano di entrambi i genitori , restando giuridicamente irrilevante la circostanza che vi sia l’ex coniuge superstite del de cuius, non genitore del figlio, mentre resta fermo il principio di eguaglianza tra i figli nati nel e fuori del matrimonio. Ma nonostante la predicata eguaglianza tra figli, nel caso odierno la differenza la fa l’esistenza del coniuge superstite non genitore, mancante nella fatti-specie che ha condotto alla sentenza n. 86 del 2009, dove il lavoratore defunto aveva avuto un figlio da una convivenza more uxorio. Il Giudice delle leggi, nella odierna sentenza, chiamato anche a valutare una possibile soluzione pretoria di riequilibrio della misura delle quote di pensione spettanti agli aventi diritto, pur prendendo atto dell’inadeguatezza del sistema at-tualmente vigente, ritiene di non potere intervenire, trattandosi di un intervento all’evidenza manipolativo, tale da invadere l’ambito di discrezionalità riservato al legislatore. Dato che non è ravvisabile una conclusione costituzionalmente obbligata, mentre possono prospettarsi una pluralità di criteri risolutivi in astratto praticabili e la scelta fra di essi non può che spettare al legislatore.
Le ultime due decisioni emanata nel corso dell’anno 2022 attengono l’una alla tutela previdenziale apprestata dall’Inail nei confronti di coloro che svolgono lavoro domestico e l’altra alla tutela apprestata nei confronti di coloro che fruiscono dell’assegno vitalizio di re-versibilità.
Con la sentenza n. 202, che attiene alla tutela in caso di infortuni sul lavoro di chi svolge la-voro domestico, il Giudice delle leggi era chiamato a verificare una questione di legittimità co-stituzionale che, se accolta, avrebbe avuto quale esito l’ampliamento della tutela apprestata dalla legge 3.12.1999, n. 493, comprendendo nell’espressione “ambito domestico” - ove si svolge l’attività prestata nell’ambito domestico, senza vincolo di subordinazione e a titolo gra-tuito -, anche l’immobile di civile abitazione e la relativa pertinenza ove dimorano i genitori dell’assicurato e nei confronti dei quali questi appresta un attività di cura . La Corte costitu-zionale, avendo constatato che l’ordinanza del giudice remittente, la Corte di appello di Saler-no, proponeva un dubbio di legittimità costituzionale che atteneva non già al settore previden-ziale, bensì al diverso settore segnato da esigenze assistenziali e solidaristiche che trovano soddisfazione nelle politiche del welfare nazionale, intese come complesso di iniziative statali e pubbliche, in genere, volte a tutelare il benessere della popolazione al fine di migliorarne la vi-ta lavorativa e privata, garantendo l’accesso alla fruizione dei servizi pubblici essenziali, esclu-de che tale questione possa incidere sullo strumento assicurativo rappresentato dalla l. n. 493 del 1999. E ciò perché si chiederebbe all’indennizzo assicurativo, nel caso di specie il vedovo ed erede chiedeva la corresponsione della rendita da infortunio in forza di un incidente dome-stico con esito mortale occorso al coniuge presso l’abitazione dei genitori, una riforma di si-stema, che amplierebbe le categorie di destinatari, implicando scelte discrezionali e con molte-plicità di soluzioni praticabili quanto a soggetti e contesti assicurabili, non contenuta e univo-camente veicolata, nella sua composizione, dalle esigenze di cura ed assistenza dell’altro .
Da ultimo, con la sentenza n. 237 del 5.10.2022 (https://www.cortecostituzionale.it/.do) , la Corte era chiamata a vagliare la legittimità costi-tuzionale della deliberazione del Consiglio di presidenza del Senato del 6.10.2018, n. 6 che ha rideterminato la misura degli assegni vitalizi, ivi compresi quelli di reversibilità riconosciuti in favore dei superstiti del senatore.
La Corte costituzionale non esamina la questione di legittimità sollevata dal Consiglio di ga-ranzia del Senato, dichiarandola inammissibile perché si tratta di scrutinare un regolamento parlamentare, cd. “minore” o “derivato”, che rinviene il proprio fondamento e la propria fonte di legittimazione in quelli cc.dd. “maggiori” o “generali”, approvati da ciascuna Camera; costi-tuendo anch’esso una manifestazione della potestà normativa che la Costituzione riconosce alle Camere a presidio della loro indipendenza e, perciò, per il libero ed efficiente svolgimento delle proprie funzioni.
Nonostante tale mancato scrutinio, la Corte, riallacciandosi a quanto affermato nella propria precedente decisione n. 289 del 1994, conferma che la disciplina del vitalizio contenuta nei re-golamenti minori della Camera e del Senato ha trovato la sua origine in una forma di previ-denza intesa in senso lato, conservando peraltro un regime speciale che trova il suo assetto non nella legge, ma nei regolamenti interni delle Camere .
Esaurita, nei limiti dell’odierno scritto, la disamina delle decisioni della Corte costitu-zionale pare potersi inferire dalla stessa, innanzitutto, la conferma del trend interpretativo della disciplina in tema di pensione di reversibilità teso all’estensione soggettiva dell’ambito dei be-neficiari. Ampliamento che si connette, si rilevi, all’allargamento intervenuto anche in sede le-gislativa, con la l. n. 76/2016; legge che però esclude dal beneficio delle unioni di fatto, con-fermando la scelta legislativa sul punto.
Contestualmente e per altri aspetti, anch’essi affrontati dal Giudice delle leggi nelle menzio-nate decisioni del 2022, costui ha confermato, anche qui il proprio orientamento, il suo ritrarsi dallo scrutinio di costituzionalità, ogni qualvolta l’esito di quest’ultimo sfoci in possibili com-patibili plurime soluzioni che l’ordinamento affida all’organo politico; od ogni qual volta attra-verso lo scrutinio di costituzionalità non si approdi a una soluzione ampliativa della posizione di diritto soggettivo garantita dalla disposizione legislativa ma si approdi, in caso di eventuale accoglimento, alla tutela di istanza sociali o di posizioni di diritto pretensivo od oppositivo la cui tutela non sia l’obiettivo immediato e diretto della disposizione sub judice .
Infine, la Corte, anche con la decisione sui vitalizi riconosciuti ai familiari di coloro che hanno ricoperto incarichi presso assemblee elettive, pare confermare la natura previdenziale degli stessi, nonostante la differenza genetica che li distingue dai trattamenti pensionistici ri-conosciuti ai lavoratori e ai loro familiari.
In chiusura può altresì dedicarsi qualche parola alla tecnica decisionale della ragionevolezza, utilizzata nella sentenza n. 88, per giungere alla declaratoria di illegittimità costituzionale.
Pare che l’esito al quale è pervenuta la Corte, alla luce fra l’altro delle disposizioni legislative utilizzate in fase motivazionale e sorreggenti l’esito dell’incidente di costituzionalità, non ne-cessitasse dell’utilizzo di tale tecnica, essendo bastevole a tal fine l’utilizzo degli strumenti or-dinari di interpretazione dei testi legislativi; utilizzo che avrebbe ben potuto condurre a spo-stare in avanti i confini soggettivi di applicazione della disposizione, come accaduto.

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