TESTO INTEGRALE CON NOTE E BIBLIOGRAFIA

1. Premessa
Il diritto alla mobilità dei cittadini, all’inizio della scorsa stagione estiva, è stato interessato da un importante sciopero che ha riguardato, prevalentemente, piloti e personale di volo delle Compagnie europee low cost, operanti anche su tratte nazionali (ad esempio, Ryanair). Lo sciopero ha avuto ampia risonanza sui mezzi di informazione, che per esso hanno usato definizioni del tipo “devastante”, per il numero di voli cancellati, anche se, a ben guardare, nel nostro Paese, esso è stato contenuto, grazie al sistema di regole introdotto dalla legge 146/1990 e ss.mm. La durata dell’astensione, infatti, è stata limitata a quattro ore (dalle 14.00 alle 18.00), con la garanzia delle fasce orarie a servizio pieno, come previste dalla Regolamentazione provvisoria (delibera 14/387 del 2014); durante lo sciopero sono stati garantiti i cc.dd. e servizi aerei e aeroportuali “necessari” (atterraggio dei voli decollati precedentemente, voli di Stato e “umanitari”, internazionali e mono-giornalieri intercontinentali).
Ciò nonostante, è indubbio che, per la natura sistemica e interconnessa del servizio di trasporto aereo, la portata internazionale di tale mobilitazione, in un delicato periodo di esodo estivo, contrassegnato da un’intensa movimentazione di passeggeri, abbia finito per causare dei disagi anche nel nostro Paese, dovuti alla cancellazione e ai ritardi di voli provenienti da altre località. I disagi, dunque, sono stati prodotti non tanto (o non solo) dal nostro sciopero di quattro ore, quanto piuttosto degli effetti espansivi generati dalle astensioni effettuate in altri Paesi europei, nei quali, a differenza del nostro, non vigono regole certe sulla garanzia di soglie minime di servizio, a tutela dei cittadini utenti (in Spagna, ad esempio, la protesta di assistenti di volo e piloti si è protratta per circa dieci giorni). Si consideri che anche la c.d. franchigia estiva prevista dalla nostra Regolamentazione (dal 27 luglio al 5 settembre) ad ulteriore garanzia dei diritti dei cittadini-utenti, durante la quale non si possono effettuare scioperi, ha rischiato di essere messa a repentaglio per gli effetti di azioni collettive effettuate altrove.
Questa premessa ci consente di soffermarci, seppur brevemente, sul tema oggetto della nostra indagine: non v’è dubbio che scioperi di una certa rilevanza finiscano per avere delle conseguenze, su alcuni servizi (in particolare quelli di trasporto), che si propagano ben oltre i confini del Paese in cui tali astensioni vengono effettuate. Il modello globalizzato dell’economia e la conseguente tendenza verso forme di mercato globale del lavoro e dei servizi ripropongono l’esigenza di considerare una prospettiva di regolazione del conflitto (perlomeno in taluni servizi) in una dimensione sovranazionale.

2. Brevi cenni su sciopero e legislazione dell’Unione Europea
Anche se autorevoli studiosi hanno posto, da tempo, l’interrogativo, più generale, se abbia ancora senso parlare oggi di sistemi nazionali di relazioni industriali , con particolare riferimento ad una possibile regolamentazione dello sciopero in ambito comunitario, rimane una certa riluttanza dell’Unione europea.
La Carta dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, del 1989 (art.13), aveva già richiamato la possibilità per i lavoratori di ricorrere ad azioni collettive, compreso lo sciopero, fatte salve, comunque, le regole stabilite dai vari Ordinamenti nazionali. Riserva, questa, che era stata ripresa in modo più tranchant dall’art.137 comma 6 del Trattato di Amsterdam, del 1997, ove si escludeva ogni competenza dell’Ordinamento comunitario nella regolamentazione dello sciopero, sul presupposto che la considerazione di esso, da diritto costituzionale a mera libertà, è diversa nei vari Ordinamenti interni .
Il richiamo allo sciopero si ritrova nell’art.28 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, promulgata a Nizza il 18 dicembre del 2000, e interamente recepito nel testo della Costituzione Europea, firmata a Roma il 29 ottobre 2004. La suddetta norma è stata confermata in sede di riproclamazione della Carta dei diritti fondamentali, avvenuta a Strasburgo il 12 dicembre 2007, quasi contemporaneamente al Trattato di Lisbona (13 dicembre 2007), il quale sostituisce la Costituzione europea. In tale norma sono stati recepiti come valori essenziali, sia la contrattazione collettiva, che la nozione generale di conflitto, inteso come ricorso – in conformità al diritto comunitario e alle relative legislazioni nazionali – ad azioni di autotutela collettiva, “difesa dei loro interessi”, compreso lo sciopero . Contrattazione collettiva e conflitto, vengono, altresì, ripresi nell’art.151 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), come modificato dal citato Trattato di Lisbona (versione consolidata in GUUE C 326, del 26 ottobre 2012).
È opportuno menzionare, altresì, una Proposta di Regolamento del Consiglio della Commissione Europea, del 21 marzo 2012, Sull’esercizio del diritto di promuovere azioni collettive nel quadro della libertà di stabilimento e della libera prestazione di servizi. Essa muove proprio dalla considerazione che le finalità del Trattato di Lisbona (composto, come si è visto, dal Trattato dell'Unione europea e dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea), non debbano intendersi esclusivamente di natura economica, ma anche sociale. Come dire, i diritti sulla libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali, devono essere attuati secondo gli obiettivi perseguiti dalla politica sociale, tra i quali, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, una adeguata protezione sociale e il dialogo sociale (art. 151 del TFUE, comma 1) .
In tutte le norme richiamate non vi è, tuttavia, un puntuale riferimento allo sciopero come diritto, dato il sovrastante rinvio alla previsione dei singoli Ordinamenti interni . Non solo, la riconduzione del conflitto a difesa di interessi, potrebbe rivelarsi una formula restrittiva in Ordinamenti giuridici, come il nostro, nei quali il riconoscimento costituzionale dello sciopero oramai travalica la dimensione dell’interesse professionale.
Anche la giurisprudenza della Corte di giustizia con le ben note sentenze Viking, Laval e Ruffert , ha riconosciuto come diritto fondamentale quello di intraprendere azioni collettive, ivi compreso lo sciopero, in funzione di garanzia dell’effettività della libertà sindacale. Tuttavia, la stessa Corte non ha individuato tale diritto in senso assoluto, ritenendo lo stesso possibile di restrizioni, in contemperamento con le altre libertà economiche riconosciute nell’Unione.
In definitiva, l'Unione europea riconosce e promuove il ruolo delle parti sociali e delle loro principali azioni collettive, tuttavia, lo sciopero non viene configurato come un vero e proprio diritto, potendo il suo esercizio essere soggetto a restrizioni derivanti dalle Costituzioni e dalle prassi nazionali. In altre parole, la legislazione comunitaria, pur avendo recepito i valori della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (1948, con le successive integrazioni), tra i quali la libertà di associazione (art.11), ha riconosciuto i propri limiti, nel ritenere il diritto di sciopero scisso da tali valori, non considerandolo così come parte integrante del proprio Ordinamento costituzionale.
Si è affermata, in tal modo, in sede comunitaria, un certo distinguo tra i diritti sociali (di natura prettamente collettiva), e quelli civili e politici (più spiccatamente di natura individuale); una contraddizione, tra il riconoscimento dei diritti e delle libertà fondamentali dei cittadini e dei lavoratori, disgiunto dai diritti di organizzazione e azione collettiva .

3. La prospettiva di una regolamentazione sovranazionale dello sciopero per la salvaguardia di servizi “universali”.
Appare, invece, evidente l’esigenza di una inversione di tendenza nella legislazione dell’Unione che, insieme al conflitto industriale, possa riconoscere anche lo sciopero come espressione naturale e impegnare, di conseguenza, gli Stati membri a tenerne conto nei propri Ordinamenti. A tal fine, di fronte alla disomogeneità di considerazione dello sciopero nei vari Ordinamenti, si potrebbe, intanto, affermare quella che è stata definita la sussidiarietà costituzionale al rialzo , nel senso che nessuna disposizione comunitaria potrà essere interpretata come limitativa o diminutiva dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali riconosciuti dalle Costituzioni degli stati membri (art. II-53 -Tit.VII- della Costituzione europea). Così, il riconoscimento dello sciopero nell’Ordinamento comunitario (diritto o libertà), non potrà modificare in pejus quanto previsto, in proposito, negli Ordinamenti interni.
In una simile prospettiva, si potrebbero trovare delle regole per le azioni collettive di dimensione sovranazionale, finalizzate, ad esempio, alla conclusione di accordi di rilevanza europea, applicabili in più Stati membri (si pensi alle aziende multinazionali); o ad esigenze di adeguamento di politiche salariali, o di orari di lavoro, tra più Stati; o per l’ottenimento di iniziative governative in tema di tutela della concorrenza tra aziende analoghe, operanti in Stati diversi; o ancora, vertenze per il riconoscimento di condizioni di contrattazione collettiva per i dipendenti di aziende straniere che forniscono servizi analoghi a quelli erogati da aziende dei paesi dell’Unione (si pensi alle ipotesi di servizio di trasporto aereo nell’attuale contesto di liberalizzazione del mercato). Ma, soprattutto, l’individuazione di regole europee in materia di conflitto collettivo spiegherebbe la propria efficacia nelle ipotesi in cui questo coinvolga servizi pubblici essenziali previsti per la tutela di diritti fondamentali dei cittadini. In una cultura giuridica europeista, tali diritti, e di conseguenza la fruizione dei servizi essenziali per il loro godimento, non possono essere ricondotti a limiti di cittadinanza e circoscritti solo ai cittadini di un determinato Paese.
Nel citato art. 28 della Carta di Nizza (e sue modificazioni) può rilevarsi, peraltro, come l’elencazione di taluni diritti fondamentali della persona umana (dignità umana, art.1; diritto alla vita, art.2; libertà di espressione e di informazione, art.11; diritto all’istruzione, art.14; diritto alla sicurezza, all’assistenza sociale e alla protezione della salute, artt.34 e 35; tutela dell’ambiente, art.37; libertà di circolazione, art.45) richiami, in qualche modo, l’art.1 la nostra legge 146/1990 sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali . Si tratta, invero, di diritti ai quali devono necessariamente essere collegati dei servizi essenziali, la cui fruizione si rivela necessaria per il godimento degli stessi. E se è vero che l’essenzialità del servizio, come ci ha insegnato Massimo Severo Giannini , deve essere dedotta per la sua rilevanza sociale (ricollegabile all’interesse generale) e la sua necessaria fruibilità; è, allora, altrettanto vero che tali diritti, nella loro rilevanza sociale europea, devono essere tutelati anche nei confronti di scioperi che ne pregiudichino l’esercizio, indipendentemente dal soggetto erogatore dei servizi e dal luogo di fruizione.
Se così è, la prospettiva potrebbe essere quella di sostituire la nozione generale del servizio pubblico, con quella di maggiore ispirazione internazionale-comunitaria del servizio universale. Nell’ambito di quest’ultima la posizione giuridica soggettiva di ciascun cittadino corrisponde al suo diritto universale, tutelato dall’Ordinamento comunitario, di usufruire di servizi essenziali, a fronte di scioperi, ovunque effettuati, che ne pregiudichino l’utilizzo. Nella nozione di diritto universale può anche essere ricondotto un nucleo significativo di diritti sociali fondamentali, anche in chiave ulteriormente evolutiva rispetto a quanto previsto dalla normativa dell’U.E. . Tale diritto universale dovrà ritenersi esercitabile nei confronti dei gestori dei servizi, pubblici o privati, la fruizione dei quali dovrà essere garantita dalle Autorità pubbliche .
Ad una simile prospettiva, si può anche finalizzare un coinvolgimento, della contrattazione collettiva, oltre che il riconoscimento alla Corte di giustizia europea di un ruolo di interpretazione e mediazione, in funzione di raccordo per le normative dei singoli ordinamenti nazionali .

4. Il contributo della Commissione di garanzia
Anche la Commissione di garanzia, istituita dalla l. 146/1990, ha cercato di dare un contributo, per una regolamentazione dello sciopero oltre i confini dell’Ordinamento nazionale.
Nella Relazione ai Presidenti delle Camere sulla propria attività del periodo aprile 2000 – settembre 2001 , sotto la sapiente guida di Gino Giugni, l’Authority aveva sollevato l’esigenza che “la garanzia del contemperamento tra l’esercizio del diritto di sciopero e i diritti costituzionalmente tutelati degli utenti possa non trovare una piena attuazione esclusivamente nell’ambito del diritto e/o del sistema contrattuale interno. L’inconfutabile realtà sistemica del servizio di trasporto e navigazione aerea, ormai caratterizzato anche dalla fine della situazione di monopolio ... pone la necessità di allargare i profili della propria regolamentazione (sia essa pattizia o eteronoma) anche oltre la dinamica meramente bilaterale delle parti contraenti”. Da qui la necessità di “impegnare i soggetti protagonisti del settore ad una maggior tutela degli utenti, anche stranieri, in transito nel nostro Paese ... agli organismi di rappresentanza delle compagnie aeree nazionali e straniere ... di fornire idonei chiarimenti in merito al sistema di informazione dell’utenza del trasporto aereo attuato fuori dal territorio nazionale, in caso di sciopero”.
Successivamente, circa dieci anni dopo (20 novembre 2013), la Commissione – rilevando, ancora una volta, l’impatto espansivo, oltre la dimensione nazionale, di scioperi riguardanti determinati servizi (in particolare il trasporto aereo) – ha riproposto il problema, con una nota inviata all’allora Presidente della Commissione europea Manuel Barroso, circa l’opportunità di un’ipotesi di studio su possibili regole europee sullo sciopero, in alcuni servizi pubblici essenziali.
La risposta della Commissione (5 febbraio 2014), firmata dall’allora Commissario Làszlò Andor, è stata piuttosto liquidatoria e dai contenuti, certamente, non innovativi. Con essa, infatti, si è riaffermato come il diritto di sciopero non possa essere oggetto di una regolamentazione diretta in ambito comunitario, essendo il suo esercizio soggetto a restrizioni derivanti dalle Costituzioni, dal diritto e dalle prassi nazionali.
Comunque, in occasione di scioperi proclamati in ambito europeo per tutti i lavoratori di un determinato settore, o in compagnie straniere operanti sul territorio nazionale, la Commissione di garanzia ha ritenuto applicabile la legge 146, richiamando proprio la necessaria fruibilità del servizio pubblico essenziale, indipendentemente dal soggetto erogatore, o dei destinatari di esso .
Emblematica la vicenda che ha riguardato una delle maggiori compagnie low cost del trasporto aereo (Ryanair), la quale in occasione di uno sciopero indetto da una Confederazione sindacale italiana (23 febbraio 2017), aveva, in un primo momento, ingiunto alla Commissione di rimuovere dal proprio sito istituzionale la notizia stessa della proclamazione. La motivazione era che tali scioperi, a giudizio della Compagnia, non potevano ritenersi assoggettabili alla legislazione italiana, essendo la sede legale societaria in Irlanda. Inoltre, data l’assoluta mancanza di relazioni sindacali in azienda e il non riconoscimento di Organizzazioni sindacali, in quanto ritenute non rappresentative di alcun dipendente, a detta di Ryanair, non ci sarebbe stata alcuna adesione allo sciopero e i programmi di volo sarebbero stati garantiti per intero. Dunque, la semplice segnalazione dell’astensione sul sito ufficiale della Commissione era ritenuta, di per sé, motivo di pregiudizio per l’azienda e la sua clientela.
Naturalmente la Commissione ha subito contrapposto il principio, ampiamente consolidato nei propri orientamenti, secondo il quale il servizio pubblico di trasporto aereo svolto nel territorio nazionale, rientra nel campo di applicazione della legge n. 146 e della disciplina del trasporto aereo. Tale normativa deve ritenersi applicabile “ai lavoratori, alle imprese ed alle pubbliche amministrazioni che, a qualsiasi titolo – ivi inclusi appalti, concessioni e sub-concessioni parziali o totali – concorrono alla erogazione di servizi funzionalmente connessi alle attività di aviazione civile e di navigazione aerea” . Peraltro, la Regolamentazione del settore è stata elaborata dalla Commissione con il coinvolgimento di FAIRO (Foreign Airlines Industrial Relations Organization, Associazione che rappresenta le Compagnie straniere operanti sul territorio nazionale) e comprende disposizioni applicabili alle attività svolte da vettori stranieri (si pensi all’assistenza dei voli internazionali e intercontinentali in arrivo entro mezz’ora dalle fasce orarie garantite a servizio pieno). Non solo, l’Ente nazionale per l’aviazione civile (ENAC), nell’individuare i voli da assistere, in occasione di scioperi, ricomprende, tra i collegamenti mono-giornalieri “da e per” le isole, anche, quelli effettuati da vettori stranieri, compresa Ryanair, oltre che Volotea e Vueling, e la stessa Ryanair ha più volte sollecitato ad ENAC l’applicazione di tale regola.
Il lungo e vivace confronto, fatto di audizioni e interlocuzioni varie, tra la Commissione di garanzia e la compagnia Ryanair, si è concluso con il riconoscimento da parte della Compagnia irlandese, di alcune organizzazioni sindacali e di forme minime di relazioni industriali al proprio interno. Così, nella maturata consapevolezza che l’accettazione di un quadro di regole, posto a tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori e dei cittadini, finisce per comportare anche dei benefici all’azienda, sono stati conclusi importanti accordi con l'Associazione professionale ANPAC, per i Piloti (14 agosto 2018); e con ANPAV e FIT CISL, per gli Assistenti di Volo (17 ottobre 2018). Le parti si sono impegnate con la Commissione (nota del 28 novembre 2018), ad assicurare i servizi essenziali in caso di scioperi, comprese le procedure di raffreddamento e conciliazione e la salvaguardia delle fasce orarie garantite a servizio pieno, insieme ad altri voli eventualmente individuati da ENAC, nonché gli obblighi di durata e di intervallo tra azioni di sciopero. Ryanair si è, altresì, riservata, sotto la propria responsabilità, la possibilità di effettuare una stima preventiva dell’impatto dello sciopero, ai fini dell’informazione da fornire ai cittadini utenti.
Si tratta di segnali che, in un modello globalizzato dell’economia e del lavoro, spingono verso la necessità di un’apertura normativa, in materia di regole per il conflitto collettivo e di bilanciamento con i diritti fondamentali dei cittadini, oltre i confini dell’Ordinamento nazionale. Regole che, come si è detto, considerino i servizi pubblici (o alcuni di essi), in una prospettiva di servizi universali, la fruizione dei quali è necessaria per garantire i corrispondenti diritti universali di ciascun cittadino.

 

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