Testo integrale con note e bibliografia

Sommario
I. Rilievo della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo in materia di libertà sindacale e diritto di sciopero. II. La prima fase della giurisprudenza e il suo approccio restrittivo. III. Evoluzione della giurisprudenza nel XXI secolo. La sentenza Demir et Baykara. IV. Il caso Enerji Yapi-Yol Sen e gli sviluppi più recenti. V. Conclusioni.

 

 

I. Rilievo della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo in materia di libertà sindacale e diritto di sciopero

1. E’ noto che all'interno dell'Organizzazione internazionale del lavoro (ILO) il meccanismo di controllo che per oltre ottant'anni ha fatto il successo dell'istituzione di Ginevra è entrato in crisi nel 2012 sulla questione se il diritto di sciopero, che non è menzionato nella Convenzione no. 87 dell'ILO sulla libertà sindacale, sia tuttavia implicitamente riconosciuto e tutelato. Ciò in quanto la conclusione positiva raggiunta su questo punto dalla Commissione di esperti indipendenti e dal Comitato della libertà sindacale dell'ILO era stata vivacemente contrastata dalla ferma convinzione contraria della componente “datoriale” dell'ILO . Anche per questo, la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo su questo tema, una giurisprudenza che negli ultimi anni ha conosciuto una notevole evoluzione, assume un'importanza che va oltre il quadro strettamente regionale all'interno del quale la Corte di Strasburgo opera . E', infatti, facile pensare che se questa crisi, che era rimasta sotto traccia per molto tempo, è alla fine scoppiata, le preoccupazioni generate nella componente datoriale dell’ILO dal contributo della giurisprudenza della Corte di Strasburgo - che si è appoggiata, come si vedrà, sulle conclusioni della Commissione di esperti dell’ILO - sulla "solidificazione" del diritto di sciopero nell’ambito della libertà di associazione non furono neutrali in questo contesto. Anche per questo motivo, può essere interessante in questo momento fare il punto, in modo conciso, sull'evoluzione della giurisprudenza della Corte di Strasburgo sul diritto di sciopero.

 

II. La prima fase della giurisprudenza e il suo approccio restrittivo

2. L'articolo 11, comma 1, della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (in prosieguo: la Convenzione) tutela la libertà di riunione e di associazione, che comprende il diritto di costituire sindacati per la tutela dei propri interessi e ad associarsi con loro. Il secondo comma dell'articolo 11 della Convenzione, come per tutti gli articoli da 8 a 11 della Convenzione, prevede una serie di restrizioni, a condizione che esse siano previste dalla legge e “necessarie in una società democratica”, a protezione di un'ampia gamma di interessi, compresi i "diritti e le libertà altrui". Questi diritti e libertà altrui comprendono anche gli interessi dei datori di lavoro e, reciprocamente, quelli dei lavoratori quando è la libertà di associazione dei datori di lavoro a essere invocata. Quando si parla del diritto di sciopero, sono gli interessi datoriali che vengono in rilievo, naturalmente con gli altri interessi menzionati al comma 2 dell'articolo 11.

3. Gli organi di Strasburgo avevano esordito, nell’interpretazione dell'articolo 11 in materia di libertà di associazione, adottando un approccio piuttosto restrittivo. Negli anni '70 la Corte europea dei diritti dell'uomo, pur riconoscendo che la Convenzione tutela la libertà di difendere gli interessi professionali dei membri di un sindacato attraverso l'azione collettiva di quest'ultimo, un'azione di cui gli Stati contraenti devono sia autorizzare sia consentire la realizzazione e lo sviluppo, aveva affermato che la libertà di associazione non copre il diritto di un sindacato di essere consultato, il diritto di contrattazione collettiva o di organizzare un'azione collettiva .

4. Negli anni '80, pur continuando a interpretare in modo restrittivo la libertà di associazione positiva, la Corte di Strasburgo affermava che la libertà di associazione comprende anche un diritto – limitato – a non associarsi , il che ebbe un notevole impatto sulle pratiche di closed shop, cioè di partecipazione forzata al sindacato, che all'epoca erano abbastanza comuni in Europa.

5. Nel caso Syndicat Suédois des Conducteurs de Locomotives , la Corte aveva affermato che l’articolo 11 § 1 non assicura ai sindacati e ai loro membri un trattamento preciso da parte dello Stato, in particolare la conclusione di questo o quel contratto collettivo. Non solo questo diritto non è menzionato dall’articolo 11 § 1, diceva la Corte, ma nemmeno si poteva affermare che esso fosse presente nel diritto interno o nella prassi di tutti gli Stati contraenti, né che esso fosse indispensabile all’esercizio effettivo della libertà sindacale. La Corte aggiungeva (§ 40) che al fine di difendere i loro interessi certamente i membri del sindacato hanno il diritto di essere ascoltati. Tuttavia, l'articolo 11 § 1 lascia a ciascuno Stato la scelta dei mezzi da utilizzare a tale scopo; la contrattazione collettiva ne è uno, ma ce ne sono altri. Ciò che la Convenzione richiede è che la normativa nazionale consenta ai sindacati, secondo modalità non contrarie all’articolo 11, di lottare per la difesa degli interessi dei loro membri. La Corte precisava anche che il diritto alla contrattazione collettiva non costituisce un elemento necessariamente inerente a un diritto garantito dalla Convenzione .

6. Questo atteggiamento della Corte, che certamente non si distingueva per una particolare benevolenza verso la tutela dei sindacati, e quindi dei lavoratori, aveva suscitato una certa riserva tra gli specialisti in diritto del lavoro a proposito della Convenzione, che molti tra loro vedevano ormai piuttosto come uno strumento di controllo del lavoro che per la protezione del lavoro .

 

III. Evoluzione della giurisprudenza nel XXI secolo. La sentenza Demir et Baykara

7. Ora la situazione è cambiata, perché la giurisprudenza ha conosciuto una notevole evoluzione. Un primo passo in avanti lo si è compiuto nel 2002 a proposito della contrattazione collettiva. Su questo abbiamo visto che, in un primo tempo, la Corte aveva considerato che l’articolo 11 non assicurava un trattamento particolare ai sindacati e, in particolare, non garantiva il diritto alla contrattazione collettiva . Con il caso Wilson et Union nationale des journalistes et autres,
la Corte ha affermato che anche se la contrattazione collettiva non è indispensabile al godimento effettivo della libertà sindacale, essa rappresenta uno dei mezzi attraverso i quali i sindacati possono essere messi in grado di proteggere gli interessi dei loro affiliati. Il sindacato deve essere libero, in un modo o nell’altro, di cercare di persuadere il datore di lavoro ad ascoltare quanto esso ha da dire a nome dei suoi membri .

8. Un ulteriore, e fondamentale, passo in avanti è stato compiuto nel 2008, con la sentenza della Grande Camera, particolarmente importante, Demir et Baykara , che ha considerato la contrattazione collettiva parte del contenuto essenziale dell’articolo 11 della Convenzione. Su questa sentenza ci soffermeremo tra un momento.

9. Volendo riepilogare lo sviluppo dinamico della giurisprudenza sugli elementi costitutivi del diritto sindacale fino a Demir et Baykara, si può dire sinteticamente quanto segue. La Corte ha sempre considerato che l’articolo 11 della Convenzione protegge la libertà di difendere gli interessi professionali degli aderenti a un sindacato attraverso l’azione collettiva di quest’ultimo, azione che gli Stati contraenti, come dicevamo, sono tenuti a autorizzare e a renderne possibili la condotta e lo sviluppo . Quanto al contenuto del diritto sindacale consacrato dall’articolo 11 della Convenzione, la Corte ha considerato che il comma 1 di questa disposizione garantisce ai membri di un sindacato, in vista della difesa dei loro interessi, il diritto a che il loro sindacato sia “ascoltato”, ma lascia a ciascuno Stato la scelta dei mezzi per realizzare questo fine. Ciò che esige la Convenzione, secondo la Corte, è che la legislazione permetta ai sindacati, secondo modalità non contrarie all’articolo 11, di lottare per difendere gli interessi dei loro membri .

10. L’evoluzione della giurisprudenza relativamente al contenuto del diritto sindacale consacrato dall’articolo 11 è quindi contraddistinta da due principi direttori: da una parte, la Corte prende in considerazione l’insieme delle misure adottate dallo Stato interessato al fine di assicurare la libertà sindacale nell’ambito del suo margine di apprezzamento; d’altra parte, la Corte non accetta le restrizioni che incidono sugli elementi essenziali della libertà sindacale, senza i quali il contenuto di questa libertà sarebbe svuotato della sua sostanza. Questi due principi, che non sono in contraddizione, sono anzi correlati. Questa correlazione implica che lo Stato contraente interessato, pur essendo libero in linea di principio di decidere quali misure esso intenda prendere al fine di assicurare il rispetto dell’articolo 11, ha comunque l’obbligo di includere tra tali misure gli elementi considerati come essenziali dalla giurisprudenza della Corte.

11. Fino alla sentenza Demir et Baykara erano stati individuati i seguenti elementi essenziali del diritto sindacale: il diritto di formare un sindacato e di aderirvi , il divieto degli accordi di monopolio sindacale , il diritto per un sindacato di cercare di persuadere il datore di lavoro ad ascoltare quanto esso ha a dire in nome dei suoi membri . A questi elementi essenziali la sentenza Demir et Baykara ha aggiunto, come dicevamo, il diritto alla contrattazione collettiva.

12. Qual è stato il percorso seguito dalla sentenza Demir et Baykara? La Corte è partita dalla considerazione che la lista degli elementi essenziali del diritto sindacale “coperti” dall’articolo 11 non è stata fissata una volta e per sempre. Al contrario, questa lista ha vocazione a evolvere in funzione degli sviluppi del mondo del lavoro. A questo proposito, la Corte ha ricordato che la Convenzione è uno strumento vivente che deve essere interpretato alla luce delle condizioni di vita attuali, alle quali deve integrarsi l’evoluzione del diritto internazionale, in modo che sia riflesso nella giurisprudenza il livello crescente delle esigenze in tema protezione dei diritti umani, esigenze che implicano una maggiore fermezza nella valutazione delle violazioni dei valori fondamentali delle società democratiche. In altre parole, le limitazioni ai diritti devono essere interpretate restrittivamente, in modo da assicurare una protezione concreta ed effettiva dei diritti umani . Tenuto conto degli sviluppi della propria giurisprudenza e dell’evoluzione del diritto del lavoro, a livello internazionale e a livello interno, la Corte ha ritenuto che la sua giurisprudenza secondo la quale il diritto alla contrattazione collettiva non costituiva un elemento essenziale dell’articolo 11 doveva essere riconsiderata, in modo da tener conto dell’evoluzione percepibile nella materia sia in diritto internazionale sia nei sistemi giuridici nazionali. In conseguenza la Corte è giunta alla conclusione, alla luce di questa evoluzione, che il diritto alla contrattazione collettiva con il datore di lavoro è divenuto, in linea di principio, uno degli elementi essenziali del “diritto di fondare con altri dei sindacati e di affiliarsi a dei sindacati per la difesa dei propri interessi” enunciato all’articolo 11 della Convenzione, restando inteso che gli Stati restano liberi di organizzare il loro sistema in modo da riconoscere, se del caso, uno speciale statuto ai sindacati rappresentativi. Nel caso di specie, che riguardava dipendenti pubblici, la Corte ha aggiunto che, come gli altri lavoratori, i funzionari, con l’eccezione di casi molto particolari, devono beneficiare di questo diritto, purtuttavia senza pregiudicare le “restrizioni legittime” che possono essere imposte ai “membri dell’amministrazione dello Stato” ai sensi dell’articolo 11 § 2 .

13. Nell'analisi degli elementi dell'art. 11 della Convenzione nel ricorso Demir et Baykara, la Grande Camera della Corte ha quindi operato una distinzione tra gli elementi «essenziali» dell'articolo 11 e altri elementi di questo diritto, che sono qualificati come semplicemente "importanti". Appare con chiarezza in Demir et Baykara che la caratterizzazione di un certo aspetto della libertà di associazione come "elemento essenziale dell'articolo 11" non preclude agli Stati di introdurre limitazioni in ordine a tali aspetti, ovviamente con il dovuto rispetto del comma 2 di questo articolo, alla stregua del quale le limitazioni devono essere giustificate, come la giurisprudenza della Corte ha chiarito nel corso degli anni . Come abbiamo visto, la Corte, con la sentenza della Grande Camera Demir et Baykara, ha aggiunto all'elenco degli elementi essenziali del diritto di associazione individuati fino ad allora il diritto di contrattare collettivamente e allo stesso tempo ha precisato che l'elenco degli elementi essenziali del diritto di organizzazione non è fisso, ma è destinato a evolvere in funzione degli sviluppi che caratterizzano il mondo del lavoro .

IV. Il caso Enerji Yapi-Yol Sen e gli sviluppi più recenti

14. Quid del diritto di sciopero? Si deve ritenere che anch’esso sia incluso negli elementi essenziali del diritto sindacale “coperti” dall’articolo 11? La risposta a questa domanda non è evidente, e forse c’è da auspicare un intervento chiarificatore della Grande Camera, anche se diversi indizi conducono nella direzione di una risposta affermativa.

15. Come vedremo, una pronuncia importante in questo quadro è la sentenza Enerji Yapi-Yol Sen del 2009. La giurisprudenza precedente a Demir et Baykara aveva già riconosciuto che il diritto di sciopero è senza dubbio uno dei mezzi “più importanti” attraverso i quali i sindacati possono proteggere gli interessi occupazionali dei propri membri . La Corte aveva anche riconosciuto il legame tra la possibilità di intraprendere un’azione industriale da una parte e un’efficace contrattazione collettiva dall’altra .

16. Il caso Enerji Yapi-Yol Sen c. Turchia è stato deciso dopo Demir et Baykara. Il ricorso riguardava una circolare che vietava a dei dipendenti del settore pubblico di partecipare a uno sciopero di una giornata proclamato da un sindacato in vista della conclusione di un contratto collettivo. Il sindacato ricorrente faceva valere una violazione dell’articolo 11. Il governo convenuto asseriva che il divieto di sciopero non aveva privato il sindacato della possibilità di essere ascoltato nell’interesse dei propri membri. Citando la giurisprudenza precedente, la Corte ha ribadito che il diritto di sciopero è un aspetto « importante » della protezione degli interessi dei membri di un sindacato. Anche se la Corte non ha utilizzato la terminologia “elemento essenziale”, essa non ha svolto un’analisi volta a stabilire se eventuali altri mezzi attraverso i quali il sindacato avrebbe potuto far sentire la sua voce nell’interesse dei suoi membri sarebbero stati sufficienti. Al contrario, la Corte è giunta direttamente alla conclusione che il divieto di partecipazione allo sciopero costituiva un’ingerenza nel diritto alla libertà di associazione, un’ingerenza che doveva essere giustificata ai sensi del secondo comma dell’articolo 11 .

17. In questo caso, la Corte - seguendo l'approccio interpretativo sviluppato in extenso in Demir et Baykara - ha tenuto conto del fatto che il diritto di sciopero è riconosciuto in altri strumenti internazionali del Consiglio d'Europa, dell’Organizzazione internazionale del Lavoro (ILO), dell'Unione europea e delle Nazioni Unite, strumenti che fanno parte della tela di fondo nel cui quadro la portata della libertà di associazione deve essere interpretata. In particolare, riaffermando i principi interpretativi esposti in Demir et Baykara, la Corte ha esaminato il diritto di sciopero alla luce della Convenzione no. 87 dell'ILO e l'articolo 6 della Carta sociale europea. Per quanto riguarda il primo punto, la Corte ha preso in considerazione l'interpretazione degli organi di controllo dell'ILO secondo i quali, anche se la Convenzione n. 87 dell’ILO tace sul diritto di sciopero, questo diritto è un elemento ("corollario inseparabile") della libertà di associazione. Sul secondo punto, la Corte ha osservato che l'articolo 6, comma 2, della Carta sociale europea stabilisce un collegamento tra il diritto alla contrattazione collettiva e il diritto di sciopero, qualificando quest’ultimo come un mezzo volto ad assicurare l’effettività del primo .

18. Non c’è dunque da sorprendersi che la sentenza Enerji Yapi-Yol Sen sia stata interpretata nel senso di aver implicitamente riconosciuto il diritto di sciopero come elemento essenziale della libertà sindacale protetto dall’articolo 11 della Convenzione nel quadro della contrattazione collettiva .

19. Tuttavia, questa opinione non è unanime. Nella decisione della Corte d’appello per l’Inghilterra e il Galles del 31 luglio 2009 nel caso Metrobus Ltd c. Unite the Union, Lord Justice Lloyd si è espresso come segue:
“ 35. … The contrast between the full and explicit judgment of the Grand Chamber in Demir and Baykara on the one hand, and the more summary discussion of the point in Enerji Yapi-Yol Sen on the other is quite noticeable. It does not seem to me that it would be prudent to proceed on the basis that the less fully articulated judgment in the latter case has developed the Court’s case-law by the discrete further stage of recognising a right to take industrial action as an essential element in the rights afforded by article 11.”
22. Sembra che le parole del giudice inglese abbiano trovato un ascolto attento all’interno della Corte di Strasburgo, perché nel caso National Union of Rail, Maritime and Transport Workers c. Regno Unito (RMT) , una sentenza della quarta sezione della Corte, collocando la pronunzia nel caso Enerji Yapi-Yol Sen sullo stesso piano delle decisioni precedenti a Demir et Baykara che avevano ritenuto la natura semplicemente “importante” e non “essenziale” del diritto di sciopero , affermava che:

“…The Court does not [therefore] discern any need in the present case to determine whether the taking of industrial action should now be accorded the status of an essential element of the Article 11 guarantee.”

In questo modo la sentenza RMT negava che all’inclusione del diritto di sciopero tra gli elementi essenziali del diritto di associazione di cui all’articolo 11 della Convenzione si fosse giunti con Enerji Yapi-Yol Sen, tra l’altro osservando che l’espressione di questa pronunzia secondo la quale il diritto di sciopero è un “corollaire indissociable du droit d’association syndicale” si riferiva all’attitudine degli organi di controllo dell’ILO, ma non andava intesa nel senso di una evoluzione della giurisprudenza della Corte volta a riconoscere al diritto di sciopero il carattere di “elemento essenziale” della libertà di associazione ai sensi dell’articolo 11 della Convenzione . La sentenza stabilisce anche una distinzione tra azioni “primarie” e azioni “secondarie”, cioè gli scioperi di solidarietà, come nella fattispecie considerata, giungendo alla conclusione che questi ultimi necessitano di una minore protezione.

23. Quanto alla giurisprudenza successiva, la sentenza Hrvratski Liječnički Sindicat c. Croazia , citando il paragrafo 84 della pronunzia RMT, sembra condividerne l’approccio. Viceversa, nel caso Junta Rectora del Ertzainen Nazional Elkartasuna (ER.N.E.) c. Spagna , del 2015, la Corte sembra avvicinarsi alla lettura “massimalista” di Enerji Yapi-Yol Sen alla quale abbiamo fatto riferimento . In questo caso, relativo allo sciopero di funzionari di polizia, dove pure la Corte è giunta a escludere la violazione dell’articolo 11 della Convenzione, la sentenza, pur riconoscendo che il diritto di sciopero non è assoluto, caratteristica questa, si ricorderà, non incompatibile con quella di “elemento essenziale” della libertà di associazione, osserva che se è vero che il divieto di sciopero può riguardare certe categorie di funzionari , tale divieto non si può estendere ai dipendenti pubblici (fonctionnaires) in generale o ai lavoratori pubblici delle imprese commerciali o industriali di Stato. Richiamando la sentenza Enerji Yapi-Yol Sen , la pronuncia afferma che le restrizioni legali al diritto di sciopero devono definire il più chiaramente e strettamente possibile le categorie di funzionari interessati, lasciando così intendere che l’esclusione totale dello sciopero come “arma” a disposizione delle organizzazioni sindacali non è più compresa nel “margine di apprezzamento” degli Stati, il che equivale a dire, a nostro sommesso avviso, che il diritto di sciopero deve oramai intendersi incluso, secondo questa pronunzia, nel novero degli “elementi essenziali” della libertà di associazione.

24. Un caso recente presenta pure un certo interesse. Si tratta della sentenza Ognevenko c. Russia, della fine del 2018, relativa al licenziamento di un dipendente delle Ferrovie russe motivato, in parte, dalla partecipazione a uno sciopero. Questa pronuncia afferma che “strike action is protected by Article 11” . A sostegno di questa statuizione la sentenza cita - come Hrvratski Liječnički Sindicat c. Croazia - il paragrafo 84 della pronunzia RMT, il che sembra lasciar intendere l’intenzione di confermare l’approccio restrittivo di quest’ultima. Tuttavia, nel prosieguo della motivazione, questa sentenza riprende l’affermazione secondo la quale il diritto di sciopero è un “elemento importante della libertà di associazione e del diritto a costituire un sindacato nonché del diritto per tale sindacato di essere ascoltato e di agire con la contrattazione collettiva.” Come in Enerji Yapi-Yol Sen, la sentenza ricorda che per gli organi di controllo ILO il diritto di sciopero è un “corollario indispensabile” della libertà di associazione e che tale diritto è protetto dalla Carta sociale europea . Inoltre, questa pronunzia cita due risoluzioni dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, la no. 2033 (2015) del 28 gennaio 2015 e la no. 2147 (2017) del 25 gennaio 2017 . La prima Risoluzione – il cui titolo è “Protezione del diritto alla contrattazione collettiva incluso il diritto di sciopero” –afferma che il diritto di sciopero, come la libertà di associazione e la contrattazione collettiva, è un elemento essenziale del dialogo sociale ed è non solo un principio democratico che informa i moderni processi economici, ma anche un diritto fondamentale protetto dalla Convenzione e dalla Carta sociale. La seconda Risoluzione – dal titolo “Rafforzare il dialogo sociale come strumento di stabilità e di riduzione delle ineguaglianze sociali ed economiche” – invita gli Stati membri a mantenere le limitazioni legali al diritto alla contrattazione collettiva e al diritto di sciopero al minimo indispensabile, come stabilito da “consolidati standard dell’ILO ed europei”. Il riferimento alle due risoluzioni, che chiaramente adottano una lettura non restrittiva della Convenzione per quanto riguarda il diritto di sciopero, è significativo, tanto più che in questo caso la Corte, come in Enerji Yapi-Yol Sen, non ha svolto un’analisi volta a stabilire se eventuali altri mezzi attraverso i quali il sindacato avrebbe potuto far sentire la sua voce nell’interesse dei suoi membri sarebbero stati sufficienti, ma è giunta direttamente alla conclusione che il divieto di partecipazione allo sciopero costituiva un’ingerenza nel diritto alla libertà di associazione, un’ingerenza che doveva essere giustificata ai sensi del secondo comma dell’articolo 11. Vero è che in questo caso le parti concordavano sull’esistenza di un’ingerenza nel diritto alla libertà di associazione , ma questo a nostro sommesso avviso non toglie valore all’ultima considerazione, perché l’accordo delle parti non libera la Corte dal suo dovere di applicare correttamente il diritto.

 

V. Conclusioni

25. Il breve excursus che precede mostra una chiara evoluzione della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo in materia di diritto di sciopero nel quadro della libertà sindacale. Tuttavia la risposta alla domanda se il diritto di sciopero faccia parte del “contenuto essenziale” della libertà sindacale protetta dall’articolo 11 della Convenzione non è attualmente rinvenibile con assoluta chiarezza nella giurisprudenza, anche se, come dicevamo, diversi indizi sembrano condurre l’interprete verso una soluzione affermativa. A questo punto un intervento chiarificatore della Grande Chambre della Corte sembra auspicabile. L’occasione potrebbe essere utilizzata anche per verificare l’affermazione della sentenza RMT secondo la quale le azioni “secondarie” avrebbero diritto a una protezione attenuata. Non è difficile prevedere che l’analisi della Grande Chambre, se l’occasione dovesse presentarsi, non potrà prescindere dalla considerazione delle risoluzioni no. 2033 (2015) e 2147 (2017) dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, che, come si osservava, chiaramente adottano una lettura non restrittiva della Convenzione per quanto riguarda il diritto di sciopero.

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