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L’esordio del Governo di centro-destra nella materia politicamente sensibile del lavoro, era atteso con curiosità e forse con qualche scetticismo.
In effetti, esso è stato accolto dalla dottrina come un intervento che, per il suo carattere non organico, non si configura come una riforma del lavoro, e quindi nemmeno si presta a una analisi sistematica.
E’ probabile, peraltro, che questa fosse la una precisa intenzione del Governo: quella, cioè, di non cimentarsi con l’ennesima riforma del lavoro - dialogante con le riforme dell’ultimo trentennio (Treu, Biagi, Fornero, Jobs Act) - , ma piuttosto sottoporre l’ordinamento lavoristico a un (primo e urgente) intervento di “manutenzione pesante”, mirato soprattutto a incrementare il tasso di certezza e pratica applicabilità del diritto; oltre che a mettere mano alla questione politicamente più rilevante, quella della sostituzione del reddito di cittadinanza con una nuova misura più sostenibile e più ancorata alla condizionalità del beneficio assistenziale.
LDE ha pertanto deciso di guardare con attenzione nel provvedimento legislativo, facendone oggetto di un commento a più voci, a copertura dei cinque capi in cui esso si articola.
Per ragioni di spazio, il “commentario” è distribuito in due numeri; di seguito, la prima parte, cui seguirà la seconda parte nel prossimo numero di LDE.

 

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