TESTO INTEGRALE CON NOTE E BIBLIOGRAFIA

Il concetto di “Retribuzione in Natura” - più comunemente conosciuto come “Fringe Benefit” - rappresenta uno dei temi di natura giuslavoristica che, nell’ultimo triennio, è stato più volte sottoposto ad un restyling da parte del legislatore.
Ai sensi dell’articolo 51 comma 3 dei TUIR, i Fringe Benefit vengono definiti come l’insieme di beni, servizi o agevolazioni messi a disposizione dai datori di lavoro ai propri dipendenti come forma di retribuzione non monetaria purché globalmente inferiori, nel periodo di imposta, a 258,23 euro.
Lo strumento nasce quindi con l’obiettivo di incentivare da un lato la produttività e migliorare la qualità della vita del lavoratore aumentando così il suo potere d’acquisto e dall’altro agevola tali elargizioni da parte del datore di lavoro attraverso gli strumenti di deduzione fiscale dei costi e attraverso l’ottimizzazione del costo del lavoro grazie all’esenzione contributiva entro il limite di 258,23 euro all’anno.
A rafforzare il concetto di “Retribuzione” dei Fringe Benefit, l’articolo 2120 del Codice Civile al comma 2 stabilisce peraltro che la retribuzione annua da prendere come riferimento per il calcolo del TFR debba includere anche l'equivalente delle prestazioni in natura.
Secondo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione (Sentenza n.11644/2004), si computano infatti nella retribuzione utile alla quantificazione del TFR, se non diversamente stabilito dalla contrattazione collettiva, tutte le prestazioni in natura erogate a titolo non occasionale.
A completare i vantaggi previsti dall’impianto normativo dei Fringe Benefit è la tipologia di destinatari: contrariamente a quanto previsto per il Welfare Aziendale, dove la norma subordina l’esenzione contributiva e fiscale al fatto che vengono riconosciuti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti, i fringe benefit possono essere elargiti discrezionalmente al singolo lavoratore previo accordo con il datore di lavoro.
D’altro canto, i limiti di esenzione imposti dal TUIR (258,23 euro su base annuale) fanno sì che il perimetro di azione incentivante molto spesso si riveli riduttivo.
Basti pensare all’assegnazione di un’auto ad uso promiscuo per la quale il valore annuale medio ammonta a 3.000,00: su tale benefit sia il datore di lavoro che il lavoratore vedranno imputarsi tale valore sia ai fini previdenziali che fiscali, poiché ampiamente oltre la soglia di esenzione prevista dalla legge.
L’arrivo della Pandemia alla fine del 2019 e la contestuale impennata dell’inflazione ha creato molteplici disagi alle economie delle famiglie, inducendo inevitabilmente il legislatore a riflessioni più profonde sulla ricerca di soluzioni, seppur temporanee, ma quantomeno palliative ai disagi causati dalla pandemia da Covid19.
Sul punto, non si può non menzionare, l’immobilismo della contrattazione collettiva.
Dall’entrata in vigore della Costituzione nel 1948, il sistema italiano si è caratterizzato per l’astensione della legge nel campo delle relazioni collettive di lavoro e per il primato riconosciuto all’ autonomia collettiva, ossia alle regole autonomamente poste dagli stessi attori dell’ordinamento intersindacale, sindacati dei lavoratori e organizzazioni datoriali, quale svolgimento del principio di libertà sindacale.
L’accentuata contrapposizione tra principio di libertà sindacale ha comportato, da un lato, un pluralismo sindacale che si è accentuato nel corso del tempo, pur in presenza di un monopolio di fatto delle tre rappresentanze più rappresentative sul territorio nazionale (Cgil, Cisl e Uil), dall’altro l’impossibilità di fruire di meccanismi ad impatto immediato sull’efficacia dei contratti collettivi e sull’allineamento dei minimi tabellari rispetto all’impatto dell’inflazione.
Ecco, queste sono le ragioni per le quali, in quel contesto emergenziale, la contrattazione collettiva non è riuscita a fornire un sostegno adeguato ai salari dei lavoratori, affidando agli strumenti di integrazione salariale (CIGO e FIS) il compito di fronteggiare tutte le difficoltà di carattere economico di cui sono state investite le nostre imprese.
Per quanto gli strumenti di integrazione salariale abbiano contribuito dignitosamente a fronteggiare l’emergenza epidemiologica, il legislatore ha identificato i Fringe Benefit come unico strumento ad impatto immediato che potesse incentivare elargizioni esenti sia da un punto di vista previdenziale che fiscale, ovviamente entro certi limiti.
Inizia quindi il processo di “Restyling” dei limiti di esenzione dei Fringe Benefit.
Molti ricorderanno come nel testo del “Decreto Agosto” il limite di esenzione per i Fringe Benefit viene raddoppiato per l’anno 2020.
Modificando quanto previsto dalla normativa di riferimento all’articolo 51 comma 3 del TUIR, il Decreto-legge n.104/2020 ha infatti previsto, all’articolo 112, come misura temporanea limitatamente al periodo d’imposta 2020, il raddoppio del limite di esenzione per il welfare aziendale, portando tale soglia di esenzione fiscale per i fringe benefit da 258,23 euro a 516,46 euro.
La novità introdotta dal Decreto Agosto mira, dunque, a sostenere il reddito dei dipendenti riconoscendo nel Welfare uno strumento a supporto sia della ripresa dell’economia delle famiglie in difficoltà con la peculiarità, contrariamente a quanto previsto per il “Welfare Puro”, di poterli destinare in maniera assolutamente discrezionale solo ad alcuni dipendenti.
La misura sarà successivamente riconfermata per tutto l’anno 2021 dal Decreto Sostegni.
La fase critica dell’emergenza epidemiologica da Covid, certamente attenuata nella fase finale dell’anno 2021, lascia spazio ad un nuovo evento che turberà non in senso epidemiologico ma economico il mondo intero: il conflitto Russo-Ucraino.
Il blocco del gas russo ha avuto un impatto di circa il 6% sul PIL in Europa e ha contribuito ad un vertiginoso aumento dell’inflazione.
Più precisamente, agli inizi del 2022, il conflitto russo-ucraino ha inflitto un grave shock all’economia mondiale, accrescendo l’incertezza e determinando un’elevata volatilità̀ dei prezzi delle materie prime nonché́ fragilità̀ nel commercio internazionale con picchi di inflazione fino al 10%.
La guerra ha accelerato la transizione energetica e ha costretto pertanto l’Europa a utilizzare nuovamente misure fiscali per attutire l’impatto del caro energia su famiglie e imprese.
Lo scenario nostrano dell’anno 2022 in materia di Fringe Benefit si compone in primis dalle previsioni dell’art.12 del Decreto-legge 115/2022 (c.d. Decreto Aiuti Bis) secondo le quali non concorrono a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti nonché le somme erogate o rimborsate ai medesimi dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell'energia elettrica e del gas naturale entro il limite complessivo di euro 600,00.
Da un punto di vista pratico, il senso di continuità rispetto al passato è evidente, con un ulteriore piccolo incremento della soglia di esenzione rispetto a quanto disciplinato precedentemente dal Decreto Sostegni.
Tuttavia, i picchi di inflazione di cui accennavo in precedenza registrati nell’anno hanno imposto al legislatore un ulteriore potenziamento dello strumento.
L’art. 3, comma 10, del Decreto-Legge n. 176/2022 (c.d. “decreto Aiuti Quater”), ha introdotto una modifica al precedente “Decreto Aiuti Bis” prevedendo come, limitatamente al periodo di imposta 2022, in deroga a quanto previsto dall’art. 51, non concorrono a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti, nonché le somme erogate o rimborsate ai medesimi dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale entro il limite complessivo di euro 3.000,00.
Questo potenziamento sostanziale dello strumento ha certamente favorito l’elargizione di somme a costi contenuti da parte delle imprese favorendo, al contempo, la non imponibilità a tassazione di tali somme nelle dichiarazioni dei redditi dei beneficiari.
Anche qui, non bisogna sottovalutare come la discrezionalità di tali elargizioni dipenda esclusivamente dalla volontà da parte del datore di lavoro.
Tornando al passato più recente, i benefici previsti per l’anno di imposta 2022, hanno previsto una sorta di ritorno alle origini della norma (esenzione fino a 258,23 euro) a meno che il destinatario non sia in possesso di un determinato requisito.
Il Decreto-Legge 48/2023 ha confermato infatti la soglia di esenzione dei fringe benefit a 3.000 euro ma solo per i dipendenti con figli a carico, destinando invece la soglia di esenzione originaria prevista dal TUIR per tutti i dipendenti senza figli a carico (258,23 euro).
Per chiarezza, consideriamo fiscalmente a carico i figli che non superano i 24 anni di età e che hanno percepito nell’anno un reddito complessivo pari o inferiore a 4.000 euro e i figli
che superano i 24 anni e hanno percepito un reddito complessivo annuo non superiore a 2.840,51 euro.
Per l’applicazione della misura agevolativa, il datore di lavoro dovrà acquisire l’autocertificazione da parte dei dipendenti che, a loro volta, dovranno indicare di averne diritto precisando il codice fiscale dei figli.
L’Agenzia ha chiarito, inoltre, che il datore di lavoro dovrà conservare la documentazione (anche firmata digitalmente) comprovante l’avvenuta dichiarazione, ai fini di un eventuale controllo da parte degli organi competenti.
Per certi versi la misura è apparsa particolarmente restrittiva con il discrimine dei “figli a carico” che si pone in assoluta controtendenza rispetto alle esigenze reali dei lavoratori, anche alla luce di redditi incapaci di soddisfare le esigenze delle famiglie in assenza di figli.
E credo che sia stata proprio questa la riflessione che ha considerato il legislatore alla vigilia della pubblicazione della legge di bilancio 2024.
Dalle ultime bozze che, come addetti ai lavori abbiamo avuto modo di visionare, il 2024 si prepara un nuovo “restyling” dei Fringe Benefit con una logica certamente più equa rispetto a quanto disposto per l’anno in corso.
Il limite di esenzione per i dipendenti con figli a carico scenderà infatti a 2.000 euro mentre, per tutti gli altri lavoratori, il limite verrà incrementato dagli attuali 258,23 euro a 1.000 euro.
Attendiamo l’arrivo della nuova legge di bilancio per confermare ufficialmente la misura.
Come abbiamo avuto modo di vedere ripercorrendo gli ultimi tre anni di evoluzione normativa in materia di Fringe Benefit, ciò che emerge nell’attuale contesto economico è la loro imprescindibilità rispetto agli effetti che l’economia, senza preavviso alcuno, può portare.
L’eventuale innalzamento strutturale della soglia di esenzione potrebbe contribuire non solo al sostegno economico delle famiglie ma incentiverebbe i consumi più di quanto possa fare la riduzione del cuneo fiscale che, tendenzialmente, tende ad accantonare risparmio.
La sensazione è che la normativa, con il Decreto Aiuti Bis, abbia già sdoganato retaggi del passato come i rimborsi (seppur per fattispecie specifiche): sembra necessario, pertanto, che ogni riflessione futura debba guardare in tal senso.
Anche alla luce degli obiettivi del PNRR relativi alla transizione digitale dove molti paesi europei mettono a disposizioni delle “Welfare Card” seppur con le dovute limitazioni rispetto a tipologie di beni e servizi non coerenti con le finalità di Welfare.
A questo tipo di approccio, ci si auspica un reale sostegno anche da parte della contrattazione collettiva in termini di adeguamenti retributivi e capacità di prevedere forme di Welfare obbligatorie.

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