Testo integrale con note e bibliografia

1. I destinatari della tutela
L’interesse del legislatore nazionale per il lavoro autonomo in quanto tale, al fondo della l. n. 81/2017, si accompagna al riconoscimento di una «condizione di debolezza contrattuale ed economica che colpisce anche molti iscritti ad albi professionali» , in modo ormai preoccupante attratti nell’area dei c.d. working poor .
L’«autonomia attenuata», che caratterizza molti dei destinatari della leg-ge del 2017, rappresenta lo scrimen ideologico che sembra aver ispirato il legislatore del Jobs Act degli autonomi, preferendosi un’estensione ai la-voratori autonomi delle tutele tipiche del lavoro subordinato e di quello imprenditoriale (si pensi all’esplicito richiamo alla l. n. 192/1998 ed al d.lgs. n. 231/2002 ), piuttosto che fare ricorso alla c.d. fictio, com’è ac-caduto con l’art. 2, d.lgs. n. 81/2015 .
La l. n. 81/2017 non reca una definizione di lavoro autonomo econo-micamente dipendente , nonostante gli auspici della dottrina , esten-dendo ad esso la nozione dettata dal legislatore nel ’98 per la subforni-tura «in quanto compatibile» . Rinvio della cui portata si discute poten-dosi ritenere sia che esso si limiti ad importare nella disciplina del lavo-ro autonomo solo la funzione prescrittiva del divieto di abuso di dipen-denza economica oppure che abbia una portata ben più ampia, qualifi-catoria di una nuova fattispecie, cioè il lavoro autonomo economica-mente dipendente (d’ora in poi LAED per brevità), porta di accesso ad uno statuto protettivo .
La risposta all’interrogativo sembra essere alquanto agevole, se non quasi scontata, nel senso che se la tutela contro la dipendenza economi-ca dell’impresa, introdotta nel 1998, non ha inciso sulla nozione di quest’ultima, sarebbe arduo, se non proprio scorretto sul piano metodo-logico, sostenere la valenza qualificatoria della dipendenza economica esportata nell’area del lavoro autonomo . L’estensione conferma, piut-tosto, la vicinanza del lavoro autonomo all’impresa (ma sul punto v. in-fra).
In ultima analisi la l. n. 81/2017 – come si legge nella relazione di ac-compagnamento –si limita a prevedere la costruzione «anche per i lavo-ratori autonomi (di) un sistema di diritti e di welfare moderno, capace di sostenere il loro presente e di tutelare il loro futuro», rientrando «a pie-no titolo nella garanzia offerta dall’art. 35 Cost. al lavoro “in tutte le sue forme ed applicazioni”» : assicura così una tutela minima dalla doppia anima alla «galassia del lavoro autonomo» , estendendo ai lavoratori autonomi garanzie già previste in favore dell’impresa .
A quest’ultimo riguardo fa specie constatare come l’esigenza di tutelare la dipendenza economica sia stata avvertita dall’ordinamento all’inizio in favore dell’impresa e solo di recente per il lavoratore autonomo, anche se un simile atteggiamento poteva ricavarsi già dal sistema di sicurezza sociale che solo nel 1995 ha previsto una tutela pensionistica in favore degli autonomi, con l’istituzione della Gestione separata Inps, dopo aver introdotto molti anni prima la tutela in favore di artigiani, commercianti e agricoli, che compongono la galassia del mondo piccolo imprendito-riale .
Non meraviglia, pertanto, l’esclusione dal campo di applicazione della l. n. 81/2017 della piccola impresa in quanto già tutelata.
Un’ultima notazione introduttiva riguarda la struttura della normativa sul lavoro autonomo di cui si discute. Ebbene, il legislatore ha dovuto fare i conti con una realtà nella quale convivono tre specie: le collabora-zioni coordinate e continuative (art. 409, n. 3, c.p.c.), il lavoro autono-mo c.d. puro (artt. 2222 – 2228 c.c.) e il lavoro libero-professionale (artt. 2229-2238 c.c.).
Detta tripartizione caratterizza la disciplina introdotta dalla l. n. 81/2017, ivi reperendosi non una disciplina unitariamente riferibile all’autonomia nella sua accezione codicistica, bensì tre distinte discipline per ciascuna delle tre specie prima richiamate, così perpetuando un di-stinguo già presente nel codice civile (artt. 2222 – 2230 c.c.), accentua-tosi con la regolamentazione delle co.co.co. .
Il quadro testé delineato si è recentemente complicato a seguito della introduzione della tutela dei lavoratori tramite piattaforma digitale (c.d. riders), tramite il d.l. 3 settembre 2019, n. 101, ultimo atto normativo del Governo Conte 1. Quest’ultimo, con l’art. 1, comma 1, lett. c), introdu-ce nel d.lgs. 81/2015 il Capo V-bis (artt. 47-bis, 47-ter e 47-quater), con una vacatio di 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione. Si tratta di un mini statuto protettivo per questa, tanto di-scussa, categoria di lavoratori. Restringendo il discorso al profilo quali-ficatorio, l’Esecutivo, in modo alquanto discutibile, collega la qualifica-zione come autonomi di questi lavoratori alla tipologia di lavoro svolto, traslando nell’area dell’autonomia un criterio decisamente rifiutato, sal-vo qualche rara eccezione, dalla giurisprudenza nell’area della subordi-nazione. Le modalità di esecuzione della prestazione incidono, vicever-sa, sulla determinazione del corrispettivo (v. art. 47-bis comma 3).
Tale realtà ha impedito di ideare un paradigma di tutela ritagliato sulla fattispecie optandosi per l’estensione di tutele tipiche della subordina-zione ovvero, più di recente, di quelle riservate all’impresa.
Tale dato devalorizza molto l’esclusione degli imprenditori, anche picco-li, dal campo di applicazione della l. n. 81/2017, in quanto destinatari già da molti anni delle tutele oggi accordate agli autonomi (si pensi alla dipendenza economica della l. n. 192/1998 e al ritardo di pagamento nelle transazioni commerciali del d.lgs. n. 231/2002). Siffatta scelta legi-slativa ben spiega la mancata definizione di lavoro autonomo economi-camente dipendente ancora una volta proponendo una “definizione per sottrazione”: è LAED tutto ciò che non è riconducibile alla subordina-zione ovvero all’impresa economicamente dipendente.
Questa collocazione del lavoro autonomo tra l’impresa e la subordina-zione aiuta a comprendere l’articolazione delle tutele introdotte o rivisi-tate dalla l. n. 81, teleologicamente differenziate pur se accumunate dal-la debolezza dei soggetti riconducibili al “mondo di mezzo”.
Per grossa approssimazione è possibile individuare nell’articolato del 2017 tre diverse tipologie di tutele che guardano al lavoratore autonomo nel contratto, nel mercato e in quanto soggetto che vive del proprio la-voro.
Si tratta di tutele di matrice diversa, civilistica la prima, “mercatistica” la seconda, lavoristico-previdenziale l’ultima, ma con forti influenze ed interferenze reciproche, come si addice ad un corpus normativo di fron-tiera, per cui la tripartizione qui adottata risponde più ad esigenze di schematizzazione che non di vera e propria sistemazione categoriale.

2. La tutela per il ritardo di pagamento nelle transazioni com-merciali

La prima tipologia di tutele, che insinua nella normativa sul lavoro au-tonomo la logica del contratto asimmetrico , viene affidata a due di-sposizioni relative rispettivamente al ritardo di pagamento nelle transa-zioni commerciali (art. 2) e alle clausole e condotte abusive (art. 3, commi 1, 2 e 3). Prima di esaminarle non può non condividersi l’opinione di chi mette in evidenza come «è significativo rilevare che questo rinvio operato dalla l. n. 81/2017 esprime bene la parallela evo-luzione della disciplina civilistica, che ha saputo fare passi avanti nell’integrazione del canone della buona fede e nel recepimento delle tutele contro l’asimmetria tra parti contraenti, alla quale però non è evi-dentemente corrisposta una parallela evoluzione del diritto del lavoro, incapace di fornire strumenti adeguati, specifici e calibrati a tutte le ti-pologie di lavoratori, ed ancora eccessivamente vincolato al lavoro su-bordinato per l’attribuzione di tutele, tendenzialmente negate o limitate rispetto agli outsider».
La prima tutela riguarda la lotta ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, da intendersi come «i contratti, comunque denominati, tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni, che compor-tano, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi contro il pagamento di un prezzo». Sul punto l’art. 2, l. n. 81/2017, estende le disposizioni del d.lgs. n. 231/2002, «in quanto ap-plicabili» e fatte salve «disposizioni più favorevoli» anche ai contratti stipulati tra lavoratori autonomi e imprese o PA, nonché tra gli stessi lavoratori autonomi .
Si cerca così di tutelare il contraente debole dalla deprecabile prassi dei ritardi di pagamento e dalla pattuizione di termini di pagamento spro-positati, molto diffusi in ambito commerciale, vietando periodi di paga-mento superiori ai trenta giorni . Termini superiori sarebbero possibili «purché non siano gravemente iniqui per il creditore ai sensi dell’articolo 7» , con l’avvertenza che la clausola in questione potrebbe essere qualificata come abusiva .
Una disciplina ad hoc è contenuta nel d.lgs. n. 231/2002 con riferimento agli interessi moratori che decorrono «senza che sia necessaria la costi-tuzione in mora, dal giorno successivo alla scadenza del termine per il pagamento» , determinati «nella misura degli interessi legali di mora» , ovverosia quella stabilita dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e pubblicata «nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana nel quinto giorno lavorativo di ciascun semestre solare» . È possibile concordare un tasso di interesse diverso, sempreché esso non sia gravemente iniquo in danno del creditore, atteso che in tal caso l’art. 7, d.lgs. n. 231/2002, oltre a “riempire di contenuti” il concetto di iniquità, ne prevede anche la nullità. L’eccezione alla regola è costituita dalla prova offerta dal debi-tore relativa alla dimostrazione del ritardo nel pagamento del prezzo «determinato dall’impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile» .
Quanto al risarcimento per le spese di recupero delle somme non corri-sposte, il d.lgs. n. 192/2012, di modifica del d.lgs. n. 231/2002, prevede che al creditore spetti, senza che sia necessaria la costituzione in mora, «un importo forfettario di 40 euro a titolo di risarcimento del danno», sempreché egli non fornisca la prova «del maggior danno, che può comprendere i costi di assistenza per il recupero del credito» .
A questo risarcimento si può aggiungere anche quello derivante dalle c.d. prassi inique, cioè «relative al termine di pagamento, al saggio degli interessi moratori o al risarcimento dei costi di recupero, quando risul-tano gravemente inique per il creditore» .
Si tratta di una normativa di origine comunitaria (direttiva 2000/35/CE e direttiva di refusione 2011/7/UE), che riduce la libertà contrattuale sui termini di pagamento e prevede meccanismi risarcitori a vantaggio delle imprese creditrici danneggiate.
Il dubbio se l’estensione fosse già possibile, in ragione della possibile applicazione del d.lgs. n. 231/2002 ai liberi professionisti , è stato fuga-to da chi evidenzia che in sede di recepimento della direttiva n. 35/2000, si fa riferimento esclusivamente ad «ogni soggetto esercente un’attività economica organizzata o una libera professione», accogliendo una lettura più “restrittiva” delle tutele ipotizzate a livello europeo.
Ne consegue che la l. n. 81/2017, superando detta impostazione, assu-me carattere innovativo.

3. La responsabilità solidale negli appalti

Un ulteriore forma di tutela del credito del lavoratore autonomo, prima ancora dell’intervento del 2017, è stata introdotta con l’art. 9, comma 1, d.l. n. 76/2013, conv. in l. n. 99/2013, che ha esteso il campo di appli-cazione della responsabilità solidale negli appalti ai compensi e agli ob-blighi di natura previdenziale e assicurativa dei lavoratori con contratto di lavoro autonomo, pur escludendo espressamente dal campo di appli-cazione del regime le PP.AA. .
Quindi dal 2013, l’operatività del regime di solidarietà è stato esteso an-che «ai compensi e agli obblighi di natura previdenziale e assicurativa nei confronti dei lavoratori con contratto di lavoro autonomo» . Come è stato osservato, l’estensione ai lavoratori autonomi risponde alla necessità di superare la disparità di trattamento in precedenza perpetrata in danno di numerosi soggetti impiegati dagli appaltatori al di fuori del rapporto di lavoro su-bordinato . La formulazione della norma estensiva ha tuttavia destato perplessità in merito all’applicabilità del regime di responsabilità solidale per i debiti relativi agli obblighi contributivi e assicurativi. Infatti, se nul-la quaestio in merito a quelli riguardanti i lavoratori parasubordinati, di-versa è la condizione dei lavoratori autonomi impiegati tramite contrat-to d’opera ex art. 2222 c.c., che sono obbligati a versare in via diretta i propri oneri sociali . A tale ultimo proposito, il Ministero del lavoro ha sottolineato come una interpretazione letterale del dato normativo con-durrebbe all’irragionevole effetto di far coincidere, nel medesimo sog-getto, la posizione di trasgressore (lavoratore autonomo tenuto al ver-samento dei contributi in via diretta) e di beneficiario della solidarietà , con un ingiustificato ampliamento della responsabilità del committente e con «un’evidente distonia sul piano delle finalità proprie dell’istituto della solida-rietà» .

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