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Sulla G.U. del I luglio 2022 è stato pubblicato il D.lgs. 17 giugno 2022, n. 83, recante “Modifiche al codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, in attuazione della direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 (direttiva sulla ristrutturazione e sull’insolvenza)”, con vigenza dal 15 luglio 2022.
Nella norma viene recepito in modo definitivo il nuovo istituto della composizione negoziata della crisi, introdotto dal Decreto Legge 24 agosto 2021 n. 118, convertito con modificazioni dalla Legge 21 ottobre 2021 n.147
E’ questa una delle innovazioni più rilevanti in tema di crisi d’impresa poiché evidenzia la volontà del Legislatore di intercettare in modo precoce le difficoltà in un’ottica di supporto (e non di colpevolizzazione) dell’imprenditore.
La composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, infatti, in sintesi, offre all’imprenditore la possibilità di usufruire di un percorso agevolato, guidato e protetto, che gli consenta di far fronte alle difficoltà mediante l’affiancamento di un esperto terzo e indipendente con il compito di agevolare le trattative con i creditori e il raggiungimento di eventuali accordi.
Si tratta di una procedura attivata dalla volontà de debitore o su sollecitazione dell’organo di controllo, e nel quale si avviano una serie di trattative alla presenza, come si è accennato, di un esperto indipendente, che non porta con sé solo il compito di assistere l’imprenditore, ma di facilitare e stimolare gli accordi con i creditori.
Nella procedura di composizione assistita, l’imprenditore può proseguire ad avvalersi dei propri consulenti, poiché l’esperto nominato non li sostituisce, ma si affianca a loro per facilitare lo svolgimento della procedura, coadiuvando le parti nella comunicazione e nella comprensione dei problemi e degli interessi di ciascuna.
Come accennato, il Legislatore si è posto, l’obiettivo di fornire uno strumento di governo della crisi, in grado di gestire un percorso di risanamento nuovo, incentrato sulla negoziazione con i creditori mediante l’istituzionalizzazione della fase delle trattative con il fine ultimo di creare un raccordo tra le forme di mediazione già esistenti in materia di rapporti d’impresa e le procedure di regolazione della crisi, attraverso tavoli di facilitazione allargati contestualmente ai creditori.
Il risanamento attraverso questa procedura deve avvenire in un clima di riservatezza, ovviamente solo se possibile, poiché in questo ambito non sono inibite le misure di protezione del credito che, come è noto, sono soggette a specifiche forme di pubblicità.
Ci si trova di fronte ad una declinazione di strumenti non sconosciuti al sistema concorsuale, ma che il nuovo corso della normativa post-pandemica ha portato a modificare nell’applicazione ed adattare alle nuove dinamiche, preservandone i tratti principali poiché ritenuti idonei a sterilizzare, per un periodo di tempo determinato, quelle condizioni che potrebbero turbare il buon esito delle trattative condotte dall’imprenditore.
Dalla norma viene stabilito che, presentando l’ istanza l’imprenditore possa chiedere l’applicazione di misure protettive del patrimonio.
La domanda è pubblicata, unitamente a quella di accettazione dell’esperto, nel Registro delle imprese e, a decorrere da tale data, si determinano gli effetti di automatic stay: da quel momento “i creditori non possono acquisire diritti di prelazione, se non concordati con l’imprenditore, né possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa”.
A differenza di quanto previsto per le procedure concorsuali, nell’ambito della negoziazione assistita non è prevista l’inibizione dei pagamenti, ma fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata, è impedita la pronuncia di fallimento o di accertamento dello stato passivo.
I creditori interessati dalle misure protettive non possano unilateralmente rifiutare l’adempimento dei contratti pendenti o imporre la risoluzione, né possono anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell’imprenditore per il solo fatto del mancato pagamento dei loro crediti anteriori rispetto alla data di pubblicazione dell’istanza.
Tale garanzia assume un ruolo significativo nell’ottica della salvaguardia della continuità aziendale, poiché permette all’imprenditore di poter continuare a svolgere la sua attività caratteristica senza che questa subisca rallentamenti dovuti a problematiche pregresse.
Nella medesima logica di preservazione dell’attività d’impresa e, nello specifico della tutela dei posti di lavoro, l’unica esclusione dalle misure protettive è disposta espressamente nei confronti dei lavoratori: in recepimento di quanto previsto dalla Direttiva UE 2019/1023, ed infatti si prevede espressamente l’esclusione dalle misure protettive per i diritti di credito dei lavoratori; ciò per differenziare i diritti di credito degli imprenditori rispetto a quelli dei lavoratori, ponendo questi ultimi in una posizione maggiormente tutelata.
Non si ritiene di potersi soffermare ulteriormente su questo aspetto, ma preme sottolineare che la disciplina sugli strumenti di misure di protezione del patrimonio assume, in molti casi, una valenza strategica nei programmi di risanamento di un’impresa.
Appare, invece, di interesse delineare le principali caratteristiche ed i ruoli che la norma attribuisce all’esperto che, come è facilmente intuibile, ha un ruolo di estrema importanza nel percorso di negoziazione che deve condurre al salvataggio dell’impresa.
Le funzioni dell’esperto, infatti, pur se apparentemente appaiono ben delineate, in realtà nella applicazione concreta possono condurre al sorgere di diversi dubbi interpretativi della normativa.
L’esperto, infatti, in tempi brevi deve verificare l’effettiva possibilità di procedere ad un risanamento dell’impresa e, quindi, deve avere indubbie competenze aziendalistiche, ma deve anche riuscire con autorevolezza a porsi come agevolatore del dialogo con le controparti dell’imprenditore, mantenendo la terzietà e senza diventare suo consulente.
Compito certo non facile e molto diverso da quello del commissario giudiziale, del curatore o del professionista attestatore
Per questo viene imposta anche la conoscenza di tecniche di negoziazione
Il professionista che riveste questo ruolo, del resto ( è bene sottolinearlo poiché spesso si dà origine a confusioni) non può assistere l’imprenditore né può o deve sostituirsi alle parti nell’esercizio dell’autonomia privata, ma ha il compito di esprimere una valutazione sulla concreta possibilità di salvare l’impresa.
Per quanto concerne le concrete modalità di svolgimento delle negoziazioni, la scelta è affidata all’esperto che potrà a seconda del contesto favorire o meno gli incontri in presenza.
Sempre su scelta dell’esperto è il percorso seguito sotto il profilo procedurale degli incontri, ma in ogni caso, soprattutto nelle fasi più rilevanti può essere utile redigere un verbale che renda oggettivi i risultati ottenuti.
Un ulteriore, rilevante ruolo dell’esperto è quello di gestire le cadenze temporali delle trattative, anche, e soprattutto,in considerazione del termine di 180 giorni disposto dalla normativa, per l’individuazione di un’adeguata soluzione della crisi.
Nella negoziazione la norma prevede che l’esperto operi in modo professionale, riservato, imparziale e indipendente, mentre all’imprenditore si richiede che rappresenti in modo completo e trasparente lo “stato dell’arte” dell’impresa non solo all’esperto, ma anche ai creditori e agli altri soggetti interessati.
Nascondere informazioni conduce a responsabilità molto serie
Le controparti dell’imprenditore, a loro volta, nelle trattative hanno il dovere di collaborare lealmente e in modo sollecito con l’imprenditore e con l’esperto, e di non ostacolare le trattative con un comportamento ostruzionistico o rifiutando a priori il contraddittorio sulle proposte del debitore.
Esse inoltre devono mantenere il necessario riserbo sulla situazione dell’imprenditore, sulle iniziative che questi intende intraprendere e, più in generale, sulle informazioni apprese in occasione delle trattative.
Va sottolineato che la riservatezza è, spesso, di estrema rilevanza nei processi di risanamento che prevedano la prosecuzione dell’attività d’impresa per le conseguenze che alcune informazioni possono generare nel mercato di riferimento dell’impresa e sulla clientela.
Una volta identificati e coinvolti i creditori e chiariti i rispettivi obblighi, assume fondamentale importanza la proposta di risanamento formulata dall’imprenditore.
Si discute molto sul ruolo che in questa fase può assumere l’esperto, poiché se da una parte la sua terzietà imporrebbe il suo astenersi da qualsiasi coinvolgimento nella elaborazione, dall’altra appare anche sostenibile l’ipotesi in cui l’esperto contribuisca ad affinare gli elementi della proposta o, in casi particolari, a modificarne la struttura.
Sicuramente è un elemento su cui è aperto un acceso dibattito poiché da una parte, probabilmente, nella operatività sarà abbastanza difficile da parte dell’esperto agevolare la negoziazione di un programma non totalmente approvato, ma dall’altra un intervento troppo invasivo potrebbe acuire le sue responsabilità e comprometterne la terzietà.
Particolare attenzione il legislatore ha dedicato alle banche e agli intermediari finanziari interlocutori spesso strategici nel salvataggio delle imprese.
Viene, infatti, previsto che non solo le banche (originariamente) creditrici, ma anche i loro mandatari e cessionari siano tenuti a partecipare alle trattative in modo attivo e informato.
Un obbligo non formale, ma sostanziale che in qualche misura, tuttavia, non tiene conto dei vincoli che le normative specifiche impongono a questi interlocutori e che potrebbero costituire un ostacolo oggettivo alle trattative.
Il problema, infatti, non è tanto nelle operazioni di “saldo e stralcio” quanto piuttosto laddove si richieda un proseguo dei rapporti o tempi troppo lunghi di ripianamento del debito.
In particolare in questo senso pare di complessa attuazione la disposizione che specifica che l’accesso alla composizione negoziata della crisi da parte dell’imprenditore non possa costituire di per sé causa di revoca degli affidamenti bancari concessi all’imprenditore.
Non è possibile, in questa sede, approfondire questa tematica, ma certo è che una simile disposizione andrà conciliata con le normative bancarie in materia di merito creditizio e di rischio di default.
Problematica, ad avviso di chi scrive, potrebbe essere la posizione dell’esperto laddove gli venga chiesto dall’istituto di credito una formale dichiarazione sulla fondatezza dell’accordo da poter avere agli atti a base dell’accordo raggiunto.
Un breve accenno merita, infine, la possibilità, prevista dalla norma, che l’imprenditore in crisi con più di quindici dipendenti si trovi nella necessità di assumere determinazioni che incidano sui rapporti di lavoro di una pluralità di lavoratori.
Qualora non siano previste dalla legge o dai contratti collettivi applicabili diverse procedure di informazione e consultazione, si prevede che la gestione di questa area, per la tutela dei lavoratori, avvenga con specifiche modalità.
In particolare dovrà essere comunicata in modo formale la volontà di far ricorso alla procedura dando facoltà alle rappresentanze sindacali dei lavoratori di chiedere un incontro, al quale parteciperà anche l’esperto.
La consultazione con le rappresentanze sindacali dei dipendenti, dovrà avvenire prima della adozione delle misure previste.
Questa particolare forma di consultazione è caratterizzata dall’estrema rapidità di svolgimento dell’intero processo che dovrebbe concludersi entro diciotto giorni dall’invio dell’informativa da parte del datore di lavoro.
Strategico, anche in questo caso, può rivelarsi il ruolo dell’esperto che in un eventuale clima di conflittualità può facilitare la comprensione delle reciproche ragioni attraverso un’imparziale ricognizione delle cause e dello stato della crisi e delle soluzioni ipotizzate dall’imprenditore per risolverla.
La presenza dell’esperto, in altri termini, anche in questo caso può garantire un adeguato e trasparente scambio di informazioni e facilitare il raggiungimento di un consenso tra le parti su una soluzione finale condivisa.
Da quanto scritto emerge con evidenza come il Legislatore attribuisca all’esperto un ruolo importante, ma difficile i cui contorni non sono ben delineati così come non lo sono le responsabilità assunte nell’esercizio di questo compito.
Per questo stringente è la normativa per poter assumere l’incarico.
La norma, infatti, specifica che può essere nominato solo uno dei seguenti professionisti, iscritto nell’apposito elenco degli Esperti Negoziatori della crisi d’impresa istituito presso le camere di commercio:
• avvocati (iscritti da almeno cinque anni all’albo degli avvocati);
• dottori commercialisti e esperti contabili (iscritti da almeno cinque anni all’albo dei dottori commercialisti e esperti contabili);
• consulenti del lavoro (iscritti da almeno cinque anni all’albo dei consulenti del lavoro);
• manager d’azienda (con documentazione attestante funzioni di amministrazione, direzione e controllo in imprese interessate da operazioni di ristrutturazione concluse con piani di risanamento).
Un prerequisito determinante per l'iscrizione nel registro è – per commercialisti e avvocati iscritti da almeno 5 anni nell'albo - avere una comprovata esperienza nella ristrutturazione aziendale e della crisi d'impresa (requisito, poi, variamente articolato per i consulenti del lavoro e professionisti non iscritti ad ordini professionali).
Ulteriore requisito per richiedere l'iscrizione, da possedere congiuntamente a uno di quelli previsti dall'art. 3, comma 3 del d.l. 118/2021, è la frequenza di uno specifico corso di formazione.
Il corso di formazione, della durata di 55 ore è stato disciplinato dal decreto dirigenziale del Ministero della Giustizia del 28 settembre 2021.
Il corso consente l'acquisizione di competenze trasversali e tecniche che spaziano dall'economia aziendale, al diritto della crisi di impresa, dal diritto del lavoro al diritto bancario, dal diritto civile a quello societario.
La domanda di iscrizione deve essere inoltrata al competente Ordine Territoriale che valuterà la sussistenza dei requisiti ed in particolare della esperienza professionale maturata dal richiedente.
E’ bene precisare che, ai fini della dimostrazione della comprovata esperienza nel campo della ristrutturazione aziendale e della crisi d'impresa da parte degli aspiranti Esperti, i Consigli Nazionali dei Dottori Commercialisti e degli Avvocati, hanno emanato, rispettivamente in data 27/10/2021 e 17/12/2021, i propri Regolamenti sulle modalità di formazione, tenuta e aggiornamento dei dati raccolti dagli Ordini territoriali e comunicazione alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la formazione dell’Elenco di cui all’articolo 3, comma 3, decreto legge 24 agosto 2021, n. 118, convertito con modificazioni dalla L. 21 ottobre 2021, n. 147.
Con Circolare del Ministero della Giustizia del 29/12/2021, in ordine agli incarichi attestanti la più volte citata esperienza maturata nel campo della ristrutturazione aziendale e della crisi d’impresa, sono state fornite istruzioni che, nella sostanza, ricalcano le linee decisamente “restrittive”, emanate dal CNDCEC.
Nella circolare Ministeriale, così come nei Regolamenti sopra citati, non è prevista, la figura “Curatore fallimentare” nonostante tale figura abbia maturato, come esperienza, l’aver gestito masse attive e passive, a volte anche ingenti, pienamente conosciuto le criticità delle imprese in crisi attraverso l’attuazione di ogni possibile soluzione per conservare il valore aziendale anche attraverso la gestione degli esercizi provvisori con eventuale continuazione temporanea dell’impresa.
Le statistiche indicano che la larga maggioranza degli iscritti all’elenco sono commercialisti, ma tale dato non fa che riflettere la consapevolezza che per svolgere questo compito sono necessarie competenze che sono riconducibili al percorso formativo ed esperienziale degli iscritti all’Ordine dei Commercialisti e degli Esperti contabili.
Va detto, per completezza, che ad oggi non sono molte le istanze presentate presso le Camere di Commercio, probabilmente perché l’istituto è nuovo e deve essere ancora ben compreso e conosciuto.
L’introduzione del codice della crisi, operativo il 15 luglio, probabilmente porterà a un incremento di domande, ma si ritiene, anche, che, per il successo di questa innovazione, nel corso dell’esperienza sul campo molte tematiche dovranno essere affrontate e sarà indispensabile predisporre molti momenti formativi di confronto e aggiornamento.
In tal senso l’Ordine di Milano si è già attivato con la propria Commissione di studio per essere punto di riferimento per i colleghi e la collettività.

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