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Torniamo a parlare delle nuove norme che devono essere applicate affinché ogni dipendente, o altro soggetto interessato, possa sentirsi libero di denunciare, in assoluta anonimità, illeciti perpetrati da soggetti legati all’impresa (soci, amministratori, collaboratori, dipendenti, procuratori etc.). Il nuovo D. Lgs. 24/2023 di "Attuazione della direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'Unione e recante disposizioni riguardanti la protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali" (" Decreto Whistleblowing "), è entrato in vigore il 30 marzo 2023.
Ricordo che già la Legge n. 179/2017, aveva regolamentato la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità in ambito pubblico e privato, con riguardo al settore privato. Tuttavia, l’introduzione di un sistema organizzato per la gestione del whistleblowing era rimasto un adempimento volontario a favore delle organizzazioni che, anche qui volontariamente, avessero scelto di adottare i modelli organizzativi previsti dal Decreto Legislativo n. 231/2001, prevedendo l'obbligo di implementare canali di segnalazione e di garantire una protezione contro eventuali atti ritorsivi nei confronti di chi avesse fatto emergere violazioni o condotte illecite integranti i reati presupposto della responsabilità degli enti. Peraltro, l’utilizzo di un eventuale impianto per il whistleblowing, a differenza di quanto avveniva in altri paesi esteri, era orientato prevalentemente a riferire reati derivanti dalla corruzione.
Da volontario ad obbligatorio: si tratta solo un costoso adempimento in più?
Mi sono occupato di whistleblowing sin dall’inizio degli anni 2000. Allora questo strumento era tipicamente utilizzato dalle società anglosassoni, ricordo che proprio a Londra, nel 2006, avevo partecipato, con professionisti dell’area lavoro di vari paesi europei, ad una riunione organizzata da una società americana tra le più esperte proprio nella produzione di software dedicato al whistleblowing. Nelle grandi aziende multinazionali questo strumento era molto diffuso e ci erano stati presentati numerosi esempi di dirigenti, amministratori delegati, o altri soggetti facenti parte dell’organizzazione aziendale, perseguiti civilisticamente o penalmente, o semplicemente licenziati, proprio perché grazie a questo strumento erano venuti alla luce comportamenti illeciti o particolarmente scorretti. Ecco perché, a mio parere, questa norma è davvero utile che sia diventata un obbligo. Inoltre, può essere un ottimo strumento per stimolare tutte le imprese a redigere, quanto meno, un proprio codice etico.
Non solo, se pensiamo al problema spesso silente delle molestie sessuali, è l’occasione per dare voce a chi soffre e risolvere questo odioso problema troppo spesso, nelle imprese, sottovalutato, o neppure considerato.
Nell’era dei social media la reputazione di un’azienda è un plus importante per affrontare la propria concorrenza. Oggi problematiche reputazionali possono, in un attimo, dare grande risalto ad una attività imprenditoriale oppure metterla in grave difficoltà, a volte distruggerla. Ottemperare alla norma potrebbe essere un buon modo per affrontare al meglio ogni sfida. Infatti, sui mercati la responsabilità sociale dell’impresa potrebbe essere misurata anche da quanto meticolosamente un’azienda applica questa nuova legge.
Molte imprese di dimensione medio piccola già si lamentano del fatto che l’adempimento può costare qualche centinaio di euro all’anno; bene, mi piace affrontare queste, pur fondate osservazioni, portando l’attenzione su quanto, invece, potrebbe costare un danno reputazionale sul mercato, nel settore, nella comunità in cui l’impresa ha sede. Probabilmente potrebbe essere facile farsi una idea del fatto che adeguarsi è un costo irrisorio rispetto ai rischi.
E non dimentichiamo il Bilancio Sociale, al momento obbligatorio per le imprese sociali e altri enti di Terzo settore secondo le linee guida previste, da ultimo, dal Decreto del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali del 5 marzo 2020. Per gli altri è un documento a redazione volontaria, tuttavia sarà sempre più un segno distintivo che può fare la differenza sul mercato (“potrebbe essere più richiesto il prodotto di un’impresa notoriamente attenta al sociale e all’ambiente o quello di una impresa senza scrupoli che non bada che al proprio tornaconto?”). Nonostante ciò, sino ad oggi, il bilancio sociale è rimasto uno strumento di informazione abbastanza trascurato. Eppure, per gli stakeholder, e per tutti i soggetti interessati all’attività di una organizzazione può essere un potente strumento comunicativo e sempre di più lo sarà. Si pensi, ad esempio, che chi cerca lavoro potrebbe basare la decisione se rispondere ad un annuncio di selezione del personale oppure no, verificando se l’azienda target attua pienamente la normativa e produce annualmente un buon bilancio sociale, e, si sa, il successo di una impresa si misura dal valore delle persone che la compongono. Così, la reputazione dell’impresa potrebbe determinare il livello delle persone che può essere in grado di attrarre a sé. Ogni professionista che assiste un’impresa dovrebbe aiutare il proprio Cliente a iniziare ad occuparsi di questi temi, purtroppo ancora troppo trascurati.
Interessante evidenziare che la norma prevede che una segnalazione possa avvenire anche quando il rapporto di lavoro non è ancora iniziato, basta che l’informazione su una certa violazione sia stata acquisita, ad esempio, durante le fasi di selezione. L’uso dello strumento è possibile anche nel corso del periodo di prova o, addirittura, successivamente alla risoluzione del rapporto, ovviamente purché le informazioni riferite alle violazioni siano state acquisite nel corso del rapporto di lavoro e non al di fuori di esso.
L’elenco degli illeciti che rientrano nella nuova disciplina e possono essere oggetto di segnalazione è corposo e interessante:
1) illeciti amministrativi, contabili, civili o penali che non rientrano nei numeri 3), 4), 5) e 6) dell’elencazione che segue;
2) condotte illecite rilevanti ai sensi del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, o violazioni dei modelli di organizzazione e gestione ivi previsti, che non rientrano nei numeri 3), 4), 5) e 6) che seguono;
3) illeciti che rientrano nell'ambito di applicazione degli atti dell'Unione europea o nazionali indicati nell'allegato al decreto ovvero degli atti nazionali che costituiscono attuazione degli atti dell'Unione europea indicati nell'allegato alla direttiva (UE) 2019/1937, seppur non indicati nell'allegato al decreto, relativi ai seguenti settori: appalti pubblici; servizi, prodotti e mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo; sicurezza e conformità dei prodotti; sicurezza dei trasporti; tutela dell'ambiente; radioprotezione e sicurezza nucleare; sicurezza degli alimenti e dei mangimi e salute e benessere degli animali; salute pubblica; protezione dei consumatori; tutela della vita privata e protezione dei dati personali e sicurezza delle reti e dei sistemi informativi;
4) atti od omissioni che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea di cui all'articolo 325 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea specificati nel diritto derivato pertinente dell'Unione europea;
5) atti od omissioni riguardanti il mercato interno, di cui all'articolo 26, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, comprese le violazioni delle norme dell'Unione europea in materia di concorrenza e di aiuti di Stato, nonché le violazioni riguardanti il mercato interno connesse ad atti che violano le norme in materia di imposta sulle società o i meccanismi il cui fine è ottenere un vantaggio fiscale che vanifica l'oggetto o la finalità della normativa applicabile in materia di imposta sulle società;
6) atti o comportamenti che vanificano l'oggetto o la finalità delle disposizioni di cui agli atti dell'Unione nei settori indicati nei numeri 3), 4) e 5).
Interessante notare anche che l’elenco degli illeciti oggetto di segnalazione può essere liberamente ampliato, indipendentemente dall’elencazione delle fattispecie di reato tipiche dei Modelli di organizzazione, gestione e controllo ex D.Lgs. n. 231/2001, e di quelli elencati negli artt. 24 e ss. del nuovo decreto. È pertanto sempre possibile, ove possa occorrere, inserire fattispecie di illecito ulteriori non previste dall’elenco tassativo previsto dalla norma. È il caso, ad esempio, delle molestie sessuali o dei comportamenti discriminatori o di ulteriori violazioni di policies aziendali non contenute nell’elenco dei reati di cui al D.Lgs. n. 231/2001 ma che molto opportunamente, possono essere inseriti come ulteriori ipotesi di possibili segnalazioni.
Non tutte le contestazioni possono essere meritevoli di tutela ed essere oggetto di segnalazione, divulgazione pubblica o denuncia (D.Lgs. n. 24/2023, art. 1, comma 2), parliamo di quelle legate a interessi personali del segnalante, parliamo anche delle segnalazioni di violazioni già rese comunque obbligatorie dagli atti dell'Unione europea o da normative nazionali. E così anche per le segnalazioni di violazioni in materia di sicurezza nazionale, nonché di appalti relativi ad aspetti di difesa o di sicurezza nazionale.
Rientrano nell’ambito di operatività della disciplina del whistleblowing:
- tutti coloro che hanno occupato nell’ultimo anno una media di almeno cinquanta lavoratori con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato o determinato;
- chi, pur non avendo occupato nell’ultimo anno una media di almeno cinquanta lavoratori con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato o determinato, rientra nell’ambito di applicazione degli atti dell’Unione di cui alle parti I.B e II dell’allegato al D.Lgs. n. 24/2023;
- i soggetti che sono dotati di un “modello di organizzazione e gestione ex D. Lgs. n. 231/2001”, anche se nell’ultimo anno non hanno raggiunto la media di cinquanta (50) lavoratori subordinati.
A tale riguardo l’ANAC ha specificato che, per il calcolo del numero di lavoratori, si deve fare riferimento all’ultimo anno solare precedente a quello in corso, salvo per le imprese di nuova costituzione per le quali si considera il numero presente nell’anno 2023. In pratica, per le imprese diverse da quelle di nuova costituzione, occorrerà fare riferimento alla media annua dei lavoratori impiegati al 31 dicembre 2022 e poi, per le annualità successive, si dovrà considerare il computo dell’anno solare precedente, misurato sempre al 31 dicembre dell’anno considerato.
Attenzione che per le aziende di più rilevante dimensione la norma è già operativa dal 15 luglio scorso:
Dal 15 luglio 2023 Dal 17 dicembre 2023
Tutte le aziende del settore privato con più di 250 dipendenti a prescindere dall’adozione o meno di un modello Organizzativo ex D. Lgs. n. 231/2001. Tutte le aziende del settore privato che abbiano impiegato nell’ultimo anno una media di lavoratori subordinati tra i 50 e i 249, a prescindere dall’adozione o meno di un modello Organizzativo ex D. Lgs. n. 231/2001.
Tutti i soggetti del settore pubblico (PA), compresi i soggetti di proprietà o sotto il controllo di tali soggetti, nonché per i Comuni con più di 10.000 abitanti.
Per quanto riguarda gli adempimenti del datore di lavoro in materia di whistleblowing, il primo passo è adeguare, o creare se non ancora esistenti, delle policies interne, redigere un proprio codice etico, adeguare il proprio codice disciplinare e il documento per la gestione della Privacy (GDPR), nonché introdurre, ove possibile, o adeguare il modello organizzativo “231”. Dopo di che, l’obbligo si sostanzia nell’adozione di una piattaforma di segnalazione sicura, che tuteli la riservatezza dell’identità e i dati personali dei denuncianti. Le imprese dovranno gestire le segnalazioni tramite software che utilizzano sistemi crittografici, adeguati a garantire la riservatezza dell’identità del segnalante, della persona coinvolta e del contenuto della segnalazione. Il trattamento dei dati personali e la documentazione relativa alle segnalazioni dovranno essere gestiti rispettando le regole e i principi contenuti nel Regolamento UE n. 2016/679.
Molte sono già le piattaforme dedicate disponibili, la loro ricerca sul web è molto semplice. Qualsiasi provider può essere quello giusto, occorre sapere che il canale comunicativo messo a disposizione deve disporre di specifiche caratteristiche e requisiti tecnici finalizzati a garantire la riservatezza dei dati trattati e la tutela della privacy dei lavoratori “segnalanti”.
Il sistema scelto può essere alternativamente gestito:
- da una persona o da un ufficio interno alla società, con personale specificamente formato a ricevere le segnalazioni prodotte;
- da un soggetto esterno, anch’esso autonomo e formato (ad esempio, ho notato che alcune grandi imprese hanno già affidato il compito ad un legale o al proprio commercialista che, in quanto tipicamente dedicati all’assistenza tecnica in materia di gestione d’impresa, possono dare un grande contributo in quanto dotati di tutte le tecnologie e l’esperienza necessari).
In ogni caso gli addetti sono tenuti a fornire a tutta la popolazione aziendale, in un luogo aziendale facilmente accessibile (è consigliata la classica “bacheca” da Statuto dei Lavoratori, oppure sul sito Internet o intranet della Società), delle informazioni chiare e puntuali in merito all’esistenza della piattaforma dedicata e alle procedure da seguire per effettuare le dovute segnalazioni.
In caso di segnalazione, l’operatore nominato, dovrà rilasciare una ricevuta di ricezione della segnalazione al soggetto interessato immediatamente (se sistema web) o comunque entro sette giorni; dovrà, inoltre, fornire un adeguato riscontro alla segnalazione ricevuta entro tre mesi dall’avviso di ricezione o, in sua assenza, entro tre mesi e sette giorni dalla sua presentazione, dovrà, infine, conservare le segnalazioni per il tempo necessario al trattamento della segnalazione e, in ogni caso, non oltre i cinque anni dalla data di esito/riscontro.
Chi è il whistleblower: la platea delle persone legittimate alla segnalazione, ai sensi dell’art. 3, comma 3, del D.Lgs. 24/2023, oltre quelle operanti nel settore pubblico (dipendenti, comprese le forze di polizia e il personale militare), comprende:
- i lavoratori dipendenti in aziende del settore privato;
- i lavoratori autonomi, nonché i titolari di un rapporto di collaborazione;
- i lavoratori o i collaboratori, che svolgono la propria attività lavorativa presso soggetti del settore privato che forniscono beni o servizi o che realizzano opere in favore di terzi;
- i liberi professionisti e i consulenti che prestano la propria attività presso soggetti del settore pubblico o del settore privato;
- i volontari e i tirocinanti, retribuiti e non retribuiti, che prestano la propria attività presso soggetti del settore pubblico o del settore privato;
- gli azionisti e le persone con funzioni di amministrazione, direzione, controllo, vigilanza o rappresentanza.
Tra i whistleblowers si possono annoverare anche i “facilitatori” ossia persone che diano assistenza al segnalante nel processo di segnalazione, tra cui, ad esempio, colleghi e parenti.
La denuncia è possibile anche se il datore di lavoro non si adegua e non implementa alcun sistema informatico. In questi casi la gestione dei canali esterni di segnalazione esterna è garantita dall’ANAC, a cui ci si può rivolgere quando:
- nel contesto lavorativo non è previsto un canale di segnalazione interna o questo non è attivo o, se attivo, non è conforme alle prescrizioni dettate al riguardo;
- sia stata presentata una segnalazione attraverso il canale di segnalazione interna che non ha avuto seguito;
- vi sia un giustificato motivo di ritenere che la segnalazione attraverso il canale di interno non sarà efficace o sarà oggetto di ritorsione oppure la violazione possa costituire pericolo imminente o palese per l'interesse pubblico.
In via residuale, il whistleblower può effettuare divulgazioni di pubblico dominio tramite stampa o altri mezzi elettronici o mezzi di diffusione in grado di raggiungere un numero elevato di persone (attenzione alle querele che possono essere attivate se i fatti non sono più che fondati, in ogni caso il whistleblower dovrà preoccuparsi di avere un ragionevole e fondato motivo di ritenere che le informazioni sulle violazioni segnalate siano vere e rispettino le condizioni previste (art. 16, comma 1 del Decreto in discorso); poi, è sempre possibile una denuncia all’Autorità giudiziaria o contabile (Revisori, Collegio sindacale o Organismo di Vigilanza).
L’ANAC equipara le segnalazioni anonime a segnalazioni ordinarie, ma solo se circostanziate; il segnalante o il denunciante anonimo, successivamente identificato, che comunica ad ANAC di aver subito ritorsioni, può beneficiare della tutela appositamente prevista dall’art. 16, comma 4 del decreto. Ovviamente la massima garanzia di anonimato è data dall’utilizzo da parte del datore di lavoro di una apposita piattaforma web.
Le segnalazioni possono essere effettuate con canali interni all’azienda, o esterni ad esempio se l’impresa ha nominato un professionista esterno. Ecco il motivo per il quale ogni datore di lavoro dovrà per forza redigere un proprio regolamento interno nominando delle persone incaricate ad assistere il denunciante in modo anonimo e con tutta la discrezione possibile anche se poi non metterà a disposizione alcuno strumento informatico dedicato. Le segnalazioni, infatti, possono essere effettuate per iscritto, anche con modalità informatiche (e-mail), in busta chiusa o addirittura in forma orale attraverso linee telefoniche o sistemi di messaggistica vocale o, mediante un incontro diretto richiesto dal segnalante.
Le tutele che il Legislatore riserva alla categoria dei “whistleblowers”, sono individuate nell’art. 17 del nuovo decreto legislativo, e si estrinsecano nel divieto, strettamente legato alla presenza di segnalazioni:
- di licenziare o sospendere il lavoratore;
- di retrocederlo o di non promuoverlo, per le sole ragioni legate alla presenza di segnalazioni;
- di discriminarlo o di corrispondergli un trattamento meno favorevole;
- di emettere, nei suoi confronti, note di merito negative o referenze negative.
Si tratta di azioni ritorsive solo laddove sia presente un effettivo collegamento tra l’azione stessa e il fatto che il lavoratore sia stato individuato come “whistleblower”.
Per quanto attiene all’onere probatorio, il segnalante deve dimostrare di aver effettuato una comunicazione sul canale o piattaforma messa a disposizione dell’azienda e, al contempo, dimostrare di aver subito un danno. Sarà poi, in concreto, il datore di lavoro a dover dimostrare che le condotte o il provvedimento disciplinare eventualmente adottato, siano da imputarsi a cause esterne e diverse rispetto a quelle oggetto di applicazione della norma in esame.
Le Sanzioni.
Sono previste sanzioni da 10.000 a 50.000 euro, al verificarsi delle seguenti ipotesi:
- mancata istituzione dei canali di segnalazione;
- mancata adozione delle procedure per effettuare e gestire le segnalazioni;
- adozione di procedure non conformi a quelle fissate dal D.Lgs. n. 24/2023;
- mancato svolgimento dell’attività di verifica e dell’analisi delle segnalazioni ricevute;
- comportamenti ritorsivi;
- ostacoli alla segnalazione o tentativi di ostacolarla;
- violazione dell’obbligo di riservatezza circa l’identità del segnalante.
È prevista anche una sanzione da 500 a 2.500 euro che ANAC può applicare al segnalante, nei cui confronti venga accertata anche con sentenza di primo grado, la responsabilità civile per diffamazione o calunnia nei casi di dolo o colpa grave.
Adeguarsi è dunque indispensabile ma anche conveniente a vantaggio della propria reputazione.

 

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