Testo integrale con note e bibliografia

Testo dell'ordinanza

1. Premessa
Ennesima pronuncia in materia di gig economy a seguito della ormai nota sentenza emessa dal Tribunale di Palermo nel novembre scorso. Con una recente ordinanza il Tribunale di Bologna ha accolto il ricorso presentato congiuntamente dai sindacati Filcams Cgil Bologna, Nidil Cgil Bologna e Filt Cgil Bologna, condannando la società Deliveroo Italia S.r.l. per condotta discriminatoria con conseguente risarcimento del danno a favore delle parti ricorrenti. Con tale pronuncia, il Tribunale di Bologna ha stabilito che Frank, l’algoritmo in precedenza utilizzato da Deliveroo per programmare le sessioni di lavoro dei riders, fosse discriminatorio in quanto potenzialmente penalizzava i ciclofattorini i quali si assentavano dal lavoro ai fini dell’esercizio del diritto di sciopero nonché per altri motivi ritenuti “degni di tutela”.
2. La pronuncia del Tribunale di Bologna.
Con ordinanza del 31.12.2020 il Tribunale di Bologna ha condannato Deliveroo al risarcimento del danno nei confronti delle sigle sindacali ricorrenti sulla base dell’assunto che l’algoritmo elaborato dalla società al fine di stabilire le modalità di accesso alla prenotazione delle sessioni di lavoro tramite la piattaforma digitale avesse carattere discriminatorio. Infatti, a detta del giudice bolognese, tale algoritmo, sanzionando con perdita di punteggio i riders che non rispettavano le sessioni di lavoro, penalizzava senza alcuna distinzione tutte le forme di astensione dal lavoro da parte dei ciclofattorini, determinando in tal modo una diminuzione del punteggio agli stessi assegnato con conseguente retrocessione nella fascia di prenotazione e minori occasioni di lavoro. Come chiaramente descritto nella pronuncia in esame, Deliveroo adottava prima del 2 novembre 2020 un peculiare sistema di prenotazione in anticipo (Self-Service Booking) il quale consentiva al rider di selezionare all’inizio della settimana le sessioni di lavoro a partire da tre diverse fasce orarie (11:00; 15:00; 17:00). Tuttavia, i riders non potevano accedere indistintamente all’una o all’altra fascia oraria al fine di prenotare le sessioni di lavoro; infatti, in base all’algoritmo utilizzato dalla piattaforma, l’orario di accesso di ciascun ciclofattorino dipendeva da due differenti indici, affidabilità e partecipazione ai picchi, i quali permettevano di assegnare ad ogni rider uno specifico ranking. Mentre l’indice di affidabilità veniva calcolato in base al numero di volte in cui il rider non partecipava alla sessione dopo averla prenotata, l’indice relativo alla partecipazione ai picchi prevedeva quale parametro il numero di volte in cui il medesimo rider si rendeva disponibile a rendere la propria prestazione dalle ore 20.00 alle ore 22.00 durante i fine settimana. I valori dei due indici, combinati tra loro, determinavano il ranking reputazionale assegnato a ciascun rider il quale, a seconda del valore più o meno elevato dello stesso, aveva accesso al SSB in una delle 3 fasce: la fascia delle 11:00 era riservata a coloro che possedevano un ranking reputazionale maggiore, alla quale seguono la seconda e la terza fascia, rispettivamente alle 15:00 ed alle 17:00, attribuite ai riders con ranking reputazionale inferiore. A detta del giudice bolognese, tale meccanismo determinava una riduzione delle sessioni disponibili tanto da segnare una netta diminuzione delle occasioni di lavoro per i riders i quali, a causa dell’inferiore ranking reputazionale a loro assegnato in base agli indici sopra menzionati, potevano prenotarsi solamente nella seconda e terza fascia. Di conseguenza, in tal modo il modello di business adottato dalla società penalizzava secondo il Giudice in maniera cieca e discriminante chi si assentava dal lavoro (ad esempio, per esercitare il diritto di sciopero o per ragioni di malattia), assistendo così ad una diminuzione del proprio ranking reputazionale e, con esso, delle opportunità lavorative prospettabili.
3. Pronuncia storica?
Sebbene da più parti la pronuncia in commento sia stata accolta con fervore, preannunciando l’ennesima vittoria per i ciclofattorini, in realtà, analizzandone attentamente il contenuto nonché il contesto di riferimento, è evidente come la decisione del tribunale bolognese non infici in alcun modo il modello di business adottato dalla piattaforma Deliveroo e, con esso, l’attuale condizione dei riders operanti per la stessa piattaforma. Infatti, come più volte sottolineato negli atti del giudizio prodotti a sostegno della difesa della piattaforma londinese, Deliveroo non utilizza più il sistema censurato dal giudice bolognese dagli inizi del novembre scorso, tanto da escludere alcuna attuale e diretta discriminazione in tal senso nei confronti dei riders operanti per la stessa. Sebbene l’ordinanza del Tribunale di Bologna escluda la configurazione dell’ipotesi di cessazione della materia del contendere, stante l’attuale interesse delle sigle sindacali ricorrenti ad ottenere, se non la cessazione della condotta censurata (per l’appunto già cessata), quanto meno il risarcimento del danno derivatone, resta fermo il fatto che la stessa pronuncia faccia riferimento ad un sistema di prenotazione delle sessioni di lavoro non più in uso e superata. Inoltre, il modello oggetto del giudizio corrisponde a quello antecedente all’entrata in vigore del recente CCNL Assodelivery/UGL, il quale reca une regolamentazione specifica in materia di divieto di discriminazioni e di ranking. Da un punto di vista materiale, quindi, la pronuncia incide in maniera minima sul dibattito tecnico e dottrinale che ruota attorno ai rider. A ciò si aggiunga l’ulteriore rilievo per cui le eccezioni sollevate dai ricorrenti si riferiscano a condotte meramente potenziali, non oggetto di alcuna rivendicazione da parte dei ciclofattorini stessi durante il periodo di vigenza del meccanismo censurato; infatti, appare evidente sin dalle eccezioni sollevate dalle sigle sindacali ricorrenti come il giudice si sia limitato a condannare la società resistente unicamente in base alla potenzialità lesiva dell’algoritmo adottato, senza addurre a sostegno delle proprie convinzioni alcun caso di effettiva e palese discriminazione subita dai ciclofattorini in virtù del sistema di ranking reputazionale adottato dalla piattaforma.
4. Conclusioni.
Le perplessità sollevate dalla pronuncia del Tribunale di Bologna, qualora si analizzi attentamente l’iter logico-giuridico seguito dal giudice evitando di soffermarsi unicamente sulle conclusioni ivi rassegnate, sono molteplici: senza dubbio, gli ormai superati meccanismi censurati posti in essere dalla piattaforma così come la carenza di situazioni di oggettiva e reale discriminazione conseguenti all’adozione di tali meccanismi, tanto che il giudice bolognese si limita a condannare il potenziale effetto discriminatorio dell’algoritmo, finiscono per sollevare alcuni leciti interrogativi sull’effettiva portata storica di una pronuncia di tale genere. Peraltro, come visto, la vicenda dalla quale trae origine la pronuncia è antecedente all’entrata in vigore del nuovo CCNL Rider sottoscritto da Assodelivery e UGL, il quale reca disposizioni specifiche in materia in senso senza dubbio più garantista per i ciclofattorini.

 

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