"testo integrale con note e bibliografia

L’autonomia è la chiave di questo lavoro che conta almeno 30mila rider e sostiene ulteriori 30mila occupati nella filiera, tra ristoratori e fornitori

Il CCNL Rider è un accordo innovativo entrato in vigore lo scorso 3 novembre ed è volto a tutelare i lavoratori del settore che operano come autonomi nell’industria italiana del food delivery. Un contratto stipulato tra il sindacato UGL (Unione Generale del Lavoro) e AssoDelivery, associazione che rappresenta l’industria italiana del food delivery. In tal senso, l’UGL ha costituito un’organizzazione rappresentativa e unitaria del settore, denominata “UGL Rider”. Il CCNL Rider è il primo contratto in Europa che prevede diritti e tutele nell’ambito del lavoro autonomo, tra cui: compensi minimi e indennità integrative per condizioni particolari di lavoro, un sistema di incentivi nelle città in cui il delivery è di recente introduzione e premi dopo un certo numero di consegne, fornitura gratuita di dotazioni di sicurezza, obbligo di formazione specifica e di coperture assicurative, sia contro gli infortuni sia per danni a terzi.

Abbiamo dato il via a un cambiamento epocale perché per la prima volta un’organizzazione datoriale riconosce i diritti sindacali ai lavoratori autonomi. È stato un percorso lungo e pieno di sfide, in cui il sindacato ha investito e che ci ha permesso di regolare, insieme ad AssoDelivery, il lavoro dei rider nel comparto del food delivery. I rider italiani hanno finalmente maggiori tutele attraverso il CCNL Rider, un primo esempio di come gestire il lavoro che cambia. Inoltre, guardiamo a molte altre categorie che non sono ancora raggiunte dalla contrattazione in Italia e in Europa. In tal senso la ‘on demand economy’ ha creato moderne opportunità e modalità di lavoro in diverse industrie, per cui nuove tipologie di lavoratori hanno bisogno di un contratto come quello che abbiamo firmato per i rider.

COSA PREVEDE IL CCNL RIDER: PIÙ TUTELE E DIRITTI

Il contratto prevede, nello specifico: compenso minimo pari a 10 euro per ora lavorata, cioè in base al tempo per svolgere ogni consegna; indennità integrative, pari al 10%, 15% e 20% in corrispondenza di una, due o tre delle seguenti condizioni: lavoro notturno, festività e maltempo; incentivo orario di 7 euro, anche nel caso di assenza di proposte di lavoro, per i primi 4 mesi dall’apertura del servizio presso una nuova città; sistema premiale, pari a 600 euro ogni 2000 consegne effettuate; dotazioni di sicurezza a carico delle piattaforme quali indumenti ad alta visibilità e casco per chi va in bici, che saranno sostituite rispettivamente ogni 1500 e 4000 consegne; coperture assicurative contro gli infortuni (INAIL) e per danni contro terzi; formazione con particolare riferimento a sicurezza stradale e alla sicurezza nel trasporto degli alimenti; divieto di discriminazione, pari opportunità e tutela della privacy, principi che caratterizzeranno il funzionamento dei sistemi tecnologici delle singole piattaforme; contrasto al caporalato e al lavoro irregolare, ovvero un insieme di iniziative per contrastare la criminalità; diritti sindacali, ovvero una quantità stabilita di giornate e di ore destinate ai rider che assumono il ruolo di dirigenti sindacali.

Nonostante le novità e le tutele apportate dal contratto, per la categoria non sono mancate le polemiche, spesso strumentali e politiche, di quanti volevano che i rider diventassero lavoratori subordinati, andando a sradicare quella che è la vera natura di tale professione, ovvero la libertà di poter lavorare dove, quando e come si vuole. L’autonomia è la chiave di questo mestiere, senza la quale molti rider non potrebbero più svolgerlo. Pensiamo agli studenti, a quanti lo esercitano anche come seconda attività durante i giorni festivi o nel fine settimana.

È un contratto perfezionabile, come lo sono tutti i contratti ma è un primo passo importante di cui siamo orgogliosi. Quello dei rider e del food delivery è un settore merceologico diverso da altre categorie produttive consolidate. Ogni tentativo di assimilarlo alla logistica o ad altri contratti è privo di base sociale e giuridica.

ATTACCHI INTIMIDATORI ALLE SEDI REGIONALI UGL

Durante il percorso per dare vita al contratto l’UGL si è esposta mediaticamente ed è stata oggetto di minacce, attacchi anche violenti presso tre sedi regionali del sindacato da parte di certi gruppi di rider, fomentati negativamente da alcune fazioni politiche. Torino, Bologna, Milano sono state prese d’assalto con scritte, atti di vandalismo, striscioni che incitano all’odio. L’ultimo attacco a Torino, il più grave rispetto agli altri anche dal punto di vista della pericolosità, dove sono stati accesi tre artifici pirotecnici, come fossero un piccolo ordigno, introdotti all’interno della cassetta della posta nella sede UGL regionale.

Danneggiare la sede di un sindacato significa attentare alla democrazia e alla libertà dei lavoratori per questo non indietreggeremo di un millimetro e continueremo a difendere il CCNL Rider e a lavorare per migliorare le condizioni dell’intera categoria.

OSSERVATORIO SUL FOOD DELIVERY: CONTRASTO AL CAPORALATO

L’UGL ha proposto di istituire un “Osservatorio sul Settore del Food Delivery” come strumento importante per vigilare, condividere iniziative e pianificare meglio le relazioni sindacali e contrattuali. Tra gli obiettivi, quello di contrastare tutte le forme di sfruttamento e combattere il caporalato, un fenomeno dilagante anche tra gli operatori del settore. Tra le proposte l’introduzione di un protocollo che promuova misure di contrasto al diffondersi del Covid-19, volto quindi ad assicurare maggiori tutele ai rider.

Molti tra i rider non hanno un contratto di lavoro e tutele adeguate alla loro posizione: una piaga dilagante da nord a sud Italia. In tal senso, chiediamo al Ministero del Lavoro di istituire una task force ispettiva contro il caporalato, per l'accertamento delle posizioni di tutti i lavoratori occupati nel comparto della consegna di cibo. Mi riferisco, in particolare, alla necessità di verificare l’esistenza di un contratto di lavoro, che preveda tutele e formazione, al fine di prevenire e bloccare il dilagare del ‘lavoro nero’. Alla luce della realtà attuale, è doveroso ammettere che il CCNL Rider ha riconosciuto dignità e garanzie a tutti i lavoratori del settore che lo hanno firmato. Tuttavia non dobbiamo abbandonare quanti continuano a svolgere consegne di cibo a domicilio senza diritti, dimenticati dallo Stato e dalle parti sociali.

MODELLO “JUST EAT” È UN FLOP O UN PASSO IN AVANTI?

Just Eat ha annunciato che dal 2021 assumerà i circa 3mila rider italiani che attualmente collaborano con la piattaforma stessa. L’obiettivo è quello di inquadrare i rider come lavoratori subordinati, con le relative tutele che ne derivano. Nel vigente CCNL Rider, invece, la prestazione di lavoro viene mantenuta nell’ambito dell’autonomia, inserendo specifiche tutele e diritti e preservando la flessibilità tipica di tale prestazione lavorativa, così come la possibilità di multi e pluri committenza.

“Iniziano a pervenire i primi elementi sulla forma contrattuale mediante la quale i rider verrebbero assunti presso Just Eat” così come affermato dal giuslavorista Gabriele Fava, che aggiunge: “Si tratterebbe di part-time, circa 15/20 ore a settimana, con il lavoro concentrato unicamente nelle fasce orarie del pranzo e della cena. Per quanto riguarda i compensi, il modello in uso in Spagna, da cui l’azienda prenderebbe spunto, prevede 6,56 euro lordi all’ora, che per ogni ora aggiuntiva scendono a 5,62 euro, cui si aggiungerebbe un rimborso chilometrico”.

Secondo Fava: “Se questi dati e la forma contrattuale prescelta dovessero essere confermati non assisteremmo alla ‘rivoluzione copernicana’ annunciata. I rider assunti da Just Eat perderebbero totalmente la flessibilità di lavoro sin qui goduta, dovendo rispettare l’orario di lavoro imposto loro nei giorni preventivamente concordati nel contratto e giustificare ogni assenza, pena l’irrogazione di sanzioni disciplinari. In più, i nuovi assunti da Just Eat dovranno rinunciare a collaborare con le altre piattaforme del food delivery, pena la violazione del dovere di fedeltà di cui all’art. 2105 c.c.”.

Sul fronte dei guadagni, spiega il giuslavorista: “se da una parte i rider verrebbero retribuiti nelle ore di lavoro assegnate, come detto circa 15 a settimana, anche in assenza di attività di consegna, è pur vero che con tale sistema essi arriverebbero a guadagnare in un mese un importo lordo di circa 400/500 euro. Importo che, stando ai minimi del CCNL AssoDelivery/UGL, un rider ‘autonomo’ potrebbe guadagnare in 40/50 ore di lavoro effettivo, ossia in poco più di una settimana lavorativa full time. Non si può trascurare, poi, il fatto che questi 400/500 euro lordi saranno verosimilmente l’unica fonte di guadagno dei rider, i quali, costretti a rendere la propria prestazione negli orari assegnati, difficilmente potranno portare avanti un secondo lavoro o prestare la propria attività di consegna nelle pause. Quindi - aggiunge Fava - l’annuncio di Just Eat, salutato con favore da una parte del mondo sindacale italiano, potrebbe non comportare un miglioramento della situazione economica e normativa dei rider, soprattutto quando la subordinazione viene inserita ‘a forza’ all’interno di un paradigma strutturato per garantire flessibilità ed autonomia”.

In buona sostanza, tutti gli attacchi delle altre parti sociali, di alcune piattaforme e le osservazioni da parte del Ministero del Lavoro, le cui circolari ministeriali non hanno valore di legge e sono atti amministrativi interni che non vincolano al loro rispetto né il cittadino né il giudice, sono stati improduttivi. C’è da dire che nessuna parte sociale e le istituzioni precedentemente coinvolte sono riuscite a trovare un accordo che mettesse al centro gli interessi di una categoria che prima del “CCNL Rider” non aveva diritto ad alcuna tutela.

Ad oggi abbiamo salvato un settore che conta almeno 30mila rider e sostiene ulteriori 30mila occupati nella filiera, tra ristoratori e fornitori. Sono proprio quest’ultimi che traggono benefici economici anche attraverso le consegne di cibo, alla luce delle restrizioni regionali che sono state imposte alla categoria, tra cui le chiusure anticipate, per contrastare il contagio da Covid-19.

 

 

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