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Che il procedimento previsto dall’art. 28 dello Statuto sia da tempo utilizzato non tanto per reprimere comportamenti antisindacali dei datori di lavoro quanto per dirimere conflitti insorti tra sindacati, è cosa nota. Meno noto è che una controversia di questo genere possa essere decisa dal giudice – come è accaduto in questo caso, nel quale la Cgil contesta la validità di un contratto collettivo stipulato dalla Ugl – inaudita altera parte. Non intendo, tuttavia, esaminare la questione processualistica circa questa anomalia; e neanche la questione se possa essere contestato a un datore di lavoro come antisindacale il comportamento consistito nella stipulazione di un contratto collettivo da parte della sua associazione imprenditoriale. Con queste brevissime note, scritte nell’imminenza della chiusura del fascicolo di LDE, mi limito invece a discutere il passaggio della motivazione che risolve la questione di diritto sostanziale posta dal sindacato ricorrente.
Si discute se il sindacato Ugl Rider, che il 15 settembre 2020 ha firmato con Assodelivery il contratto collettivo nazionale di lavoro per i ciclofattorini, sia in possesso del requisito della maggiore rappresentatività, necessario per poter esercitare il potere di deroga previsto dagli artt. 2 e 47-quater del D.lgs. n. 81/2015. La motivazione del provvedimento non dice che cosa abbia allegato il sindacato ricorrente a questo proposito; ci si sarebbe potuti attendere, comunque, che il giudice svolgesse almeno un’istruttoria sommaria circa la rappresentatività di Ugl Rider, confrontando i relativi dati con quelli della rappresentatività degli altri sindacati operanti nel settore. E, prima ancora, che il giudice indicasse i confini della “categoria” all’interno della quale il confronto deve essere operato.
La questione più “calda” è proprio quest’ultima: mentre infatti la Cgil sostiene che la categoria sindacale di riferimento corrisponde all’intero settore della logistica, per il quale la stesso Cgil con Cisl e Uil ha ultimamente rinnovato il contratto collettivo nazionale con Assologistica, la Ugl-Rider sostiene che la categoria di riferimento è quella dei ciclofattorini operanti mediante collegamento a distanza con la centrale, per la quale essa ha stipulato con Assodelivery nel settembre scorso il contratto contestato. Se è il contratto collettivo la fonte della categoria sindacale – sostiene Ugl-Rider – è nell’ambito del settore dei ciclofattorini che occorre confrontare la rappresentatività dei sindacati concorrenti.
Ciò che più colpisce, nella motivazione del decreto del Tribunale di Bologna, è che il giudice abbia totalmente ignorato questa questione: l’argomento su cui la decisione è basata si riduce a questa proposizione: “Non sembra che il sindacato UGL Rider sia in possesso di tali requisiti”.
Il giudice non precisa né i confini della “categoria” cui quel “sembra” si riferisce, né i termini della comparazione: non una parola né tanto meno un dato sulla rappresentatività della Ugl-Rider (e ben si capisce, visto che essa non è neppure parte in giudizio), ma neppure su quella dei sindacati concorrenti. L’intera decisione circa la validità del contratto e il carattere antisindacale della sua applicazione da parte della datrice di lavoro convenuta, poggia su una parola – “sembra…” – senza l’indicazione neppure di qualche indizio sul quale tale apparenza si fondi. Decisamente troppo poco anche per un decreto di natura cautelare qual è quello ex art. 28 St. lav.

Se la Cgil intendeva contestare la validità del contratto Assodelivery, avrebbe dovuto trovare almeno un lavoratore interessato, al quale far promuovere la causa di lavoro. Non avendolo evidentemente trovato, ha scelto la scorciatoia del procedimento di repressione del comportamento antisindacale. E ha trovato un giudice disposto a decidere la causa sulla base di quel “sembra”. Ma su un “sembra” non può fondarsi una decisione giudiziale; e tanto meno un sistema solido di relazioni industriali.

 

 

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