Testo integrale con note e bibliografia

1. Premessa: il diritto alla disconnessione nel prisma del regulatory space approach
A partire dal debutto legislativo nel 2016 in Francia all’interno della Loi El Khomri , il diritto alla disconnessione ha progressivamente riscontrato l’interesse di diversi ordinamenti nazionali, soprattutto, ma non solo, tra gli Stati Membri dell’Unione Europea , fino a diventare in un breve lasso di tempo oggetto di specifica attenzione nell’ambito dell’ordinamento sovranazionale . Confrontata alla graduale affermazione che ha caratterizzato il diritto alla disconnessione nell’ordinamento francese prima del 2016 – dall’intuizione di Jean-Emmanuel Ray attraverso un primo riconoscimento nell’ambito della contrattazione collettiva - la fase inaugurata dalla Loi El Khomri si è caratterizzata per un rapido interventismo che ha interrogato i legislatori sulle tecniche normative e sugli attori coinvolti nella implementazione e definizione del diritto alla disconnessione.
Eccezion fatta per il legislatore irlandese, che ha optato per la predisposizione di uno strumento di soft law (codice di condotta) , le prime discipline sul diritto alla disconnessione si segnalano per l’assenza di indicazioni precise sulle misure da applicare – scelta figlia di una logica di sussidiarietà dell’intervento regolatorio laddove ad essere interessata è l’organizzazione del lavoro – e, conseguentemente, per una complessa interazione tra diversi livelli regolativi e diversi attori nella definizione dei contenuti e delle concrete misure da adottare per la garanzia del diritto alla disconnessione.
Per analizzare questa complessità e per inquadrare correttamente l’opzione legislativa italiana, con particolare riferimento al ruolo della contrattazione collettiva, risulta utile adottare un framework di analisi recentemente proposto nell’ambito di quella riflessione internazionale che si sta interrogando sulle esigenze di innovazione metodologica nello studio del diritto del lavoro . Ci si riferisce al c.d. regulatory space approach, un approccio metodologico che si interessa dei processi di regolazione del lavoro analizzando gli spazi regolativi occupati da diversi attori in un determinato momento con riferimento ad uno specifico oggetto. Sviluppando tale teoria in un framework analitico, sono stati individuati spazi regolativi che si innestano a diversi livelli (es. internazionale, nazionale, aziendale) e secondo diverse dimensioni di intervento (es. legge; discipline negoziate tramite l’esercizio dell’autonomia collettiva o individuale, in forma obbligatoria o volontaristica; unilateralismo) . L’analisi della interazione di questi spazi regolativi consente di dare conto con maggiore precisione dei processi di regolazione del rapporto di lavoro.

2. La scelta italiana nel quadro comparato
Poste all’interno di questo quadro di analisi, le esperienze europee più rilevanti (in ordine cronologico Francia, Italia, Belgio e Spagna) , presentano, oltre a rilevanti differenze relative all’ambito applicativo , un quadro differenziato rispetto alla definizione degli spazi riconosciuti ai diversi attori, dimensioni e livelli di regolazione della materia. Se in Francia si riconosce priorità alla dimensione negoziale a livello aziendale, tramite un obbligo di negoziazione, e solo in mancanza della stipulazione dell’accordo un intervento unilaterale da parte del datore di lavoro , in Spagna, pur ammettendosi un eventuale ruolo della contrattazione collettiva è sempre rimesso al datore di lavoro l’onere di predisporre una policy interna, sentite le rappresentanze aziendali ; in Belgio, poi, è ad una negoziazione organizzata dal datore di lavoro in seno al Comité pour la Prévention et la Protection au Travail che è rimessa la disciplina del diritto alla disconnessione .
Rispetto a queste esperienze – che si caratterizzano per un forte affidamento a forme negoziate di disciplina a livello aziendale e per un ruolo dell’intervento unilaterale, ove presente, comunque vincolato a obblighi di consultazione – il caso italiano si segnala, finora , oltre che per un ambito applicativo assai limitato della disciplina di legge, in quanto circoscritto al lavoro agile, per la peculiarità di rimettere la definizione delle misure tecniche e organizzative di tutela e in generale delle modalità di esercizio del diritto alla disconnessione all’esercizio dell’autonomia individuale delle parti. Infatti, tale scelta, che trova espressione nell’art. 19, comma 1, secondo periodo della legge n. 81/2017, è stata recentemente riconfermata dal legislatore dell’era pandemica in occasione della conversione in legge n. 61/2021 del decreto-legge n. 30/2021 .
Ne discende che una indagine come quella che ci si propone, relativa al ruolo della fonte contrattual-collettiva o, meglio, del c.d. diritto delle relazioni industriali nella regolazione del diritto alla disconnessione in Italia, si dovrà interessare di spazi regolativi occupati dalle parti sociali e dalle rappresentanze aziendali secondo processi volontaristici. Coerentemente con il quadro concettuale appena delineato, l’analisi consentirà non soltanto di verificare l’evoluzione del ruolo della contrattazione in materia e i suoi contenuti, grazie all’adozione di una prospettiva di tipo diacronico, ma anche di chiarire come evoluzione e contenuti siano effetto e causa della costante interazione tra i diversi spazi regolativi che insistono sulla materia: legge, contrattazione collettiva nazionale e aziendale, autonomia individuale privata .

3. L’evoluzione della disconnessione nella contrattazione collettiva : dalla genesi alla realtà pandemica
Nell’affrontare la tematica nella prospettiva di analisi segnalata, si può osservare come, a differenza del caso francese cui si è precedentemente fatto cenno, l’impulso verso il riconoscimento di un diritto alla disconnessione dalle strumentazioni informatiche di lavoro discenda proprio dall’intervento normativo del 2017 che ha introdotto per la prima volta nell’ordinamento italiano la nozione di disconnessione. Mentre Oltralpe la contrattazione collettiva si era resa protagonista della promozione di questo diritto, non è, invece, dato riscontrarsi nel contesto interno una attenzione al tema da parte della contrattazione collettiva precedente alla legge n. 81/2017, almeno non nei termini di un diritto alla disconnessione, neanche nell’ambito di quegli accordi di smart working che hanno preceduto la legge . In Italia, d’altronde, è proprio alla discussione parlamentare della legge sul lavoro agile che si deve l’ingresso della disconnessione nel dibattito pubblico ed è, infatti, alle soglie della definitiva approvazione di tale legge che si ha la prima disciplina italiana del diritto alla disconnessione, contenuta all’interno del Decreto del Direttore Generale dell’Università degli Studi dell’Insubria del 7 aprile 2017, n. 289 .
La fase di prima di vigenza della legge corrisponde, di conseguenza, alla prima tappa della evoluzione della contrattazione collettiva sul diritto alla disconnessione, che possiamo definire come “fase conoscitiva”. Questa fase si caratterizza nella stragrande maggioranza degli accordi per un approccio sostanzialmente declaratorio del diritto alla disconnessione, che viene ricordato e, al più, specificato nell’ambito degli accordi collettivi di regolazione del lavoro agile in azienda. Si va da previsioni minimali, come quella contenuta nell’accordo AON che sancisce che «al di fuori dell’orario di lavoro, il Lavoratore ha diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche» a formulazioni più articolate, ma con funzione meramente dichiarativa, come quella contenuta nell’accordo Capgemini del 2019, dove si ricorda che «non sarà richiesto di rendere la propria prestazione al di fuori del normale orario di lavoro e «il lavoratore potrà disattivare i dispositivi utilizzati per lo svolgimento della prestazione lavorativa» o, ancora, come nell’accordo Findomestic del 2017 nel quale si afferma che «al di fuori dell’orario di lavoro, strettamente correlato alla mansione e alla struttura di appartenenza, viene riconosciuto il diritto alla disconnessione, ossia la possibilità al lavoratore/ice di non rispondere alle email ed a telefonate al di fuori del suddetto orario» .
Fatta eccezione per pochissimi accordi – tra i primi si può segnalare l’accordo Campari del 2018 – in questa prima fase l’intervento della contrattazione aziendale non si intesta un ruolo di regolazione di quelle «misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro» rimesse dal legislatore all’accordo individuale; anzi, non mancano gli accordi aziendali che espressamente richiamano e riconoscono tale ruolo .
Sul fronte della contrattazione nazionale di settore, poi, questa prima fase si caratterizza per discipline minimali e poco incisive rispetto alla regolazione del lavoro agile; discipline che, di conseguenza, nella maggioranza dei casi neanche contemplano il diritto alla disconnessione. A tale livello, però, si devono segnalare due rinnovi di particolare interesse nell’evoluzione del diritto alla disconnessione: il primo come anticipazione e il secondo come momento di passaggio ad una nuova fase, che si può definire “acquisitiva”, nel senso di apprensione della regolazione della materia nel contesto della contrattazione collettiva. Si tratta del rinnovo del Contratto collettivo del comparto istruzione e ricerca per il triennio 2016-2018 , e del rinnovo del CCNL Credito del 2019 . Il primo, completamente avulso dalla modalità di lavoro agile – almeno in senso tecnico – si segnala per il riconoscimento tra le materie oggetto di contrattazione integrativa (a livello di istituzione scolastica) all’interno della sezione Scuola de «i criteri generali per l’utilizzo di strumentazioni tecnologiche di lavoro in orario diverso da quello di servizio, al fine di una maggiore conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare (diritto alla disconnessione)» . Il secondo per l’aver introdotto una disciplina del diritto alla disconnessione che, ancorché prevalentemente orientata da una logica specificativa, si applica a tutti i dipendenti a prescindere dalla adesione alla modalità di lavoro agile .
In questo modo, attraverso la negoziazione, questi due CCNL hanno dato una risposta – per i rispettivi ambiti applicativi – alla esigenza da tempo riscontrata dalla dottrina italiana di estendere a tutti i lavoratori la garanzia del diritto alla disconnessione, così ampliando il proprio spazio regolativo verso una nuova area di interesse. Si può dire che, una volta attratta all’interno della negoziazione di settore (agevolata, nel caso del CCNL Credito da accordi aziendali apripista ), la tematica ha mostrato la sua naturale vis expansiva: l’esempio del CCNL Credito è stato, poi, seguito da altri contratti di settore, tra cui si segnalano quelli dell’Industria alimentare , delle aziende cooperative prodotti agricoli e zootecnici del 2020 e quello della piccola industria alimentare del 2021 .
Da poco inaugurata questa nuova fase del processo di progressivo interessamento del diritto delle relazioni industriali verso il diritto alla disconnessione, è stato un fattore esterno ai normali processi evolutivi del lavoro e della sua regolazione a configurarsi come game changer. L’adozione del lavoro agile quale misura di contrasto alla diffusione del Coronavirus ha, infatti, comportato una spinta propulsiva non soltanto per la diffusione di tale modalità di lavoro, ma anche per la consapevolezza pubblica della rilevanza delle garanzie contro i rischi del working anytime, anywhere. Come avvenuto nel mondo accademico , anche in quello sindacale – subito dopo la gestione delle prime fasi della emergenza pandemica – sono emersi diversi interrogativi sulla realtà del lavoro tramite tecnologie, che hanno portato ad un nuovo interventismo della contrattazione collettiva non soltanto sul lavoro agile (nonostante la disciplina emergenziale potesse far presagire un suo stop), ma – al suo interno – anche con specifico riferimento al diritto alla disconnessione.
È così che, pur rimanendo prevalente un approccio ricognitivo e specificativo del diritto alla disconnessione, all’interno della fase acquisitiva comincia a delinearsi un significativo trend di crescita delle discipline collettive che si interessano della definizione delle misure tecniche e organizzative del diritto alla disconnessione, tanto a livello di contrattazione di settore quanto a livello di contrattazione aziendale.
Tornando nuovamente al rapporto tra diversi spazi regolativi e interessandosi del rapporto tra la fonte contrattual-collettiva di settore e fonte aziendale, si può notare come la presenza di più incisive regolazioni del diritto alla disconnessione si intensifichi proprio dove la contrattazione di settore ha preso in considerazione direttamente, ancorché in maniera non sempre completa, tale diritto . È il caso del settore del credito già richiamato, all’interno del quale si possono citare, per esempio, l’interessante accordo ING Bank del 2020 ; del settore TLC con l’adozione del Protocollo a livello nazionale nel luglio 2020 e con, a livello aziendale, tra gli altri, gli accordi del mondo TIM e di Fastweb ; più recentemente del settore assicurativo all’interno del quale sono state predisposte delle linee guida a livello nazionale e, tra i primi esempi successivi, con l’accordo del Gruppo Generali del 2021 . Risulta, invece, ancora prematura, una analisi del settore metalmeccanico (CCNL Confimi), dove delle sintetiche linee guida sono state introdotte nel giugno 2021 .
Si rende in questo modo evidente il vicendevole influenzarsi nel progresso sulla materia dei due livelli di intervento dell’autonomia collettiva.

4. Profili contenutistici
A livello contenutistico, due sono i profili di maggior interesse dal punto di vista della disciplina del diritto alla disconnessione che emergono dal quadro legale e ai quali la contrattazione collettiva può dedicare attenzione laddove voglia introdurre una propria mediazione rispetto all’esercizio dell’autonomia individuale. Da un lato, si è già richiamata l’esigenza di sostanziare il diritto alla disconnessione in misure tecniche e organizzative adeguate all’obiettivo; dall’altro, occorre individuare quali siano i tempi della disconnessione.
Partendo da tale secondo profilo – senza entrare nel merito del posizionamento del tempo di connessione/disconnessione nell’ambito del complesso delle normative in materia di orario di lavoro e prescindendo dalle meritevoli istanze di un diritto alla disconnessione all’interno dell’orario di lavoro già presenti nella contrattazione francese – la questione, per come gestita dalla contrattazione, è stata fotografata dall’ultimo intervento del legislatore che riconosce l’importanza delle pattuizioni relative alla flessibilità temporale della prestazione, cosicché i tempi della disconnessione risultano influenzati dal diverso modello temporale adottato nella modalità di lavoro agile (rigido, con flessibilità temperata da fasce di rispetto e fasce di reperibilità/fasce di contattabilità; con piena flessibilità). In questo caso, il legislatore si è, quindi, limitato a prendere atto di quanto già avveniva sul piano individuale o sul piano collettivo, lasciando peraltro impregiudicati i dubbi qualificatori dei tempi di contattabilità/reperibilità/disponibilità ivi previsti a fronte, si deve sottolineare, di alcune imprecisioni terminologiche utilizzate nella prassi, soprattutto con riferimento alla nozione di reperibilità. Peraltro, anche al di fuori dell’ambito applicativo della disciplina sul lavoro agile, ossia in quei casi in cui per via collettiva (aziendale o di settore) si è assistito ad una estensione del diritto alla disconnessione a tutti i lavoratori, a determinare le fasce di rispetto della disconnessione sono normalmente i regimi orari, più o meno flessibili, adottati in seno all’azienda.
Tornando, invece, al profilo fondamentale delle misure tecniche e organizzative predisposte a garanzia della disconnessione del lavoratore, l’accelerazione riscontrata da un punto di vista quantitativo, non trova una piena corrispondenza dal punto di vista qualitativo, ossia dal punto di vista della ricchezza di soluzioni approntate.
Se si eccettuano i rarissimi casi di misure tecniche – come il già citato caso Campari – l’adozione di un “approccio copia-incolla” ha portato ad una larga diffusione della via organizzativa al contrasto alla iperconnessione che, però, si è sostanziato in maniera preponderante in forme di responsabilizzazione del lavoratore, dei colleghi e dei manager rispetto al corretto uso delle tecnologie di comunicazione e che si arricchisce, in casi sempre più frequenti, di una opportuna attenzione alle modalità di pianificazione di riunioni e call conference e dell’utilizzo delle funzionalità di segnalazione dello status attivo, occupato, inattivo sulle piattaforme informatiche utilizzate in azienda .
Ancora episodiche, invece, sono le discipline collettive in cui si cerca di adottare discipline che vincolano maggiormente sul piano attivo le aziende. Si segnala, da questo punto di vista, l’accordo del Gruppo Generali dove, oltre alle previsioni richiamate al paragrafo che precede, si statuisce la possibilità per le organizzazioni sindacali di accedere «a soli fini statistici e in forma aggregata […] il numero degli accessi ai sistemi aziendali che avvengono al di fuori del normale orario di lavoro» .
Nonostante gli innegabili progressi, allora, permane ancora in maniera rilevante, seppur ridotto, il gap di incisività della contrattazione collettiva italiana rispetto a quella d’Oltralpe che si è avuto modo di riscontrare in un primo esercizio comparativo nella fase di prima applicazione delle l. n. 81/2017 . A mancare, rispetto a tale esperienza, sono soprattutto l’attenzione ai processi di formazione e sensibilizzazione rispetto alle condizioni di esercizio della disconnessione e alla corretta gestione degli strumenti informatici nel proprio e nell’altrui interesse, la predisposizione (salvo i pochi casi citati) di policy adeguate per guidare ed esigere un corretto utilizzo degli strumenti di comunicazione finalizzati a evitare infobesità e tecnostress e, ancora, la predisposizione di efficaci forme di monitoraggio che coinvolgano le rappresentanze dei lavoratori per la sicurezza.

5. Conclusioni e prospettive
Come è stato correttamente osservato in relazione alle prospettive future del lavoro agile nel post-pandemia e proprio con in mente il diritto alla disconnessione, «la contrattazione riveste la fondamentale funzione di assicurare l’effettività dei diritti dei lavoratori agili, specie con riguardo alle nuove istanze di tutela del lavoro da remoto» . E che l’effettività del diritto alla disconnessione dipenda, anche, dall’intervento della contrattazione è una conseguenza della natura organizzativa e psicosociale del rischio da iperconnessione: una adeguata prevenzione di tale rischio non può che discendere da un corretto bilanciamento tra istanza organizzativa e interesse individuale. Non stupisce, allora, che in un contesto normativo più maturo rispetto al riconoscimento di uno spazio regolativo a livello di impresa, tale ruolo della contrattazione ai livelli più prossimi all’organizzazione del lavoro sia già stato espressamente riconosciuto .
La disamina sopra proposta dimostra, invece, come lo slancio del legislatore del 2017 in tema di diritto alla disconnessione abbia preso le parti sociali italiana alla sprovvista e come, in assenza di normative promozionali e abilitanti, la contrattazione collettiva abbia sia stata in grado di intestarsi uno spazio di intervento su questa tematica soltanto lentamente e con fatica. Almeno prima della accelerazione dovuta all’esperienza pandemica: in questa nuova fase, pare essere subentrata una maggiore consapevolezza dell’importanza di una adeguata negoziazione sulla materia. Quanto sopra esposto, però, aiuta a comprendere come i germogli di questa nuova fase stiano mettendo radici in settori dove trovano un humus propizio, in cui cioè si è creato un rapporto sinergico tra prime discipline del diritto, suo riconoscimento e promozione a livello settoriale e successiva diffusione nella contrattazione aziendale di settore.
Per rispondere alle criticità che il lavoro agile pandemico ha reso ben evidenti e per fare progressi verso una piena effettività del diritto alla disconnessione si rende opportuna una duplice azione, sul fronte legislativo e sul fronte contrattual-collettivo.
Sul primo di questi fronti, salvo la necessaria estensione del diritto a tutti i lavoratori potenzialmente interessati, l’opzione preferibile è quella di lasciar da parte interventi estemporanei e tentazioni di ri-regolazione, puntando invece ad abilitare, con idonee procedure e interventi promozionali, l’azione delle parti sociali ai diversi livelli, passando da una situazione di intervento negoziale collettivo di tipo meramente volontaristico a forme di mandated negotiation in materia. Sul fronte collettivo, poi, occorre proseguire nello sforzo di emersione del tema a livello settoriale, predisponendo una rete supporto attraverso un accordo interconfederale in materia che fornisca linee guida ed esemplificazioni utili per la gestione del diritto alla disconnessione.

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