Testo integrale con note e bibliografia

Nell’oramai estesa letteratura giuslavoristica sul lavoro femminile e sulle discriminazioni di genere, non sembra sia stata prestata specifica attenzione al settore dell’accademia forse perché il numero di persone occupate in tale ambito è marginale. Sono invece fioriti in materia numerosi studi di taglio sociologico, dei quali alcuni dei saggi pubblicati in questo focus danno conto.
Del resto, l’equilibrio di genere all’interno del mondo accademico può davvero essere letto come un importante indicatore della partecipazione femminile ai luoghi nei quali non solo ha origine il sapere ma nei quali si esercita il potere, nel senso migliore del termine, se si consideri quanto le istituzioni pubbliche e private operanti in tutti i settori interloquiscano con le università e individuino spesso negli accademici i soggetti chiamati esercitare funzioni pubbliche e private di alto profilo.
I saggi raccolti nel focus di questo numero analizzano quindi sotto un’ottica di taglio giuridico quali potrebbero essere i rimedi alla ridotta presenza femminile nelle posizioni di vertice all’interno delle università, circostanza che contraddice la più ampia presenza del genere femminile all’interno delle posizioni iniziali della carriera universitaria, sviluppando ragionamenti che riguardano, ad esempio, la possibilità dell’utilizzo della prova statistica nel giudizio in materia di discriminazione di genere o l’ammissibilità e l’efficacia di altri strumenti introdotti a livello nazionale e comunitario per riequilibrare la sproporzionata distribuzione nei ruoli, non senza prendere in esame le novità, peraltro non pienamente soddisfacenti, introdotte con il PNRR. Alcune voci hanno un approccio empirico cioè volto a fornire al lettore la descrizione di buone prassi adottate in alcuni atenei in modo da fornire un utile strumento al quale ispirare la propria azione personale all’interno degli organi di accademici di appartenenza. Particolarmente significativa è la testimonianza che nasce dall’esperienza di Consigliera regionali di parità vissuta da una delle autrici dei contributi che si sofferma in particolare sul ruolo e sulle funzioni degli organi di parità necessariamente costituiti all’interno degli atenei e sui modelli a rete che caratterizzano la ’tutela di genere’ disegnata dalla legge. Di particolare interesse è poi l’apertura da parte di un contributo al panorama europeo che non da poco ha inserito la questione di genere tra i profili specifici che rilevano ai fini della premialità dei progetti di ricerca, questione rispetto alla quale le università da non molto, sembrerebbe, hanno iniziato a prendere consapevolezza per conformare i propri regolamenti interni.
In definitiva, e a prescindere dagli specifici contenuti dei saggi proposti il contenuto dei quali questa breve introduzione non può certo riassumere, il focus si propone di aprire anche tra gli studiosi di diritto del lavoro una discussione sull’equilibrata presenza di genere nel mondo accademico se è vero che la ricerca è un lavoro, se è vero che la società europea vuole essere fondata sulla conoscenza, su un lavoro di qualità e sull’inclusione di genere, circostanze tutte che non possono non riguardare anche il mondo accademico e le sue componenti.

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