Testo integrale con note e bibliografia

1. La parziale riforma del d.lgs. n. 81/2008

Sebbene l’esperienza della pandemia, pur tra criticità e contraddizioni, abbia confermato come la sicurezza sul lavoro debba innanzitutto fondarsi sulla prevenzione primaria per eliminare o ridurre al minimo i rischi, tuttavia, nel momento in cui le attività produttive sono ripartite si è purtroppo registrata – come non era difficile prevedere – una preoccupante recrudescenza del fenomeno infortunistico, spesso con esiti letali.
La ripresa è stata funestata da eventi anche simbolici, come quello dell’orditoio di Prato nel quale è riemerso addirittura l’art. 437 c.p., o come quello di Udine che ha tragicamente confermato il fondamento dell’equiparazione istituita dal legislatore tra lavoratori e tirocinanti in materia di sicurezza sul lavoro.
Con il d.l. n. 146/2021, il Governo ha tentato di far fronte alla situazione introducendo una parziale riforma del d.lgs. n. 81/2008 finalizzata innanzitutto a rafforzare, da un lato, l’apparato di controllo mediante l’estensione all’Ispettorato nazionale del lavoro delle stesse competenze già riconosciute alle Aziende sanitarie locali e, da un altro lato, gli strumenti di contrasto al lavoro irregolare e insicuro con particolare riferimento alla disciplina del potere di sospensione dell’attività imprenditoriale : un potere che, oltre a non essere più discrezionale, non richiede più la reiterazione delle violazioni delle norme prevenzionistiche, creando tuttavia una non del tutto perspicua sovrapposizione tra la sospensione dell’attività d’impresa e il sistema della prescrizione di cui al d.lgs. n. 758/1994.
Peraltro, in virtù degli emendamenti approvati in sede di conversione in legge del d.l. n. 146/2021 ad opera della l. n. 215/2021 , la riforma è intervenuta anche sul versante del sistema di prevenzione aziendale. In tal senso depone la revisione delle regole sulla formazione, affidata ad un maxi-accordo tra Stato e regioni in fase di definizione, che dovrà omogeneizzare un quadro frammentario e disorganico, incidere sul delicato aspetto della verifica degli apprendimenti e disciplinare una novità da tempo attesa come la formazione dei datori di lavoro, non essendo concepibile – anche a fronte del nuovo testo dell’art. 41 Cost. – che chi fa impresa non sappia alcunché del sistema di prevenzione e di come lo si deve organizzare.
A rafforzare la logica della prevenzione mirano anche le nuove previsioni sul ruolo del preposto . Per un verso, confermandosi l’obbligo del preposto di vigilanza sull’osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi, gli si impone ora, ove rilevi comportamenti non conformi, di intervenire per modificarli, fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza, e di interrompere l’attività del lavoratore e informare i superiori in caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza dell’inosservanza . Per altro verso, qualora il preposto rilevi deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e di ogni condizione di pericolo rilevata durante la vigilanza, ha anche l’obbligo di interrompere, se necessario, temporaneamente l’attività e, comunque, di segnalare tempestivamente al datore di lavoro e al dirigente le non conformità rilevate .
A questa maggiore specificazione degli obblighi del preposto si accompagna l’obbligo del datore di lavoro e del dirigente di individuare il preposto o i preposti per l’effettuazione delle attività di vigilanza testé menzionate , nonché quello dei datori di lavoro appaltatori o subappaltatori di indicare espressamente al datore di lavoro committente il personale che svolge la funzione di preposto .
Ed è proprio con riguardo all’obbligo datoriale di individuazione del preposto che vale la pena tentare di verificare se la recente riforma possa contribuire a conferire ancor più evidenza a quel principio di effettività che permea da sempre la disciplina della sicurezza sul lavoro. Un principio che emerge fin dalle definizioni del d.lgs. n. 81/2008 di lavoratore e di datore di lavoro, valorizzando per il primo l’effettivo inserimento funzionale della prestazione lavorativa nell’organizzazione del datore di lavoro a prescindere dalla tipologia del contratto di lavoro, e fondando la posizione di garanzia del secondo sull’effettivo esercizio dei poteri decisionali e di spesa. Un principio, quello di effettività, che non viene meno neppure per le altre figure del sistema, come il dirigente e il preposto, le cui posizioni di garanzia discendono dai ruoli che effettivamente ricoprono nell’organizzazione aziendale.

 

2. Il nuovo obbligo di individuazione del preposto

Nel diritto della sicurezza sul lavoro le posizioni di garanzia emergono a titolo originario in forza di ciò che si è e di ciò che si fa. Il che vale anche quando l’emersione formale della posizione di garanzia consegue ad un atto o ad un provvedimento del vertice aziendale.
È quanto accade, ad esempio, per la posizione di garanzia datoriale nelle pubbliche amministrazioni , che scaturisce in capo al dirigente al quale spettano i poteri di gestione in forza di un atto di individuazione dell’organo di vertice che non comporta una traslazione di poteri e di responsabilità, che l’organo di vertice non ha e che gli si riconducono, in funzione sussidiaria e sanzionatoria, solo in caso di omessa o scorretta individuazione. L’individuazione come datore di lavoro del dirigente da parte dell’organo di vertice è un atto di alta organizzazione che dà evidenza a ciò che già esiste e che va individuato in concreto. Un atto che, come l’“occhio di bue” cinematografico, illumina con un fascio di luce un soggetto già presente ancorché “in ombra” e lo segue costantemente nei suoi movimenti. Un atto non totalmente libero in quanto l’individuazione deve riguardare un dirigente al quale spettano i poteri di gestione e che quindi si trovi in una posizione apicale tale da consentirgli di poter esercitare gli autonomi poteri decisionali e di spesa che connotano indefettibilmente la posizione di garanzia datoriale.
Non molto diversamente avviene per quanto concerne la posizione di garanzia datoriale nelle società di capitali ove il consiglio di amministrazione, mediante una delega “gestionale o organizzativa” e non “di funzioni”, individui in capo ad un proprio componente la posizione prevalente di datore di lavoro per la sicurezza, non venendo meno in capo agli altri membri del consiglio l’obbligo di vigilare sul suo operato in quanto detentori anch’essi originariamente dei poteri e delle responsabilità datoriali, le quali, infatti, si diffondono integralmente in capo ad ognuno di essi ove non abbiano dato corso a quella individuazione .
Che cosa significa allora il nuovo obbligo datoriale di individuazione dei preposti?
Come accade nelle altre ipotesi in cui il d.lgs. n. 81/2008 prevede più o meno esplicitamente l’individuazione di un soggetto titolare di posizione di garanzia, anche per quanto concerne l’individuazione del preposto la legge obbliga il datore di lavoro ad evidenziare formalmente una posizione connessa ad un incarico già conferito, rendendo chiaro e trasparente un obbligo che la legge ha posto a titolo originario in capo a chi ricopra quell’incarico.
In tal senso la previsione dell’obbligo di individuazione si raccorda necessariamente con la definizione di preposto dell’art. 2, lett. e, del d.lgs. n. 81/2008, la quale evoca la persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa. E, proprio sottolineando il raccordo con questa definizione, si è rilevato come il nuovo obbligo di individuazione del preposto espliciti «quanto già desumibile» dalla stessa definizione là dove «presuppone il conferimento di uno specifico “incarico”, cioè di un’investitura formale, da parte dei vertici aziendali» .
Peraltro, l’obbligo di individuazione mira ad eliminare la frequente contraddizione organizzativa di preposti che vigilano sulla produzione ma non anche sulla sicurezza, la quale ha amplificato l’emersione dei preposti di fatto evocati dall’art. 299 del d.lgs. n. 81/2008 , il quale riconduce la posizione di garanzia del preposto (oltre a quella del datore di lavoro e del dirigente) su chiunque eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a tale figura anche se sprovvisto di regolare investitura . In altri termini, la previsione dell’obbligo di individuazione tende a superare quelle situazioni nelle quali lo specifico “incarico” di preposizione conferito dai vertici aziendali non esplicitava anche la funzione connessa alla sicurezza sul lavoro.

 

3. Le problematiche interpretative derivanti dalla previsione della sanzione penale per l’omessa individuazione del preposto

Se non si può ovviamente individuare come preposto chi non possieda le caratteristiche oggettive di tale figura, non si deve tuttavia trascurare che, introducendo il nuovo obbligo di individuare i preposti, nonché di indicarne i nomi al committente negli appalti, il legislatore lo ha presidiato con la previsione di una specifica sanzione penale .
Occorre pertanto chiedersi se tale sanzione riguardi solo le ipotesi in cui il datore di lavoro non abbia formalmente individuato i preposti pur disponendo nella propria organizzazione di ruoli coerenti con tale posizione di garanzia (di per sé inquadrabili nella figura del preposto di fatto) e purché le attività svolte presuppongano una vigilanza di tal genere sulla loro esecuzione, o se invece la previsione sanzionatoria configuri l’obbligo di individuazione in termini assoluti, sempre e comunque, con la conseguenza che qualora nell’organizzazione non vi siano ruoli riconducibili alla posizione di preposto il datore di lavoro debba comunque attribuirli a qualcuno dei propri lavoratori.
Certo è che, non essendo previsti limiti minimi o massimi, il numero dei preposti dovrà essere comunque adeguato rispetto alle finalità di assicurare “l’effettuazione dell’attività di vigilanza” in relazione allo specifico assetto dell’organizzazione e dei rischi che vi si annidano .
L’interpretazione dell’obbligo in senso relativo – vale a dire ritenendolo sussistente solo se esistano in azienda posizioni coerenti con la figura di preposto ed attività che ne esigano l’operatività – parrebbe più rispettosa dell’autonomia organizzativa dell’impresa, anche se, essendo legata ad una valutazione datoriale, potrebbe talora rischiare di privare il sistema di prevenzione aziendale di un controllo più capillare, enfatizzando conseguentemente le responsabilità del datore si lavoro.
Per converso, la dimensione assoluta dell’obbligo di individuazione, apparentemente più lineare con il severo dato testuale e con la tassatività dei precetti penali, evidenzierebbe l’esigenza di un livello di controllo più diffuso e capillare in ogni organizzazione a prescindere dalle specifiche caratteristiche di quest’ultima, presupponendo sempre e comunque la presenza di tutte le figure strategiche del sistema di prevenzione titolari di posizioni di garanzia.
Se quest’ultima prospettiva non sembra creare soverchi problemi nelle organizzazioni più ampie e strutturate, non si può tuttavia trascurare come in quelle di esigue dimensioni la dimensione assoluta dell’obbligo potrebbe comportare un’eccessiva conformazione eteronoma del loro assetto, dovendocisi anche chiedere se ciò sia compatibile o meno con l’art. 41 Cost., anche alla luce del suo nuovo testo , fermo restando che i limiti da esso apposti all’intrapresa privata non potrebbero comunque mai giungere ad imporre nuove assunzioni per evidenziare i preposti. Infatti, se è vero che la sicurezza sul lavoro costituisce un limite alla libertà di intrapresa privata, è vero pure che tale limite va individuato e declinato tenendo conto del tipo e dell’assetto dell’organizzazione, come emerge dallo stesso d.lgs. n. 81/2008 quando ad esempio definisce la figura del datore di lavoro .
D’altro canto, è innegabile che l’obbligo in esame risulti comunque inapplicabile nelle micro-imprese con un solo lavoratore , nelle quali l’obbligo di vigilanza datoriale riguarda non solo, come nelle imprese maggiori, le scelte gestionali di fondo, ma anche l’esecuzione del lavoro . E peraltro, interpretando l’obbligo come assoluto, la creazione ex novo di un ruolo organizzativo coerente con la posizione di preposto attribuirebbe all’atto di individuazione un significato ulteriore rispetto a quello precedentemente indicato, qui evidenziandosi “ciò che non c’era”.
Non va d’altronde trascurato come, ispirandosi al criterio di ragionevolezza, la giurisprudenza di legittimità abbia affermato che «l’obbligo del datore stesso di vigilare affinché siano impediti atti o manovre rischiose del dipendente nello svolgimento del suo lavoro e di controllare l’osservanza da parte dello stesso delle norme di sicurezza e dei mezzi di protezione non comporta una continua vigilanza nell’esecuzione di ogni attività né il dovere di affiancare un preposto ad ogni lavoratore impegnato in mansioni richiedenti la prestazione di una sola persona, o di organizzare il lavoro in modo da moltiplicare verticalmente i controlli fra i dipendenti, richiedendosi solo una diligenza rapportata in concreto al lavoro da svolgere, e cioè alla ubicazione del medesimo, all’esperienza e specializzazione del lavoratore, alla sua autonomia, alla prevedibilità della sua condotta, alla normalità della tecnica di lavorazione» .


4. La discutibilità della sanzione penale e dell’obbligo assoluto di individuazione del preposto

A fronte delle problematiche interpretative testé evidenziate occorre chiedersi se per conferire effettività al nuovo obbligo di individuazione del preposto fosse davvero necessario introdurre una sanzione penale, oltretutto assoggettata ad un peculiare meccanismo che tende a far sì che il trasgressore spesso non si opponga alla contestazione anche ove non si ritenga colpevole. Infatti, come la maggior parte delle violazioni in materia prevenzionistica, anche l’omessa individuazione del preposto integra gli estremi di un reato contravvenzionale (punibile con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda) al quale si applicano, ai sensi dell’art. 301 del d.lgs. n. 81/2008, le disposizioni in materia di prescrizione ed estinzione del reato di cui all’art. 20 e ss. del d.lgs. n. 758/1994. Cosicché, quand’anche il datore di lavoro disponesse di buoni motivi per ritenere di non dover individuare i preposti, nondimeno potrebbe essere indotto ad individuarli adeguandosi alla prescrizione impartita dall’ispettore al fine di estinguere il reato e di evitare un problematico contenzioso processuale avente ad oggetto l’interpretazione del proprio assetto aziendale.
Anche prescindendo da questi aspetti, forse sarebbe stato più opportuno che, in caso di omessa individuazione del preposto, il legislatore avesse previsto in luogo di una sanzione penale l’esplicita riconduzione della responsabilità della vigilanza sui lavoratori in capo al datore di lavoro e al dirigente, in linea con la filosofia regolativa del d.lgs. n. 81/2008 (in particolare, dell’art. 18, comma 3-bis ) e, a ben guardare, anche sulla falsariga di quanto dispone l’art. 2, lett. b, terzo periodo, in relazione all’omessa individuazione del datore di lavoro nelle pubbliche amministrazioni . D’altronde, non va trascurato che nel sistema è pur sempre presente anche la previsione “di chiusura” dell’art. 299 del d.lgs. n. 81/2008.
Al di là della comprensibile esigenza di ridimensionare il ruolo di quest’ultima disposizione rendendo finalmente chiare e trasparenti le figure dei preposti negli organigrammi aziendali (v. infra), è però assai dubbio che la scelta del binomio “precetto-sanzione penale” fosse quella più adeguata per conferire effettività al nuovo obbligo di individuazione soprattutto se si considera la variegata realtà del sistema produttivo italiano e, in particolare, le tante piccole imprese che lo popolano. Infatti, l’ingombrante presenza della sanzione penale rende di per sé difficile interpretare “ragionevolmente” un obbligo di individuazione del preposto letteralmente configurato “senza se e senza ma” e che non distingue in alcun modo le tante diverse situazioni che emergono nella realtà.
Senonché, come è stato opportunamente osservato, il preposto è una figura la cui presenza dipende dallo specifico contesto di lavoro e dalla «sua necessità dimensionale, organizzativa e gestionale» . Si pensi ai tanti piccoli esercizi commerciali o alle tante “aziendine” artigiane tuttora presenti nel nostro paese il cui organico consiste al massimo in due lavoratori che affiancano un datore di lavoro costantemente presente sul luogo di lavoro, non potendosi non ricondurre direttamente e necessariamente solo in capo a quest’ultimo la funzione di sovraintendere e vigilare sull’attività di quei lavoratori . Fermo restando ovviamente che, ove quel datore di lavoro, oltre ad essere presente nel luogo di lavoro, si occupasse anche di altre incombenze dell’impresa (commerciali o amministrative) che lo conducano talora fuori dal contesto aziendale, durante la sua assenza emergerebbe la necessità di individuare uno dei due lavoratori come preposto .
La previsione della sanzione penale rischia pertanto di accreditare un’obbligatorietà assoluta dell’individuazione del preposto che appare incompatibile «con il sistema in vigore per concreta incoerenza di tale obbligo organizzativo generale con contesti e fattispecie variegate non tutte inquadrabili in realtà complesse che giustifichino tale figura» . Il che oltretutto si rivela in palese contraddizione anche con la stessa impostazione originaria del d.lgs. n. 81/2008 che, come emerge in numerose sue disposizioni , è invece attenta a calibrare la disciplina tenendo conto delle diverse dimensioni dei contesti produttivi.
Fermo restando che non parrebbe affatto inopportuna una riscrittura della previsione de qua ispirata al criterio di ragionevolezza, è proprio alla luce di tale criterio che nel frattempo dovrebbe essere condotta da parte del personale ispettivo la verifica dell’adempimento dell’obbligo di individuazione, non dovendocisi tuttavia nascondere come, in assenza di precisi indirizzi del legislatore, detto criterio possa essere variamente interpretato da soggetti che, in quanto ufficiali di polizia giudiziaria, sono comunque tenuti a far rispettare un precetto penale. Peraltro, al di là delle ipotesi di macroscopica (ed oggettiva) non necessità della presenza dei preposti (come ad esempio nel caso di imprese con un solo lavoratore o con due lavoratori che operano insieme al datore di lavoro costantemente presente), per discernere ragionevolmente la necessità o meno dell’individuazione del preposto sembrerebbe difficile prescindere dalla considerazione del livello di rischiosità delle lavorazioni, desumibile sia dal documento di valutazione di cui all’art. 28 del d.lgs. n. 81/2008, sia sulla base della concreta organizzazione di tali lavorazioni .

 

5. La previsione dell’emolumento

Un altro aspetto della riforma che merita una riflessione riguarda la previsione del secondo periodo dello stesso art. 18, comma 1, lett. b-bis, del d.lgs. n. 81/2008 secondo cui i contratti e gli accordi collettivi di lavoro possono stabilire l’emolumento spettante al preposto per lo svolgimento delle attività di vigilanza, fermo restando che egli non può subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attività.
Per come è formulata, la previsione pare in linea con l’orientamento secondo cui, se la funzione di preposto esige una supremazia giuslavoristica rispetto agli altri lavoratori subordinati «tale da porre il preposto nella condizione di dirigere l’attività lavorativa di altri operai soggetti ai suoi ordini» , non è di per sé indispensabile che «la sovraordinazione sia accompagnata da una maggiorazione salariale, ancorché sia questo uno dei fattori che più eloquentemente marcano la differenza tra lavoratori» .
L’intervento della contrattazione collettiva – che il legislatore ha configurato in termini di mera possibilità e non di obbligo, e che sarebbe forse opportuno ricondurre in sede interconfederale per non creare disparità tra categoria e categoria – parrebbe volto in particolare ad incentivare l’assunzione della posizione di preposto da parte di chi finora non ne abbia avuto oggettivamente le caratteristiche.
Ciò beninteso non significa che la posizione di garanzia di preposto sia negoziabile, né che la connessa attività di vigilanza sia suscettibile o meno di accettazione. Infatti, il preposto è tale poiché riveste un ruolo aziendale sovraordinato a quello di altri lavoratori e come tale ha l’obbligo legale ed originario di svolgere la vigilanza anche in assenza di emolumento . Negoziabile semmai è il ruolo dell’organizzazione a cui si connette la posizione di preposto e, a ben guardare, diversamente dal dato letterale, l’eventuale emolumento aggiuntivo vale non tanto a compensarlo per l’obbligo prevenzionistico di vigilanza connesso ex lege alla sua posizione di garanzia, quanto per il ruolo contrattuale di maggior responsabilità che va a ricoprire.

 

6. La funzione dell’individuazione del preposto

Al di là degli aspetti problematici poc’anzi segnalati, è tuttavia indubbio che di per sé l’introduzione dell’obbligo di individuazione dei preposti merita particolare apprezzamento in quanto mira a rendere più nitida l’organizzazione del sistema di prevenzione aziendale ed a rafforzare l’effettività di tale sistema, il quale, ancora prima che si attivino i controlli pubblici esterni, ha già al proprio interno, grazie alla diffusione delle responsabilità, la possibilità di auto-verificarsi ed auto-emendarsi.
In tale senso è evidente che il dato saliente dell’art. 18, comma 1, lett. b-bis, del d.lgs. n. 81/2008 consiste nell’obbligo datoriale di formalizzare l’individuazione del preposto mediante un atto da portare a conoscenza, oltre che dell’interessato, della compagine aziendale e in particolare dei lavoratori ai quali egli è sovraordinato, e di cui resti traccia mediante l’esplicitazione nei documenti aziendali .
Ciò d’altronde costituisce la logica e naturale implementazione dell’art. 28, comma 2, lett. d, del d.lgs. n. 81/2008 là dove prevede che il documento di valutazione dei rischi deve contenere l’“individuazione” delle procedure per l’attuazione delle misure da realizzare, nonché dei “ruoli dell’organizzazione aziendale” che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri . Come messo in luce dalla Cassazione , emergono qui le figure dell’organigramma aziendale di cui il datore di lavoro si avvale per la vigilanza in dettaglio sull’esecuzione del lavoro e che, in quanto investite dei relativi poteri e doveri, risultano garanti della prevenzione a titolo originario. Infatti, come afferma la Corte, «l’obbligo datoriale di vigilare sull’osservanza delle misure prevenzionistiche adottate può essere assolto attraverso la preposizione di soggetti a ciò deputati e la previsione di procedure che assicurino la conoscenza del datore di lavoro delle attività lavorative effettivamente compiute e delle loro concrete modalità esecutive, in modo da garantire la persistente efficacia delle misure di prevenzione adottate a seguito della valutazione dei rischi».
L’individuazione del preposto riveste un’importanza fondamentale anche in relazione alla “politica aziendale” della sicurezza sul lavoro, in particolare con riferimento alla responsabilità amministrativa dell’ente di cui al d.lgs. n. 231/2001, dovendo pertanto risultare anche nel modello di organizzazione e di gestione eventualmente adottato . Infatti, l’omessa individuazione del preposto e la carenza di vigilanza che ne deriva, oltre ad enfatizzare le responsabilità individuali del datore di lavoro e al di là della già citata sanzione penale di cui all’art. 55, comma 5, lett. d, del d.lgs. n. 81/2008, rischia di rendere inadeguato l’assetto organizzativo ed inidoneo il modello organizzativo ai fini dell’esonero della responsabilità di cui al d.lgs. n. 231/2001.
Né va trascurato che l’obbligo di comunicare al committente i nominativi dei preposti delle imprese appaltatrici può riverberare effetti per quanto attiene ai contenuti del Duvri la cui redazione spetta appunto al committente.
Senza potersi qui diffondere sul tema, non si deve infine sottovalutare in che modo la previsione dell’individuazione del preposto e la specificazione dei suoi obblighi riusciranno a misurarsi con i nuovi scenari dell’organizzazione del lavoro, sempre più caratterizzati, anche sotto l’incessante spinta delle innovazioni tecnologiche, dalla progressiva perdita di centralità, se non dalla evanescenza, di uno stabile luogo di lavoro (si pensi al lavoro agile di cui alla l. n. 81/2017), con quanto ne consegue in merito alla difficoltà di esercitare quel potere-dovere di controllo che, per quanto attiene alla sicurezza sul lavoro, non può comunque mai svanire totalmente nonostante la maggiore responsabilizzazione del lavoratore agile anche per quanto attiene alla tutela della propria salute e sicurezza .

 

7. Individuazione del preposto e preposto di fatto. Il principio di effettività nel disegno del d.lgs. n. 81/2008

La previsione dell’individuazione dei preposti non fa peraltro venir meno il disposto dell’art. 299 del d.lgs. n. 81/2008. Infatti, ove un soggetto che possedesse le caratteristiche del preposto non fosse stato individuato come tale, al di là della sanzione a carico del datore di lavoro per l’omessa individuazione non verrebbe meno la posizione sovraordinata di quel soggetto sugli altri lavoratori e la sua posizione di garanzia “di fatto”.
Sebbene l’eventualità che sia stato formalmente individuato un preposto potrebbe non escludere in astratto che possa esserci anche un preposto di fatto – come parrebbe suggerire la presenza dell’avverbio “altresì” nel testo dell’art. 299 –, è tuttavia evidente che, poiché normalmente il preposto sovraintende all’attività lavorativa di un determinato insieme di lavoratori, almeno in teoria la sua formale individuazione dovrebbe quanto meno rendere più remota la possibilità che in quello specifico contesto emerga un preposto di fatto.
Quest’ultima figura potrebbe peraltro emergere in quelle imprese nelle quali, per particolari esigenze produttive, l’organizzazione delle attività è caratterizzata da continue turnazioni e da frequenti modifiche della composizione delle squadre di lavoro, potendo certi lavoratori risultare preposti solo in certe situazioni lavorative e non in altre. Alla difficoltà di individuare puntualmente i preposti in tali casi si potrebbe forse ovviare individuando le funzioni del preposto in relazione alle singole attività, dovendosi peraltro impartire la specifica formazione per i preposti – che il legislatore ora esige in presenza e costantemente ripetuta – a chiunque possa trovarsi a ricoprire tale posizione anche se non stabilmente .
Per la verità, evocando la mancanza di una “regolare investitura”, l’art. 299 aveva indirettamente già lanciato un significativo segnale sull’importanza di un’individuazione formale delle posizioni di garanzia. Ma c’è dell’altro.
Nel diritto della sicurezza sul lavoro alcuni concetti tipici del diritto del lavoro generale – l’impresa, l’azienda, il lavoratore, il datore di lavoro, i dirigenti e i preposti – assumono un significato particolare in ragione dell’esigenza di tutelare i diritti fondamentali alla salute e alla sicurezza. Un significato particolare fondato sul principio di effettività il quale consente di superare inquadramenti meramente formali.
Senza minimamente smentire il principio di effettività, il d.lgs. n. 81/2008 evidenzia l’esigenza di un’identificazione anche formale dei titolari delle posizioni di garanzia onde delineare in modo più razionale il sistema aziendale della prevenzione, sia mediante la predisposizione di organigrammi funzionali che divengono cogenti per il datore di lavoro nel momento in cui li inserisce nel documento di valutazione dei rischi, sia tramite la previsione dell’obbligatoria formazione proprio per quei soggetti che andranno a ricoprire le caselle di quell’organigramma. E la mancata o inadeguata formazione dei dirigenti e dei preposti potrebbe mettere in discussione le loro posizioni di garanzia che presuppongono il possesso di competenze a cui è strettamente funzionale anche la specifica formazione di cui all’art. 37 del d.lgs. n. 81/2008 . Come rileva la dottrina penalistica più attenta, «in presenza di tale discrasia, l’irrinunciabile principio di personalità della responsabilità penale (art. 27 Cost.) non potrà che prevalere su astratte e formali attribuzioni, imponendo di assolvere il preposto incapace di dominare gli eventi a causa di una formazione così carente da non consentirgli di riconoscere o gestire il fattore di rischio che ha generato l’infortunio» .
Pertanto, nel confermare la centralità del principio di effettività, il d.lgs. n. 81/2008 esige nel contempo la chiarezza dei ruoli, dando risalto alle scelte effettuate dai vertici aziendali in ordine alla ripartizione della sfera organizzativa e dei connessi obblighi di prevenzione.
In un sistema di prevenzione aziendale debitamente organizzato, diviene più trasparente il collegamento tra l’apparato di garanzia presidiato penalmente in tema di sicurezza e gli elementi tipici dell’assetto gerarchico/organizzativo aziendale che emerge nell’ordinamento giuslavoristico extrapenale, dal quale lo stesso ordinamento penale speciale trae linfa per individuare le varie posizioni di garanzia. Il principio di effettività, che costituisce il parametro con cui vagliare i poteri dei vari soggetti, viene così ad interagire con i dati organizzativi oggi esaltati dal legislatore.
D’altronde, non è un caso che il d.lgs. n. 81/2008 abbia espressamente disciplinato l’esercizio di fatto di poteri direttivi in un’apposita norma – appunto l’art. 299 – che prima non esisteva, sebbene il suo attuale contenuto fosse immanente nel sistema. Peraltro, in un sistema fondato sul principio della prevenzione partecipata, organizzata e strutturata – come indicano anche le previsioni sui modelli di organizzazione di cui all’art. 30 del d.lgs. n. 81/2008 – l’art. 299 non può essere inquadrato se non come norma di chiusura del sistema che, in quanto tale, dovrebbe valere a regolare solo le ipotesi residuali ed estreme che sfuggono ai principi generali del sistema medesimo . Non dovendosi inoltre trascurare che, stante la sempre più marcata rilevanza in questo sistema della formazione , potrebbe essere assai discutibile ricondurre posizioni di garanzia in capo a figure “di fatto” che non abbiano ricevuto alcuna formazione connessa a tali posizioni .
Per altro verso, non si può però non prendere atto che l’effettività del sistema di prevenzione dipende anche dalla solidità del sistema produttivo e che la salute e la sicurezza di chi lavora è minacciata non solo dai sempre più precari assetti del mercato del lavoro e dalla fragilità di certi contratti di lavoro flessibili, ma anche dalla scarsa strutturazione di molte imprese che impedisce di costruire quella prevenzione partecipata e organizzata inaugurata dalla direttiva quadro europea del 1989 e confermata dal d.lgs. n. 81/2008.

 

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