Testo integrale con note e bibliografia

Ringrazio gli organizzatori dell’evento per aver invitato Asstel - l’Associazione di Categoria che nel sistema Confindustria rappresenta le imprese della filiera delle telecomunicazioni - a dare il suo contributo ad un dibattito ricco di stimoli e spunti di riflessione.
La stagione delle riforme del diritto del lavoro oggetto della riflessione odierna coincide e si interseca temporalmente con la progressiva liberalizzazione dei mercati, la crescente trasformazione tecnologica, l’evoluzione della contrattazione collettiva.
Nel 1992, mentre veniva sottoscritto il Trattato sull'Unione europea (TUE) / Trattato di Maastricht in vista della costituzione del Mercato Unico Europeo, il sistema delle imprese esprimeva l’urgenza di avviare una stagione di profonde trasformazioni sia del sistema industriale - aggiornamento degli impianti e dei processi – sia del sistema Paese - dotazione di infrastrutture, efficienza della macchina amministrativa, ammodernamento dei servizi pubblici – per far fronte alla liberalizzazione/internazionalizzazione dei mercati e alla diffusione delle “nuove tecnologie”.
Nell’ambito di queste trasformazioni rientrava in primo luogo la definizione di una nuova struttura del costo del lavoro e della contrattazione collettiva – che ha trovato espressione nel Protocollo tra Governo e Parti sociali del 23 luglio 1993 sulla politica dei redditi - ma appariva evidente che anche le regole del mercato e dei rapporti di lavoro necessitassero di un adeguamento alle mutate condizioni di contesto competitivo in cui l’industria sarebbe stata chiamata ad operare.
Queste esigenze hanno trovato una risposta negli anni immediatamente successivi con gli interventi legislativi che si sono susseguiti nell’ arco temporale che si può idealmente collocare tra la legge 24 giugno 1997, n. 196 (c.d. “Pacchetto Treu”), che introduce nel nostro ordinamento il c.d. “lavoro interinale” a quell’insieme di interventi normativi in tema di lavoro emanati dal 2014 al 2016 che ricordiamo come Jobs’Act.
Sono stati citati nell’introduzione del panel di discussione alcuni degli istituti più coinvolti dalla legislazione di quegli anni: derogabilità della legge da parte della contrattazione collettiva, regime sanzionatorio dei licenziamenti, mansioni e tutela della professionalità, controlli, mercato del lavoro.
A questi vorrei aggiungere, sempre facendo riferimento a quel periodo storico, la progressiva definizione e regolamentazione delle forme di collaborazione coordinata e continuativa, frutto anche di un “dialogo” tra giurisdizione, potere legislativo e parti sociali, nonché il tema della misurazione delle performance dei lavoratori e la disciplina degli appalti, rispetto alla quale il legislatore con l’abrogazione, ad opera del d. lgs. 276/2003, della legge n. 1369 del 1960 che per oltre un quarantennio aveva governato il complesso fenomeno della dissociazione tra titolarità formale del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione, ha concluso un percorso interpretativo che già la giurisprudenza aveva adattato ai modelli di produzione.
Non è stato un percorso lineare, si è, infatti, assistito nel corso degli anni a interventi modificativi a volte di segno inverso rispetto a quanto precedentemente legiferato. Basti pensare alla successione di norme che ha regolato la disciplina delle proroghe e rinnovi del contratto di lavoro a tempo determinato, fattispecie la cui regolamentazione si fonda sulla base della direttiva europea n. 70/1999.
L’evoluzione della legislazione sul lavoro è andata, in quegli anni di pari passo con una parallela evoluzione della contrattazione collettiva, in particolare del ruolo del Contratto collettivo nazionale e in questo filone si inserisce l’esperienza del CCNL Telecomunicazioni, di cui Asstel ha la titolarità.
Infatti, a seguito della liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni, nel 2000 nasce il Contratto collettivo delle Telecomunicazioni, sottoscritto da Confindustria e dalle Confederazioni Sindacali, e, nel 2002 Asstel ne ha assunto la titolarità. Il passaggio dal monopolio ad un mercato che vedeva più Operatori in concorrenza aveva, infatti, fatto emergere la necessità di dotare di una base di regole comuni il settore degli Operatori innestando l’esperienza contrattuale maturata nel sistema industriale nel sistema di regole previgente. Negli anni successivi l’applicazione del CCNL si è progressivamente estesa all’intera Filiera TLC.
La vita del CCNL Telecomunicazioni coincide, dunque, temporalmente con il periodo che stiamo considerando. Nella gestione, la contrattazione collettiva si è dovuta confrontare con un quadro normativo che ha progressivamente lasciato maggiori spazi di intervento alla contrattazione. La stagione delle riforme ha visto sia un estendersi delle fattispecie in cui è stata resa possibile la derogabilità della legge da parte della contrattazione collettiva, sia una crescita dei demandi alla contrattazione.
L’ampliamento dell’area dei demandi si è rivelato fruttuoso dove si è combinato con un sistema di relazioni sindacali solido: pensiamo, ad esempio, al tema dell’orario di lavoro dove la Direttiva europea prima e la legge di recepimento nazionale hanno lasciato ampio spazio alla contrattazione che ha permesso il raggiungimento di risultati complessivamente significativi in termini di flessibilità.
L’esercizio della contrattazione, in particolare sui temi del mercato del lavoro, è stato complesso in ragione del continuo cambiamento dei riferimenti legislativi e non di rado è accaduto che le Parti abbiano dovuto, a posteriori, contestualizzare previsioni contrattuali che erano state concordate sul presupposto di previsioni legislative successivamente mutate.
Abbiamo, dunque alle spalle una stagione di cambiamenti profondi nel diritto del lavoro, ma, come suggerisce lo spunto inziale del panel odierno, dobbiamo interrogarci su quale possa essere, nella difficile ricerca di modelli di contemperamento degli interessi, il reale punto di partenza per una nuova stagione riformatrice.
Al riguardo credo si debba guardare alle trasformazioni nell’organizzazione del lavoro indotte dalla crescente impatto della tecnologia sui sistemi produttivi , che è uno degli aspetti rilevanti per la filiera delle telecomunicazioni, e, quindi, a quegli interventi legislativi che accompagnano questo processo.
Per fare alcuni esempi, in un mercato del lavoro che sarà sempre più interessato da transizioni e trasformazioni professionali, è necessario un forte investimento nelle politiche attive del lavoro ed in particolare nella formazione certificata per gestire in maniera preventiva l’impatto della digitalizzazione del lavoro per il personale già in forza presso le imprese. Questo tema è molto avvertito dalle imprese della Filiera TLC che hanno avviato/intensificato percorsi di formazione che coinvolgono i lavoratori.
Per essere al passo con i tempi le aziende devono puntare sul reskilling e sull’upskilling dei lavoratori per metterli nelle condizioni di competere in un mercato del lavoro in forte evoluzione, individuando un percorso verso la definizione di competenze certificabili che possa accompagnare la persona in tutta la sua vita lavorativa. Per affrontare i cambiamenti in atto servono, infatti, competenze e formazione sia dei giovani sia, soprattutto delle persone già oggi impiegate all’interno delle imprese. Questo tema è molto avvertito dalle imprese della Filiera TLC che hanno avviato/intensificato percorsi di formazione che coinvolgono i lavoratori.
Tra i vari strumenti che possono sostenere questo processo, segnaliamo per la loro importanza il Fondo Nuove Competenze, che rappresenta una risposta positiva rispetto alla necessità di adeguare le competenze dei lavoratori rispetto alle innovazioni determinate dal processo di trasformazione digitale, destinando parte dell’orario di lavoro alla formazione, con la copertura degli oneri retributivi e contributivi a carico del Fondo stesso e il Contratto di Espansione che rappresenta uno degli strumenti migliori sia per realizzare in maniera non traumatica il processo di ricambio generazionale attraverso nuove assunzioni, fornendo un adeguato scivolo pensionistico, sia i processi di reskilling e upskilling del personale, necessari in coerenza con processi di riorganizzazione connessi alla trasformazione digitale delle imprese, sostenuti anche attraverso l’intervento di misure di integrazione salariale al reddito. Quest’ultimo è stato introdotto in via sperimentale nel 2019, è stato successivamente rifinanziato dalla legge di Bilancio 2021 e, a seguito di successive modifiche legislative, i requisiti dimensionali sono stati ridotti. Riteniamo utile che questo strumento diventi una misura strutturale e non più legata alla necessità di rifinanziamento annuale.
Guardando al futuro, c’è un grande spazio per costruire, un quadro normativo che permetta al nostro Settore e al Paese di crescere.
Il dibattito di oggi lo dimostra ampiamente.

 

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