Testo integrale con note e bibliografia

L'ordinanza della CGUE del 18 maggio 2022.

La disciplina del lavoro precario nell’istruzione pubblica italiana forma ormai oggetto di un nutrito filone della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, cui oggi si aggiunge l’ordinanza del 18 maggio 2022 (causa C-450/2021, UC contro Ministero dell’Istruzione), con la quale il Giudice dell’Unione ha affermato la contrarietà alla clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, che garantisce parità di trattamento ai lavoratori precari quanto alle “condizioni di impiego” rispetto ai lavoratori assunti a tempo indeterminato comparabili, della disposizione dell’art. 1, comma 121, della legge n. 107/2015.
La norma di diritto interno, come è noto, prevede, “al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali”, l’istituzione, entro predeterminati limiti di spesa, di una “Carta elettronica per l'aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado”, dell’importo nominale di euro 500 annui per ciascun anno scolastico, somma che non costituisce “retribuzione accessoria né reddito imponibile”, ma è invece utilizzabile unicamente “per l'acquisto di libri e di testi, anche in formato digitale, di pubblicazioni e di riviste comunque utili all'aggiornamento professionale, per l'acquisto di hardware e software, per l'iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali, svolti da enti accreditati presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale, ovvero a corsi post lauream o a master universitari inerenti al profilo professionale, per rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l'ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo, nonché per iniziative coerenti con le attività individuate nell'ambito del piano triennale dell'offerta formativa delle scuole e del Piano nazionale di formazione”.
Nel corso dell’emergenza pandemica poi la legge (l’art. 2 del D.L. 8.4.2020, n. 22, al comma 3) ha previsto che, “in corrispondenza della sospensione delle attività didattiche in presenza”, il personale docente, tenuto ad assicurare comunque le prestazioni didattiche nelle modalità a distanza, a mezzo di “strumenti informatici o tecnologici a disposizione”, potesse disporre per l’acquisto di servizi di connettività delle risorse della Carta elettronica.
Infine i “criteri e le modalità di assegnazione e utilizzo della Carta …, l'importo da assegnare nell'ambito delle risorse disponibili di cui al comma 123, … nonché le modalità per l'erogazione delle agevolazioni e dei benefici collegati alla Carta medesima” sono stati stabiliti, come previsto dall’art. 1 comma 122 della L. 107/2015, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato il 23 settembre 2015, secondo cui, per quanto interessa, “la Carta è assegnata, nel suo importo massimo complessivo, esclusivamente al personale docente a tempo indeterminato ... Nel caso in cui il docente sia stato sospeso per motivi disciplinari è vietato l’utilizzo della Carta e l’importo di cui all’art. 3 non può essere assegnato nel corso degli anni scolastici in cui interviene la sospensione. Qualora la sospensione intervenga successivamente all’assegnazione dell’importo, la somma assegnata è recuperata a valere sulle risorse disponibili sulla Carta e, ove non sufficienti, sull’assegnazione dell’anno scolastico successivo. Il Ministero disciplina le modalità di revoca della Carta nel caso di interruzione del rapporto di lavoro nel corso dell’anno scolastico”. Infine “la Carta deve essere restituita all’atto della cessazione dal servizio”.
Le circostanze che il beneficio sia attribuito in relazione al “fondamentale diritto-dovere” di aggiornamento dei propri saperi professionali, previsto per la generalità del personale ispettivo, direttivo e docente, dall’art. 282 del D.L.gs. 16.4.1994, n. 297, che possa essere utilizzata dai docenti per acquisire dispositivi di connettività indispensabili allo svolgimento della prestazione a distanza, che non possa invece essere usata nei periodi di sospensione disciplinare e debba essere restituita al termine del rapporto di lavoro hanno indotto il Tribunale di Vercelli, davanti al quale aveva agito una docente precaria al fine di ottenere l’attribuzione della Carta, a ritenere che essa rientri tra le “condizioni di impiego”, rispetto alle quali la clausola 4 dell’accordo quadro assicura parità di trattamento ai lavoratori assunti a tempo determinato rispetto a quelli a tempo indeterminato comparabili.
Di conseguenza l’esclusione dal beneficio del personale precario sarebbe, secondo il giudice remittente, in contrasto con il principio paritario portato nella clausola 4, in quanto priva di una qualche oggettiva giustificazione, dato che la partecipazione ad attività di formazione e di aggiornamento costituisce un diritto e un dovere per tutti i docenti, indipendentemente dalla durata del loro rapporto d’impiego.
D’altra parte la diversità di trattamento neppure si spiegherebbe obiettivamente con il fine di garantire la stabilità del rapporto dei docenti a tempo indeterminato, visto che la Carta è attribuita anche ai docenti in prova.
Infine la previsione della clausola 6 punto 2 dell’accordo quadro secondo cui “i datori di lavoro dovrebbero agevolare l’accesso dei lavoratori a tempo determinato a opportunità di formazione adeguate, per aumentarne le qualifiche, promuoverne la carriera e migliorarne la mobilità occupazionale” “nella misura del possibile”, dovrebbe leggersi, secondo il Tribunale, alla luce della politica di formazione professionale dell’Unione nonché del diritto all’istruzione e all’accesso alla formazione professionale e continua, previsto all’articolo 14 della Carta e all’articolo 10 della Carta sociale europea. Così che contrasterebbe con tali principi l’attribuzione di un beneficio diretto ad accrescere le competenze professionali del personale docente unicamente ai dipendenti a tempo indeterminato.
Il Tribunale ha sollevato quindi davanti alla CGUE le seguenti questioni pregiudiziali:
1) Se la clausola 4, punto 1, dell’[accordo quadro] deve essere interpretata nel senso che osta ad una normativa nazionale, come quella contenuta dall’articolo 1, comma 121, della legge n. 107/2015, che esclude espressamente il riconoscimento e il pagamento di una determinata retribuzione aggiuntiva di 500 euro a favore del personale docente del Ministero dell’istruzione assunto a tempo determinato, in quanto tale retribuzione aggiuntiva costituirebbe una retribuzione per la formazione e aggiornamento del solo personale assunto con un contratto a tempo indeterminato;
2) se una retribuzione integrativa di 500 euro annui, come quella di cui all’articolo 1, comma 121, della legge n. 107/2015 [e all’articolo] 2 del [decreto legge dell’8 aprile 2020, n. 22] (...), destinata all’acquisto di beni e servizi formativi, finalizzati allo sviluppo delle competenze professionali e all’acquisto dei servizi di connettività, debba essere considerata inclusa nelle condizioni di impiego menzionate alla clausola 4, punto 1, dell’[accordo quadro];
3) qualora si ritenga che tale indennità non rientri nelle suddette condizioni di impiego, se la clausola 6 dell’[accordo quadro], in combinato disposto con l’articolo 150 [TCE], l’articolo 14 della [Carta] e l’articolo 10 della Carta Sociale europea [firmata a Torino il 18 ottobre 1961 e riveduta a Strasburgo il 3 maggio 1996], deve essere interpretata nel senso che osta ad una normativa nazionale, come quella contenuta dall’articolo 1, comma 121, della legge n. 107/2015, che riserva ai soli lavoratori con un contratto o un rapporto di lavoro a tempo indeterminato la possibilità di accedere al finanziamento della formazione, nonostante si trovino in una situazione comparabile a quella dei docenti a tempo determinato;
4) se nell’ambito di applicazione della direttiva 1999/70, i principi generali del vigente diritto [dell’Unione europea] di uguaglianza, parità di trattamento e di non discriminazione in materia di impiego, consacrati negli articoli 20 e 21 della [Carta], [nella direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica (GU 2000, L 180, pag. 22)] e [nella direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU 2000, L 303, pag. 16)] e nella clausola 4 dell’[accordo quadro], debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una norma come quella contenuta nell’articolo 1, comma 121, della legge n. 107/2015, che consente di trattare in modo meno favorevole e di discriminare nelle condizioni di impiego e nell’accesso alla formazione, per il solo fatto che hanno un rapporto a tempo determinato, i docenti che si trovano in una situazione comparabile ai docenti a tempo indeterminato, per quanto riguarda il tipo di lavoro e le condizioni di impiego, avendo svolto le stesse mansioni ed essendo in possesso delle medesime competenze disciplinari, pedagogiche, metodologiche – didattiche, organizzativo-relazionali e di ricerca, conseguite attraverso il maturare dell’esperienza didattica riconosciuta dalla stessa normativa interna come equipollente;
5) se la clausola 6 dell’[accordo quadro], lett[a] alla luce e nel rispetto dei principi generali del vigente diritto [dell’Unione europea] di uguaglianza, parità di trattamento e di non discriminazione in materia di impiego e dei diritti fondamentali consacrati negli articoli 14, 20 e 21 della [Carta] deve essere interpretata nel senso che osta ad una normativa nazionale, come quella contenuta dall’articolo 1, comma 121, della legge n. 107/2015, che riserva ai soli lavoratori con un rapporto di lavoro a tempo indeterminato la possibilità di accedere alla formazione.
La Corte esamina le questioni nell’ordine appena esposto, richiama quindi la propria consolidata giurisprudenza quanto all’applicazione del principio di parità di trattamento tra lavoratori a termine e a tempo indeterminato anche nell’impiego pubblico (cfr. ordinanza del 22 marzo 2018, Centeno Meléndez, C 315/17, non pubblicata, EU:C:2018:207 e giurisprudenza ivi citata) e quanto alla nozione di «condizioni di impiego», ribadisce come “il criterio decisivo per determinare se una misura rientri in tale nozione è proprio quello dell’impiego, vale a dire il rapporto di lavoro sussistente tra un lavoratore e il suo datore di lavoro (sentenza del 20 giugno 2019, Ustariz Aróstegui, C 72/18, EU:C:2019:516, punto 25 e giurisprudenza ivi citata)”.
Rileva quindi come siano state considerate rientranti in tale nozioni, non solo le indennità triennali per anzianità di servizio, ma anche quelle sessennali per formazione continua (v., in tal senso, ordinanza del 9 febbraio 2012, Lorenzo Martínez, C 556/11, non pubblicata, EU:C:2012:67, punto 38), la partecipazione a un piano di valutazione professionale e l’incentivo economico che ne consegue in caso di valutazione positiva (ordinanza del 21 settembre 2016, Álvarez Santirso, C 631/15, EU:C:2016:725, punto 36), nonché la partecipazione a una carriera professionale orizzontale che dà luogo a un’integrazione salariale (ordinanza del 22 marzo 2018, Centeno Meléndez, C 315/17, non pubblicata, EU:C:2018:207, punto 47). Misure quindi latamente connesse alla formazione e all’avanzamento professionale dei lavoratori a termine.
Nella specie, poi, secondo la Corte, ai fini della qualificazione dell’indennità in questione tra le condizioni di impiego, appare decisivo il fatto che essa sia versata, secondo la disciplina interna, al fine di sostenere la formazione continua dei docenti - obbligatoria tanto per il personale a tempo indeterminato quanto per quello impiegato a tempo determinato - e di valorizzarne le competenze professionali, nonché le circostanze che il beneficio possa essere utilizzato dai docenti anche per l’acquisto dei servizi di connettività necessari allo svolgimento dei loro compiti professionali a distanza e che la relativa attribuzione dipenda, secondo il remittente, “in modo determinante dall’effettiva prestazione del servizio” da parte di tali lavoratori.
Non rileva invece in contrario, secondo la Corte, la circostanza che la carta elettronica possa essere utilizzata anche per l’acquisto di beni e servizi che non siano strettamente correlati alla formazione continua.
Assunto quindi che la Carta rientri, secondo gli elementi di fatto forniti dal remittente, nell’ambito delle condizioni di impiego, la Corte ribadisce i propri consolidati principi in punto di applicazione della clausola 4, e quindi la necessità di valutare della comparabilità tra lavoratori a termine e lavoratori assunti a tempo indeterminato, alla luce di un insieme di fattori, come la natura del lavoro, le condizioni di formazione e le condizioni di impiego.
Merita peraltro rilevare come nella specie lo Stato italiano nemmeno contestasse in fatto la comparabilità tra la posizione dell’attrice e quella dei docenti a tempo indeterminato quanto alla natura del lavoro e delle competenze professionali richieste, così che l’indagine del Giudice dell’Unione si è appuntata piuttosto sull’esistenza di una ragione oggettiva del trattamento deteriore riservato ai docenti precari, esclusi dal beneficio della Carta.
La corte ha quindi richiamato la propria costante giurisprudenza secondo cui la nozione di «ragioni oggettive» richiede che “la disparità di trattamento constatata sia giustificata dalla sussistenza di elementi precisi e concreti, che contraddistinguono il rapporto di impiego di cui trattasi, nel particolare contesto in cui s’inscrive e in base a criteri oggettivi e trasparenti, al fine di verificare se tale disparità risponda a una reale necessità, sia idonea a conseguire l’obiettivo perseguito e risulti necessaria a tal fine”, mentre “il riferimento alla mera natura temporanea del lavoro degli impiegati amministrativi a contratto, …, non è conforme a tali requisiti e non può dunque costituire di per sé una ragione oggettiva”,
E nella specie, secondo il remittente, la disparità di trattamento non troverebbe alcuna ragione obiettiva.
La Corte ha quindi risposto alle prime due questioni nei termini che seguono: “La clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura nell’allegato della direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che riserva al solo personale docente a tempo indeterminato del Ministero dell’istruzione, e non al personale docente a tempo determinato di tale Ministero, il beneficio di un vantaggio finanziario dell’importo di EUR 500 all’anno, concesso al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, mediante una carta elettronica che può essere utilizzata per l’acquisto di libri e di testi, anche in formato digitale, di pubblicazioni e di riviste comunque utili all’aggiornamento professionale, per l’acquisto di hardware e software, per l’iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali, a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale, ovvero a corsi post lauream o a master universitari inerenti al profilo professionale, per rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l’ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo, ad altre attività di formazione e per l’acquisto di servizi di connettività al fine di assolvere l’obbligo di effettuare attività professionali a distanza”.
La Corte non si è invece pronunciata sulle ulteriori questioni, legate all’applicazione della clausola 6, come ragionevole, attesa la formulazione dei quesiti da parte del remittente.
Ma più radicalmente deve ritenersi che l’inclusione (anche) di una misura diretta a favorire la formazione e l’aggiornamento professionale dei lavoratori tra le condizioni di impiego escludesse ex se la misura stessa dall’ambito di applicazione della clausola 6, paragrafo 2 evidentemente riferita a occasioni formative estranee all’area delle obbligazioni nascenti dal rapporto in atto.

 

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