Testo integrale conn note e bibliografia

1. B. Trentin (1926, Pavie – 2007, Roma), figlio di Beppa Nardari e Silvio Trentin antifascisti esuli in Francia quando Bruno nacque, partecipò giovanissimo alla Resistenza al comando della Brigata «Fratelli Rosselli». Fece parte del Partito d’Azione fino al suo scioglimento (1947); nel 1947 per interessamento di Gaetano Salvemini studiò per alcuni mesi ad Harvard per la composizione della laurea che conseguì nel 1949 a Padova con Enrico Opocher. Nello stesso anno fu chiamato da Vittorio Foa a far parte dell’Ufficio studi della CGIL diventando uno dei più stretti collaboratori di Giuseppe Di Vittorio. Nel 1950 si iscrisse al Partito comunista; tra il 1962 e il 1977 fu Segretario generale della FIOM e dal 1973 della FLM, il sindacato unitario dei metalmeccanici, che entrò in crisi nel 1983; dal 1988 al 1994 Trentin fu Segretario generale della CGIL. Tra il 1999 e il 2007 fu parlamentare europeo. Nei primi anni settanta conosce Marie Marcelle Padovani, giornalista del «Nouvel Observateur», di cui fu compagno per il resto della vita. Principali opere: Da sfruttati a produttori (1977), Lavoro e libertà nell’Italia che cambia (1994), Il coraggio dell’utopia (Intervista di B. Ugolini, 1994), La città del lavoro (1997); Il processo alla crescita (con Carla Ravaioli, 1994), La libertà viene prima (2004); a cura di Iginio Ariemma, nel 2017 vengono pubblicati una parte degli inediti Diari 1988-1994.

2. La ricerca teorica di Bruno Trentin rappresenta, insieme ai Quaderni di Antonio Gramsci, il contributo più originale e importante della cultura della sinistra italiana del Novecento. Un valore e un significato che sono ancora lontano dall’essere riconosciuti pienamente. Ciò appare tanto più sfavorevole in un periodo, come il nostro, in cui il dibattito sociale e politico, anche per la complessità e le trasformazioni sociali in corso, ha estremamente bisogno di idee per uscire dai paradigmi della società industriale novecentesca. E la riflessione di Trentin offre, sul piano della scienza sociale, politica ed economica, nonché dell’analisi storica delle vicende culturali e teoriche della sinistra politica e sindacale, non solo italiana, riflessioni ricche di originalità. In particolare sulle trasformazioni del lavoro intervenute dopo la crisi del fordismo quando avviene, secondo Trentin, quella «riproposizione» della «persona che lavora, dalla quale discende tutto il resto» .
Le sue riflessioni sono finalizzate alla costruzione di un’idea de-ideologizzata di lavoro per un progetto di sviluppo della democrazia industriale e della democrazia della società centrati sulla crescita della persona che lavora. I suoi testi sono analisi strettamente connesse a esperienze, battaglie, congiunture, talvolta anche ispirati da intenti autocritici, che hanno il carattere di momenti di un’unica riflessione e di una continua ricerca attorno al tema del lavoro. Un problema che egli affronta ponendosi soprattutto dal punto di vista del lavoratore subordinato, chiarendo come questa condizione di eterodirezione impronti l’intera struttura della moderna società, deformandone la cittadinanza, e come da questa condizione si possa uscire solo mettendo in moto un processo di emancipazione individuale e collettiva. Quindi, questo il punto, una battaglia contro il lavoro subordinato come critica della fonte principale di ogni rapporto sociale di dominio e sottomissione , di cui lo sfruttamento economico è una conseguenza e non la causa. Ovvero la questione dell’ autonomia e della libertà nel lavoro da affermare prima dell’uguaglianza e della distribuzione della ricchezza, perché solo se questa condizione sarà realizzata, il lavoro potrà essere «un momento fondamentale per la costruzione dell’identità personale», uno «dei luoghi dove si mette in opera un progetto personale, dove ciascuno è messo alla prova, e allo stesso tempo un luogo dove la soggettività della persona si esprime attraverso le sue opere, la sua socialità e il posto che essa gli dà nella società» . La lotta per la riforma sociale si identifica, quindi, con quella per la realizzazione soggettiva della persona; lo sviluppo della democrazia coincide con la battaglia per un diverso modo di lavorare e di identità personale; ovvero la conquista della libertà necessaria nel lavoro dipendente non è un obiettivo da porre dopo la «presa del potere», ma la premessa per l’azione riformatrice. Una libertà che Trentin, coniuga alla responsabilità, e alla partecipazione, alla «codeterminazione» delle condizioni di lavoro, che egli rivendica pure sottolineando che le scelte aziendali rimangono, in ultima istanza, in carico alla direzione d’impresa, anche se attraverso un processo di condivisione, di informazioni e responsabilità, non esenti da conflitto, in grado di realizzare il dettato dell’Art. 46 della Costituzione .
Il tema della libertà nel lavoro è dunque il filo rosso dell’intera riflessione sul lavoro condotta da Trentin nell’ottica di introdurre un mutamento nel punto cruciale delle distorsioni e delle asimmetrie della società moderna, che pure ha fatto del lavoro e della produzione di ricchezza il centro di ogni attività. Nel bilancio sulle lotte degli anni sessanta e settanta compiuto in Da sfruttai e produttori, un testo lucidamente autocritico della scarsa attenzione della cultura sindacale alle «mediazioni» e alle «tappe intermedie», oltreché alla necessità «di una direzione politica unificante», Trentin sottolinea come quelle lotte abbiano comunque determinato una svolta, avendo sapute fare emergere, come «contraddizione principale», il «nodo della libertà», il «rifiuto cioè del lavoro coatto», del «lato oppressivo del rapporto di lavoro», spostando lo «scontro di classe dall’area della distribuzione all’area della produzione» e dell’ «organizzazione capitalistica del lavoro».
In Lavoro e libertà nell’Italia che cambia, la relazione alla Conferenza di programma di Chianciano del Giugno 1994 con la quale Trentin lascia la segreteria generale della CGIL, e che l’editore Carmine Donzelli volle pubblicare «nella forma di un libro» capace di parlare a tutti «coloro che si interrogano sulle sorti e gli sviluppi dell’intera società italiana» - un testo che segna il passaggio dal «sindacato dei consigli» degli anni sessanta e settanta a quello «dei diritti» e del «progetto», il tema della libertà nel lavoro, ritorna insieme a quello di un diritto ad «un lavoro scelto». Punto decisivo è la consapevolezza del significato della «crisi, che sembra irreversibile» del taylorismo e del fordismo che la cultura democratica non ha posto ancora al «centro della riflessione». Non comprendendo, in questo modo, le «nuove straordinarie opportunità» che tale crisi pone per una «effettiva democrazia nei luoghi di lavoro» e per «nuovi spazi trasversali, polivalenti e poliprofessionali, di decisioni anche nei lavori cosiddetti esecutivi» che «tendono ad essere investiti di nuove responsabilità di intervento e di controllo», «individuali e collettive, che consentano la soluzione dei cento, dei mille problemi», in una «economia sempre più fondata sullo scambio di informazioni». Fino ad una piena affermazione dei «diritti di dignità, di liberazione, di capacità negate» al lavoro subalterno, rimettendo al centro «come la vera variabile indipendente di una civiltà democratica non già la vecchia sciocchezza del salario, ma la persona, le sue condizioni di lavoro, la sua sicurezza e la sua salute, le sue libertà e la sua volontà di realizzarsi nel proprio lavoro» .
La città del lavoro approfondisce queste tematiche in un ampio e interessante confronto storico e teorico con la tradizione del socialismo e del marxismo che qui è impossibile ricostruire. Alla crucialità del «nodo della libertà» e della «codeterminazione» delle condizioni di lavoro sollevate dalle lotte degli anni sessanta, e al tema del «lavoro scelto» e dei diritti di libertà individuali e collettivi del 1994, in questo testo del 1997 Trentin approfondisce le opportunità che si aprono al lavoro con la fine del fordismo e del lavoro «astratto» di Marx, nonché, con la rivoluzione informatica, nel quadro di una critica del primato leninista della politica sulle trasformazioni delle relazioni sociali di lavoro, e quindi del primato socialdemocratico delle compensazioni salariali sulla mancanza di libertà nel lavoro. Ne fuoriesce l’idea di una svolta storica condensata nella riproposizione della persona nel lavoro. La persona negata dal taylorismo, che richiede solo ubbidienza e passività intellettuale, è posta dall’informatizzazione al centro delle attività, la cui flessibilizzazione richiede crescenti capacità di risolvere problemi e di responsabilizzazione dei risultati. Un complesso di nuove richieste, a cui il lavoro deve saper rispondere in termini di autonomia e di formazione continua, che assottiglia le differenze tra lavoro manuale e intellettuale che Trentin rileva in termini di «superamento, alle frontiere sempre più mobili del lavoro subordinato, della storiche distinzioni fra il lavoro, l’opera e l’attività che Hannah Arendt ripercorreva nella sua Vita attiva» .
Nell’ultima opera, La libertà viene prima, il tema della libertà nel lavoro, trattato in stretta connessione con le continue trasformazioni tecnologiche e organizzative cui il lavoro è sottomesso tra la fine del Novecento e l’inizio del nuovo millennio, trova un ulteriore approfondimento. Ma intanto che cosa significa che «la libertà viene prima»? «Nessun progresso è ormai concepibile […] se non fa definitivamente giustizia di tutte le ideologie totalitarie, che pretesero che la libertà sarebbe venuta dopo la ‘presa’ o l’ occupazione del potere […] e che il ‘benessere’ è la condizione preliminare e insostituibile per ‘godere’ della libertà e per saperla utilizzare […] Prima viene la libertà e solo dopo l’uguaglianza; ed è la vera, la sola misura del cambiamento anche nei rapporti di lavoro e nella possibilità di ridurre le disuguaglianze […] la scelta di porre in primo piano la lotta per la conquista di spazi di libertà, contro l’oppressione, per la creazione di possibilità di autorealizzazione nel lavoro, non è mai stata […] un patrimonio della maggioranza del movimento operaio […] oggi la dialettica tra libertà ed eguaglianza non è più la stessa dei tempi del taylorismo: oggi non sarà più possibile […] non dare una risposta all’attesa crescente di autonomia e autodeterminazione, di autorealizzazione nel lavoro» .
Che la libertà venga prima dell’uguaglianza e della giustizia sociali, nella cultura della sinistra, non è mai stato affermato con questa forza. Ma ciò non viene detto in nome di una gerarchia etica o culturale, perché i valori verrebbero per principio prima del «benessere», ma di una priorità realistica, politica, o, se si preferisce, funzionale, ancorché non meno determinante. Perché la causa delle disuguaglianze non è semplicemente l’assenza di una cultura dell’equità o di ordinamenti improntati all’uguaglianza; l’origine della disuguaglianza va identificata nell’assenza di quella libertà per cui accade la sottomissione e l’esclusione sociale, di un diritto alla libertà nel lavoro dipendente che non viene riconosciuto nella cultura e nelle istituzioni che potrebbero impedire tali dissimmetrie. Perciò occorre partire dalla battaglia per la libertà nel lavoro, dall’ autonomia della «persona che lavora, dalla quale discende tutto il resto»; perché il lavoro eterodiretto è alla base di ogni disuguaglianza sociale.
Certamente in un paese, come l’Italia, in cui tra il 2010 e il 2020 il valore delle retribuzioni è sceso del’8,3% (a fronte di un incremento di più del 30% in Francia e Germania) e in cui, nello stesso periodo, il numero dei working poors è arrivato al 13,3% dei lavoratori dipendenti e al 7,6% di quelli autonomi, la tematica della libertà va connessa a quella del «benessere», cioè prevista negli stessi contratti. Ed infatti Trentin collega questa battaglia per la libertà a quella per un «nuovo contratto» (e una «nuovo patto sociale»), i cui punti principali, che qui è impossibile approfondire, sono: costruzione di una «impiegabilità» e di nuove forme di «sicurezza» del lavoratore, fondate sulla formazione permanente, per rispondere attivamente alla flessibilità «imposta all’economia» e quindi alla crisi del contratto di lavoro a tempo indeterminato; valutazione delle conseguenze della «fine del lavoro astratto» ai fini del calcolo della prestazione, perché nella diversità della qualità del lavoro il «tempo sarà sempre meno la misura del salario»; affermazione del diritto all’ «informazione preventiva» e a forme di autonoma partecipazione connesse all’aumento della responsabilità del risultato; unità di «tutte le forme di lavoro subordinato»; «certezza» del contratto, estensione del «welfare universale» e promozione «di un invecchiamento attivo della popolazione con aumento volontario ma incentivato dell’occupazione dei lavoratori anziani e quindi dell’età pensionabile» .
Da notare come dal 2004, anno di pubblicazione di La libertà viene prima, la polarizzazione e la frammentazione del mercato del lavoro si siano aggravate e che le nuove divisioni, oltreché dovute alle differenze nel possesso della conoscenza (formazione) sono sempre più frequentemente causate da un uso improprio e spesso illegale del mercato del lavoro, una situazione a cui difficilmente il contratto potrà rimediare da solo e che appare richiedere urgenti interventi legislativi, come riconosciuto anche dai primi risultati della Commissione parlamentare sul lavoro pubblicati il 20 Aprile 2022 .

3. Certamente l’accento sulla libertà, spesso accumunata al diritto di «uguali opportunità», caratterizza la concezione del lavoro di Trentin. Libertà nel lavoro vuol dire che il lavoro è un’attività fondata sulla conoscenza, sulla creatività, sulla responsabilità, sulla formazione continua, sull’autorealizzazione della persona e delle sue capacità, quindi sulla crescita della sua umanità. E soprattutto vuol dire che il dipendente è un soggetto attivo nel rapporto di lavoro, una persona che incarna libertà formali che ne fanno potenzialmente sempre un soggetto libero, diverso e solidale, un cittadino anche nel lavoro. Si tratta di un’idea di lavoro agli antipodi della principale forma di lavoro della società industriale, il fordismo, che, rispetto a tale idea, appare quasi un non-lavoro. Ma si tratta di un’idea che cambia anche la concezione del tempo libero, che non è più ricerca compensativa di un’identità irrealizzabile nel lavoro, e che poi non si realizza neppure in questo tempo, in cui si riflette la passività del tempo di lavoro, e che, gestito dall’industria del tempo libero, prevede identità costruite nel consumo non in grado di proporsi come personalità attive.
Attualmente il lavoro è attraversato, oltre alle intollerabili iniquità materiali già ricordate, da due questioni, che rappresentano altrettanti sfide. Per un verso, da una crisi del valore del lavoro esistente, a cominciare da quello dipendente, che si è recentemente manifestata in forme di Great Resignation e in «economia YOLO» (You Only Life Once) . Le persone richiedono molto di più, in termini di soddisfazione e interesse, al lavoro che svolgono, che occupa la maggior parte del loro tempo di vita, in maniera faticosa e stressante, poco interessante e molto spesso sottopagato, oltreché monopolizzando l’intera esistenza. Trentin direbbe che esse richiedono più libertà nel lavoro, nel senso in cui egli la intende. Per un altro verso, la rivoluzione digitale e le AI (Artificial Intelligence) pongono un’alternativa ineludibile per il lavoro: esse lo possono sostituire oppure «potenziare» . Ma perché questa seconda possibilità si attui è indispensabile che il lavoro abbia conquistato più libertà altrimenti l’AI potrà diventare uno strumento di estorsione di forme di plusvalore assoluto e relativo realizzate congiuntamente all’ombra dell’algoritmo. Gli anni trascorsi dalla pubblicazione delle opere di Trentin confermano le analisi in esse contenute e sottolineano l’attualità del pensiero del loro autore ed insieme a quella della conquista della necessaria «libertà nel lavoro».

 

Bibliografia

La Fondazione Giuseppe Di Vittorio, d’intesa con la segreteria della CGIL, ha costituito nel 2007 un gruppo di lavoro, coordinato fino alla sua morte (2018) da I. Ariemma, allo scopo di censire, raccogliere, catalogare, pubblicare o ripubblicare gli scritti di B. Trentin. Presso l’editore EDIESSE sono sinora usciti numerosi volumi, comprensivi anche di atti di convegni e saggi sulla figura e l’opera di Trentin.

B. Trentin, Diario di guerra (settembre-novembre 1943), a cura di I. Ariemma, Roma, Donzelli 2008
B. Trentin, Da sfruttati a produttori, Bari, De Donato, 1977 (trad. ted. parziale, VSA, 1978; fr., Ed. de l’Atelier, 1984)
B. Trentin, Lavoro e libertà nell’Italia che cambia, Roma, Donzelli, 1994
B. Trentin, Il coraggio dell’utopia. La sinistra e il sindacato dopo l’utopia, (Intervista di B. Ugolini), Milano, Rizzoli, 1994
B. Trentin, La città del lavoro. Sinistra e crisi della sinistra (1997), nuova edizione a cura di I. Ariemma, Firenze, Firenze U. P., 2014 (trad. ted., VSA 1999; sp.., Fundacion 1° de Mayo, 2013; fr. Fayard, 2012).
C. Ravaioli e B. Trentin, Il processo alla crescita. Ambiente, occupazione, giustizia sociale nel mondo neoliberista, Roma, Editori Riuniti, 2000
B. Trentin, La libertà viene prima. La libertà come posta in gioco nel conflitto sociale (2004), nuova edizione a cura di S. Cruciani, Firenze, Firenze U. P., 2021 (trad. fr. Éditions sociales, 2016).
B. Trentin, Diari 1988-1994, a cura di Iginio Ariemma, Roma, EDIESSE, 2017.
A. Ranieri e I. Romeo (a cura), Bruno Trentin e l’eclisse della sinistra. Dai diari 1995-2006, Roma, Castelvecchi, 2020

A. Gramolati e G. Mari (a cura), Bruno Trentin. Lavoro, libertà, conoscenza, Firenze, Firenze U.P., 2010.
S. Cruciani (a cura), Bruno Trentin e la sinistra italiana e francese, Collection de l’École Français de Rome, Roma, 2012
S. Cruciani e I. Romeo (a cura), L’itinerario di Bruno Trentin. Archivi, immagini, bibliografia, Prefazione di I. Ariemma, Roma EDIESSE, 2015
I. Ariemma, La sinistra di Bruno Trentin. Elementi per una biografia, Roma, EDIESSE, 2014
A. Gramolati e G. Mari (a cura), Il lavoro dopo il Novecento. Da produttori ad attori sociali. La “Città del lavoro” di Bruno Trentin per un’”altra sinistra”, Firenze, Firenze U. P., 2016
G. Mari (a cura), Bruno Trentin. Aspetti filosofici, scritti di I. Ariemma, F. Butera, G. Mari, F. Totaro, S. Veca, in «Iride. Filosofia e discussione pubblica», XXXI, n. 85, Settembre-Dicembre 2018.

 

 

 

 

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