Testo integrale con note e bibliografia

Il 31 dicembre 2020 il Tribunale Ordinario di Bologna si è pronunciato in maniera favorevole rispetto al ricorso promosso dal Collegio nazionale dei Legali Cgil (Filcams, Filt, Nidil) che nel dicembre 2019 avevano contestato la natura discriminatoria indiretta delle condizioni di accesso ai turni di lavoro per i riders che operavano per Deliveroo, nota società del food delivery.
Alcuni lavoratori (che con il loro prezioso lavoro di osservazione e di confronto con i delegati dei rider hanno svelato il funzionamento della piattaforma) avevano rilevato come l’algoritmo incaricato di effettuare l’assegnazione degli “slot” tendesse a penalizzare chi di loro aveva effettuato assenze anche i caso di adesione a scioperi (oltre che in caso di malattia o a causa della necessità di assistere un figlio minore malato).
Il Giudice ha sanzionato l’impresa dando pienamente ragione alle tesi degli avvocati di parte sindacale, ritenendo ininfluente il fatto che il sistema di reclutamento oggetto di contestazione sia stato abbandonato, nel frattempo, dall’impresa resistente. La scelta di Deliveroo di modificare in extremis il sistema di accesso al lavoro su prenotazione incentrato sul ranking a pochi giorni dalla sentenza, non ha tuttavia impedito al Giudice di riconoscere che “Frank”, l’algoritmo di Deliveroo, per anni ha governato il sistema di accesso al lavoro sulla base di una logica discriminatoria.
Tra le motivazioni della ordinanza, particolare rilevanza assume il passaggio in cui viene ribadita come consolidata, “alla luce della recente evoluzione legislativa e giurisprudenziale in tema di tutela dei riders, la necessità di estendere anche a tali lavoratori, a prescindere dal nomen iuris attribuito dalle parti al contratto di lavoro, l’intera disciplina della subordinazione e, in particolare, per quanto qui interessa, la disciplina a tutela del lavoratore da ogni forma di discriminazione nell’accesso al lavoro”.
Non solo: il Giudice ha sottolineato anche come ogni ulteriore approfondimento sulla vexata quaestio della qualificazione del rapporto di lavoro tra riders e piattaforma in termini di subordinazione o autonomia, appaia del tutto superfluo ove si consideri poi che esiste una specifica norma di legge, e cioè art. 47 quinquies d.lgs 81/15, introdotto dal DL 3 settembre 2019, n. 101 convertito con modificazioni dalla L. 2 novembre 2019, n. 128, che espressamente dispone che ai rider “autonomi” si applicano la disciplina antidiscriminatoria e quella a tutela della libertà e dignità del lavoratore previste per i lavoratori subordinati, ivi compreso l'accesso alla piattaforma.
Passando ai punti salienti della pronuncia, il Tribunale bolognese ha in primo luogo stabilito, richiamando abbondante giurisprudenza (anche comunitaria), che le organizzazioni sindacali, espressamente indicate tra i soggetti legittimati dall’art. 5 co. 2,del d.lgs. n. 216 del 2003, rientrano sicuramente tra quei soggetti collettivi che operano sul territorio nazionale a difesa dell’effettività del principio di non discriminazione e che, appunto, si prefiggono di spiegare la loro azione (quantomeno) con riferimento ad uno dei fattori possibile fonte di discriminazione, individuato nella partecipazione ad azioni sindacali.
Secondo il Tribunale, il complesso meccanismo delle prenotazioni delle sessioni di lavoro dei rider, che privilegia l’accesso alle possibilità di lavoro in ragione di un ranking reputazionale adottato da Deliveroo, ostacola in concreto la loro partecipazione alle azioni di lotta sindacale.
Il modello organizzativo della società basato sulla reputazione digitale privilegia, infatti, il rider che si rende completamente disponibile a garantire le fasce di prenotazione e, viceversa, penalizza, estromettendolo lentamente dal ciclo produttivo, il ciclofattorino che non assicura la stessa disponibilità per motivi di salute, di assistenza a familiari ovvero per l’adesione a iniziative sindacali di sciopero.
Il Giudice ha ritenuto che il modello di valutazione adottato dalla piattaforma di food delivery nasceva da una “scelta consapevole” dell’azienda di non considerare le ragioni del mancato “log in” alla piattaforma.
E’ proprio la cecità dell’algoritmo, insensibile alle diverse ragioni che inducono i lavoratori ad astenersi, che lo rende discriminatorio.
Per non parlare del fatto che il ranking reputazionale, fulcro del lavoro su piattaforma, si rivela essere una rinnovata forma di potere disciplinare che, nascosto nelle pieghe di un programma digitale, monitora, valuta e costantemente controlla a distanza il rider ed emerge per punirlo con la perdita di occasioni di lavoro.
Il sistema di profilazione dei rider adottato dalla piattaforma Deliveroo, basato sui due parametri della affidabilità e della partecipazione, nel trattare nello stesso modo chi non partecipa alla sessione prenotata per futili motivi e chi non partecipa perché sta scioperando (o perché è malato, è portatore di un handicap, o assiste un soggetto portatore di handicap o un minore malato, ecc.) in concreto discrimina quest’ultimo, emarginandolo dal gruppo prioritario e dunque riducendo significativamente le sue future occasioni di accesso al lavoro.
In questa prospettiva, appare significativo che il Tribunale affermi “quando vuole, la piattaforma può togliersi la benda che la rende “cieca” o “incosciente” rispetto ai motivi della mancata prestazione lavorativa da parte del rider e, se non lo fa, è perché lo ha deliberatamente scelto”.
Prova ne sia il fatto che, dalle risultanze istruttorie, è emerso che gli unici due casi in cui Deliveroo prende in considerazione le ragioni della mancata partecipazione alla sessione prenotata sono solo due: se c’è stato un sinistro che ha di fatto impedito la prosecuzione del lavoro e se c’è stato un problema tecnico del sito. In questi due casi si possono sistemare le statistiche mediante un apposito programma che “simula” la partecipazione alla sezione prenotata. In sostanza, si consente al rider di conservare le statistiche che aveva prima dell’infortunio o del crash del sistema.
Ebbene, sottolinea il Giudice, “la circostanza che la società resistente riservi un trattamento “particolare” alle uniche due ipotesi (quella dell’infortunio su turni consecutivi e quella del malfunzionamento del sistema) in cui evidentemente ritiene meritevole di tutela la ragione della mancata partecipazione alla sessione prenotata dimostra plasticamente come non solo sia materialmente possibile, ma sia anche concretamente attuato, un intervento correttivo sul programma che elabora le statistiche dei rider, e che la mancata adozione, in tutti gli altri casi, di tale intervento correttivo è il frutto di una scelta consapevole dell’azienda”.
Il Giudice ha quindi ritenuto applicabile la disciplina antidiscriminatoria di cui al d.lgs 216/03 riconoscendo da un lato la piena legittimazione delle organizzazioni sindacali a promuovere azioni di tutela per discriminazione in rappresentanza dei rider, per altro verso ha riconosciuto il diritto dei ciclofattorini a non essere discriminati nelle condizioni di accesso al lavoro a prescindere dalla qualificazione del loro rapporto.
Per tali ragioni, quindi, il Tribunale di Bologna ha condannato Deliveroo al pagamento di € 50.000,00 a titolo di danno punitivo a favore delle organizzazioni sindacali ricorrenti.
Si tratta di un risultato importante che conferma quanto anche l’attività vertenziale possa essere un valido ausilio per la attività di tutela collettiva, nonché un potente grimaldello per smontare un sistema complesso di organizzazione del lavoro che, dietro una patina di modernità, nasconde elementi antichi di sfruttamento e di violazione di diritti fondamentali dei lavoratori.

 

 

 

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