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1. Perché hai scelto di fare il giudice del lavoro?
Non ho scelto di farlo, perché sono stato destinato a funzioni lavoro per esigenze di ufficio dopo il passaggio dalla Procura al Tribunale. Ho scelto però di continuare a farlo, sia perché nel frattempo avevo iniziato a formare un bagaglio professionale che sarebbe stato un peccato disperdere, sia perchè la materia mi appassionava fin dagli studi universitari, sia perché mi piaceva la maggiore possibilità per il giudice di ricercare la verità effettiva dei fatti.

2. C’è (o c’è ancora) una specificità del diritto del lavoro rispetto al diritto civile?
Sicuramente, a parte quanto già accennato sul versante processuale, molti istituti, pur di derivazione civilistica ordinaria, sono strutturati in maniera differente per adattarsi al contesto (es. contratto di assicurazione ordinario – assicurazione sociale).

3. ritieni che, nel corso della tua esperienza professionale, sia cambiato il ruolo del giudice del lavoro e comunque il modo con cui i giudici concretamente lo esercitano? in caso di risposta affermativa, quali pensi siano le ragioni (o almeno le principali ragioni) di tale cambiamento e quali ne sono gli effetti?
Discorso molto complesso. Molto è cambiato per il giudice in generale (si pensi alle nuove regole sul disciplinare, alle nuove dinamiche organizzative, alla nuova cultura della composizione bonaria della lite), e quindi di riflesso anche per il giudice del lavoro. In più molto è cambiato anche nel diritto del lavoro (si pensi alla disciplina dei licenziamenti) e nel modo di potersi confrontare “in tempo reale” su questioni di attualità a livello nazionale (si pensi all’esperienza della m.l. “giudlav”).

4. Le modifiche normative che hanno riguardato la disciplina sostanziale hanno mutato gli equilibri tra le parti nel processo?
Credo di si. Oggi di fatto, ad esempio, sono drasticamente diminuite le cause di licenziamento, e in quelle proposte si maggiormente la soluzione conciliativa.

5. quando, quanto spesso e su quali presupposti eserciti il potere d’ufficio? quando invece ritieni che al giudice sia precluso integrare ufficiosamente il materiale istruttorio di causa?
Nella mia sezione (appello) valorizziamo al massimo la giurisprudenza sulla pista probatoria, a meno di preclusioni derivanti dai limiti devolutivi del rito o della totale assenza di spunti per ulteriori indagini.

6. Come si è configurato, e come attualmente si configura, nel processo del lavoro, il rapporto fra giustizia formale e giustizia sostanziale?
Data la nostra formazione risalente nel tempo, permane l’idea del dovere tendenzialmente ricercare la verità effettiva dei fatti.

7. Quanto è importante, nelle scelte cui il giudice è tenuto nel governo del processo, la necessità di assicurare la celerità delle decisioni?
Innegabilmente oggi l’attenzione al rispetto dei tempi del giusto processo è alta. Il grande lavoro organizzativo svolto già da molti anni nella mia Sezione consente peraltro di rispettare tali tempi senza rinunciare ad integrazioni ritenute dovute.

8. quanto pensi che rilevi nell’economia della decisione quella relativa alle spese e come eserciti la discrezionalità rimessa al giudice dall’art. 92 c.p.c. risultante dall’intervento della Corte costituzionale?
Sicuramente questo è un aspetto per il quale nel corso del tempo è cambiato molto. Tempo addietro, quando gli istituti lo consentivano, nella mia Sezione si faceva molto più uso della compensazione, che attualmente è diventata effettivamente eccezionale. Nonostante ciò, cerchiamo ancora di valorizzare le ragioni che possano avere giustificato la difesa.

9. Qual è il rapporto che ritieni debba esistere fra il valore della libertà della giurisprudenza e quello della tendenziale univocità e prevedibilità delle decisioni?
Credo sia fisiologico che nel diritto del lavoro, soprattutto quando ci si occupa, come spesso capita, di questioni nuove, vi sia un ampio ventaglio di orientamenti. O anche che possa esservi un ripensamento su questioni in passato ritenute già definite. L’importante è che siano mantenuti i tempi celeri del rito, in modo da potere giungere rapidamente ad esercitare la funzione di nomofilachia.

 

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