TESTO INTEGRALE CON NOTE E BIBLIOGRAFIA

1. Nel contesto del conflitto nel settore dei servizi pubblici essenziali, la funzione della Commissione di Garanzia di “giudice”, in senso lato, del comportamento delle parti non potrebbe essere pienamente assolta senza un potere sanzionatorio .
La Commissione, pertanto, nell’ambito dei poteri successivi all’effettuazione degli scioperi , può valutare il comportamento delle parti e deliberare le sanzioni previste “se rileva eventuali inadempienze o violazioni degli obblighi che derivano dalla presente legge, degli accordi o contratti collettivi sulle prestazioni indispensabili, delle procedure di raffreddamento e conciliazione e delle altre misure di contemperamento, o dei codici di autoregolamentazione” .
L’iter procedurale di valutazione del comportamento delle parti si apre con una fase istruttoria, nel contradditorio tra le parti, e si conclude con una “fase deliberativa”, nella quale l’Autorithy sceglie se adottare, o meno, una delle sanzioni previste dalla legge, che possono essere “individuali” o “collettive” .

2. Le sanzioni individuali, di natura disciplinare o amministrava, colpiscono i lavoratori, autonomi o subordinati, i piccoli imprenditori, i dirigenti o i preposti degli enti che erogano il servizio pubblico.
I lavoratori che si astengono dal lavoro in violazione delle norme sul preavviso e sui contenti della proclamazione, o che non offrano le prestazioni indispensabili prescritte dai contratti e dagli accordi sindacali, sono soggetti a sanzioni disciplinari proporzionate alla gravità dell’infrazione, ad esclusione delle sole sanzioni estintive.
Tali sanzioni, deliberate dalla Commissione di Garanzia, colpiscono i singoli lavoratori per il tramite dei datori di lavoro che dovranno poi procedere ad irrogarle ai destinatari .
La C.g.s.s.e., infatti, non ha il potere di applicazione diretta delle stesse nei confronti dei singoli scioperanti : è il datore di lavoro s dover provvedere, pena una sanzione amministrativa pecuniaria a suo carico .
Rientrano, poi, tra le sanzioni individuali anche quelle che colpiscono il datore di lavoro, i piccoli imprenditori, i lavoratori autonomi o il responsabile dell’amministrazione che eroga il servizio.
In particolare, l’art. 4, comma 4-sexies, in riferimento ai datori di lavoro e ai dirigenti responsabili delle amministrazioni pubbliche, ha previsto che la Commissione –“tenuto conto della gravità della violazione e della eventuale recidiva”- possa irrogare una sanzione amministrativa qualora questi non applichino le sanzioni individuali o collettive nel termine indicato per l’esecuzione dalla delibera dell’Autorità.
In tali casi la Commissione di garanzia non si limiterà a determinare la sanzione, ma interesserà la Direzione Provinciale del Lavoro – sezione ispettorato del lavoro competente per territorio affinché emetta la relativa ordinanza-ingiunzione.

3. Da una parte, la valutazione di congruità della sanzione disciplinare irrogata ai lavoratori esula dalle competenze della Commissione, costituendo un’attività che attiene esclusivamente all’azienda .
Inoltre, la possibilità di deliberare unicamente sanzioni cd. conservative appare di non secondaria importanza giacché sarebbero da escludere, ad esempio, il trasferimento o il licenziamento disciplinare.
Si può ritenere che ratio di quest’ultima scelta normativa, invero da taluni criticata in ragione del carattere altamente vulnerante che la singola astensione potrebbe comportare sui diritti del cittadino-utente , possa essere stata quella di evitare una eccessiva compressione (anche in termini di effetto psicologico deterrente) dell’esercizio del diritto di sciopero costituzionalmente garantito.
Anche sotto quest’ultimo aspetto, la L. n. 146 del 1990 e s.m. mostra il suo tratto distintivo di norma di contemperamento tra interessi contrapposti .
D’altra parte, è emersa l’esigenza di una loro tipizzazione (al pari di quanto accade nelle sanzioni collettive) affinché si abbia certezza sul fatto che la sanzione irrogata del datore di lavoro non possa risolversi, per ragioni di opportunità, in una sanzione sproporzionata al ribasso, come, ad esempio, un mero rimprovero verbale.
Come detto, infatti, la Commissione si limita a prescrivere al datore l’adozione di sanzioni disciplinari proporzionali alla gravità dei fatti, ma i rapporti di forza e ulteriori valutazioni di varia natura potrebbero far desistere il datore dal dar seguito fermamente alle prescrizioni ricevute. Molto spesso, infatti, il datore di lavoro dovrebbe applicare le sanzioni disciplinari in un momento in cui il conflitto è già cessato e non vi è alcun interesse da parte dell’ente di adottare comportamenti che potrebbero generare ulteriori motivi di malcontento o agitazione.
Queste considerazioni aiutano a comprendere perché Il problema della certezza della sanzione individuale a seguito di scioperi illegittimi, afferente a quello della totale e incontestabile discrezionalità del datore di lavoro (e dunque da limitare), sia avvertito con una certa preoccupazione ormai da diversi anni anche in relazione alla proliferazione delle cd. astensioni “spontanee” .

4. Il quadro è completato dalle sanzioni collettive, che possono essere comminate alle organizzazioni dei lavoratori, alle imprese o alle amministrazioni pubbliche .
Le organizzazione dei lavoratori che proclamano uno sciopero, o ad esso aderiscano in violazione delle regole procedurali, possono essere destinatarie di sanzioni amministrative, che si esplicano nella sospensione dei permessi sindacali retribuiti e/o dei contributi sindacali, comunque trattenuti dalla retribuzione, fino al raggiungimento di un ammontare economico complessivo , ovvero (ma mai autonomamente) l’esclusione dalle trattative alle quali partecipano per un periodo di due mesi dalla cessazione del comportamento illegittimo .
Proprio l’esclusione dalle trattative, sanzione che necessariamente ha un carattere accessorio rispetto ad altre, finisce per essere – alla luce del principio di effettività che permea il Diritto sindacale – quella più afflittiva per i soggetti collettivi coinvolti: come noto e ampiamente teorizzato, l’importanza del prodotto della contrattazione collettiva e dell’ammissibilità al tavolo delle trattative nell’ordinamento intersindacale ha un valore intrinseco ben maggiore di qualsivoglia sanzione amministrativa pecuniaria .
Sennonché, il potere della Commissione nello scegliere il quantum della sanzione da adottarsi, è funzionalizzato al rispetto di parametri decisionali individuati a monte dal legislatore: consistenza associativa, gravità della violazione, recidiva e gravità degli effetti dello sciopero sul servizio.
A ciò si aggiunga che la Commissione tiene conto anche della gravità dell’inadempimento datoriale in sede di valutazione del comportamento delle parti e di applicazione delle sanzioni, in base al presupposto secondo cui il decentramento produttivo non deve diventare uno strumento tecnico organizzativo idoneo ad indebolire tanto i diritti dei lavoratori quanto i diritti dei cittadini utenti di servizi essenziali .
Una presa di posizione forte dell’Autorità amministrativa che, con il suo potere sanzionatorio, non si limita ad adempiere ad un mero ruolo di “controllore” della legittimità dei comportamenti nel conflitto, ma, naturalmente, mira a far da promotore di un ordinato e più equilibrato sistema di relazioni industriali nel Paese.
Di particolare rilevanza pratica – dal chiaro intento deterrente – è la previsione in base alla quale le sanzioni pecuniarie possono raddoppiare qualora lo sciopero venga effettuato nonostante la delibera della Commissione di invito a revocare o rinviare lo stesso.

5. Profondi dubbi sono stato sollevati in relazione all’effettiva dissuasività delle odierne sanzioni collettive irrogabili: vi sarebbe la necessità di un adeguamento degli importi delle sanzioni, ritenute “inadeguate” tanto per le grandi organizzazioni sindacali, quanto per le amministrazioni e le grandi imprese .
Sicché, per ristabilire un giusto valore deterrente per i futuri comportamenti potrebbe essere ipotizzabile una nuova rimodulazione degli importi (sulla scia di quanto fatto nel 2000) ovvero l’introduzione di nuove tipologie di “sanzioni alternative”, collegate, ad esempio, al mantenimento della concessione del servizio pubblico, oppure, alla perdita del profitto derivante dai costi corrisposti dagli utenti per l’utilizzo del servizio.
In ogni modo, ridurre la questione alla predisposizione di nuove tipologie di sanzioni o dell’inasprimento di quelle esistenti potrebbe non rivelarsi del tutto appagante.
Anche in una prospettiva de iure condendo, potrebbe valere la pena ragionare su un rafforzamento della posizione delle formazioni sociali in funzione di rappresentanza di interessi comuni, tramite un maggior sostegno alle cd. “class action”. Un intervento in questa direzione potrebbe comportare una maggiore responsabilizzazione delle OO.SS. proclamanti, in ragione del “controllo sociale” foriero di possibile contenzioso .
Del resto, le associazioni degli utenti, ai sensi dell’art. 7-bis della L. n. 146 del 1990, già sono formalmente legittimate (e incoraggiate) ad agire in giudizio “anche solo al fine di ottenere la pubblicazione, a spese del responsabile, della sentenza che accerta la violazione dei diritti degli utenti”, nei confronti delle organizzazioni sindacali o nei confronti delle pubbliche amministrazioni .
Allo stato, però, non sembra che questo strumento abbia dato i frutti sperati.
Resta da chiedersi, infine, se una soluzione per passare da una logica sanzionatoria successiva ad un sistema di responsabilizzazione preventivo degli illeciti non debba riguardare la valutazione della rappresentatività dei soggetti proclamanti lo sciopero .
Si tratta di una questione dibattuta ormai da tempo che richiede, comunque, un intervento del legislatore e rispetto alla quale, almeno allo stato, la Commissione di Garanzia non ha alcun potere valutativo.

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