testo integrale con note e bibliografia

1. Introduzione
Una lettura attenta del d. l. 4 maggio 2023, n. 48, conv. con modif. dalla l. 3 luglio 2023, n. 85 (c.d. “Decreto Lavoro”) consente di individuare, sparse nel testo del provvedimento, numerose disposizioni che investono (in diversa misura) la formazione professionale . Più precisamente si tratta dei seguenti articoli: l’art. 12 che disciplina il nuovo istituto denominato “Supporto per la formazione ed il lavoro”; l’art. 19 che rifinanzia il “Fondo nuove competenze” di cui all’art. 88, c. 1, del d.l. n. 34/2020, conv. dalla l. n. 77/2020; l’art. 21 che consente l’utilizzo delle risorse del Fondo di rotazione di cui all’art. 25 della l. 21 dicembre 1978, n. 845 (Legge-quadro in materia di formazione professionale) e, da ultimo, l’art. 25 che introduce modifiche alla disciplina dei contratti di espansione di cui all’art. 41 del d. lgs. 14 settembre 2015, n. 148.
Appare con evidenza che non siamo in presenza di un organico disegno di riforma del settore ma di tasselli che chiedono all’interprete di essere ricondotti ed incastonati nell’ambito del mosaico che la legislazione più recente ha dedicato al tema.
È quindi opportuno premettere all’illustrazione delle singole norme del decreto in esame la descrizione del quadro normativo entro cui esse vanno a collocarsi quale ulteriore manifestazione del crescente interesse manifestato dal legislatore nei confronti della formazione professionale dei lavoratori.

2. Le ragioni dell’attenzione del legislatore verso la formazione professionale
Una valutazione degli esiti delle politiche attive del lavoro poste in essere a partire dalla metà degli anni Novanta dal nostro Paese porta a rilevare l’attenzione pressoché univoca posta sui servizi per l’impiego (ed in particolare sui servizi di matching fra domanda ed offerta di lavoro) quasi che l’unico problema del nostro mercato del lavoro fosse far incontrare una domanda ed un’offerta aventi caratteristiche molto simili ma prive di occasioni di incontro.
Sarebbe irragionevole negare l’esistenza di questo problema (in un mercato del lavoro sempre più complesso ed articolato e caratterizzato da distanze geografiche rilevanti non è facile far incontrare la domanda e l’offerta di lavoro anche quando vi è coincidenza tra le competenze richieste dal potenziale datore di lavoro e quelle possedute dal lavoratore). È però emersa la consapevolezza che, in particolare nelle aree economicamente più dinamiche del Paese, il matching è reso difficile anche (e forse soprattutto) dalla scarsa corrispondenza tra i requisiti professionali richiesti e quelli in possesso dei lavoratori.
A conferma di questa affermazione possono essere utilmente richiamati i dati dei periodici Rapporti di Anpal sui lavoratori profilati nell’ambito del Programma “Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori” – GOL. Il Rapporto di monitoraggio che fotografa i lavoratori presi in carico nell’ambito di GOL al 30 giugno 2023 ci dice che nell’ambito del milione e trecentomila beneficiari censiti il 26% (cioè oltre trecentomila) abbisognano di attività formative di up-skilling (Percorso 2 volto all’aggiornamento delle competenze) ed il 19,8% (cioè circa duecentocinquantamila) di attività formative di reskilling (Percorso 3, volto alla riqualificazione professionale). Circa il 50% dei soggetti presi in carico fino ad ora dal Programma risulta non avere caratteristiche professionali corrispondenti a quelle della domanda e pertanto è considerato bisognoso di formazione .
Nella stessa direzione si muovono le indicazioni del recente Rapporto Censis-Confcooperative e dei periodici Rapporti Excelsior : entrambi segnalano il costante aumento delle figure qualificate di difficile reperibilità e la strozzatura che ciò provoca alle potenzialità di crescita del sistema produttivo.
Un’ulteriore sollecitazione ad intensificare le opportunità di innalzamento o di modifica delle competenze dei lavoratori deriva dalla necessità di fronteggiare il processo di modernizzazione dell’economia europea ed in particolare dalle misure per accelerare la duplice transizione verde e digitale del sistema produttivo e per garantire che tale transizione sia inclusiva, in linea con quanto previsto dalla Commissione europea nel piano Next Generation EU .
Si tratta di sfide molto impegnative, per affrontare le quali non è apparso sufficiente l’approccio di politica del lavoro utilizzato anche nel recente passato.

Alla luce di questo ripensamento del legislatore, l’attività di formazione, nel cui ambito vanno inclusi i servizi propedeutici di orientamento, ha assunto (almeno sul piano normativo) un ruolo di rilievo poiché di fronte al “rischio di disoccupazione” consente alla pubblica amministrazione di offrire al lavoratore non solo il mero sostegno economico ma anche l’opportunità di ripensare il proprio destino professionale (mediante l’orientamento) ed acquisire le competenze necessarie per un inserimento/reinserimento qualificato nel mondo del lavoro (mediante la formazione).
In questa visione, l’orientamento e la formazione professionale, da cenerentole delle politiche del lavoro, sono riconosciuti dal legislatore quale coessenziale strumento di promozione della condizione economica e sociale dei lavoratori e fondamentale strumento per rendere più efficiente il mercato del lavoro. Il sistema italiano tende così ad allinearsi alle migliori esperienze in ambito europeo .

3. La formazione a sostegno del reinserimento al lavoro dei disoccupati
Nel panorama degli interventi legislativi finalizzati alla promozione della formazione dei lavoratori possiamo distinguere almeno tre filoni: il primo racchiude le norme a sostegno della formazione dei lavoratori disoccupati; il secondo riguarda l’intreccio della formazione con il sostegno al reddito dei lavoratori sospesi per ragioni economiche; il terzo prende in considerazione le misure per il potenziamento del sistema di formazione. Il “decreto lavoro”, come vedremo nelle pagine che seguono, investe, seppur con diverso grado di incisività, il primo ed il terzo dei filoni richiamati.

3.1. Il Programma “Garanzia di occupabilità dei lavoratori- GOL”
Il sostegno al reinserimento nell’attività produttiva del lavoratore disoccupato è stato da tempo oggetto di interventi del legislatore: basti citare il d. lgs. 20 aprile 2001, n. 181, la legge 28 giugno 2012, n. 92 e, più recentemente, il d.lgs. 14 settembre 2015, n. 150, mediante il quale la Repubblica si impegna ad offrire al cittadino disoccupato o in difficoltà occupazionale, in tutto il territorio nazionale, i servizi utili a sostenere il suo ingresso o il suo rientro nel mondo del lavoro.
A rafforzare questa strategia interviene ora, quale principale misura, il programma nazionale Garanzia di occupabilità dei lavoratori (GOL), rientrante tra le azioni di politica del lavoro previste dal PNRR (Pilastro 4, Missione 5 – Coesione ed inclusione, Componente 1 – Politiche per il lavoro) e adottato con D.M. 5 novembre 2021.
Come è noto, questo Programma è diretto ad assicurare la presa in carico da parte del sistema nazionale di servizi per l’impiego e politiche attive del lavoro di tutti i soggetti in stato di disoccupazione (cioè privi di impiego e che siano immediatamente disponibili ad attività lavorative ed alla partecipazione ad attività di politica attiva del lavoro) e di coloro che sono in transizione occupazionale (lavoratori beneficiari di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, lavoratori fragili o vulnerabili indipendentemente dalla presenza di un sostegno al reddito nonché i percettori del Reddito di cittadinanza/Assegno di inclusione), al fine di favorirne la crescita di competenze o l’inserimento occupazionale.
Particolarmente apprezzabile, inoltre, è la scelta di affiancare agli obiettivi riguardanti il rafforzamento dei servizi per l’impiego e di politica attiva del lavoro, il “Piano nazionale Nuove Competenze” - PNC, volto sia a fissare standard di formazione per i disoccupati registrati dai centri per l’impiego, sia al rafforzamento del sistema di istruzione e formazione professionale.
Il Programma GOL è rivolto dunque ad una platea molto ampia e variegata. Ne consegue la diversificazione della tipologia dei servizi in relazione alle peculiari condizioni del lavoratore da prendere in carico (occupato/disoccupato; percettore di sostegni al reddito/lavoratore privo di sostegni al reddito; soggetto appartenente a categorie fragili o vulnerabili; lavoratore con redditi molto bassi) articolati, come vedremo, in cinque percorsi.
GOL riprende e perfeziona alcuni strumenti già sperimentati in precedenza: si pensi alla “profilazione” (già applicata a partire dal 2013 nella Garanzia per i giovani o dalla confluenza in GOL dell’Assegno di Ricollocazione di cui all’art. 23 del d.lgs. n. 150/2015).
La procedura per l’erogazione dei servizi offerti nell’ambito di GOL richiama esperienze collaudate di altri Paesi e può essere così sintetizzata :
– il lavoratore è preso in carico ed accompagnato nel progetto di ricerca di lavoro mediante una procedura di profilazione quantitativa e, successivamente, mediante una fase di valutazione qualitativa (definita “servizio di assessment”). Il primo obiettivo di questo servizio è l’inquadramento del lavoratore in uno dei Cluster indicati; in secondo luogo, esso tende ad offrirgli indicazioni sulle attività formative utili a ridurre i suoi problemi di disallineamento rispetto al mercato del lavoro;
– sulla base dei risultati dell’assessment, il lavoratore è invitato a stipulare il Patto di servizio e indirizzato ad uno dei seguenti percorsi:
- Percorso 1 (Reinserimento occupazionale) è, in estrema sintesi, un servizio per facilitare l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro, particolarmente utile laddove il mismatch tra domanda ed offerta di lavoro sia prevalentemente da attribuire a difficoltà di circolazione delle informazioni (e non a discrepanza tra le competenze richieste dalle imprese e quelle in possesso dei lavoratori);
- i percorsi 2 e 3 sono quelli che interessano direttamente il tema al centro del presente contributo; essi richiedono, infatti, il rafforzamento o il mutamento delle competenze possedute dal lavoratore;
- il Percorso n. 4 (Lavoro ed inclusione) è quello che presenta maggiori difficoltà. Ciò è dovuto sia all’elevato grado di debolezza (non solo sotto il profilo occupazionale) dei lavoratori interessati sia alla necessità di attivare reti di collaborazione tra servizi per il lavoro e servizi sociali. È comprensibile, quindi, che il Programma preveda la realizzazione di specifiche iniziative a carattere sperimentale nei confronti dei soggetti più fragili, anche attivando percorsi di lavoro protetto o di accompagnamento al lavoro (v. in proposito le recenti linee-guida del Ministero del Lavoro per l’attuazione della legge n. 68/1999);
- il Percorso 5 è volto a promuovere processi di ricollocazione collettiva (in caso di crisi aziendali) .
Infine, non può non essere richiamata l’attenzione sulle consistenti risorse destinate al sostegno del Programma, in specie se si tiene conto delle ristrettezze finanziarie che hanno a lungo caratterizzato le politiche attive del lavoro del nostro Paese nei trascorsi decenni .

3.2. Il Supporto per la formazione e il lavoro (SFL): un’articolazione del Programma GOL?
Per l’attivazione nel mondo del lavoro di persone a rischio di esclusione sociale e lavorativa è istituito un nuovo strumento: si tratta del Supporto per la formazione e il lavoro - SFL (v. l’art. 12 del d. l. n. 48/2023 conv. dalla l. n. 85/2023 ed i relativi decreti ministeriali attuativi datati 8 agosto 2023).
Il Supporto per la formazione ed il lavoro (avente decorrenza operativa dal 1° settembre 2023) è rivolto principalmente ai soggetti che perdono il diritto a percepire il “Reddito di cittadinanza” in quanto considerati “occupabili” e, dunque, come tali, non aventi i requisiti per accedere all’Assegno di inclusione. Si noti però che possono ottenere il SFL anche altri componenti dei nuclei familiari che percepiscono l’Assegno di inclusione che decidono di partecipare ai percorsi di attivazione al lavoro. È dunque una misura rivolta ad un segmento assai ridotto del mercato del lavoro. Però, come vedremo, si affianca con alcune peculiarità ai percorsi di politica attiva del lavoro previsti da GOL al punto che, ai nostri fini, può essere considerata come un’articolazione di GOL, sia per l’omogeneità delle finalità perseguite (sostenere i lavoratori mediante percorsi di politica attiva del lavoro), sia perché per taluni soggetti, se previsto dal patto di servizio personalizzato, può addirittura identificarsi con l’adesione ai servizi al lavoro ed ai percorsi previsti dal Programma GOL.
Il “Supporto per la formazione ed il lavoro” innova rispetto allo schema che ha caratterizzato la legge istitutiva del Reddito di cittadinanza (d. l. 28 gennaio 2019, n. 4 conv. dalla l. 28 marzo 2019, n. 26) e che aveva attirato le critiche di parte della dottrina : l’ambizioso obiettivo di riunire in un unico istituto misure di contrasto alla povertà ed interventi di promozione al lavoro. L’intreccio di queste “due anime” è stato, alla luce delle dichiarazioni dei promotori del Reddito di cittadinanza e del dibattito parlamentare, uno degli elementi portanti dell’istituto. Il provvedimento in esame, invece, separa l’intervento contro la povertà (ricondotto ora all’Assegno di inclusione) e l’intervento di politica attiva del lavoro per soggetti in difficoltà economica ma considerati occupabili, concentrato, per l’appunto, sul Supporto per la formazione e il lavoro.
L’attivazione del lavoratore è attuata mediante la partecipazione a progetti di formazione, di qualificazione e di riqualificazione professionale, di orientamento, di accompagnamento al lavoro, di partecipazione al “Servizio civile universale” o a “progetti utili alla collettività” nonché a “politiche attive del lavoro comunque denominate”.
Questo strumento intreccia misure di politica attiva del lavoro (inclusa la formazione) ed un (modesto) sostegno al reddito: infatti, chi ha i requisiti (ad es. Isee familiare non superiore a 6.000 Euro annui ed altri requisiti richiesti per l’assegno di inclusione) e partecipa ad attività di formazione, qualificazione e riqualificazione professionale, di orientamento, di accompagnamento al lavoro e di politiche attive del lavoro comunque denominate (incluso il Servizio civile universale ed i Progetti utili alla collettività), gode di una indennità di partecipazione pari a 350 Euro mensili per tutta la durata dell’iniziativa di politica attiva del lavoro, ma comunque entro un limite massimo di 12 mesi. Tale sostegno può essere cumulato con redditi derivanti da accettazione di offerte di lavoro oppure con indennità o benefici di partecipazione a percorsi di politica attiva del lavoro, comunque denominati, entro il limite massimo annuo di 3.000 Euro lordi.
In proposito è interessante rilevare come la norma in esame modifichi il tradizionale rapporto tra sostegno al reddito e politica attiva del lavoro: è l’inserimento nel percorso di politica attiva a far nascere il diritto all’indennità e non, come avviene di solito, il sostegno al reddito a generare l’obbligo ad essere disponibili ad attività di politica attiva del lavoro. Si va oltre il tradizionale schema della “condizionalità” .
L’ingresso nel SFL avviene su richiesta del lavoratore, richiesta che può essere avanzata con modalità telematiche direttamente all’INPS o presso i Patronati.
Dopo la sottoscrizione del Patto di attivazione digitale mediante la piattaforma SIISL (Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa) realizzata dall’INPS, il lavoratore sarà convocato presso il Servizio per il lavoro competente al fine di stipulare o aggiornare il Patto di servizio personalizzato . Questo documento assume particolare rilievo nel processo di sostegno al reinserimento del beneficiario del SFL nel mondo del lavoro. Nel Patto di servizio personalizzato il lavoratore dovrà dimostrare, con idonea documentazione, di essersi già rivolto ad almeno tre agenzie per il lavoro o enti autorizzati all’attività di intermediazione. Inoltre, è nel Patto di servizio personalizzato che può rinvenirsi l’intreccio con il Programma GOL; il lavoratore può infatti in questa sede manifestare adesione ai servizi al lavoro ed ai percorsi formativi previsti da GOL.
È dalla piattaforma SIISL che i beneficiari del SFL potranno ricevere offerte di lavoro o opportunità di servizi di orientamento e di accompagnamento al lavoro nonché di partecipazione ad attività formative erogate da soggetti pubblici o da soggetti privati accreditati dalle Regioni, da Fondi paritetici interprofessionali o da enti bilaterali.
Nel contesto del provvedimento assume particolare rilievo la norma che prevede la trasmissione delle liste dei beneficiari dell’Assegno di inclusione e del SFL , della Naspi “e di eventuali altre forme di sussidio o di inclusione o di misure per l’inclusione attiva” alle Agenzie per il lavoro, ai soggetti autorizzati all’attività di intermediazione ed ai soggetti accreditati ai servizi per il lavoro. L’obiettivo di offrire, oltre che opportunità formative ed un modesto sostegno al reddito, anche opportunità di lavoro è reso concreto dalla divulgazione dei curricula a tutti gli attori che si occupano di incrociare le domande e l’offerta di lavoro.
A conferma dell’impianto pro-attivo della norma, si noti che il lavoratore può individuare autonomamente progetti di formazione a cui intenda partecipare spontaneamente (v. art. 12, c. 6).
Non mancano comunque forme di condizionalità: il beneficiario del SFL deve rilasciare la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro (D.I.D.); “è tenuto ad aderire alle misure di formazione e di attivazione lavorativa indicate nel patto di servizio personalizzato”; deve dare conto almeno ogni 90 giorni della partecipazione ai percorsi di politica attiva del lavoro previsti dal Patto di servizio e deve accettare offerte di lavoro avente determinate caratteristiche, comuni a quelle indicate dall’art. 9 per i beneficiari dell’Assegno di inclusione . Le sanzioni che possono colpire coloro che risultano inadempienti sono quelle usuali: la sospensione dal sostegno al reddito o la decadenza dal beneficio economico .
Infine, i beneficiari appartenenti alla fascia di età compresa tra diciotto e ventinove anni che non hanno adempiuto all’obbligo di istruzione di cui all’art. 1, c. 622, della l. 27 dicembre 2006, n. 296, possono percepire l’indennità di SFL subordinatamente all’iscrizione e alla frequenza di percorsi di istruzione degli adulti di primo livello o comunque funzionali all’adempimento del predetto obbligo di istruzione.
L’intervento a sostegno dell’inserimento/reinserimento nel sistema produttivo dei lavoratori beneficiari del SFL (non diversamente da quanto previsto per i beneficiari dell’ADI) non si limita all’offerta di servizi per il lavoro ma comprende anche una dote economica: è prevista la concessione di consistenti sgravi contributivi ai datori di lavoro privati che assumono a tempo indeterminato o a tempo determinato i lavoratori che beneficiano dei due istituti. Un “premio” per l’attività svolta nell’opera di reinserimento al lavoro è riconosciuto anche alle Agenzie per il lavoro che abbiano svolto una specifica azione a tale fine .
In caso di licenziamento del lavoratore effettuato nei ventiquattro mesi successivi all’assunzione, il datore di lavoro è tenuto alla restituzione dell’incentivo fruito, salvo che il licenziamento risulti motivato da giusta causa o giustificato motivo.
Ai beneficiari dell’ASF (come i beneficiari dell’ADI) che avviano un’attività di lavoro autonomo o di impresa individuale o una società cooperativa entro i primi dodici mesi di fruizione del beneficio è riconosciuto un importo pari a sei mensilità del sostegno al reddito nei limiti di 500 Euro mensili.

3.3. (Segue) La piattaforma SIISL- Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa
Molte delle speranze sull’efficacia del SFL sono riposte sull’aiuto che può derivare dal succitato Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa – SIISL di cui all’art. 5 del provvedimento in esame. Il compito principale del SIISL è far circolare tra tutti gli attori coinvolti (Centri per l’impiego, operatori accreditati o autorizzati ai servizi per il lavoro ed alla formazione, Enti di formazione, ecc.) le informazioni riguardanti i beneficiari dell’Assegno di inclusione nonché quelle relative ai lavoratori inseriti nelle misure di attivazione del SFL, anche monitorando gli step del processo di politica attiva del lavoro in cui tali lavoratori sono coinvolti. In questo modo ciascuno degli attori arricchisce con le informazioni di cui è in possesso la banca-dati di cui dispone il sistema e, nel contempo, può accedere a tutte le informazioni accumulate dal Sistema.
Il SIISL ha dunque l’ambizione di essere molto più di uno strumento informatico per facilitare l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro . È una piattaforma informatica che, pur se diretta in questa fase ad una platea ristretta, presenta tratti che consentono di immaginarne una futura estensione all’intero mercato del lavoro. Onde evitare facili entusiasmi è opportuno ricordare che l’obiettivo è stato perseguito più volte dal legislatore, fino ad ora con esiti non particolarmente soddisfacenti; basti pensare alla “Borsa continua del lavoro”, di cui all’art. 15 del d. lgs. 10 settembre 2003, n. 276, o al “Sistema informativo unitario delle politiche del lavoro” – SIL, di cui all’art. 13 del d. lgs. 14 settembre 2015, n. 150.
Il SIISL, la cui realizzazione è stata demandata all’INPS, è però espressamente predisposto al fine di assicurare l’interoperabilità di tutte le piattaforme digitali dei soggetti coinvolti. Nonostante sia definito come un elemento del succitato “Sistema informativo unitario dei servizi per il lavoro” (apparentemente quindi niente più che un un’articolazione di tale Sistema ) il nuovo Sistema tende a configurarsi quale sistema informativo unico, nell’intento di superare le difficoltà di dialogo fino ad ora riscontrate. Il legislatore, consapevole del rischio di conflitto di competenze con le Regioni, ha previsto che il relativo piano tecnico di attivazione e di interoperabilità sia adottato mediante uno o più Decreti interministeriali previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’art. 8 del d. lgs. 28 agosto 1997, n. 281.

4. Interventi per il rafforzamento del sistema di formazione professionale

4.1. Il rifinanziamento del Fondo Nuove Competenze
Il “Fondo nuove competenze”, istituito dall’art. 88, c. 1, del d.l. n. 34/2020, conv. dalla l. n. 77/2020, come è noto persegue l’obiettivo di rafforzare le opportunità di formazione professionale continua dei lavoratori occupati, affiancandosi ai Fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua . Il Fondo promuove le attività formative previste da specifiche intese sindacali (a livello aziendale o territoriale) volte alla rimodulazione dell’orario di lavoro mediante le quali parte dell’orario di lavoro viene finalizzato a percorsi formativi di upskilling o di reskilling.
La realizzazione di attività formative è sostenuta mediante il rimborso al datore di lavoro del costo dei dipendenti (retribuzione più contributi previdenziali ed assistenziali) per la parte dell’orario di lavoro in cui i lavoratori sono impegnati in formazione. Da quanto ammesso a contributo è però escluso il costo delle attività di formazione (ad esempio il costo di docenti, delle aule, del materiale didattico, ecc.). Per il recupero di questi oneri vi è un implicito invito ad accedere ai Fondi interprofessionali (o alla Regione di competenza). Si noti in proposito che nel Decreto Interministeriale del 2022 non solo si ribadisce quanto già affermato dalla legislazione e dai decreti precedenti, e cioè che i Fondi paritetici interprofessionali possono concorrere, mediante finanziamenti, alle attività di formazione, ma si afferma che “l’attività di formazione è, di norma, finanziata dai Fondi paritetici interprofessionali secondo la disciplina da essi prevista” (art. 4, comma 4). Infine, il medesimo comma afferma che “i Fondi paritetici che intendono partecipare al finanziamento delle attività formative sostenute dal Fondo nuove competenze sono tenuti ad inviare apposita comunicazione all’ANPAL (ora al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali)”.
La legge succitata (art. 88, c. 1, del d.l. n. 34/2020, conv. dalla legge n. 77/2020), traccia la disciplina essenziale ma rinvia la regolamentazione puntuale dell’attività del Fondo a Decreti Interministeriali. Il primo di tali decreti, il D.I. 9 ottobre 2020, è stato successivamente modificato dal D.I. 22 gennaio 2021 e dal D.I. 22 settembre 2022. Ne consegue che la disciplina vigente va ricostruita sulla base di quanto disposto dalla legislazione in materia e dall’intreccio delle disposizioni dei tre Decreti Interministeriali.
- Il finanziamento del Fondo
Il Decreto in esame interviene solo su un punto di rilievo della disciplina sopra indicata: il finanziamento del Fondo.
In proposito va ricordato che nella fase di avvio (biennio 2020-2021) il Fondo ha potuto avvalersi di risorse significative pari, complessivamente, a 730 milioni di Euro. Il sistema delle imprese ha dimostrato di apprezzare questo strumento, e le pur rilevanti risorse stanziate nel 2020 sono state rapidamente esaurite. Si è dunque rivelato necessario il suo rifinanziamento. Dopo i primi provvedimenti assunti a questo fine, principalmente mediante l’utilizzo di risorse derivanti da REACT-EU, il Piano Nuove Competenze (PNC) ha previsto che un ulteriore miliardi di Euro venisse destinato al rifinanziamento del Fondo, sempre a valere sulle risorse di REACT-EU, allo scopo di dare continuità nel tempo all’azione del Fondo. In attuazione di questo impegno il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali ha emanato il D.I. 22 settembre 2022.
Nella stessa direzione si muove ora il d.l. 4 maggio 2023, n. 48; all’art. 19 dispone infatti ulteriori incrementi della dotazione del Fondo nel periodo di programmazione 2021-2027 della politica di coesione europea, mediante le risorse provenienti da Programmi cofinanziati dal Fondo sociale europeo Plus e, nei limiti delle relative dotazioni finanziarie, anche dal Programma operativo complementare POC-SPAO.

4.2. Modifiche al “Fondo di rotazione”.
L’art. 21 del decreto in esame apporta modifiche all’art. 25 della l. 21 dicembre 1978, n. 845 (Legge-quadro in materia di formazione professionale) mediante l’inserimento di un nuovo comma (dopo il sesto). Il nuovo provvedimento si colloca sulla scia delle finalità originariamente perseguite dall’art. 25 della legge-quadro: il Fondo è stato istituito, infatti, per favorire l’accesso al Fondo Sociale Europeo e al Fondo europeo dei progetti presentati dalle Regioni, per il tramite del Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali. In tal modo, infatti, si coprono le necessità di cofinanziamento nazionale, potenziando l’accesso del nostro Paese alle forme di aiuto previste a livello comunitario.
Il finanziamento del Fondo è in parte a carico del Bilancio dello Stato ma va ricordato che, in corrispondenza della istituzione del Fondo, è stato previsto l’innalzamento dello 0,30% dell’aliquota contributiva dovuta dai datori di lavoro per l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria e che i due terzi delle maggiori entrate derivanti da questo incremento affluiscono anch’esse, per l’appunto, al Fondo di rotazione. Inoltre, ai nostri fini, è particolarmente interessante notare che i contributi a carico dei datori di lavoro sono trasferibili, su scelta volontaria del singolo contribuente, ai Fondi paritetici interprofessionali nazionali, istituiti mediante Accordi interconfederali, per il finanziamento di “attività di formazione professionale continua o dei percorsi formativi di qualificazione e riqualificazione professionale per soggetti disoccupati o inoccupati”.
Il ruolo del Fondo di rotazione è stato dunque determinante nel promuovere le attività di formazione professionale del nostro Paese, in specie quelle cofinanziate dall’Unione europea .
L’art. 21 del decreto in esame rafforza le finalità originarie del Fondo di rotazione consentendo l’utilizzo delle relative disponibilità principalmente per il completamento dei progetti finanziati con le risorse dei programmi operativi nazionali nonché di progetti cofinanziati dai Fondi comunitari. L’intento è quello di porre rimedio alle lentezze che, purtroppo, spesso caratterizzano l’attuazione da parte italiana di progetti e programmi dotati di cofinanziamento comunitario.

5. Modifiche alla disciplina dei contratti di espansione
La rassegna delle norme del d. l. n. 48/2023 che investono la materia della formazione professionale può includere anche le modifiche alla disciplina del contratto di espansione di cui all’art. 41, d.lgs. n. 148/2015 e successive modificazioni . È pur vero che l’attenzione sull’istituto è stata richiamata principalmente dalle disposizioni che consentono a particolari categorie di lavoratori di accedere a specifiche forme di “pre-pensionamento” (si vedano in specie i cc. 5 e 5-bis) o di riduzione oraria (si veda il c. 7). Ai nostri fini, invece, rileva soprattutto il c. 8 di tale articolo: esso prevede infatti che, nell’ambito di iniziative per la gestione di processi di reindustrializzazione e riorganizzazione aziendale che comportino “l’esigenza di modificare le competenze professionali in organico mediante un loro più razionale impiego”, attuati ricorrendo alla modifica delle competenze professionali dei lavoratori in organico ed alla assunzione di nuove professionalità, l’impresa interessata debba presentare un “progetto di formazione e di riqualificazione per il conseguimento di una diversa competenza tecnica professionale rispetto a quella a cui è adibito il lavoratore”, eventualmente abbinabile ad un periodo di CIGS della durata massima di 18 mesi.
L’art. 25 del provvedimento in esame prevede che, mediante accordo integrativo, le imprese che occupano più di 1.000 dipendenti possano rimodulare le cessazioni dei rapporti di lavoro entro un arco temporale di 12 mesi successivi al termine originario del contratto di espansione. Ciò consentirebbe, ove le parti sociali, lo ritenessero opportuno, anche di prolungare le attività formative al fine di completare o affinare il processo di acquisizione di competenze dei lavoratori coinvolti.

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