Testo integrale con note e bibliografia

1. L’“appalto” di servizi logistici: la scelta del legislatore
È entrata in vigore una norma che può avere un impatto significativo sulla tutela dei lavoratori coinvolti nel decentramento produttivo: si tratta dell’art. 1677 bis c.c. che prescrive l’applicazione delle disposizioni in materia di trasporto alle attività di “trasferimento di cose” in presenza di appalti aventi ad oggetto la prestazione di almeno due servizi di logistica relativi alla ricezione, trasformazione, deposito, custodia, spedizione, trasferimento e distribuzione di beni di un altro soggetto .
La norma è tagliata su misura del contratto di logistica, negozio atipico a causa mista che comprende un complesso eterogeneo di servizi funzionali all’esercizio delle attività imprenditoriali. Non solo, quindi, quelli elencati nell’art. 1677 bis c.c., ma anche altri, a seconda dei casi concreti, quali la manutenzione, il confezionamento, lo stoccaggio e il trasporto delle merci del committente . L’atipicità del negozio, unita all’ampia libertà delle parti di modellarne le prestazioni, non hanno consentito di attribuire un contenuto tipico al contratto di servizi logistici e nemmeno di fornirne una definizione valida per tutti i casi, oltre a far insorgere non poche difficoltà quando si tratta di individuare la disciplina ad esso applicabile .
I contratti a causa mista sono normalmente regolati dalle norme del tipo i cui elementi sono prevalenti nel caso concreto (c.d. teoria dell’assorbimento o della prevalenza) , a meno che il legislatore non preveda diversamente o le parti non regolino le prestazioni riconducibili ad un determinato tipo con le disposizioni proprie di quest’ultimo. Ciò, tuttavia, è possibile nei limiti in cui le norme richiamate siano compatibili con quelle del contratto prevalente .
L’articolazione e la complessità delle attività cui si obbliga il fornitore del servizio logistico non consentono, tuttavia, di ridurre il contratto di logistica sic et simpliciter ad un trasporto con attività accessorie. Per rimanere nell’ambito di quest’ultima tipologia contrattuale le prestazioni secondarie non dovrebbero turbare l’unità e l’individualità del contratto, fenomeno che, invece, si verifica nel caso di specie, nel quale il trasporto è solo una delle attività del fornitore . Non soddisfano appieno nemmeno le norme sull’appalto come regolamentazione generale per il «rischio di applicare una disciplina che ha carattere generico e non consente di tenere nella giusta considerazione tutti i profili della materia» .
Con l’intento di risolvere le incertezze emerse nella prassi, l’art. 1677 bis c.c. prescrive l’applicazione delle norme in materia di trasporto alle attività del contratto di servizi logistici che riguardino il “trasferimento di cose”, nei casi in cui lo stesso abbia ad oggetto almeno due servizi tra quelli di seguito elencati, ovvero la ricezione, la trasformazione, il deposito, la custodia, la spedizione, il trasferimento e la distribuzione di beni.
Si tratta di comprendere quale impatto abbia la disciplina brevemente descritta sulle regole in materia di responsabilità solidale, dal momento che il contratto di servizi logistici è uno dei principali strumenti del decentramento produttivo. A tal fine è opportuno ricostruire brevemente il quadro normativo in materia.

2. L’art. 29, comma 2, d. lgs. n. 276/2003: dall’“eccezione” alla “regola”
Per evitare che i meccanismi di decentramento produttivo vadano a danno dei lavoratori, l’appaltante è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, della corresponsione di retribuzioni, contributi previdenziali e premi assicurativi che spettano ai dipendenti di questi ultimi, entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto . I dipendenti dell’appaltatore possono pertanto domandare il pagamento delle somme maturate in esecuzione del contratto d’appalto non solo al proprio datore di lavoro, ma anche all’appaltante, così come i lavoratori dell’ultimo subappaltatore possono risalire la catena contrattuale e far valere le proprie pretese nei confronti del primo committente.
Siccome non dirige ed organizza le prestazioni dei dipendenti dell’appaltatore e degli eventuali subappaltatori, il committente non ottiene dalle prestazioni dei dipendenti di questi ultimi un’utilità immediata e diretta, ma una indiretta, “mediata” dal contratto commerciale . L’ottenimento di siffatta utilità spiega, da un lato, perché la responsabilità solidale non sia estesa a tutti gli obblighi datoriali, ma sia limitata al pagamento di retribuzioni, contributi previdenziali e premi assicurativi, e, dall’altro, perché valga solo entro il termine di decadenza di due anni dalla cessazione dell’appalto.
Una responsabilità solidale limitata all’appalto si giustificava in quanto quest’ultimo era la tipologia contrattuale impiegata in maniera quasi esclusiva per realizzare operazioni di decentramento produttivo. La trasformazione delle imprese da tecnostrutture integrate a «reti semiautonome o autonome con forme elastiche di coordinamento» è, tuttavia, andata di pari passo con l’incremento delle tipologie contrattuali impiegate a tal fine . In questo diverso contesto, in molti casi la sostituzione del make con il buy è realizzata tramite contratti commerciali che, al pari dell’appalto, hanno ad oggetto obbligazioni di fare, per effetto dei quali il soggetto diverso dal datore di lavoro trae dalle prestazioni dei dipendenti altrui un’utilità indiretta analoga a quella che l’appaltante ottiene dall’attività dei lavoratori dell’appaltatore. Basti pensare a quanto si verifica in presenza di un contratto di trasporto o di subfornitura.
Nonostante avessero esigenze di protezione non dissimili da quelle dei dipendenti di un appaltatore o di un subappaltatore, i lavoratori impiegati nell’ambito di tali contratti commerciali non disponevano di una tutela analoga a quella dell’art. 29, comma 2 ed erano esclusi dal campo di applicazione di quest’ultimo, che era considerato norma eccezionale, perché derogava al principio generale secondo il quale il datore di lavoro è l’unico obbligato del pagamento di retribuzioni, contributi previdenziali e premi assicurativi .
Per superare tale lacuna, nel 2014 è stata introdotta una specifica forma di responsabilità solidale applicabile al trasporto merci per conto terzi, solo in parte assimilabile a quella prevista nell’appalto.
Un approccio casistico non poteva, tuttavia, essere risolutivo.
Se quello di “norma eccezionale” è un concetto storicamente condizionato, perché «determinate norme, in determinati momenti da considerare come eccezionali, potranno diventare in un momento successivo normali […], in rapporto alla sempre maggiore rilevanza e consistenza sociale dei rapporti da esse contemplati, oppure in rapporto alla eventuale modificazione degli stessi principi dell’ordinamento» , a fronte dei profondi mutamenti del contesto produttivo è stato possibile superare l’orientamento consolidato che attribuiva carattere eccezionale all’art. 29, comma 2.
Entrambi gli elementi in grado di far transitare una norma dal campo dell’“eccezionalità” a quello della “normalità” sono presenti nel caso di cui ci si sta occupando.
Da un lato, in un contesto produttivo nel quale «la fabbrica si rende sempre più molecolare o modulare», hanno assunto maggiore rilevanza e consistenza sociale le situazioni nelle quali un determinato soggetto trae utilità dalle prestazioni di dipendenti altrui e con esse anche le forme di corresponsabilizzazione di tali soggetti in relazione ad alcuni obblighi datoriali .
Dall’altro lato, nell’ordinamento lavoristico è individuabile un “sistema” di responsabilità solidali “a geometria variabile”, nel quale il vincolo solidale fra i soggetti coinvolti diviene tanto più esteso ed intenso, quanto più diviene “promiscua” la gestione dei rapporti di lavoro fra gli stessi: si va dall’appalto, dove la responsabilità solidale è meno estesa ed intensa, si passa attraverso la somministrazione di lavoro , per arrivare fino alla “codatorialità”, dove tale forma di corresponsabilizzazione raggiunge la sua massima ampiezza . Ciascuna fattispecie si inscrive nel suddetto sistema, ponendosi in uno specifico rapporto con le altre .
La possibilità di collocare a sistema le norme che imputano alcuni obblighi datoriali in capo ad una molteplicità di soggetti, unita alla maggiore rilevanza delle stesse, ha dato forza all’idea del superamento del carattere generale della regola secondo la quale dell’obbligazione retributiva e contributiva risponde solo il datore di lavoro, in tutti i casi in cui dell’utilità delle prestazioni dei dipendenti si “approprino” anche altri soggetti.
Queste considerazioni hanno aperto la strada alla possibilità di attribuire un’ampiezza inedita all’art. 29, comma 2, d.lgs. n. 276/2003 che, interpretato estensivamente alla stregua di norma di carattere generale, non si limita più a regolare l’impiego dei lavoratori nell’ambito di un appalto, ma di qualsivoglia contratto commerciale che abbia ad oggetto una prestazione di fare.
A tale conclusione è pervenuta anche la Corte costituzionale, secondo la quale «la ratio dell’introduzione della responsabilità solidale del committente – che è quella di evitare il rischio che i meccanismi di decentramento, e di dissociazione fra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione, vadano a danno dei lavoratori utilizzati nell’esecuzione del contratto commerciale – non giustifica una esclusione (che si porrebbe, altrimenti, in contrasto con il precetto dell’art. 3 Cost.) della predisposta garanzia nei confronti dei dipendenti del subfornitore, atteso che la tutela del soggetto che assicura una attività lavorativa indiretta non può non estendersi a tutti i livelli del decentramento» .
Nell’art. 29, comma 2, d.lgs. n. 276/2003 si menziona, pertanto, invece del risultato economico – utilizzazione indiretta di lavoro tramite un contratto commerciale avente ad oggetto prestazioni di fare –, il tipo contrattuale – appalto – che più frequentemente produce quel risultato.
Una volta attribuito carattere generale all’art. 29, comma 2, d. lgs. n. 276/2003 si tratta di comprendere come si atteggi il differente regime di corresponsabilizzazione del soggetto diverso dal datore di lavoro del trasporto merci su strada e in che rapporto si pongano le due norme.

3. La responsabilità solidale nel trasporto merci: campo di applicazione, peculiarità e rapporto con l’art. 29, comma 2, d. lgs. n. 276/2003
Alla luce dell’art. 83 bis, d.l. n. 112/2008, conv. l. n. 133/2008, come modificato dall’art. 1, commi 247 e 248, l. n. 190/2014, «il committente […] è obbligato in solido con il vettore, nonché con ciascuno degli eventuali sub-vettori, entro il limite di un anno dalla cessazione del contratto di trasporto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi agli enti competenti, dovuti limitatamente alle prestazioni ricevute nel corso della durata del contratto di trasporto […]».
La responsabilità del committente per il pagamento di retribuzioni, contributi previdenziali e premi assicurativi ai lavoratori del vettore si atteggia in modo analogo a quella contemplata nell’appalto: anche l’obbligazione solidale dell’83 bis, commi da 4 bis a 4 sexies, d.l. n. 112/2008, conv. l. n. 133/2008, al pari di quella di cui all’art. 29, comma 2, d.lgs. n. 276/2003, ha carattere unisoggettivo e risponde esclusivamente all’interesse del vettore, unico soggetto che ha tratto diretta utilità dalle prestazioni dei suoi dipendenti.
Attraverso l’art. 83 bis il costo dell’inadempimento del vettore è traslato dai soggetti considerati più deboli – i dipendenti di quest’ultimo – al committente, ritenuto maggiormente in grado di sopportare siffatto costo. La corresponsabilizzazione di tale contraente si giustifica perché lo stesso trae pur sempre un’utilità, seppur indiretta, dalle prestazioni dei dipendenti del vettore. Il fatto, tuttavia, che l’attività di questi ultimi non produca per il committente un’utilità paragonabile a quella che lo stesso trae dalle prestazioni dei suoi dipendenti, spiega perché la corresponsabilizzazione del committente sia limitata al pagamento di retribuzioni, contributi previdenziali e premi assicurativi, e debba essere fatta valere entro il termine di decadenza di un anno.
Vi sono, tuttavia, alcune rilevanti differenze di disciplina fra le due forme di responsabilità solidale.
Anzitutto, nel caso del trasporto merci esiste un agevole sistema di esonero dalla responsabilità solidale per i committenti che scarichino da un’apposita sezione del portale dell’autotrasporto la qualificazione di regolarità del vettore a cui intendono affidare lo svolgimento di servizi di autotrasporto . Tramite un controllo ex ante «limitato alla mera regolarità formale» si avalla, quindi, «una sorta di organized irresponsability» . Si tratta di un elemento che differenzia profondamente la responsabilità solidale nel trasporto merci da quella contemplata nell’appalto dove, invece, non operano meccanismi di esclusione dalla responsabilità solidale .
In secondo luogo, la responsabilità solidale del committente deve essere fatta valere dai dipendenti del vettore e dell’eventuale subvettore «entro il limite di un anno dalla cessazione del contratto di trasporto», mentre nell’art. 29, comma 2, d. lgs. n. 276/2003 il termine di decadenza è di due anni, che decorrono dalla conclusione dell’appalto o dell’eventuale subappalto.
Infine, se con l’art. 9, comma 1, d.l. n. 76/2013, conv. l. n. 99/2013, la responsabilità solidale dell’art. 29, comma 2, d. lgs. n. 276/2003 è stata estesa anche ai lavoratori autonomi e ai co.co.co., l’art. 83 bis non è invece applicabile a tali prestatori. In tal modo si arreca un non marginale vulnus all’efficacia della corresponsabilizzazione del committente, in quanto «il settore è copioso di affidamenti, anche parziali, del tragitto ai c.d. padroncini» .
Finché l’art. 29, comma 2, d.lgs. n. 276/2003 era riferito esclusivamente all’appalto e l’art. 83 bis, d.l. n. 112/2008, conv. l. n. 133/2008, al trasporto merci su strada, tali norme erano considerate eccezioni alla regola generale secondo la quale il datore di lavoro è l’unico obbligato del pagamento di retribuzioni, contributi previdenziali e premi assicurativi che spettano ai propri dipendenti. Il regime di solidarietà in parte differente si spiegava per la «diversità tipologica delle fattispecie contrattuali in discussione» .
A seguito della pronuncia della Corte costituzionale del 2017 , tuttavia, l’art. 29, comma 2 è divenuta norma generale applicabile in presenza di qualsivoglia contratto commerciale che abbia ad oggetto prestazioni di fare. La moltiplicazione dei centri di imputazione di talune responsabilità datoriali è giustificata per l’indiretta utilità che il committente ottiene dalle prestazioni dei dipendenti altrui.
Mutata la prospettiva dalla quale si osserva l’art. 29, comma 2, d. lgs. n. 276/2003, quale regola generale e non più eccezionale, ci si deve interrogare sul rapporto fra tale norma e l’art. 83 bis, d.l. n. 112/2008, conv. l. n. 133/2008. Quest’ultimo disciplina l’imputazione di alcuni obblighi datoriali in capo a più soggetti in presenza di un trasporto merci su strada, che è un contratto commerciale che ha ad oggetto un’attività di fare. Se, quindi, la regola eccezionale verte almeno in parte su una classe comune di situazioni disciplinate dalla norma generale, limitando la forza espansiva di quest’ultima, l’art. 83 bis può essere considerata norma eccezionale rispetto all’art. 29, comma 2, d. lgs. n. 276/2003.

4. Contratto di servizi logistici e regime di solidarietà
L’articolazione e la complessità delle prestazioni dedotte nel contratto di servizi logistici avrebbero potuto rendere tutt’altro che agevole individuare come si combinasse la responsabilità solidale dell’art. 29, comma 2, d.lgs. n. 276/2003 con quella dell’art. 83 bis, d.l. n. 112/2008, conv. l. n. 133/2008. Tale problematica, al pari di quella che sarebbe discesa dalla presenza di differenze significative di disciplina fra le due forme di corresponsabilizzazione del soggetto diverso dal datore di lavoro, è stata tuttavia fino ad oggi stemperata da un consolidato orientamento giurisprudenziale che ricorre all’art. 29, comma 2, d. lgs. n. 276/2003 ogni qualvolta il vettore si obblighi «a trasferire, per un certo periodo di tempo, all’interno di una zona territoriale ben individuata, persone o cose da un luogo all’altro, dovendo ricorrere la predeterminazione e sistematicità dei servizi, accompagnate dalla pattuizione di un corrispettivo unitario e dalla assunzione dei rischi da parte del trasportatore». In questi casi, la giurisprudenza ritiene configurabile un “appalto di servizi di trasporto” e non una molteplicità di contratti di trasporto . Di conseguenza, l’art. 83 bis è stato applicato in modo del tutto residuale nei soli casi in cui fossero pattuiti singoli contratti di trasporto merci.
Da un lato, tuttavia, si nutrono non pochi dubbi intorno alla possibilità di riconoscere autonomia concettuale all’“appalto di servizi di trasporto” .
Se, infatti, sono dedotte in contratto prestazioni accessorie che prevalgono sul trasferimento delle merci da un luogo ad un altro, potrebbe ritenersi sussistente un appalto di servizi, che è improprio qualificare “di trasporto”, perché quest’ultima attività non assorbe le altre, ma si combina con esse per produrre il risultato prefigurato dai contraenti.
Se, invece, sono pattuiti più trasporti uniti ad altre prestazioni che tuttavia rimangono secondarie oppure solamente una molteplicità di trasporti, va esclusa la possibilità di inquadrare tale contratto nell’appalto di servizi di trasporto: «da soli i trasporti, pur predeterminati contrattualmente in maniera continuativa, non possono realizzare un risultato complessivo, ulteriore rispetto alla loro sommatoria, ed assurgere al rango d’appalto di servizi» . In questi casi, qualora fossero stati pattuiti solo trasporti di merci, per quanto continuativi, avrebbe dovuto applicarsi l’art. 83 bis, d.l. n. 112/2008, conv. l. n. 133/2008 e non l’art. 29, comma 2, d.lgs. n. 276/2003, come invece ha fatto la giurisprudenza; qualora, invece, le attività di trasporto fossero state prevalenti sulle altre, l’art 83 bis avrebbe dovuto regolare le prestazioni lavorative riconducibili al trasferimento delle merci.
Dall’altro, l’orientamento relativo all’appalto di servizi di trasporto non sembra poter resistere all’emanazione dell’art. 1676 bis c.c. : se, infatti, devono essere applicate le norme sul trasporto a tutte le attività di trasferimento di cose, anche quando il contratto di logistica abbia ad oggetto almeno due dei servizi elencati nella norma, sembrano dover prevalere le previsioni sul trasporto a maggior ragione qualora il contratto abbia ad oggetto solo una molteplicità di trasporti, per quanto predeterminati nel tempo.
In presenza di un servizio di logistica che comprenda attività di ricezione, trasformazione, deposito e custodia di cose , a seguito dell’emanazione dell’art. 1677 bis c.c. alle attività di trasferimento di cose sono applicabili, in linea generale, le norme sul trasporto . Prima del giugno 2022, invece, nell’esempio di cui sopra sarebbe stato configurabile un appalto di servizi con applicazione integrale della relativa disciplina.
Sotto il profilo della tutela dei lavoratori coinvolti nel decentramento produttivo, tuttavia, l’introduzione dell’art. 1677 bis c.c. non sembra legittimare un’applicazione generalizzata dell’art. 83 bis, visto il carattere eccezionale di quest’ultima e la vocazione generale dell’art. 29, comma 2, d. lgs. n. 276/2003.
Siccome, quindi, l’art. 1677 bis c.c. prescrive il ricorso alle norme sul trasporto “in quanto compatibili”, laddove prevalgano attività riconducibili all’appalto, la generalità dei lavoratori addetti ai servizi di logistica continuerà ad essere tutelata dall’art. 29, comma 2, d. lgs. n. 276/2003, eccezion fatta per quelli preposti al trasporto merci, che saranno invece protetti dall’art. 83 bis, d.l. n. 112/2008, conv. l. n. 133/2008.
Qualora nel contratto di logistica assumano preminenza le attività sussumibili nel trasporto merci, non è possibile ricorrere in via generale all’art. 83 bis, d.l. n. 112/2008, conv. l. n. 133/2008, sia per il carattere eccezionale di quest’ultimo, sia per il rilievo della “fattispecie” come limite all’autonomia privata, in presenza di norme inderogabili come quelle lavoristiche. Anche in questo caso, l’art. 83 bis, d.l. n. 112/2008, conv. l. n. 133/2008 sarà applicabile solo alle prestazioni in cui è dedotto un trasporto merci che, tuttavia, saranno preminenti sulle altre.
Qualora, infine, il contratto comprenda solo attività di trasporto, per quanto predeterminate in modo continuativo, è l’art. 83 bis a dover tutelare i lavoratori, per ragioni di coerenza sistematica. Con l’emanazione dell’art. 1677 bis c.c. l’intento del legislatore è conferire una vis espansiva alle norme sul trasporto. Sotto il profilo della tutela lavoristica, come detto, la norma codicistica non sembra consentire un’applicazione generalizzata, a tutte le prestazioni anche diverse da quelle aventi ad oggetto il trasporto di merci, dell’art. 83 bis, per il carattere eccezionale di tale previsione. Laddove, tuttavia, la prestazione concordata tra le parti concerna solo trasporti merci, per quanto predeterminati in modo sistematico e caratterizzati dal pagamento di un corrispettivo unitario, è l’art. 83 bis a doversi applicare e non l’art. 29, comma 2.
L’introduzione dell’art. 1677 bis c.c. ha, quindi, l’effetto di ritagliare un campo di applicazione più ampio del passato all’art. 83 bis, d.l. n. 112/2008, conv. l. n. 133/2008. Questa soluzione impone di chiedersi, con rinnovata attualità, se una disciplina della responsabilità solidale nel trasporto merci diversa da quella degli altri contratti commerciali aventi ad oggetto attività di fare sia o meno giustificata.

5. L’incostituzionalità “sopravvenuta” dell’art. 83 bis: una questione quanto mai attuale
Il carattere generale dell’art. 29, comma 2, applicabile in presenza di qualsivoglia contratto commerciale che abbia ad oggetto prestazioni di fare e giustificabile per l’indiretta utilità che il committente ottiene dalle prestazioni dei dipendenti altrui, porta a considerare eccezionale l’art. 83 bis, d.l. n. 112/2008, conv. l. n. 133/2008.
La norma eccezionale deve, tuttavia, giustificarsi per qualche elemento peculiare che spieghi il trattamento diversificato dalla generalità, proprio perché dà vita ad un “diritto non uguale” . La prestazione dei dipendenti del vettore produce, invece, nella sfera giuridica del committente la stessa utilità che l’attività dei lavoratori dell’appaltatore realizza in quella dell’appaltante. Sembra quindi possibile sostenere l’incostituzionalità sopravvenuta dell’art. 83 bis per contrasto con l’art. 3 Cost., per il diverso e ingiustificato trattamento cui sottopone i dipendenti di vettore e sub-trasportatore rispetto agli altri lavoratori impiegati nell’ambito di analoghi contratti commerciali aventi ad oggetto prestazioni di fare.
Per quanto sia rimasto fino ad oggi “in sordina” per l’applicazione marginale dell’art. 83 bis, d.l. n. 112/2008, conv. l. n. 133/2008, il problema dell’incostituzionalità sopravvenuta di tale norma è destinata ad emergere con maggior forza a fronte dell’emanazione dell’art. 1677 bis c.c., che amplia i casi in cui trova spazio la responsabilità solidale relativa al trasporto merci, a scapito di quella generale per i contratti commerciali aventi ad oggetto attività di fare.

 

 

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