testo integrale con note e bibliografia

1. La sequenza delle sentenze della Corte di Giustizia in materia di retribuzione dei magistrati
Nel solco della sentenza ASJP - Associação Sindical dos Juízes Portugueses e della sentenza Escrivano Vindel , espressamente richiamate, la Corte di Giustizia UE riafferma, con la sentenza 25 febbraio 2025 nelle cause riunite C-146/23 e C-374/23, su questioni pregiudiziali sollevate dal Tribunale di Bialystok (Polonia) e dal Tribunale Amministrativo di Vilnius (Lituania), i principi di procedimentalizzazione e trasparenza della determinazione delle retribuzioni dei giudici, con livello adeguato all’importanza delle funzioni, a tutela del principio di indipendenza stabilito dall’art. 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, in combinato disposto con l’art. 2 TUE; la determinazione di queste retribuzioni da parte dei poteri legislativo ed esecutivo degli Stati membri non deve essere arbitraria; rimane ferma la necessità che eventuali riduzioni o congelamenti, derogatori alla stabile e oggettiva dinamica retributiva, sia prevista dalla legge, sia giustificata da un obiettivo di interesse generale, non riguardi specificamente i giudici ma, in generale, le retribuzioni dei funzionari e agenti pubblici, non pregiudichi l’adeguatezza della retribuzione dei giudici all’importanza delle funzioni svolte, possa essere oggetto di controllo giurisdizionale effettivo.

2. I casi specifici e la decisione
Entrambe le domande pregiudiziali vertono sull’interpretazione dell’art. 2 e dell’art. 19 TUE, nonché dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, e sono state presentate nell’ambito di controversie promosse da giudici ordinari in servizio in relazione all’importo della loro retribuzione.
La questione sollevata dal Tribunale circondariale di Bialystok riguarda il congelamento (ritenuto duraturo dopo tre anni) del meccanismo di rivalutazione della retribuzione dei giudici polacchi, basata su stipendio-base, premio di anzianità, coefficienti moltiplicatori dello stipendio-base, calcolato non più in base alla retribuzione media dell'anno precedente, ma su un importo direttamente determinato dal legislatore, che ha giustificato tale modifica con la situazione economica della Polonia, causata prima dalla pandemia e poi dall'invasione dell'Ucraina da parte della Federazione russa, con conseguente aumento del prezzo dell’energia.
Detta questione (sollevata anche dinanzi alla Corte costituzionale polacca, ma sotto profili diversi), nella controversia diretta a ottenere le differenze retributive corrispondenti a quanto il giudice attore avrebbe percepito in più in un semestre se la retribuzione avesse continuato a essere calcolata secondo quanto previsto in via ordinaria dalla legge sull’ordinamento giudiziario, anziché con le deroghe introdotte per tre anni di fila dalla legge di bilancio, si sostanzia nel quesito se gli obblighi, derivanti dall’art. 2 TUE (con riferimento al rispetto dello Stato di diritto), dall’art. 19 TUE e dall’art. 47 della Carta, per gli Stati membri di assicurare una tutela giurisdizionale effettiva fondata sul diritto di accesso a un organo giurisdizionale indipendente e imparziale debbano essere interpretati nel senso che “il principio d’indipendenza dei giudici osta a una normativa nazionale per effetto della quale, al fine di contenere le spese di bilancio, sussiste uno scostamento rispetto al meccanismo di determinazione dello stipendio dei giudici in base a criteri oggettivi e non condizionati da interferenze arbitrarie del potere esecutivo e legislativo, e che ha come effetto una riduzione duratura del livello degli stipendi dei giudici, violando le garanzie costituzionali volte ad assicurare che questi ultimi siano retribuiti in modo conforme alla dignità della loro carica e alla portata delle loro funzioni e che l’amministrazione della giustizia sia svolta da organi giurisdizionali e giudici indipendenti”.
La questione sollevata dal Tribunale Amministrativo Regionale di Vilnius è posta nell’ambito di controversia per risarcimento dei danni promossa da due giudici in servizio per la lamentata assenza, nel diritto lituano, di una procedura giuridica controllabile per la fissazione della retribuzione dei magistrati, che è fissata dal governo annualmente, in base alla programmazione del bilancio dello Stato, come quella degli altri funzionari statali e pubblici, in funzione delle risorse e dei vincoli finanziari, con moltiplicazione dell'importo di base per un coefficiente retributivo, oltre al premio di anzianità.
In questo contesto, ritenuto l’effetto di questo meccanismo di determinazione della retribuzione complessivamente penalizzante, in comparazione con altre professioni legali, il giudice del rinvio chiede alla Corte UE di pronunciarsi sul quesito se i valori della democrazia e dello Stato di diritto “debbano essere interpretati nel senso che essi conferiscono ai poteri legislativo ed esecutivo degli Stati membri il potere discrezionale illimitato ed esclusivo di fissare, mediante una normativa nazionale, la retribuzione dei giudici a un livello che dipende unicamente dalla volontà dei suddetti poteri” e se le disposizioni in materia di indipendenza dei giudici “debbano essere interpretate nel senso che esse consentono agli Stati membri di introdurre, mediante una normativa nazionale, norme che fissano la retribuzione dei giudici a un livello inferiore rispetto alla retribuzione o agli onorari stabiliti dallo Stato per gli appartenenti ad altre professioni legali”.

La Corte si pronuncia in primo luogo (affermandola) in ordine alla propria competenza sulle questioni sollevate, perché, sebbene l’organizzazione della giustizia negli Stati membri rientri nella loro competenza, “detti Stati membri sono nondimeno tenuti, nell’esercizio di quest’ultima, a rispettare gli obblighi loro incombenti in forza del diritto dell’Unione … in particolare quando stabiliscono le modalità di determinazione della retribuzione dei giudici” .
Sempre in via preliminare, la Corte dichiara ricevibili le questioni in base all’art. 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, perché tale norma è destinata ad applicarsi, da un punto di vista sostanziale, a qualsiasi giudice o organo giurisdizionale nazionale che possa pronunciarsi su questioni relative all’interpretazione o all’applicazione del diritto dell’Unione; quindi, anche su una domanda (quella per risarcimento danni diretta contro la Repubblica di Lituania) nell’ambito della quale si afferma, in sostanza, che la discrezionalità di cui disporrebbero i poteri legislativo ed esecutivo di tale Stato membro per fissare la retribuzione dei giudici violerebbe il principio di indipendenza di questi ultimi, derivante anche dall’art. 2 TUE e dall’art. 47 della Carta.

Il ragionamento argomentativo della Corte si muove, nel merito, secondo le seguenti direttrici:
- in base alle questioni sollevate, occorre esaminare, alla luce del principio di indipendenza dei giudici europei, da un lato, se i poteri legislativo ed esecutivo di uno Stato membro possano fissare discrezionalmente, nella normativa interna, le modalità di determinazione della retribuzione dei giudici, e se, dall’altro lato, i poteri legislativo ed esecutivo di uno Stato membro possano derogare alla normativa dello stesso Stato membro, che definisce in modo oggettivo le modalità di determinazione della retribuzione dei giudici, decidendo di aumentare tale retribuzione in misura minore di quanto previsto da tale normativa, o di congelarne o ridurne l’importo;
- l’art. 19 TUE, che concretizza il valore dello Stato di diritto affermato all’art. 2 TUE, affida ai giudici nazionali e alla Corte il compito di garantire la piena applicazione del diritto dell’Unione in tutti gli Stati membri nonché la tutela giurisdizionale spettante in forza di detto diritto; a tal fine è fondamentale preservare l’indipendenza di tali organi;
- la nozione di indipendenza dei giudici presuppone, in particolare, che l’organo di cui trattasi eserciti le sue funzioni giurisdizionali in piena autonomia, senza vincoli gerarchici o di subordinazione nei confronti di alcuno e senza ricevere ordini o istruzioni da alcuna fonte, e che esso sia quindi tutelato da interventi o pressioni dall’esterno idonei a compromettere l’indipendenza di giudizio dei suoi membri e ad influenzare le loro decisioni; al pari dell’inamovibilità, la retribuzione di livello adeguato all’importanza delle funzioni esercitate costituisce una garanzia inerente all’indipendenza dei giudici;
- le norme nazionali relative alla retribuzione dei giudici non devono far sorgere nelle persone dubbi legittimi quanto all’impermeabilità dei giudici interessati rispetto a elementi esterni e alla loro neutralità rispetto agli interessi contrapposti ;
- per quanto riguarda, le modalità di determinazione della retribuzione dei giudici occorre, conformemente al principio di certezza del diritto, che tali modalità siano determinate dalla legge, la quale può prevedere l’intervento delle parti sociali, in particolare delle organizzazioni che rappresentano i giudici interessati; la trasparenza della procedura legislativa contribuisce a garantire l’indipendenza dei giudici ;
- il principio di indipendenza dei giudici, in combinato disposto con il principio di certezza del diritto, richiede che le modalità di determinazione della loro retribuzione siano oggettive, prevedibili, stabili e trasparenti, in modo da escludere qualsiasi intervento arbitrario dei poteri legislativo ed esecutivo dello Stato membro interessato;
- il fatto che i giudici percepiscano una retribuzione di livello adeguato all’importanza delle funzioni che esercitano costituisce una garanzia inerente alla loro indipendenza;
- come risulta dal rapporto CEPEJ 2020 , al fine di garantire l’indipendenza dei giudici e, più in generale, la qualità della giustizia in uno Stato di diritto, le politiche della giustizia devono tenere conto delle retribuzioni delle altre professioni legali per rendere attraente la professione di giudice, ma la parametrazione della retribuzione dei giudici con quella di altri professionisti legali che esercitano una libera professione, come gli avvocati, non è appropriata, perché questi ultimi si trovano manifestamente in una situazione diversa da quella dei giudici;
- le modalità di determinazione della retribuzione dei giudici devono poter essere oggetto di un controllo giurisdizionale effettivo secondo le modalità procedurali previste dal diritto dello Stato membro interessato.
Nel caso concreto, la sentenza dispone nel senso che, nella causa riguardante la retribuzione dei giudici polacchi, il giudice del rinvio dovrà verificare se effettivamente le misure derogatorie della legge sull’ordinamento giudiziario rispondessero a un obiettivo di interesse generale; nella causa riguardante la retribuzione dei giudici lituani, nel senso che, valutata la loro retribuzione lorda media rispetto alla retribuzione lorda media generale, salve le verifiche che spetta al giudice del rinvio effettuare, non risulta che le modalità di determinazione della retribuzione nel corso del periodo in controversia abbiano violato il principio di indipendenza.

Il dispositivo della Corte risulta conforme alle conclusioni dell’Avvocato Generale, caratterizzate da un approccio pragmatico e nel senso che l’art. 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE richiede che le normative che disciplinano la retribuzione dei giudici devono operare sulla base di criteri pertinenti, oggettivi e verificabili che rispettino il principio di proporzionalità; che qualsiasi valutazione dell’adeguatezza del livello della retribuzione dei giudici tenga conto di tutti i fattori socioeconomici pertinenti e faccia riferimento all’evoluzione di tale retribuzione nel tempo; che qualsiasi normativa nazionale volta a ridurre il livello della retribuzione dei giudici ne esponga, in termini chiari, la motivazione; che le riduzioni della retribuzione dei giudici che ne possono derivare devono essere temporanee e il loro importo nonché la loro durata devono essere adeguati ed evolvere in funzione della gravità e della persistenza delle condizioni che ne hanno giustificato l'adozione; che in nessun caso siffatte riduzioni possono essere mirate a trattare la magistratura in modo sfavorevole; che le norme sulla retribuzione dei giudici o qualsiasi riduzione della stessa siano soggette al controllo giurisdizionale .

3. Retribuzione dei magistrati, indipendenza, Stato di diritto
A 7 anni dalla sentenza ASJP (che peraltro aveva statuito che “L’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE deve essere interpretato nel senso che il principio dell’indipendenza dei giudici non osta all’applicazione ai membri del Tribunal de Contas (Corte dei conti, Portogallo) di misure generali di riduzione salariale, come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, connesse ad esigenze di eliminazione di un disavanzo eccessivo di bilancio nonché ad un programma di assistenza finanziaria dell’Unione europea”), la sentenza in esame segnala nuovamente l’ambiguità di interventi di emergenza, che possono risultare punitivi per la sola categoria; e valuta inappropriato il riferimento comparativo ai compensi delle professioni legali libere, rifacendosi, invece, a parametri retributivi del pubblico impiego o statistici e macroeconomici nazionali.
Del resto, lo status del giudice europeo comprende anche elementi retributivi, se è vero che la sentenza ASJP ha costituito l’occasione e la base per delineare in via più generale i caratteri di indipendenza dei giudici, quale elemento essenziale dei principi dello Stato di diritto affermati nell’art. 2 TUE.
La sentenza ASJP del 2018 ha chiarito in modo approfondito che:
- il requisito dell’indipendenza dei giudici attiene al contenuto essenziale del diritto fondamentale a un equo processo, che riveste importanza cardinale quale garanzia della tutela dell’insieme dei diritti derivanti al singolo dal diritto dell’Unione e della salvaguardia dei valori comuni agli Stati membri enunciati all’articolo 2 TUE;
- l’Unione è un’Unione di diritto, in cui i singoli hanno il diritto di contestare in sede giurisdizionale la legittimità di ogni decisione o di qualsiasi altro provvedimento nazionale relativo all’applicazione di un atto dell’Unione nei loro confronti;
- compete ai giudici nazionali e alla Corte garantire la piena applicazione del diritto dell’Unione in tutti gli Stati membri, nonché la tutela giurisdizionale dei diritti spettanti ai soggetti dell’ordinamento in forza di detto diritto, e l’esistenza stessa di un controllo giurisdizionale effettivo, destinato ad assicurare il rispetto del diritto dell’Unione, è intrinseca a uno Stato di diritto;
- ogni Stato membro deve garantire che gli organi rientranti, in quanto «giurisdizione», nel senso definito dal diritto dell’Unione, nel suo sistema di rimedi giurisdizionali nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione soddisfino i requisiti di una tutela giurisdizionale effettiva;
- l’indipendenza dei giudici nazionali è essenziale per il buon funzionamento del sistema di cooperazione giudiziaria costituito dal meccanismo del rinvio pregiudiziale di cui all’art. 267 TFUE, in quanto tale meccanismo può essere attivato unicamente da un organo, incaricato di applicare il diritto dell’Unione, che soddisfi tale criterio di indipendenza.
Ai principi della sentenza ASJP viene fatto costante riferimento nel Justice Scoreboard (Quadro di valutazione UE sulla giustizia - esercizio di valutazione comparativa dei dati di sistemi di giustizia nei Paesi membri dell’Unione europea in collaborazione con il CEPEJ del Consiglio d’Europa), nel capitolo sull’indipendenza giudiziaria, e nel ROL Report (Relazione annuale sullo Stato di diritto ), nel pilastro sui sistemi giudiziari, pubblicati annualmente dalla Commissione europea, DG Giustizia.
Rientra dunque nella tassonomia di garanzie stilata dalla Corte di Giustizia UE l’ampia nozione di indipendenza del giudice, condizione indispensabile per il corretto svolgimento della funzione giudicante, sia da un punto di vista giuridico-formale, sia sotto un profilo politico-giuridico, strumentale al concetto di imparzialità e alla legittimazione dell’organo giusdicente, che metta al riparo la funzione giudicante da indebite interferenze e contestualmente protegga uno dei principali corollari del valore dello Stato di diritto, posto a fondamento dell’UE ai sensi dell’art. 2 TUE .
Secondo la giurisprudenza della CGUE in materia, l’indipendenza del potere giudiziario, in primo luogo, rientra nell’ambito del principio dello Stato di diritto, valore fondativo dell’Unione ai sensi dell’art. 2 TUE; è, in secondo luogo, riconducibile all’art. 19 TUE, che concretizza tale valore per quel che riguarda la tutela giurisdizionale effettiva; è, inoltre, requisito necessario al fine di assicurare il diritto a un giudice indipendente e imparziale ai sensi dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali. L’indipendenza degli organi giurisdizionali nazionali quali giudici europei è, infatti, necessaria per formulare rinvii pregiudiziali ai sensi dell’art. 267 TFUE (anche in materia retributiva, come nel caso in esame).
Il test di conformità alla normativa europea di protezione dell’indipendenza dei giudici viene svolto, nella sentenza sulle questioni retributive sollevate dai Tribunali polacco e lituano secondo il seguente schema, mutuato dalla sentenza ASJP :
- le misure nazionali possono incidere sull’indipendenza dei giudici?
- sono giustificate da una ragione obiettiva di interesse pubblico?
- sono proporzionate?
- sono temporanee?
- sono specifiche solo per i magistrati?

Nel quadro della progressiva codificazione, ad opera della Corte di Giustizia, dei valori scolpiti nell’art. 2 TUE, di cui è parte fondamentale l’interpretazione innovativa e significativa dell’art. 19 TUE, sull’obbligo degli Stati membri di assicurare tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell'Unione, il principio di indipendenza del potere giudiziario si qualifica in termini di integrazione giudiziaria europea.
Con la sentenza in commento, la Corte di Giustizia riafferma che interventi sulle retribuzioni dei magistrati possono essere operati se temporanei, proporzionati, con procedure trasparenti, inseriti in riforme riguardanti il settore pubblico generale, in modo da mantenere ferma la garanzia di libertà da pressioni finanziarie o politiche, e sono in ogni caso soggetti a scrutinio di compatibilità con la normativa UE .

Questo sito utilizza cookie necessari al funzionamento e per migliorarne la fruizione.
Proseguendo nella navigazione acconsenti all’uso dei cookie.