Testo integrale con note e bibliografia

Il fenomeno dello sfruttamento del lavoro, e specialmente di quello prestato nel settore agricolo, è conosciuto in tutta la sua gravità e studiato da valenti giuslavoristi e giuslavoriste.
Meno indagata e conosciuta è la dimensione di genere di questo fenomeno, rilevata da un recente dossier realizzato da Actionaid, meritoriamente segnalato da Avvenire che spicca nel panorama dei mass media per l’attenzione che riserva ai soggetti più vulnerabili.
Il rapporto che si segnala è uno dei frutti del progetto “Cambia terra”, che si caratterizza per un approccio femminista e trasformativo, e che dal 2016 realizza azioni per aiutare le donne ad uscire dalla condizione di esclusione socio-economica in cui versano, attraverso interventi di alfabetizzazione dei diritti, il rafforzamento della agency collettiva, il coinvolgimento di tutti gli attori che compongono la comunità locale nella progettazione delle azioni di intervento, la elaborazione di proposte di intervento, anche legislativo, a livello nazionale e locale.
Il dossier, supportato da una bibliografia che comprende rapporti di organismi nazionali e internazionali e contributi scientifici, si articola in due parti: la prima dedicata a presentare lo stato del lavoro in agricoltura in una prospettiva di genere, la seconda dedicata alle azioni intraprese nel contesto del progetto Cambia terra per sostenere, in particolare, le lavoratrici rumene e bulgare impegnate nelle filiere agricole dell’Arco ionico. In conclusione, sono formulate alcune raccomandazioni rivolte alle istituzioni di ogni livello. Il rapporto è accompagnato da alcune immagini e percorso da testimonianze dirette di donne coinvolte nel programma, che restituiscono al lettore e alla lettrice la tragicità della condizione in cui molte, troppe, si trovano a vivere, coltivando i prodotti della terra che noi consumiamo.
Dando per note la portata e le caratteristiche del fenomeno dello sfruttamento lavorativo in agricoltura oggetto di numerosi pregevoli contributi, il rapporto aiuta a comprenderne la dimensione di genere, fornendo prima di tutto alcune coordinate geografiche e di impatto quantitativo, nella dichiarata consapevolezza della parzialità della fotografia restituita che non è in grado di includere la compagine impiegata irregolarmente, generalmente di origine straniera, e che rappresenta secondo alcune stime circa il 39% del fenomeno complessivo.
I dati ISTAT (2021) mostrano che le donne impiegata in agricoltura in Italia sono circa 233 mila (circa il 31% dei lavoratori agricoli) di cui il 13% di origine straniera, circa il 48% risiede nel mezzogiorno, più della metà sono lavoratrici dipendenti e di queste l’89% è operaia, il 72% impiegata a tempo determinata con contratti stagionali, il 75% lavoro a tempo pieno. Alcune indagini mostrerebbero, però, una presenza femminile in agricoltura ben superiore ai dati ufficiali.
Il rapporto mette in evidenza che queste lavoratrici si trovano in condizione di particolare vulnerabilità, perché oggetto di pratiche discriminatorie e di sfruttamento, e finanche di tratta di essere umani. Son infatti vittime di forme multiple e intersezionali di discriminazione e di oppressione che si traducono in disparità salariale (nel contesto di meccanismi di pratiche di gerarchia salariale fra lavoratori e lavoratrici italiani e stranieri), dichiarazione di numeri inferiori di giornate lavorate, condizioni di lavoro che rendono difficile se non impossibile prendersi cura dei figli anche a fronte della difficoltà ad accedere a servizi pubblici troppo costosi e con orari incompatibili con i tempi di lavoro, condizioni di lavoro che non tengono conto di esigenze peculiari delle lavoratrici (orari e tempi di riposo compatibili con lo stato di gravidanza, servizi igienici adeguati). A tutto questo si aggiunge l’esposizione a forme di violenza e molestia, anche sessuali, verticali e orizzontali, sovente accompagnate da minacce, sul luogo di lavoro, sui mezzi di trasporto, negli alloggi messi a disposizione dei datori di lavoro.
La risposta istituzionale a questo fenomeno è giudicata inadeguata, mancando anche nei più recenti interventi regolativi o d’indirizzo un serio approccio di genere al fenomeno dello sfruttamento lavorativo. Secondo il dossier, infatti, la legge n. 119/2016 si è dimostrata inadeguata sul fronte della prevenzione di tutte le forme di sfruttamento e l’Indagine conoscitiva parlamentare approvata dalle Commissioni riunite Lavoro e Agricoltura della Camera il 12 maggio 2021 include solo due brevi riferimenti al tema dello sfruttamento accompagnato da ricatti e violenze sessuali verso le donne; il Piano triennale contro lo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato 2020-2022 non incorpora un’analisi di genere e intersezionale e le azioni programmate necessitano di essere integrate in un’ottica di genere; il PNRR adotta la parità di genere come priorità trasversale rifacendosi alla Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026, che però contiene solo due riferimenti al settore agricolo (riguardo al potenziamento delle misure esistenti di accesso al credito a favore delle donne e possibilità di estendere il sistema di certificazione della parità anche alle aziende che operano nel contesto dell’agricoltura); il Secondo piano nazionale su impresa e diritti umani (2021-2026) contiene un invito alle imprese ad adottare una prospettiva di genere per assicurarsi che le loro attività non influiscano negativamente sulla condizione delle lavoratrici, invito che, in attesa che sia approvata e poi attuata la Direttiva in tema di Due diligence (rispetto alla quale il dossier avanza il suggerimento di integrazione con un approccio intersezionale), poggia però solo su quanto previsto dalla legge n. 231/2001 a proposito dell’adozione di un modello organizzativo che assicuri comportamenti responsabili e rispettosi delle norme sulla responsabilità d’impresa; il lavoro preparatorio del Piano strategico nazionale della PAC (2023-2027) presentato alla Commissione europea nel gennaio 2022 non contiene un’attenzione specifica alle condizioni delle donne in agricoltura e nelle aree rurali.
Si tratta, con tutta evidenza, di un aspetto del tema dello sfruttamento lavorativo, che interpella studiosi e studiose del diritto del lavoro. Qualunque strategia di intervento messa in campo da attori della società civile (e il rapporto ne presenta di apprezzabili progettate con la metodologia reflection-action e indirizzate all’empowerment femminile, alla rappresentanza collettiva, al coinvolgimento degli attori istituzionali, alla realizzazione di servizi di welfare), infatti, non può prescindere da un impianto normativo solido ed efficace in termini di prevenzione e contrasto delle forme peculiari e odiose di sfruttamento perpetrate ai danni delle donne, ultime degli ultimi.

 

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