testo integrale con note e bibliografia
La realizzazione di un’opera collettanea sul tema dell’intelligenza artificiale appare di particolare interesse e rilievo scientifico nell’attuale contesto storico, caratterizzato da interventi sempre più frequenti su questo argomento di cui spesso non vengono colte le molteplici implicazioni e sfaccettature con conseguente rischio di affermazioni inesatte e schematiche.
Occorre scongiurare il rischio di rigide contrapposizioni ideologiche sul tema: da un lato la mitizzazione delle nuove acquisizioni tecnologiche che fanno assurgere l’uomo a novello demiurgo e, dall’altro, l’ostinato rifiuto aprioristico di qualsiasi novità accompagnato dalla forte nostalgia per una dimensione ormai irrimediabilmente trascorsa.
Il merito della pubblicazione, coordinata dal prof. Marco Biasi e dal dott. Mariano Sciacca, è da ravvisare nell’intelligente sforzo profuso nel promuovere la compiuta conoscenza dell’argomento nella consapevolezza che solo l’approfondimento adeguato di ogni aspetto può permettere il razionale dominio delle nuove acquisizioni, la delineazione di limiti invalicabili all’utilizzo dell’intelligenza artificiale, il governo attento del suo utilizzo, la corretta prefigurazione delle possibili linee evolutive, oltre che scelte informate e un costante vaglio critico quale antidoto a forme di adesione aprioristica e di superficiale entusiasmo.
Restituire, attraverso la ricca riflessione collegiale offerta dallo studio, un’ampiezza di visione aiuta ad assicurare un approccio scientificamente adeguato, a non banalizzare l’argomento, ad avere contezza delle molteplici prospettive che esso offre.
L’opera prende doverosamente in esame le fonti sovranazionali, oggetto di un’attenta analisi con la quale si segnala il rischio che esse non restituiscano la complessità del quadro di riferimento, qualora non valutate nella loro organicità. E’ con questo intendimento che vengono esaminati nelle loro interrelazioni la “Carta Etica Europea sull’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale nei sistemi giudiziari”, la Risoluzione “sull’intelligenza artificiale nel diritto penale e il suo utilizzo da parte delle autorità di polizia e giudiziarie in ambito penale”, il Regolamento sull’Intelligenza Artificiale (AI Act) approvato dal Parlamento Europeo nel marzo 2024 e, successivamente, ratificato dal Consiglio nel maggio 2024.
La “Carta Etica Europea sull’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale nei sistemi giudiziari” introduce, per la prima volta, la definizione dell’intelligenza artificiale come “insieme di metodi scientifici, teorie e tecniche finalizzate a riprodurre mediante le macchine le capacità cognitive degli esseri umani”, pone la distinzione tra intelligenze artificiali “forti” e intelligenze artificiali “deboli” o “moderate”, delinea i principi fondamentali cui attenersi nello sviluppo e utilizzo dell’intelligenza artificiale nei sistemi giudiziari.
A sua volta la Risoluzione “sull’intelligenza artificiale nel diritto penale e il suo utilizzo da parte delle autorità di polizia e giudiziarie in ambito penale” affronta i principali nodi problematici del rapporto tra intelligenza artificiale e diritto penale auspicando, tra l’altro, la “spiegabilità, la trasparenza, la tracciabilità e la verifica degli algoritmi … anche al fine di garantire che i risultati generati dagli algoritmi di intelligenza artificiale possano essere resi intelligibili per gli utenti e coloro che sono soggetti a tali sistemi, e che vi sia trasparenza riguardo ai dati di base e alle modalità con cui il sistema è giunto a una certa conclusione”.
Queste fonti hanno preceduto l’adozione del Regolamento sull’Intelligenza Artificiale (AI Act) approvato dal Parlamento Europeo nel marzo 2024 e, successivamente, ratificato dal Consiglio nel maggio 2024.
A livello nazionale il Parlamento italiano ha avviato l’iter per giungere ad una regolamentazione nazionale dell’intelligenza artificiale e il Senato ha approvato il disegno di legge n. 1146 intitolato “Disposizioni e delega al Governo in materia di intelligenza artificiale” che contiene un forte richiamo alla necessità del costante ed obbligatorio controllo umano, della trasparenza degli algoritmi, della tracciabilità dei dati, e del rifiuto di delega di qualunque forma decisionale.
La lettura integrata di queste fonti consente di ricostruire i diversi livelli di rischio correlati all’utilizzo dell’intelligenza artificiale che non può mai tradursi in forme di manipolazione cognitiva o dei comportamenti umani o nella lesione dei diritti della persona in un settore altamente complesso e sensibile come quello della giustizia che richiede sempre la supervisione umana.
Meritano specifica segnalazione, per la ricchezza e la profondità dell’analisi, i contributi che, sulla base della premessa normativa, sottolineano l’alto rischio sotteso ad un uso non informato dell’intelligenza artificiale nel settore giudiziario, un settore, come detto, ad alto rischio per le necessità di salvaguardare un complesso di valori costituzionali.
E’ indubbio, infatti, che forme improprie e avanzate nell’uso dell’intelligenza artificiale, accompagnate dall’acquisizione e dal trattamento di dati sensibili possono incidere, pregiudicandola irrimediabilmente, sulla dignità della persona, sulla sua sfera di riservatezza, sul trattamento sanzionatorio correlato a prognosi di recidivanza, sulle prospettive di reinserimento e risocializzazione, sul diritto all’oblio dopo la conclusione di una vicenda giudiziaria.
Un utilizzo acritico e non pienamente consapevole dell’intelligenza artificiale può, inoltre, determinare un non corretto sviluppo del ragionamento probatorio, fondato su massime di esperienza fallaci, frutto di pregiudizi, stereotipi e di profilazioni spregiudicate.
Può, del pari, avere negative ricadute sulla corretta articolazione del ragionamento probatorio e sull’obbligo di motivazione dei provvedimenti sancito dall’art. 111, comma 6, della Carta fondamentale. Il corretto assolvimento di tale obbligo è precondizione del controllo affidato dall’art. 111, comma 7, Cost. alla Corte di cassazione – cui spetta conoscere dei ricorsi per violazione di legge avverso tutte le sentenze e i provvedimenti limitativi della libertà personale – e rappresenta, inoltre, espressione della soggezione esclusiva del giudice alla legge e strumento per garantire il controllo sull’ esercizio della funzione giudiziaria da parte della collettività, nel cui nome è amministrata la giustizia.
La motivazione conseguente ad un processo decisionale riservato esclusivamente al giudice costituisce, infine, strumento imprescindibile per garantire la conoscibilità e la prevedibilità degli orientamenti giurisprudenziali, direttamente incidenti sull’effettività del diritto di accesso, di difesa, oltre che sull’uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge.
Sviscerare il tema dell’intelligenza artificiale significa anche interrogarsi sull’etica delle professioni di magistrato e di avvocato, in quanto il lavoro di entrambi non si esaurisce nella sola dimensione tecnico-giuridica, ma implica anche la comprensione delle singole vicende e delle persone da esse interessate. L’algoritmo, per quanto evoluto, non potrà mai sostituirsi al doveroso sforzo richiesto al giudice di sapere leggere il fatto anche al di là dell’incartamento processuale né autorizza ad abdicare all’empatia che deve connotare l’attività giudiziaria, un’attività che, dopo la drammatica pausa della pandemia, deve recuperare spazi fisici e dialogici e non può esaurirsi nella dimensione virtuale.
L’utilizzo dell’intelligenza artificiale non può mai tradursi in un fattore di pigrizia intellettuale, di acritica conformazione ad un precedente non adeguatamente verificato, in una non consentita forma di rinuncia all’attività interpretativa che si alimenta degli studi e degli approfondimenti scientifici del giudice, della metodica del dubbio, della verifica della permanente attualità degli approdi esegetici alla luce del divenire sociale, delle mutate domande di giustizia, oltre che delle peculiarità dei casi concreti.
La trama unificante dei vari contributi può, quindi, essere colta nella riflessione di ampio respiro sul difficile equilibrio esistente tra ragioni di efficienza e necessità di costante rafforzamento della razionalità del metodo interpretativo, alimentato dal costante confronto tra giudici di merito e giudici di legittimità e aperto al confronto con l’avvocatura, co-protagonista della giurisdizione, e con il mondo dell’università in grado di restituirci una prospettiva critica esterna, costituente prezioso stimolo a migliorare la qualità delle decisioni.
Al contempo, merita un convinto plauso lo stimolo culturale offerto dai diversi scritti a delineare una nozione ampia di formazione culturale del magistrato, tale da ricomprendere anche la dimensione organizzativa, direttamente incidente sull’efficacia della risposta giudiziaria e sulla ragionevole durata delle procedure nella consapevolezza della centralità che assume il tempo nella vita delle persone e sullo sviluppo della vita economica e sociale del Paese.
Questa rinnovata sensibilità al tema dell’organizzazione è fondamentale per cogliere le opportunità offerte dall’intelligenza artificiale in rapporto a tutti i profili gestionali connessi ai servizi (si pensi alle attività di recupero crediti e alle spese di giustizia), alla digitalizzazione degli edifici e della loro manutenzione.
E’ altrettanto centrale per impostare le analisi relative alla qualità del contenzioso e alla diversa tipologia delle questioni da esso poste, per impostare in modo organico le attività di esame preliminare dei fascicoli e redigere schede di “spoglio” contenenti le informazioni fondamentali in vista di una razionale formazione dei ruoli, a sua volta funzionale a prevenire contrasti inconsapevoli di giurisprudenza, per creare banche dati virtuali di tali attività in vista della condivisione della loro conoscenza, per elaborare indici di mediabilità delle cause, per attribuire coefficienti ponderali di difficoltà ai procedimenti, per razionalizzare lo sviluppo temporale dei vari momenti procedimentali, per consentire l’estrazione automatica di precedenti dell’ufficio in funzione di supporto al lavoro del magistrato e dell’avvocato, per governare con nuovo slancio intellettuale e disponibilità culturale le potenzialità offerte dal processo telematico.
Sono convinta che la ricchezza degli apporti offerti dai contributi di tante diverse professionalità favorirà un dibattito all’interno dell’intera comunità giuridica che per crescere e non sentirsi mai appagata dei traguardi conseguiti ha bisogno dell’apertura di sempre nuovi orizzonti come quelli offerti da questa opera importante.