testo integrale con note e bibliografia
1. Nei ristretti limiti – opportunamente imposti dalla Rivista - del presente contributo scelgo di concentrare l’attenzione sul regime specifico per le piccole imprese proposto nel progetto Frecciarossa, soffermandomi soltanto sugli aspetti che ritengo problematici.
Innanzitutto appare discutibile la riproposizione del diverso limite dimensionale per l’imprenditore agricolo, fissato in cinque dipendenti (art. 6, primo comma). Il limite numerico più basso presupporrebbe che l’impresa agricola sia più solida economicamente delle altre, tanto da poter meglio sopportare i costi del licenziamento imposti in generale per le imprese medio grandi, ma si tratta di un dato per nulla scontato, anzi difficile da sostenere.
In realtà, la sua origine risiede nella ratio dell’art. 35 dello Statuto che lo introdusse al fine di far entrare il sindacato in azienda e, quindi, anche nelle aziende agricole di medie dimensioni, per le quali, proprio in quanto mediamente più piccole delle altre, fu fissato un limite più basso, che tuttora sussiste (art. 35, primo comma).
Invero, la versione originaria dell’art. 35 St. si occupava del campo di applicazione non solo del titolo III dello Statuto, ma espressamente anche dell’art. 18 St. Soltanto attraverso la legge n. 108 del 1990 le sorti dell’art. 18 St. vennero sganciate da quelle del titolo III, con inserimento nel corpo dello stesso art. 18 St. di un suo proprio campo di applicazione, dove tuttavia fu traslato, ormai fuori contesto, anche il riferimento all’impresa agricola (art. 18, ottavo comma).
Il peculiare limite ha finito poi con l’essere tralatiziamente recepito anche dal d.lgs. n. 23/2015, tramite espresso rinvio alla norma statutaria (art. 9, primo comma), ma oggi, nell’ambito di un progetto che ha l’ambizione di “ridare certezza e coerenza sistematica” alla materia, andrebbe eliminato.
2. Nei limiti numerici vengono inclusi poi anche i “collaboratori di cui all’art. 2, d.lgs. 15 giugno 2015 n. 81 del 2015” (art. 6, secondo comma). Si sposa quindi implicitamente la tesi del lavoro autonomo organizzato che, seppur maggioritaria, convive con l’altra, tesa invece a leggere l’art. 2 come ipotesi che riconduce al lavoro subordinato tout court, alla quale peraltro mi sento di aderire. In ogni caso per tali rapporti, comunque qualificati, già “si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato” (art. 2, primo comma). Quindi la proposta, dopo averli qualificati come autonomi, presuppone che in via selettiva questi non possano rientrare nel computo, tanto che ritiene necessario espressamente includerli.
Occorre comunque considerare che al fine di computare anche tali rapporti, si dovrebbe transitare attraverso un accertamento in via giudiziale del lavoro (autonomo) etero-organizzato, dato che, ovviamente, nessun rapporto di lavoro nasce così denominato e qualificato.
Ciò è vero anche se si sposasse l’altra lettura, però con la differenza che in questo secondo caso non occorrerebbe alcuna norma, giacché se attraverso il sistema di cui all’art. 2 si transita al lavoro subordinato, ne discende de plano la conseguenza che quel lavoratore vada considerato nell’organico dell’impresa al fine dell’applicazione della disciplina sul licenziamento. Una previsione dunque complessa e problematica che, pertanto, a mio avviso andrebbe eliminata.
3. Il progetto prevede poi un innalzamento del limite massimo del risarcimento da 12 a 18 mensilità per i lavoratori con oltre 10 anni di anzianità (art. 6, terzo comma).
Il criterio dell’anzianità, almeno da solo considerato, non mi ha mai convinto, come anche Corte cost. 194/2018 ha evidenziato. Fissare così una soglia a dieci anni per l’aumento risulta discutibile, mentre sulla base dei criteri proposti dal progetto, tra cui trova spazio anche l’anzianità di servizio (art. 4, secondo comma), il giudice può modulare l’entità del risarcimento caso per caso, come appare opportuno, a prescindere da una dato numerico fisso relativo agli anni di anzianità di servizio. Infine, un tale bonus anzianità non viene previsto nel sistema delle tutele proposto per le imprese maggiori, dove i limiti vanno da 8 a 36 mensilità, tanto da ingenerare, se accolto, dubbi di costituzionalità.
Invece, eliminando il bonus anzianità, ma accogliendo il limite massimo di 18 mensilità, si potrebbe proporre per tutti i dipendenti delle piccole imprese una tutela fissata entro il minimo di quattro e un massimo di diciotto mensilità. Si tratta di una soluzione che appare ragionevole e non eccessiva, perfettamente proporzionale nella metà del minimo e del massimo a quella proposta per le imprese maggiori e pur sempre rispondente a quella differenziazione delle tutele legata all’esigenza di non gravare di costi eccessivi le imprese di minori dimensioni.
4. Infine, non convince la proposta di creazione di un sottosistema per le cd. micro imprese, cioè quello con un organico fino a 5 dipendenti, per i quali le tutele verrebbero applicate in via dimezzata, cioè da 2 a 5 mensilità di indennità risarcitoria in caso di licenziamento illegittimo. Non si ravvedono cioè motivi per creare una sottocategoria di sotto-protetti del diritto del lavoro.
Per l’applicazione agli imprenditori agricoli fino a 3 dipendenti valgono evidentemente le precedenti considerazioni di cui al punto 2, tese alla eliminazione di un tale regime differenziato.
L’intervento appare peraltro fonte di contenzioso, che si svilupperebbe non solo, come già accade ora, sulla soglia dei quindici, ma anche sulla soglia dei cinque dipendenti e, quindi, appare già solo per questo contrario agli obiettivi di semplificazione e prevedibilità perseguiti con il progetto.
Peraltro, oggi nella percezione comune si può affermare che un’impresa con ad es. 12 dipendenti (id est lavoratori subordinati) non sia già considerabile come realtà imprenditoriale di medie dimensioni? Gli esempi si sprecano tanto da non risultare necessario proporli.
Pertanto o ci si dovrebbe limitare a eliminare l’ulteriore soglia dei cinque dipendenti (con il relativo risarcimento dimezzato), oppure a mio avviso è proprio il limite dei cinque dipendenti che potrebbe valere quale unico requisito dimensionale per le tutele differenziate nelle piccole imprese, con la soglia di risarcimento da 4 a 18 mensilità. Il licenziamento resta un evento traumatico per la vita del lavoratore e, quindi, in caso di sua illegittimità, un tale range non pare affatto irragionevole, né insostenibile.