testo integrale con note e bibliografia
Un primo ambito della ricerca realizzata in seno al progetto CARE4CARE – We care for those who care ha riguardato da un lato le condizioni e la qualità del lavoro dei lavoratori – pubblici e privati – che operano con professionalità medio-basse nel settore della cura alla persona, e dall’altro una mappatura delle possibili discriminazioni alle quali essi sono esposti, con particolare riferimento alle discriminazioni (anche intersezionali) fondate sul genere e sullo status migratorio .
Questa parte della ricerca – i cui risultati sono liberamente consultabili all’indirizzo https://www.care4care.net/wp-reports-results/ – ha prodotto complessivamente dodici rapporti di ricerca nazionali, elaborati dai colleghi giuslavoristi delle università partner del progetto, e due rapporti di sintesi comparati.
Si tratta indubbiamente di un lavoro ampio e per molti aspetti inedito nel panorama giuslavoristico europeo, che non si limita a fare il punto sull’assetto normativo vigente nei sei Paesi coinvolti, ma che offre anche importanti spunti di riflessione per leggere criticamente, e in una prospettiva comparata, le principali criticità di un settore del mercato del lavoro alquanto negletto dagli studi giuridici, ma al contempo (e, in prospettiva, sempre più) centrale per la tenuta delle società contemporanee e future.
La ricerca giuslavoristica è stata integrata – nell’ottica di valorizzare anche la prospettiva interdisciplinare – da quella psicosociale. Il progetto CARE4CARE – We care for those who care, combinando l’analisi quantitativa con quella qualitativa, si è concentrato anche sui fattori dannosi e su quelli protettivi che influenzano il benessere psicologico e fisico degli operatori sanitari. L’esito di questa parte della ricerca, coordinata dai colleghi psicologi sociali dell’Università di Siviglia, offre un’interessante lettura dei rischi psicosociali ai quali sono maggiormente esposti i lavoratori in discorso, delle loro esigenze, delle loro risorse e dell’impatto della loro attività lavorativa sulle loro condizioni di salute.
Il desiderio di rendere partecipe la comunità scientifica di questa enorme mole di informazioni e riflessioni, tanto quelle di matrice giuslavoristica, quanto quelle di matrice psicosociale, ci ha spinto a proporre un panel, dal titolo Improving Working Conditions and Fighting Discriminations in the Care Sector: A Comparative Legal and Psychosocial Analysis, nell’ambito del settimo convegno del Labour Law Research Network (LLRN in Asia: Interrogating Labour Law’s Orthodoxies, Comparing Its Futures), tenutosi a Bangkok dal 29 giugno al 1° luglio 2025. Si è trattato di un’importante occasione per condividere, con una platea internazionale e di giuslavoristi, alcuni dei risultati ai quali si è fatto cenno nelle righe precedenti.
Dopo una breve introduzione di William Chiaromonte al progetto e alla ricerca, quattro colleghi hanno offerto alla discussione: alcuni spunti riguardanti le condizioni di lavoro e il rischio di essere oggetto di trattamenti discriminatori da parte dei lavoratori che operano nel settore della cura alla persona in Italia e Spagna (Michele Mazzetti, Università di Firenze / EURICSE; Anna Molina, Università di Girona); una lettura antropologica della professione infermieristica in Germania (Ziga Podgornik Jakil, European University Viadrina Frankfurt - Oder); i principali risultati dell’analisi – quantitativa e qualitativa – psicosociale (Francisco J. Medina, Università di Siviglia). A questi interventi hanno fatto seguito uno stimolante dibattito con la platea dei partecipanti e le conclusioni di Jenny Julén Votinius (Università di Lund), anch’essa partner del progetto.
In questo primo focus, in particolare, si offrono ai lettori gli scritti dei colleghi che sono intervenuti per illustrare, da prospettive differenti (giuslavorista nei primi due casi, antropologica nel terzo) i casi italiano, spagnolo e tedesco.
Con riferimento all’Italia, all’analisi condotta è emerso – fra le altre cose – che il settore dell’assistenza alla persona soffre di una cronica carenza di personale, in particolar modo nelle strutture assistenziali pubbliche e private, il che mette a dura prova gli operatori sanitari. La maggior parte di essi sono donne, spesso migranti, impiegate in condizioni di lavoro precarie e con salari inferiori rispetto a quelli percepiti in altri Paesi europei.
La diffusione del fenomeno delle esternalizzazioni ha aggravato le già precarie condizioni di lavoro che caratterizzano il settore, che deve anche fare i conti con l’ampia diffusione del lavoro irregolare e sommerso, soprattutto nell’assistenza domiciliare . Come è noto, il diritto del lavoro italiano offre una protezione minimale al lavoro domestico di cura, lasciando coloro che sono occupati in questo settore in una situazione di grande vulnerabilità .
Anche in ragione della conformazione (e delle criticità) del nostro welfare state, sono le famiglie a dover sostenere in larga parte i costi dei servizi di assistenza, ricorrendo spesso a soluzioni informali a causa dell’elevato costo dell’assistenza formale.
Il settore è ulteriormente complicato da un quadro normativo frammentato, con protezioni dei lavoratori che variano anche su base regionale, e da una proliferazione di contratti collettivi, che non sempre garantiscono ai lavoratori del settore tutele adeguate .
Le ricerche condotte hanno, peraltro, evidenziato significative lacune in materia di condizioni retributive, sicurezza sul lavoro e consapevolezza dei diritti dei lavoratori.
È in questo quadro che si colloca il contributo di Michele Mazzetti, il quale si sofferma sulle condizioni di lavoro e sulle misure per contrastare le discriminazioni di cui sono spesso vittime i lavoratori che operano nel settore della cura alla persona in Italia.
Passando alla Spagna, dalle ricerche condotte è emerso che i lavoratori che operano nel settore dell’assistenza alla persona percepiscono salari bassi e sperimentano condizioni lavorative particolarmente precarie.
L’informalità è molto diffusa, in particolare nell’assistenza domiciliare, dove è alta la percentuale di lavoratori stranieri privi di regolare permesso di soggiorno, il che ostacola il pieno godimento dei diritti. Inoltre, molti operatori sanitari non hanno una formazione adeguata, criticità alla quale si sommano spesso anche le difficoltà linguistiche, quando (come accade sovente) i prestatori di assistenza sono stranieri; il fatto che gli assistiti tendono a voler ricevere assistenza nella loro lingua madre (ad esempio, il catalano) complica la prestazione dell’assistenza quando i lavoratori non parlano la lingua locale.
La ricerca sottolinea la necessità di migliorare le tutele, compresa la copertura previdenziale e le indennità di disoccupazione per gli operatori sanitari. Si sollecita, inoltre, l’apertura di canali di migrazione legali per soddisfare la crescente domanda di operatori sanitari, considerato l’invecchiamento della popolazione e il calo del tasso di fertilità in Spagna .
Poggiandosi su tali evidenze, il contributo di Anna Molina (Università di Girona) si concentra sul lavoro di cura alla persona, con particolare attenzione alle condizioni di lavoro e ai fattori di rischio legati al genere e allo status migratorio dei lavoratori.
Infine, con particolare riferimento alla Germania, le ricerche condotte hanno evidenziato che la domanda di servizi di assistenza è aumentata notevolmente nell’ultimo trentennio; tuttavia, il mercato del lavoro tedesco fatica a soddisfare questa crescente domanda di personale qualificato. La netta prevalenza di lavoratrici nel settore ha determinato basse retribuzioni, uno scarso riconoscimento sociale e un’organizzazione collettiva inadeguata, elementi che hanno portato a una crescente insoddisfazione tra gli operatori sanitari.
Nonostante i recenti miglioramenti dei livelli salariali nel settore dell’assistenza, che ora sono maggiormente in linea con quelli di professioni simili, questi cambiamenti non sono stati sufficienti ad attrarre o trattenere i lavoratori nel settore. La situazione è particolarmente grave nell’assistenza agli anziani, dove le famiglie ricorrono spesso all’assunzione di lavoratori migranti provenienti prevalentemente dall’Europa centrale e orientale in condizioni precarie e informali.
Anche il sistema sanitario tedesco ha dovuto affrontare le sfide dovute alle strategie di riduzione dei costi. Per affrontare efficacemente i problemi che caratterizzano il settore la ricerca sottolinea la necessità di invertire la rotta, in relazione all’ammontare dei costi dei servizi alla persona, che dovrebbero invece – anche in ragione dell’invecchiamento demografico – aumentare. La scarsa rappresentanza degli operatori sanitari complica ulteriormente la possibilità di giungere a una riforma significativa del settore. Il riconoscimento del lavoro di assistenza come professione fondamentale, ma al contempo sottovalutata, presenta in definitiva sia opportunità che sfide per avviare cambiamenti sostenibili all’interno del settore. È questo il quadro all’interno del quale si colloca il contributo di Ziga Podgornik Jakil (European University Viadrina Frankfurt - Oder), dedicato alla disamina delle dimensioni etico-relazionali del lavoro infermieristico all’interno degli ospedali tedeschi, nell’ottica di un complessivo ripensamento della normativa protettiva.