Testo integrale con note e bibliografia

Nel pianeta giustizia - eterno cantiere per riforme invocate e sbandierate, ma che sinora han sostanzialmente fallito gli obiettivi - parrebbe giunta “l’ora della verità”. Un serrato cronoprogramma vorrebbe mettere assieme interventi di varia natura (ordinamentale e processuale, con cospicua immissione di personale e risorse), convergenti su un obiettivo fondamentale: la riduzione della durata dei processi, che notoriamente continua a registrare tempistiche del tutto inadeguate.
In questo tempo d’estate, pervaso da incertezze “pandemiche” e disturbato dall’incessante rumore di fondo di pseudo notizie, la magistratura sembra in attesa, col fiato sospeso. Mi riferisco a quella magistratura che è altro rispetto alle sue figure apicali, lontana dalle discettazioni sul cosiddetto court management, ma che si rapporta quotidianamente con i cittadini e le relative istanze di giustizia con i suoi circa 6.000 magistrati togati giudicanti (tra civile e penale, ed al netto delle scoperture d’organico). Una magistratura che ha un’anima disillusa. Anni di buone prassi, soluzioni “artigianali” e “dal basso”, sforzi incessanti e continui dei singoli uffici e dei singoli magistrati, tesi ad incarnare degnamente una funzione cui tutti, a parole, riconoscono centralità costituzionale, risultano da ultimo in parte compromessi dalle difficoltà proprie del periodo emergenziale. Ma incide anche l’eterna fatica di doversi misurare con problemi, inefficienze e fragilità, che sono in parte quelle proprie dell’universo “Pubblica Amministrazione”.
Il coacervo di novità in arrivo, se non adeguatamente governato, potrebbe determinare la “tempesta perfetta” per una realtà tanto articolata e complessa, ma potrebbe per contro rappresentare un nuovo inizio ed un’occasione di riscatto per il paese e la sua magistratura.
Per preservare nel tempo principi costituzionali, così come valori ed idealità, occorre saper parlare un linguaggio nuovo, far tesoro degli errori e delle esperienze del passato, ed evitare autoreferenzialità e coazione a ripetere.
E’ evidente che i prossimi mesi risulteranno decisivi. Nel profluvio di considerazioni ed idee che si possono leggere sul tema della riduzione della durata dei processi civili, mi azzardo ad aggiungere qualche spunto di riflessione, maturato dall’esperienza personale di giustizia vissuta assieme alle parti ed ai rispettivi difensori in ventotto anni di esercizio della giurisdizione ,
INTERPRETARE DATI E META DATI, INFORMAZIONI E META INFORMAZIONI
“In un mondo alluvionato da informazioni, la lucidità è potere” .
La digitalizzazione della giustizia significa in primo luogo trasparenza sui dati giudiziari, che già da tempo, ed autonomamente, chiunque, dal semplice cittadino agli enti di ricerca, è in grado di conoscere, elaborare ed analizzare (vedi portale PST, l’App Giustizia Civile e soprattutto il sito DGSTAT, che offre da ultimo rilevazioni aggiornate mensilmente ). Una semplice ricerca su internet rivelerà quanti, a vario tiolo, si cimentano sulla questione dell’efficienza/inefficienza dei giudici e degli uffici giudiziari . Non si contano gli editoriali che la stampa riserva al tema, offrendo ricette e soluzioni di evidente impatto mediatico .
I magistrati concorrono quotidianamente alla creazione delle statistiche giudiziarie. Ogni deposito nel PCT si avvale di dati/informazioni, ed al tempo stesso crea nuovi dati/informazioni. Chi è più vicino alla creazione del dato statistico è meglio in grado di interpretarlo, ma anche di manipolarlo. Occorre accrescere la consapevolezza dei magistrati sulle statistiche giudiziarie, che devono rispondere ai canoni di rappresentatività e verità proprie delle statistiche pubbliche, costituendo la base dati per analisi e comparazioni, a livello locale, nazionale e sovranazionale.
Il perseguimento dell’obiettivo della riduzione della durata dei procedimenti civili non può all’evidenza prescindere da una previa analisi e comparazione dei dati dei singoli uffici, e la magistratura deve essere protagonista di questo necessario lavoro di raccolta ed analisi dei dati giudiziari, per poterne offrire per prima una lettura funzionale ad individuare problemi e possibili soluzioni.
Il CSM, tramite il proprio Ufficio Statistico, anche con l’ausilio della STO presso la VII Commissione, da anni analizza ed elabora dati, avvantaggiandosi anche delle imprescindibili meta informazioni che forniscono i direttivi ed i semi-direttivi, ad esempio, nelle rispettive relazioni periodiche rese in occasione dei programmi di gestione.
Migliorare la qualità della base dati, saperla implementare ed interpretare appare ora più che mai fondamentale, e sarebbe importante che il CSM condividesse con gli uffici giudiziari le ricerche ed analisi effettuate dall’Ufficio Statistico, in modo da poterne fornire una lettura il più possibile partecipata . A questo scopo, sarebbe fondamentale l’avvio del Datawarehouse del CSM - troppo a lungo procrastinato, e che consentirebbe all’organo di governo autonomo della magistratura di acquisire piena autonomia nell’estrazione ed analisi dei dati statistici - ed altresì un organico rafforzato dell’Ufficio Statistico, composto ad oggi da sole quattro unità. Al riguardo, va peraltro rimarcato che si pretendono dagli uffici giudiziari estrazioni statistiche, capacità di analisi e conseguente progettualità nonostante in diversi distretti manchi persino lo statistico distrettuale, ed a non pochi dirigenti venga demandato di supplire alla vacanza del dirigente amministrativo. C’è quindi da augurarsi la tempestiva immissione negli uffici giudiziari di personale esperto, anche a copertura di vacanze troppo a lungo tollerate.
Merita comunque ricordare che ai RID, che sono diretta espressione del CSM, è demandato, in sede distrettuale di, «garantire un miglioramento delle condizioni organizzative riservate al singolo magistrato ed all’ufficio, anche nella prospettiva di innalzamento delle qualità del lavoro giudiziario» , adottando iniziative indirizzate ad implementare il livello di informatizzazione ed innovazione del distretto e assicurandone la diffusione omogenea in tutti gli uffici. In questa prospettiva, quale RID civile nel distretto di Milano, ho avviato la raccolta dei dati sulla durata media di taluni procedimenti civili a priorità legale (dati già oggetto di analisi a livello centrale, ed in primis da parte dell’Ufficio Statico del CSM), che evidenziano significative differenze tra i vari Tribunali del distretto e che, nei prossimi mesi, tramite la rete dei MAGRIF, verranno esaminati assieme ai magistrati del distretto assegnati al civile, in un contesto di “informazione a cascata” sull’utilizzo degli applicativi ministeriali a fini gestionali. La finalità è aumentare la consapevolezza dei magistrati sull’importanza della corretta implementazione delle statistiche giudiziarie, e sulla possibilità di approcciarsi alla gestione del ruolo sfruttando le potenzialità degli applicativi, anche in vista del proficuo utilizzo del personale aggiuntivo che dovrebbe essere immesso negli uffici a partire dal gennaio/febbraio 2022.
LA FORMAZIONE QUALE FONDAMENTALE LEVA ORGANIZZATIVA – LA NECESSARIA SINERGIA TRA CSM SSM e MINISTERO GIUSTIZIA
Il periodo emergenziale ha evidenziato come la formazione giochi un ruolo essenziale nell’ordinario e quindi, a maggior ragione, per la gestione di situazioni inedite caratterizzate da tempistiche pressanti, preservando, nel pluralismo di idee, l’autonomia interna ed esterna della magistratura.
Sin dalla prima fase emergenziale la Scuola Superiore della Magistratura, anche in adesione ad una specifica richiesta del CSM , ha attivato un bombing di webinar coinvolgendo centinaia di magistrati, ed offrendo preziose occasioni per riflettere e fare sintesi su tematiche organizzative, sui nuovi moduli processuali ed in generale sulle disposizioni emergenziali in tema di giustizia.
Anche nell’ultima “circolare tabelle” è confermata la necessità di preservare sei giornate all’anno libere da udienza per dedicarle alla partecipazione ad iniziative formative . Per evitare di approcciarsi in ordine sparso alle imminenti novità, oltre alle iniziative che il CSM certamente metterà in campo sarà imprescindibile dedicare adeguato tempo ad iniziative formative che consentano alla magistratura di giocare un ruolo proattivo nel nuovo contesto, e di ottenere risultati misurabili preservando, ed auspicabilmente elevando, la qualità della giurisdizione.
LA PROFESSIONE DEL GIUDICE E LA DIGITALIZZAZIONE: UN’OCCASIONE DI RIFLESSIONE
La grande disponibilità di dati ed informazioni è espressione del principio di trasparenza nell’agire della pubblica amministrazione; è peraltro evidente il profondo significato democratico della trasparenza nell’esercizio della giurisdizione.
Dalla digitalizzazione della giustizia consegue anche una maggiore possibilità di “indagare” il mestiere del giudice. Non è più tempo, quindi, per considerare un ufficio giudiziario alla stregua di una «scatola nera” ove si celebrano riti imperscrutabili, e le Corti quali «istituzioni opache» dal funzionamento «indecifrabile dall’esterno» o come «pluralita’ di articolazioni incapaci di garantire uguali standard di prestazione e di comportamento»
Nel documento di accompagnamento al format del programma di gestione, il dirigente di un ufficio giudiziario, nell’illustrare le modalità organizzative ed i monitoraggi approntati nell’ufficio nell’ambito del piano di smaltimento dell’arretrato, ha riferito di aver appurato che tutti i giudici civili avevano adottato la prassi di differire di un anno la quasi totalità delle prime udienze di trattazione, e di averli richiamati circa la necessità di rispettare, nell’eventualità di dover disporre il suddetto rinvio, le tempistiche imposte dall’art. 168 bis u.c. c.p.c.. Non può esservi dubbio del fatto che il contenimento dei tempi del primo contatto tra le parti ed il giudice integri un indice di qualità nella gestione del contenzioso. Analogamente, sono indici di qualità la fissazione ed il rispetto del calendario del processo, l’evitare udienze di mero rinvio, il contenimento dei tempi della CTU, l’adozione ove possibile di provvedimenti contestuali all’udienza, il rispetto dei tempi di deposito dei provvedimenti, ecc….
Il processo telematico è strutturato come una successione di stati/eventi, ed in presenza di corrette annotazioni degli eventi da parte delle cancelleria, è ora possibile verificare, attraverso apposite query, le modalità di organizzazione del processo, ossia il cosiddetto case management che, notoriamente, a parità di rito e di contesto, può variare molto da giudice a giudice. Del resto il CSM da tempo valorizza le buone prassi nella conduzione del processo, costituendo specifici gruppi di lavoro al fine dell’emanazione di possibili linee guida
Se è vero che alla sentenza “giusta” si perviene tramite un “giusto processo”, va detto che i magistrati italiani sono abituati, nell’ambito delle valutazioni di professionalità, all’esame di provvedimenti estratti “a campione”, mentre sarebbe opportuno che, come avviene in altri paesi europei, la valutazione involga interi fascicoli estratti “a campione”. Il che consentirebbe di valutare non solo la decisione, ma anche la modalità di gestione del processo prodromica alla decisione.
Nel “Resoconto dell’attività della Settima Commissione in materia di programmi di gestione ex art. . 37 co. 1 D.L. n. 98/2011 convertito con l. n. 111/2011, ed indicazioni operative” il CSM ripercorre il lavoro pluriennale svolto sui suddetti strumenti consuntivi e di pianificazione annuale, osservando, tra l’altro, che il programma di gestione va ricondotto “nell’ambito del diritto tabellare. Diritto che, da strumento volto a “contemperare l’obiettività e l’imparzialità dei giudizi con le esigenze della continuità e prontezza delle funzioni giurisdizionali” (Corte Cost. sent. n. 146/1969 e 272/1998), è quindi divenuto anche strumento per l’affermazione, all’interno degli uffici giudiziari, di un’organizzazione attenta all’efficienza ed agli aspetti gestionali. Ciò con la necessaria sensibilità per gli aspetti propri di un’organizzazione peculiare quale quella giudiziaria, che vede al centro del proprio agire le persone ed i diritti, e che riconosce al giudice un ampio tasso di autonomia operativa nella gestione del contenzioso civile; autonomia che, per evitare il rischio di una frammentarietà di azione, va ricondotta ad unità nell’ambito del servizio complessivamente reso dall’ufficio giudiziario, tramite opportune azioni di coordinamento nel lavoro dei singoli magistrati. In quest’ottica, la procedimentalizzazione proposta dal Consiglio per la predisposizione del programma di gestione presupporrebbe che, idealmente, ogni magistrato assegnato all’ufficio elabori il programma di gestione del proprio ruolo, e così la sezione con riguardo agli affari di propria competenza tabellare, e che, attraverso la prescritta procedura partecipata, venga garantita la circolarità delle informazioni all’interno dell’intero ufficio, tramite la diffusione a tutti i magistrati delle relazioni dei presidenti di sezione. Gli obiettivi che si pone l’ufficio nel suo complesso riguardano infatti ciascun magistrato, a prescindere dal settore in cui è chiamato ad operare”.
Nel fornire il suddetto resoconto, il CSM sottolinea di essersi “costantemente adoperato per incrementare e sostenere la dimensione gestionale dell’organizzazione del lavoro all’interno degli uffici giudiziari” e richiama gli art. 14 e 16 della Magna Carta dei Giudici (Principi fondamentali) adottata Consiglio consultivo dei giudici europei (CCJE) il 17 novembre 2010, secondo cui “La giustizia deve essere trasparente e debbono formare oggetto di pubblicazione informazioni sul funzionamento del sistema giudiziario”, e che “Il giudice deve utilizzare tecniche appropriate di gestione del processo e del carico di lavoro (case management)”.
Nel dicembre 2019 il CSM auspicava che la redazione del programma di gestione per il 2020 potesse “rappresentare un appuntamento cruciale per consentire agli uffici di consolidare le competenze gestionali, ed al CSM di verificare ulteriori semplificazioni delle relative procedure, al fine di poter affrontare al meglio, nel 2021 le nuove sfide connesse all’obbligatorietà della programmazione della gestione degli affari penali, in un rinnovato contesto tabellare”.
Purtroppo la sopravvenuta emergenza pandemica ha imposto una fase di arresto nel percorso di miglioramento della capacità di programmazione dello smaltimento dell’arretrato da parte degli uffici
Ma non ha impedito al CSM di mettere a fuoco altri aspetti dell’organizzazione degli uffici giudiziari, tra cui quelli oggetto di regolamentazione nella nuova circolare tabelle.
In tale contesto, appare interessante il cambio di paradigma con riguardo ai semi direttivi. L’analisi dei dati statistici demandata all’Ufficio statistico del CSM ha evidenziato, quanto agli uffici di primo grado, l’insussistenza di una correlazione tra l’indice di efficienza costituito dalla durata media dei procedimenti ed il numero di semi direttivi presenti nell’ufficio. Nell’opinione comune, l’assunzione del ruolo di presidente di sezione costituiva un punto di arrivo, piuttosto che un punto di partenza, come invece dovrebbe essere rispetto all’assunzione di qualsivoglia incarico a servizio della giurisdizione.
La scelta della nuova circolare tabelle è nel senso di richiedere che, a livello di organizzazione tabellare dell’ufficio, l’apporto del semi direttivo venga maggiormente responsabilizzato e verificato . Così, ad esempio, la figura del coordinatore di sezione diventa del tutto eccezionale, dovendosi piuttosto attribuire ad un medesimo semi direttivo il coordinamento di più sezioni. Dalle varie disposizioni relative ai semi direttivi emerge chiara la volontà del CSM di rendere più incisivo e concreto l’apporto dei semi direttivi, che godono di uno sgravio del lavoro giudiziario: esonero che deve garantire un ritorno in termini di efficacia ed efficienza del servizio giustizia erogato dall’ufficio, tale che il tempo speso in attività organizzativa compensi quello sottratto all’esercizio della giurisdizione.
L’art. 47 quater dell’ordinamento giudiziario attribuisce ai presidenti di sezione il compito di sorvegliare l'andamento dei servizi di cancelleria ed ausiliari, di distribuire il lavoro tra i giudici e di vigilare sulla loro attività, curando anche lo scambio di informazioni sulle esperienze giurisprudenziali all'interno della sezione, oltre al compito di collaborare con il capo dell’ufficio.
La vigilanza demandata al semi direttivo non involge all’evidenza solamente il risultato in termini numerici, dovendo curare anche l’aspetto qualitativo dell’esercizio della giurisdizione. Anche nell’ottica del contenimento della durata dei giudizi, sarebbe fondamentale condividere in sezione le finalità e le modalità di utilizzo dello strumento processuale in modo da far emergere una sensibilità comune che tenga conto anche delle specificità delle materie trattate. Il che non vuol dire uniformità nella gestione del ruolo, ma nello stile professionale e nell’approccio al contenzioso.
L’ordinamento giudiziario prevede un intenso, prolungato ed articolato tirocinio ad inizio carriera, con il supporto di magistrati affidatari che accompagnano nel necessario apprendimento del “mestiere” di giudice. La precedente circolare tabelle 2017/2019 prevedeva, all’art. 46, la possibilità di “coassegnazione per esigenze di riconversione” e dunque essenzialmente formative” . Detta circolare tabella, ed anche la più recente, prevedono interventi a supporto dei magistrati che abbiano accumulato ritardi nei depositi dei provvedimenti. In occasione di uno Short Term Exchange nelle sezioni lavoro dei Tribunale di Treviri e Costanza e della Corte di Coblenza ho tra l’altro appreso che in Germania il magistrato che manifesti un qualche motivo di difficoltà nella gestione ed organizzazione dei processi può volontariamente attivare un breve periodo di tutoraggio, usufruendo del supporto di un magistrato più esperto nella specifica competenza di interesse (che può riguardare anche singole frazioni del processo, come ad esempio la gestione dell’interrogatorio delle parti e del tentativo di conciliazione). Peraltro gli scambi europei sono essi stessi una straordinaria occasione formativa, consentendo ai giudici europei di confrontarsi anche sulle possibili diverse modalità di approccio al contenzioso, in una cornice valoriale e di principi condivisa a livello europeo .
Dalla delibera del CSM sulle Best Practices del 17 giugno 2015, apprendiamo che: 1) la carenza di risorse l’arretratezza organizzativa ostacolano adeguati livelli di efficienza ed efficacia dell’intervento giudiziario; 2) l’organizzazione non può sostituire le risorse; 3) l’organizzazione non è un valore assoluto ma uno strumento, e non può portare ad una diminuzione delle garanzie del cittadino né ridurre la “centralità della funzione del giudice”; 4) il monitoraggio delle cd. prassi virtuose compiuto dal CSM ha evidenziato che una delle principali aree di elezione della “creatività ed esigenza di miglioramento dal basso” (che sarebbe sottesa alle best practices) è quella volta ad assicurare “una qualche struttura di sostegno all’attività del magistrato”; 5) risulta pertanto imprescindibile affiancare “figure esperte” al magistrato.
A livello normativo, la questione risulta affrontata per la prima volta in un disegno di legge del 2007 e, di seguito, nell’art. 16 octies, co. 2 D.L. 179/2012, conv. in L n. 221/2012, rubricato “ufficio del processo”, ed in cui si prevede la costituzione presso le Corti d’Appello ed i Tribunali dell’ufficio del processo, e ciò al fine di “garantire la ragionevole durata del processo, attraverso “l’innovazione dei modelli organizzativi ed assicurando un più efficiente impiego delle tecnologia dell’informazione e della comunicazione”, demandandosi al CSM ed al Ministro della giustizia di darvi attuazione “senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Quindi è intervenuto il DM 2 ottobre 2015. A distanza di circa sei anni, ad inizio 2022 l’UPP dovrebbe finalmente diventare una realtà, fatta di risorse e di persone, cui peraltro il Ministero dovrebbe impartire una formazione iniziale.
I magistrati negli anni si sono abituati non solo a fare a meno dell’assistenza di udienza (pur normativamente prevista) ma a supplire in vario modo alla necessaria collaborazione del personale di cancelleria; solo grazie all’avvento del PCT si è potuta in qualche modo compensare la costante emorragia di personale registrata dagli uffici.
Si consideri che, allo stato, i magistrati possono scegliere se dare la propria disponibilità ad essere affidatari di un tirocinante ex art. 73 decreto legge n. 69/2013 (accollandosi i relativi “oneri formativi”), e l’esperienza insegna che, in diversi uffici, può risultare faticoso trovare magistrati disponibili (nonostante la continua diminuzione di laureati che fanno domanda); talvolta risulta problematico persino trovare colleghi disposti a svolgere il ruolo di affidatario di MOT.
Senza voler qui affrontare il tema del ruolo di supporto immaginato per la magistratura onoraria (che meriterebbe un discorso a parte), nella prospettiva dell’immissione di nuovo personale a termine, occorrerebbe probabilmente proporre negli uffici modelli positivi di esperienze di affiancamento, suggerendo modalità proficue di impiego di forme di collaborazione nell’esercizio della giurisdizione, e proponendo ad esempio la possibilità di usufruire di una sorta di “tutoraggio” da parte di magistrati che sono stati affiancati da tirocinanti in favore dei colleghi che non se ne sono mai avvalsi. Sarebbe inoltre opportuno suggerire ai giudici destinatari di risorse in affiancamento di predisporre uno specifico progetto organizzativo sul proprio ruolo, strutturato avuto riguardo alle pendenze, ai flussi prevedibili ed all’entità degli apporti ottenuti.
In ogni caso, la collaborazione e lo scambio di informazioni e di esperienze professionali meriterebbe forse di essere intensificato all’interno degli uffici, e tra uffici, per lo meno a livello distrettuale, considerate che il mestiere di giudice richiede la continua capacità di mettersi in discussione, ed una costante disponibilità all’apprendimento. Ciò sarà tanto più necessario nei mesi a venire, per non trovarsi impreparati nel 2022, che è ormai alle porte.
Concluderei traslando una considerazione di Y.N. Harari sulle sfide tecnologiche, che ben può adattarsi alle sfide che ci attendono … così, mi sentirei di affermare che la magistratura saprà essere all’altezza della situazione se riuscirà a controllare la paura del nuovo, e coltivare la propria visioni sul futuro della giurisdizione con un po’ più di umiltà.

 

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