Testo integrale con note e bibliografia

Testo del decreto art. 28 s.l.trib. alessandria

1. Il decreto del Tribunale di Alessandria: i fatti di causa.
Con decreto ex art. 28 l.n. 300/1970 del 04.11.2022 il Tribunale di Alessandria è intervenuto nell’annosa questione circa la riconducibilità all’interno della fattispecie della condotta antisindacale in caso di mancata partecipazione di una delle sigle sindacali alla trattativa e alla stipulazione del testo negoziale finale.
La pronuncia in oggetto rappresenta la fase conclusiva del procedimento avviato con ricorso ex art. 28 l.n. 300/1970 presentato da una sigla sindacale, articolazione territoriale di una sigla nazionale sottoscrittrice del CCNL Logistica – Trasporto Merci e Spedizione.
Nel ricorso presentato la sigla in questione ha dedotto che, nella tarda primavera del 2022, erano state avviate delle trattative volte alla sottoscrizione di un accordo di secondo livello ai sensi dell’art. 11 bis del CCNL Logistica – Trasporto Merci e Spedizione.
Nello specifico, la trattativa sindacale aveva ad oggetto questioni connesse all’articolazione dell’orario di lavoro quali, esemplificativamente, i) il riconoscimento della c.d. “discontinuità” sull’orario ordinario di lavoro, ii) la possibilità di forfettizzare il lavoro straordinario, nonché iii) la corresponsione di un importo definito a titolo di indennità di trasferta in favore del personale in servizio.
Nell’ambito di tale trattativa sindacale, alla quale partecipava proficuamente anche l’O.S. ricorrente, le parti raggiungevano un accordo che, tuttavia, veniva respinto dall’assemblea dei lavoratori nel mese di luglio del 2022 determinandosi, quindi, la necessità di operare una riapertura delle trattative per addivenire alla formulazione di un nuovo testo negoziale condiviso tra OO.SS. e datore di lavoro da sottoporre nuovamente al referendum aziendale.
Tuttavia, posto che, nelle more di tale procedimento di rinnovo, il precedente accordo aziendale relativo al riconoscimento della c.d. discontinuità era già scaduto alla metà del mese di giugno 2022, le parti concordavano di disporre una proroga della sua efficacia sino alla fine del mese di luglio 2022.
La società, al fine di consentire una proficua riapertura del tavolo sindacale, si attivava immediatamente inviando, in data 21.07.2022, una mail con la quale proponeva alle parti la fissazione di nuovo incontro che si sarebbe tenuto in data 29.07.2022 o in altra data della medesima settimana manifestando, quindi, un’ampia disponibilità a ricercare un’occasione di incontro con le parti sindacali.
L’O.S. ricorrente manifestava immediatamente la propria indisponibilità a poter svolgere l’incontro nella data proposta dalla società e, in generale, per l’intera settimana rendendosi disponibile ad un nuovo incontro da tenersi unicamente nel mese di settembre 2022.
L’O.S. ricorrente, con comunicazione mail, inviata il giorno seguente (22.07.2022), proponeva, quindi, un ulteriore proroga dell’accordo precedente e, comunque, un incontro in data differente e antecedente rispetto a quella comunicata dalla società.
La società, con nuova comunicazione mail inviata a tutte le sigle sindacali, evidenziava come la maggior parte delle sigle sindacali coinvolte avessero fornito propria disponibilità all’incontro del 29.07.2022 chiedendo, quindi, al segretario territoriale dell’O.S. ricorrente di poter partecipare da remoto all’incontro stesso invitando, diversamente, gli altri segretari territoriali a concordare nuova data e specificando che laddove non fosse stata concordata una nuova data la società sarebbe stata d’accordo a disporre la proroga del precedente accordo, nel frattempo scaduto.
Tuttavia, a tale comunicazione non seguiva alcun riscontro e, pertanto, l’incontro si teneva regolarmente nella già fissata del 29.07.2022.
In medesima data, il segretario territoriale dell’O.S. ricorrente aveva inviato una mail alla società e alle altre O.S. contenente una bozza d’accordo che lo stesso avrebbe accettato laddove lo stesso avesse trovato il voto favorevole delle altre parti. Questa comunicazione non otteneva alcun riscontro né dalle altre sigle sindacali né dal datore di lavoro che decidevano, comunque, di incontrarsi nella medesima data del 29.07.2022 per concludere la trattative e concordare un nuovo testo contrattuale.
Le parti presenti alla riunione inviavano apposito link per connettersi in modalità c.d. “da remoto” al segretario territoriale dell’O.S. ricorrente che, però, non si connetteva e non partecipava alla riunione poiché impegnato in altra riunione decidendo, altresì, di non delegare nessuno in rappresentanza della sigla territoriale.
All’incontro era, tuttavia, presente l’RSA della sigla sindacale ricorrente pur non partecipando, per propria decisione, attivamente alla discussione.
Dunque, in data 29.07.2022, pur in assenza del segretario della sigla sindacale ricorrente che decideva di non delegare altri soggetti, ma in presenza, comunque, dell’RSA della sigla ricorrente, veniva sottoscritta dall’Azienda e da altre due OO.SS. un accordo differente rispetto a quello proposto a mezzo mail che veniva successivamente approvato dai lavoratori e depositato presso l’ITL territorialmente competente.
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2. L’azione proposta dalla sigla sindacale tra attualità della domanda e insussistenza dell’asserita antisindacalità della condotta.
L’O.S. ricorrente, con azione proposta giudiziale proposta ai sensi di quanto previsto e disposto dall’art. 28 l.n. 300/1970, ha affermato la natura antisindacale della condotta posta in essere dalla società chiedendo, quindi, venisse dichiarato nullo o, comunque, illegittimo l’accordo sottoscritto con le altre sigle sindacali in data 29.07.2022 al fine di rimuovere gli effetti lesivi del denunciato comportamento aziendale, oltre che di ordinare la pubblicazione e la diffusione dell’emettendo decreto ex art. 28 l.n. 300/1970 presso tutti i locali e le bacheche aziendali e/o locali a disposizione dei lavoratori, oltre che sulla homepage del sito internet della società.
Dal canto suo, la società resistente resisteva in giudizio eccependo, preliminarmente, la tardività del ricorso poiché collocato in momento eccessivamente postergato rispetto a quello in cui si era collocato l’asserito comportamento antisindacale evidenziando, per l’effetto, la mancanza di “attualità” della condotta che parte ricorrente riteneva esser lesiva: nella prospettazione della società la condotta asseritamente antisindacale doveva ritenersi esaurita poiché, ormai, ratificata dall’assemblea dei lavoratori e depositata presso l’ITL di Alessandria.
Inoltre, la società resistente, nel merito, sosteneva l’insussistenza di qualsivoglia condotta aventi i crismi della c.d. “condotta sindacale”, affermando la insussistenza di un obbligo per il datore di lavoro di contrarre con tutte le OO.SS e, comunque, di aver messo l’O.S. ricorrente di poter proficuamente partecipare alle trattative.
Il Giudice del Lavoro, nel decidere la controversia, ha preliminarmente ritenuto infondata l’eccezione di tardività proposta dalla società ritenendo che non vada confusa la nozione di “attualità” con quella di “immediatezza” dell’azione giudiziale.
Difatti, secondo il ragionamento fatto proprio nella pronuncia, è dirimente la circostanza per cui l’art. 28 l.n. 300/1970 non prevede alcun termine di proponibilità dell’azione volta all’accertamento e alla cessazione della condotta antisindacale posto che il termine per la proposizione della stessa è dato, unicamente, dalla durata degli effetti o dalla mera potenzialità degli effetti lesivi della condotta datoriale che nel caso di specie certamente sussistevano.
Invero, il Giudice del Lavoro ha ritenuto che l’azione proposta dalla sigla sindacale fosse certamente dotata del crisma dell”attualità” posto che la condotta tenuta dall’azienda mediante conclusione delle trattative in assenza dell’O.S. e la successiva sottoscrizione dell’accordo di secondo livello, fossero certamente idonee a cagionare il discredito dell’immagine e dell’attività dell’O.S. ricorrente agli occhi dei lavoratori e tale discredito fosse perdurato per tutta la permanenza dell’esistenza e applicazione dell’accordo siglato.
Tuttavia, nonostante la certa “attualità” della condotta, il Tribunale di Alessandria, con il citato decreto, ha ritenuto che la domanda proposta dall’O.S. ricorrente non potesse trovare accoglimento sulla scorta del noto indirizzo interpretativo della Corte di Cassazione (ex multis, Cass. n. 14511/2013) secondo cui, nell’ordinamento giuslavoristico italiano, non sussiste alcun obbligo a carico del datore di lavoro di trattare e stipulare contratti collettivi con tutte le OO.SS. e va riconosciuto, invece, al datore del lavoro, nell’ambito della sua autonomia negoziale, la possibilità di sottoscrivere un nuovo contratto con OO.SS. anche differenti rispetto a quelle che hanno trattato e sottoscritto il precedente accordo.
Nell’applicare tale principio, il Giudice del Lavoro ha ritenuto che non potesse ravvisarsi alcuna condotta antisindacale posto che, pur al netto del principio giurisprudenziale su evidenziato, il sindacato ricorrente era stato messo nella condizione di poter partecipare sia alla trattativa che alla sottoscrizione del contratto rendendosi assente e indisponibile alla partecipazione per proprie scelte meramente organizzative e logistiche.
Difatti, è stata valorizzata la circostanza per cui, a fronte delle problematiche logistiche e temporali avanzate dall’O.S. ricorrente, l’Azienda avesse, comunque, fornito ampia disponibilità a individuare nuova data di incontro o, in alternativa, avesse evidenziato la propria disponibilità a che l’incontro si tenesse con modalità da remoto.
Nella pronuncia è stato, inoltre, evidenziato che la mancata partecipazione dell’O.S. alle trattative fosse derivata non già da una volontà della società di estromettere la sigla, ma dalla indisponibilità del segretario territoriale a presenziare e anche a delegare soggetti terzi legittimati a trattare e sottoscrivere in sua vece e conto.
Inoltre, ulteriore circostanza dirimente per la soluzione della vicenda, è rappresentata dalla presenza all’incontro dell’RSA della medesima sigla sindacale che, pur non avendo alcuna delega dal segretario territoriale, e pur avendo deciso di non partecipare in maniera attiva alla discussione e non aderire all’accordo, era comunque presente e coinvolto alla riunione.
Tale ultima circostanza di fatto è stata valorizzata quale ulteriore indice dell’assenza di condotta antisindacale posto che l’art. 11 bis del CCNL Logistica – Trasporto Merci e Spedizione prevede espressamente la titolarità in capo alle RSA alla stipulazione degli accordi collettivi decentrati.
Dunque, parafrasando l’apparato motivazionale della pronuncia, la mancata partecipazione del sindacato alle trattative è imputabile al sindacato stesso.
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3. (Brevi cenni) sulla natura dell’azione ex art. 28 l.n. 300/1970 (c.d. “Statuto dei Lavoratori”).
Il decreto che qui si commenta, dunque, è occasione per riflettere sui riflessi pratici di applicazione della disciplina sulla fattispecie sostanziale, ma anche processuale della c.d. “condotta antisindacale”.
Com’è noto, l’art. 300 l.n. 300/1970 (c.d. “Statuto dei Lavoratori”) ha previsto che: “qualora il datore di lavoro ponga in essere comportamenti diretti ad impedire o limitare l'esercizio della libertà e della attività sindacale nonché del diritto di sciopero, su ricorso degli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse, il pretore del luogo ove è posto in essere il comportamento denunziato, nei due giorni successivi, convocate le parti ed assunte sommarie informazioni, qualora ritenga sussistente la violazione di cui al presente comma, ordina al datore di lavoro, con decreto motivato ed immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti”.
Il bene tutelato dalla norma può esser identificato nella pluralità di situazioni giuridiche attive che possono essere individuate: nell’esercizio della libertà, dell’attività sindacale, e del diritto di sciopero.
In particolare, con la norma in questione il legislatore è intervenuto a porre in essere un “controlimite” alla libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Cost. prevedendo che la stessa non potesse essere esercitata in modo tale da neutralizzare il corrispettivo diritto di libertà sindacale consacrato dall’art. 39 Cost.
Per come evidenziato in dottrina nella relazione dell’On. Mancini al ddl Brodolini presentato alla Camera dei deputati nel 1969 è possibile leggere che l’art. 28 era una disposizione volta a colpire “il comportamento antisociale”.
L’azione prevista dall’art. 28 l.n. 300/1970 si colloca all’interno delle c.d. “azioni rimediali” posto che, per come osservato in dottrina, tale azione abbraccia la scelta di politica del diritto di “abbandonare la logica puramente attributiva di nuovi diritti per dettare rimedi sostanziali e processuali” a garanzia effettiva di interessi meritevoli di tutela” .
Occorre evidenziare come la dottrina giuslavoristica si è ampiamente interrogata sulla portata stessa della norma posto che, in una prima fase, è emerso un approccio che valutava come meramente “processuale” la natura della norma; mentre, in una seconda fase, proprio in un’ottica di valorizzazione dell’effetto rimediale, si è sottolineata la natura anche e soprattutto sostanziale della norma: una disposizione, dunque, che non solo disciplina un particolare rito processuale, ma che, anzi, produce degli effetti sostanziali mediante la concessione al Giudice di un potere “rimediale”
Tuttavia, posto che la norma in questione “non descrive in modo analitico le fattispecie oggetto di repressione” permane la problematicità di “perimetrare” le condotte che possono essere oggetto di repressione.
Quest’ultimo profilo non risulta esser particolarmente problematico nella pronuncia che qui si commenta posto che la mancata partecipazione alle trattative è certamente ipotesi di astratta sussumibilità all’interno del perimetro applicativo dell’art. 28 l.n. 300/1970 non dubitandosi la possibilità del sindacato di azionare la relativa procedura per far dichiarare l’illegittimità della condotta e, quindi, degli atti compiuti.
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4. Spunti applicativi e interpretativi del decreto in commento: indisponibilità del sindacato a presenziare nel giorno fissato per le trattative e insussistenza di condotta antisindacale.
Nel caso a mani, il Giudice del Lavoro si è dovuto interrogare per rilevare se la mancata partecipazione della sigla sindacale alla trattativa, nei termini fattuali anzi descritti, avesse i crismi per esser qualificata come condotta antisindacale ai sensi dell’art. 28.
Per quanto breve, la pronuncia in esame si compone, in un’ottica interpretativa, di due distinti momenti: il primo teso a individuare i profili di ammissibilità della domanda proposta dal sindacato e, dunque, ad identificare i presupposti affinché possa affermarsi l’attualità della lesione e, quindi, la permanenza dell’interessa ad agire; il secondo, più articolato, che si interroga sulla legittimità della condotta del datore di lavoro che decide di trattare e sottoscrivere un accordo soltanto con alcune sigle sindacali.
Sotto il primo profilo, la pronuncia offre un momento di riflessione in ordine ai presupposti che debbono sussistere per poter integrare l’interesse dell’organizzazione sindacale all’avvio dell’azione giudiziaria ex art. 28 l.n. 300/1970.
Sul punto, non è stata condivisa la prospettazione della società in ordine a una pretesa inammissibilità dell’azione per tardività del ricorso rispetto al momento in cui era stata collocata la condotta censurata dal sindacato ritenendo, in particolare, che la presentazione del ricorso a distanza di qualche mese rispetto al giorno in cui venivano effettuate le trattative e sottoscritto il contestato accordo determinasse una mancanza di attualità della condotta affermata come lesiva.
Al contrario, la pronuncia ha ritenuto, mediante una interpretazione del corretto significato da attribuire al termine letterale, che l’”attualità” non può essere confusa con la differente nozione dell’”immediatezza”.
Difatti, se quest’ultimo termine si ancora alla necessità che un atto venga compiuto entro un termine temporale ben definito (valorizzando un aspetto meramente quantitativo) il primo termine valorizza la necessità di valutare, anche a distanza di tempo, il perdurare degli effetti negativi della condotta contestata anche se lontana nel tempo (valorizzando, quindi, un aspetto qualitativo).
In tal modo un’azione antisindacale può ritenersi ammissibile anche se volta a contestare atti sottoscritti, o condotte compiute, in tempi pregressi a patto che gli effetti degli atti e delle condotte si riverberino negativamente nella sfera del sindacato.
Dunque, nel caso oggetto della pronuncia in commento, la circostanza che l’accordo di secondo livello sottoscritto ad esito delle trattative alle quali il sindacato ricorrente non aveva partecipato, produceva i propri effetti era astrattamente idoneo a cagionare un discredito di immagine e di attività dell’Organizzazione Sindacale che è idoneo a permanere fintantoché permangono gli effetti dell’accordo.
Tuttavia, sotto il secondo profilo, pur ritenuta ammissibile l’azione proposta dal sindacato, e “attuali” gli effetti della condotta datoriale censurata, il Giudice del Lavoro ha constatato come non sussistessero i presupposti per dichiarare l’antisindacalità della condotta posta in essere dall’Azienda.
La stessa è stata esclusa, in via preliminare, e con ragionamento tranchant, richiamando il su citato orientamento della Corte di Cassazione che esclude un obbligo di trattare indistintamente con tutte le organizzazioni sindacali.
Invero, è ius receptum il principio che nel nostro ordinamento l'imprenditore, nello stipulare un contratto o un accordo collettivo, non è obbligato ad intraprendere trattative con tutte indistintamente le organizzazioni sindacali .
Difatti, in applicazione di tale orientamento, viene espressamente richiamato il principio di libertà sindacale inteso come libera scelta della controparte contrattuale, in virtù del quale non sussiste un obbligo a trattare con tutte le organizzazioni sindacali: il datore di lavoro può legittimamente scegliere di non intavolare la trattativa richiesta dai sindacati oppure di iniziarla solo con alcuni, escludendone altri.
La mancata partecipazione alla trattativa di una sigla sindacale, infatti, non può essere considerata lesiva della libertà e dell'attività sindacale.
Il datore di lavoro può decidere, difatti, di negoziare il rinnovo dell'accordo aziendale con alcune delle sigle sindacali escludendone altre.
Ciò, nel decreto ex art. 28 l.n. 300/1970, viene individuato quale elemento di discrimine in ordine alla impossibilità di ipotizzare una condotta sindacale nella condotta posta in essere dall’Azienda.
Tuttavia, ed è questo l’elemento di particolarità della pronuncia commentata, nel caso in esame non vi era stato effettivamente alcun rifiuto da parte del datore di lavoro di trattare con la sigla sindacale ricorrente posto che la stessa, al pari delle altre sigle, era stata messa nelle condizioni di poter partecipare alla riunione e che, quindi, la mancata partecipazione alla trattativa e alla sottoscrizione dell’accordo non potevano che imputarsi unicamente a profili gestionali e organizzativi della sigla stessa.
Invero, il segretario territoriale aveva deliberatamente deciso, da un lato, di non presenziare alla riunione né fisicamente, né in remoto e, dall’altro, di non delegare soggetti terzi.
Inoltre, evidenzia la pronuncia che, proprio sulla scorta delle previsioni del CCNL applicabile (art. 11 bis) la trattativa poteva bene essere avviata e conclusa dall’RSA della sigla sindacale ricorrente che, nonostante fosse presente, decideva di non partecipare attivamente alla riunione e, quindi, di non sottoscrivere il testo.
E’ possibile evidenziare, quindi, che, sulla base di tali elementi fattuali, il ricorso sarebbe stato respinto anche a prescindere dal citato orientamento della Corte di Cassazione che garantisce all’imprenditore di non dover trattare con tutte le sigle sindacali posto che, nel caso in esame, per come evidenziato dalla ricostruzione dei fatti, la società aveva posto in essere plurime condotte tese a garantire anche alla sigla sindacale ricorrente possibilità di partecipazione. Invece, secondo il ragionamento giuridico sotteso al decreto, è imputabile unicamente alla stessa sigla sindacale ricorrente la mancata partecipazione alla trattativa e, dunque, la mancata sottoscrizione dell’accordo.

 

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