testo integrale con note e bibliografia
La gestione informatizzata del procedimento penale del Ministero della giustizia ha recentemente visto, sulla spinta della cd. riforma Cartabia, il tentativo di una rimeditazione progettuale degli applicativi nell’ambito di una complessiva reingegnerizzazione delle procedure automatizzate. Il decreto legislativo n.150 del 10 ottobre 2022 ha infatti introdotto una normativa di sistema basata sulla forma digitale degli atti (art.110 c.p.p.), sul deposito telematico (art.111 bis c.p.p.) e sul fascicolo informatico (art.111 ter c.p.p.) che consentirebbe l’integrale traslazione del procedimento penale verso una dimensione digitale, tuttavia, pur in presenza di tale nuovo quadro normativo, non è stato ancora realizzato un sistema organico di gestione digitale del procedimento penale e tantomeno un compiuto processo penale telematico (PPT).
L’ embrionale software del settore penale APP (acronimo di: Applicativo Processo Penale), realizzato dal Ministero della giustizia per la gestione dei flussi documentali strumentali alla gestione delle fasi del procedimento penale, nonostante le sue limitate funzionalità , presenta già alcuni usi dell’intelligenza artificiale (IA).
Tale affermazione necessita di qualche chiarimento preliminare atteso che definire l’intelligenza artificiale è arduo quanto formulare una descrizione dell’intelligenza naturale. A parere di chi scrive si può ritenere, con definizione semplificativa e sintetica, che l’intelligenza artificiale è un insieme di tecnologie che combina dati, algoritmi e potenza di calcolo . L’articolo 3, punto 1), del regolamento (UE) 2024/1689 prova, in proposito, a fare chiarezza fornendo una definizione normativa di “sistema di intelligenza artificiale” descrivendolo come “un sistema automatizzato progettato per funzionare con livelli di autonomia variabili e che può presentare adattabilità dopo la diffusione e che, per obiettivi espliciti o impliciti, deduce dall'input che riceve come generare output quali previsioni, contenuti, raccomandazioni o decisioni che possono influenzare ambienti fisici o virtuali”. Il “modello di intelligenza artificiale per finalità generali” viene poi definito dal medesimo articolo 3, al punto 63,del regolamento (UE) 2024/1689 come “un modello di IA, anche laddove tale modello di IA sia addestrato con grandi quantità di dati utilizzando l'autosupervisione su larga scala, che sia caratterizzato una generalità significativa e sia in grado di svolgere con competenza un'ampia gamma di compiti distinti, indipendentemente dalle modalità con cui il modello è immesso sul mercato, e che può essere integrato in una varietà di sistemi o applicazioni a valle, ad eccezione dei modelli di IA utilizzati per attività di ricerca, sviluppo o prototipazione prima di essere immessi sul mercato” .
Certo oggi, al di là di tali complesse definizioni normative (che rimandano spesso a concetti appartenenti al fluido nonchè magmatico mondo dell’ informatica) , si subisce l’ estrema fascinazione della creazione di interfacce “intelligenti” che occultano i meccanismi di funzionamento interni ai sistemi informatici e che paiono estendere a dismisura i concreti confini della definizione di IA (con allusioni e paragoni sempre più prossimi all’ intelligenza umana) , tuttavia si deve valutare che quando una macchina informatica produce risultati che l’osservatore non comprende questi la può trovare intelligente pur se riconducibile in realtà ad un procedimento puramente matematico o algoritmico, con la conseguenza che l’intelligenza della macchina finisce per essere misurata rispetto all’ignoranza o alla mancanza di comprensione dell’ osservatore.
Fatta tale doverosa premessa deve considerarsi che gli applicativi realizzati dall’amministrazione giudiziaria, utilizzando algoritmi e potenza di calcolo, sono anche idonei ad esplicare una funzione riconducibile al perimetro dell’IA (come tratteggiato dal regolamento UE 2024/1689) allorché pervengono a realizzare azioni, a svolgere funzioni decisorie o ad assistere a fasi decisorie .
Ciò avviene oggi, innanzitutto, attraverso il sistema del SICP (Sistema Informativo della Cognizione Penale: il software di gestione dei dati fondamentali dei registri della cognizione penale con funzioni di importazione, modifica, consultazione e conservazione dei file) con il quale è possibile ( ed in prospettiva sarà possibile con l’ uso evolutivo ed integrato dell’applicativo APP) disporre l’automatica assegnazione dei fascicoli dei procedimenti penali ai magistrati, impostando criteri matematici e logici di assegnazione ai singoli magistrati nonché mimando i criteri relativi alla distribuzione organizzativa dei procedimenti medesimi (tenendo conto ad esempio di esoneri, perequazioni e tipologie di reato attribuite ai settori specializzati dell’ufficio giudiziario). In buona sostanza in tal modo l’assegnazione dei fascicoli d’indagine e processuali viene effettuata da un sistema informatizzato che elabora output decisori mediante un programma riconducibile al paradigma dell’IA. E, se è dato acquisito che le funzioni decisorie promananti direttamente dall’uomo devono rispettare uno specifico obbligo motivazionale che garantisca il principio di trasparenza per consentire di esplicare efficacemente il pieno sindacato sulla decisione, deve affermarsi che, parallelamente, anche le menzionate funzioni decisorie automatizzate dovrebbero soddisfare un analogo principio di trasparenza. Su questi temi la Commissione Europea aveva già in passato evidenziato che doveva essere garantita la tracciabilità dei sistemi di IA per registrare e documentare sia le decisioni adottate dai sistemi sia l'intero processo che aveva prodotto le decisioni stesse, compresa una descrizione della raccolta e dell'etichettatura dei dati, nonché una descrizione dell'algoritmo utilizzato. In tale contesto si era evidenziata le necessità della spiegazione del processo decisionale degli algoritmi (si veda la Comunicazione della Commissione Europea al Parlamento, al Consiglio, al Comitato economico e sociale Europeo e al Comitato delle Regioni dell’8.4.2019) ed in relazione alle decisioni automatizzate si era, in generale, ritenuto configurabile un vero e proprio diritto alla spiegazione (cd. “right to explanation”, peraltro oggetto di una prima disciplina nell’ambito dei processi decisionali automatizzati previsti dall’art. 71 del regolamento dell’Unione Europea n. 679 del 27 aprile 2016 relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati) nei confronti del funzionamento dell’algoritmo .
In proposito recentemente l’articolo 86 del regolamento (UE) 2024/1689 ha opportunamente disciplinato proprio tale diritto alla spiegazione dei singoli processi decisionali stabilendo che “1.Qualsiasi persona interessata oggetto di una decisione adottata dal deployer sulla base dell'output di un sistema di IA ad alto rischio elencato nell'allegato III, ad eccezione dei sistemi elencati al punto 2 dello stesso, e che produca effetti giuridici o in modo analogo incida significativamente su tale persona in un modo che essa ritenga avere un impatto negativo sulla sua salute, sulla sua sicurezza o sui suoi diritti fondamentali ha il diritto di ottenere dal deployer spiegazioni chiare e significative sul ruolo del sistema di IA nella procedura decisionale e sui principali elementi della decisione adottata. 2.Il paragrafo 1 non si applica all'uso di sistemi di IA per i quali sono previste eccezioni o limitazioni all'obbligo stabilito in tale paragrafo in virtù del diritto dell'Unione o del diritto nazionale, in linea con il diritto dell'Unione. 3.Il presente articolo si applica solo nella misura in cui il diritto di cui al paragrafo 1 non sia altrimenti previsto dal diritto dell'Unione”.
La predetta norma si applica, senz’altro, all’ amministrazione della giustizia che è ricompresa tra i sistemi di IA ad alto rischio di cui all’ allegato III del regolamento (UE) 2024/1689 in quanto “destinati a essere usati da un'autorità giudiziaria o per suo conto per assistere un'autorità giudiziaria nella ricerca e nell'interpretazione dei fatti e del diritto e nell'applicazione della legge a una serie concreta di fatti, o a essere utilizzati in modo analogo nella risoluzione alternativa delle controversie” .
Le problematiche relative alla spiegazione dei processi decisionali automatizzati nel procedimento penale si pongono in maniera particolare per l’uso del Portale Deposito atti Penali (PDP) il quale è una piattaforma informatizzata di accesso (attraverso la rete internet) ai servizi telematici resi disponibili dal dominio giustizia per il deposito di atti e documenti in formato digitale da parte dei soggetti abilitati esterni (ad esempio i difensori degli indagati o degli imputati) e degli utenti privati (cfr. art. 1 del decreto del Ministro della giustizia del 21 febbraio 2011 n. 44, recante regolamento concernente le regole tecniche per l'adozione, nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, come modificato dal D.M. 29 dicembre 2023, n. 217).
Lo strumento del PDP ha subito, quasi in sordina, l’impatto dell’IA e per comprendere la reale dimensione di ciò è necessario illustrarne i principi basilari di funzionamento. L’applicativo del PDP , al fine di acquisire validamente gli atti inseriti nel sistema dai soggetti legittimati al suo uso, procede (previa verifica anche degli standard tecnici del formato dei file) ad una elaborazione automatizzata dei documenti informatici depositati verificando, per mezzo di un algoritmo, la coerenza fra le informazioni fornite dal depositante al momento dell’accesso al portale e quelle presenti nei registri dell’ Ufficio giudiziario, onde associare tali documenti correttamente al procedimento per il quale se ne richiede il deposito. Risulta subito evidente che tali caratteristiche “intelligenti” del software di gestione del PDP, potendo implicare in concreto effetti automaticamente paralizzanti del deposito degli atti, dovrebbero, anzitutto, essere controbilanciate da idonei strumenti di trasparenza per l’utente sull’esecuzione delle procedure tecniche, al fine di documentare anche un possibile malfunzionamento del sistema (si vedano su tali tematiche, oltre il citato articolo 86 del regolamento UE 2024/1689, anche la relazione del 12.2.2024 del Gruppo di lavoro della CEPEJ sulla cibergiustizia e l'intelligenza artificiale “Utilizzo dell'intelligenza artificiale generativa (IA) da parte dei professionisti giudiziari in contesto correlato”, la Risoluzione del Parlamento europeo del 12 febbraio 2020 sui processi decisionali automatizzati e la Carta etica europea sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei sistemi giudiziari e negli ambiti connessi adottata dalla CEPEJ a Strasburgo il 3-4 dicembre 2018).
Deve, inoltre, osservarsi che gli atti e i documenti trasmessi attraverso il PDP, si intendono ricevuti dal dominio giustizia (cioè dall'insieme delle risorse hardware e software, mediante il quale il Ministero della giustizia tratta in via informatica e telematica qualsiasi tipo di attività, di dato, di servizio, di comunicazione e di procedura) nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione da parte del portale dei depositi telematici, che attesta il deposito dell'atto o del documento presso l'ufficio giudiziario competente, senza l'intervento degli operatori della cancelleria o della segreteria, salvo il caso di “anomalie bloccanti” (cfr. art. 13-bis del DM 44/2011).
Per individuare il campo di applicazione delle “anomalie bloccanti” deve aversi riguardo all’art. 19 delle specifiche tecniche adottate il 7.8.24 dalla Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati (specifiche previste dall'articolo 34, comma 1, del decreto del Ministro della giustizia del 21 febbraio 2011 n. 44, recante regolamento concernente le regole tecniche per l'adozione, nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione) le quali stabiliscono che i “possibili valori di stato del deposito sul PDP” sono:
“a) INVIATO: eseguita con successo l’operazione di “Invio”;
b) IN TRANSITO: in attesa di smistamento al sistema informativo dell’ufficio giudiziario
destinatario; nel momento in cui il deposito assume lo stato “in transito”, il PDP cancella tutti i dati personali;
c) ACCETTATO (automaticamente o a seguito di verifiche ove previste): intervenuta associazione dell’atto inviato al procedimento di riferimento. L’associazione è automatica nel caso di coincidenza tra i dati inseriti sul PDP ed i dati di registro del procedimento penale e, quando previsto, in presenza dell’atto abilitante di cui all’articolo 19, comma 5 delle specifiche tecniche . L’associazione è ad opera del cancelliere o del segretario qualora, dopo le verifiche, sia stato individuato univocamente il procedimento di riferimento. Nel caso di denuncia, di querela e di istanza di procedimento, l’accoglimento equivale al ricevimento ed iscrizione del procedimento nel ReGeWEB da parte della procura della Repubblica;
d) IN VERIFICA: anomalia bloccante, il deposito è pervenuto nel sistema dell’ufficio giudiziario destinatario ma non essendoci coincidenza di dati non è stato automaticamente associato ad un procedimento ed è sottoposto a verifiche da parte del personale dell’ufficio;
e) RIFIUTATO: anomalia bloccante; rifiuto del deposito successivo alle verifiche automatiche e ad opera del personale dell’ufficio; la motivazione è riportata sul PDP;
f) ERRORE TECNICO: anomalia bloccante; si è verificato un problema in fase di trasmissione; il difensore è invitato dal messaggio di stato del PDP ad effettuare nuovamente il deposito”.
Appare quindi chiaro, dal tenore delle menzionate specifiche tecniche di cui all’ art. 19, che l’applicativo di gestione del PDP esplica anche una funzione automatizzata di verifica dell’ effettivo ricorrere dei presupposti che consentono il deposito dell'atto o del documento presso l'ufficio giudiziario competente. Tale funzione, si noti, viene in taluni casi (cfr. art. 19 lett.c) svolta anche senza l'intervento degli operatori della cancelleria o della segreteria e previo il solo vaglio algoritmico della sussistenza di anomalie bloccanti: in buona sostanza accade che un’intelligenza artificiale verifica, in prima battuta, se il deposito effettuato, ad esempio, dai difensori dell’indagato può esser automaticamente accettato dal sistema senza che sia necessario l’intervento del personale dell’ufficio. Si può realizzare così una produzione di atti nel fascicolo informatico del procedimento anche senza filtro umano e previo superamento di una verifica meramente algoritmica del atto procedimentale depositato.
Ma, a ben guardare, nelle predette specifiche tecniche sembrerebbe potersi annidare un’ ingerenza dell’ IA nel procedimento penale ancora più invasiva (per mezzo di un’inedita “advanced automation” dell’attività demandata all’autorità giudiziaria), laddove si legge: “nel caso di denuncia, di querela e di istanza di procedimento, l’accoglimento equivale al ricevimento ed iscrizione del procedimento nel ReGeWEB da parte della procura della Repubblica” ed in tal caso l’associazione “è automatica nel caso di coincidenza tra i dati inseriti sul PDP ed i dati di registro del procedimento penale e, quando previsto, in presenza dell’atto abilitante” (cfr. art .19 delle specifiche tecniche del 7.8.24). In buona sostanza, la menzionata disposizione tecnica pare disegnare un sistema automatizzato di iscrizione nel ReGeWeb (che si identifica con il registro informatizzato delle notizie di reato: è infatti l’acronimo di Registro Generale delle notizie di reato a mezzo Web) ed alludere addirittura ad una inammissibile surroga dell’ attività del pubblico ministero nello svolgimento della funzione disciplinata dall’art.335 c.p.p., a norma del quale quest’ultimo iscrive immediatamente, nell'apposito registro custodito presso l'ufficio, ogni notizia di reato che gli perviene o che ha acquisito di propria iniziativa. Deve ritenersi però che, operando un’ interpretazione sistematica e correttiva delle locuzioni utilizzate dalle citate specifiche tecniche , la ricostruzione più rispondente alle prerogative dell’ autorità giudiziaria ed, in particolare, del pubblico ministero, non può che relegare al di fuori del meccanismo di cui all’ art. 335 c.p.p. il menzionato automatismo che “equivale ad iscrizione del procedimento da parte della procura della Repubblica”. Si deve, infatti, ritenere che le descritte specifiche tecniche non possano certo riferirsi all’iscrizione del procedimento penale che può essere operata solo dal pubblico ministero dopo aver vagliato la rappresentazione di un fatto, determinato e non inverosimile, riconducibile in ipotesi a una fattispecie incriminatrice (cfr. art. 335 c.p.p.). L’iscrizione automatica del procedimento non può che essere quindi ricondotta ad una dimensione non giuridica dell’iscrizione medesima la quale va collocata sul piano “meramente digitale” dell’acquisizione nel ReGeWeb degli atti (di denuncia, di querela e di istanza di procedimento) destinati a rimanere al di fuori del fascicolo informatico in attesa delle successive determinazioni del pubblico ministero.
A conforto di questa interpretazione deve segnalarsi che la Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati (DGSIA) del Dipartimento per l’innovazione tecnologica in data 30.10.2024 ha provveduto a comunicare un “avviso di rettifica” secondo il quale nelle specifiche tecniche pubblicate l’8 agosto 2024 dove è scritto: « Nel caso di denuncia, di querela e di istanza di procedimento, l’accoglimento equivale al ricevimento ed iscrizione del procedimento nel ReGeWEB da parte della procura della Repubblica» leggasi « Nel caso di denuncia, di querela e di istanza di procedimento, l’accoglimento equivale al ricevimento nel ReGeWEB da parte della procura della Repubblica».
La questione, sopra prospettata e risolta dalla DGSIA con una opportuna “rettifica” delle specifiche tecniche, evidenzia che siamo, senza dubbio, in presenza dei primi incerti passi dell’ IA nel procedimento penale, passi che necessitano però di estrema prudenza in vista della progressiva integrazione degli automatismi evolutivi degli algoritmi con il corpus delle garanzie del parti del processo penale.
E’ un raccordo che si presenta, infatti, fin da ora complesso in quanto bisognerà trovare i delicati punti di equilibrio tra l’efficienza tecnologica dei sistemi ed il rispetto delle garanzie poste a base del procedimento penale analogico.
La codificazione digitale del mondo fisico consente di scoprire un nuovo diritto con strutture e paradigmi mai immaginati , tuttavia tali percorsi inesplorati passano necessariamente dalla effettiva presa di coscienza che la matrice informatica degli atti e del loro deposito, disegnando una nuova modalità d’azione nel procedimento penale, implicherà necessariamente anche la rivisitazione delle tradizionali categorie del codice di rito per adattarle alla nuova architettura digitale del sistema processuale penale.
Bisognerà, in definitiva, prendere atto che oggi il giurista ha anche un nuovo compito: comprendere fino in fondo, non solo la struttura dei sistemi informatici giudiziari, ma anche il perimetro operativo degli algoritmi dell’ IA per evitare che quest’ultima possa in maniera silente incidere sulla sostanza dei diritti fondamentali garantiti dal nostro ordinamento .