testo integrale con note e bibliografia
Trovo molto utile, interessante e condivisibile la Proposta di Riforma del regime sanzionatorio dei licenziamenti illegittimi redatta dagli accademici del Gruppo Freccia Rossa.
In questo breve scritto mi limito a sottolineare che per quanto riguarda le ipotesi di “licenziamento discriminatorio ai sensi della legislazione nazionale e dell’unione europea” (art. 2, lettera a), che il diritto UE – cui il nostro Stato ha dato attuazione – e la giurisprudenza della CGUE fanno rientrare le molestie (e anche le violenze) nell’ambito del diritto antidiscriminatorio quali comportamenti intimidatori (in senso ampio) che possono essere discriminatori in sé oppure prodromici alla realizzazione di veri e propri comportamenti discriminatori o addirittura penalmente rilevanti (secondo quanto stabilito dai singoli Stati membri).
La ricomprensione delle molestie – sessuali e non sessuali – nell’ambito del diritto antidiscriminatorio è dovuta al fatto che si muove dalla premessa secondo cui anche le molestie (e le violenze) come le discriminazioni si basano, in tutte le loro molteplici realizzazioni, sulla negazione della pari dignità di tutti gli esseri umani, visto che spesso vengono commesse nei confronti di soggetti che si considerano aggredibili sulla base di stereotipi o pregiudizi. E come tali sono umanamente o socialmente vulnerabili.
La medesima impostazione, del resto, si rinviene anche della giurisprudenza della CGUE, della Corte EDU, dell’OIL (e, quindi, dell’ONU) e pure nel diritto interno, salva restando la sanzionabilità delle condotte in ambito penale.
In particolare, tale impostazione si trova, fra l’altro:
a) nell’art. 26 del Codice delle pari opportunità (d.lgs. 11 aprile 2006, n. 198), che prevede, fra l’altro, una tutela rafforzata per la lavoratrice o il lavoratore che agisce in giudizio per la dichiarazione delle discriminazioni per molestia o molestia sessuale;
b) nella copiosa giurisprudenza della Corte di Strasburgo (vedi, in particolare: sentenza 2 marzo 2017, Talpis c. Italia e sentenza 27 maggio 2021, J.L. c. Italia, nelle quali, con riferimento a violenze verificatesi in ambito familiare, si è ritenuto che nel nostro Paese l’applicazione del diritto penale nei casi di violenze o molestie sulle donne non ha l’effetto dissuasivo richiesto per prevenire efficacemente le violazioni dell’integrità personale delle vittime);
c) nella Convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro n. 190 sull’eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro, ratificata e resa esecutiva con la legge 15 gennaio 2021, n. 4 che è il primo trattato internazionale specificamente diretto a combattere la violenza e le molestie nel mondo del lavoro e che, infatti, contiene una normativa dettagliata che può essere molto utile per definire le diverse plurime fattispecie;
d) nelle direttive 2004/113/CE, 2006/54/CE e 2010/41/UE – richiamate dalla della recente direttiva UE 2024/1385 «sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica» (che, in ambito UE è entrata in vigore in ambito UE il 13 giugno 2024), ove le molestie sessuali sul lavoro sono considerate una forma di discriminazione fondata sul sesso e nella conseguente giurisprudenza della CGUE.
Di questa impostazione si deve tenere conto anche nell’accertamento e nella valutazione del licenziamento discriminatorio.
Purtroppo, le discriminazioni, le molestie e le violenze nell’ambiente di lavoro sono in aumento e questo ha portato l’OIL ad emanare la citata Convenzione OIL n. 190 che, unitamente alla Raccomandazione OIL n. 206, fornisce un quadro organico di intervento e un’opportunità unica per definire un futuro del lavoro basato sulla dignità e il rispetto e garantire il diritto di tutte e di tutti ad un mondo del lavoro libero da violenza e molestie.
Si tratta di uno strumento che si aggiunge alle direttive UE 2004/113/CE, 2006/54/CE e 2010/41/UE – richiamate dalla recente direttiva UE 2024/1385 «sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica» (che, in ambito UE è entrata in vigore in ambito UE il 13 giugno 2024) e anche dalla direttiva UE 2024/1499, contenente norme sugli organismi per la parità di trattamento – con la relativa giurisprudenza della CGUE, la giurisprudenza della Corte EDU, la Convenzione di Istanbul, la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.
Nella importante Convenzione OIL n. 190 si precisa che «le molestie nel mondo del lavoro possono costituire un abuso o una violazione dei diritti umani, e che la violenza e le molestie rappresentano una minaccia alle pari opportunità e che sono inaccettabili e incompatibili con il lavoro dignitoso».
E si aggiunge che la violenza e le molestie nel mondo del lavoro:
a) hanno ripercussioni sulla salute psicologica, fisica e sessuale, sulla dignità e sull’ambiente familiare e sociale della persona»;
b) influiscono anche sulla qualità dei servizi pubblici e privati e possono impedire che le persone, in particolare le donne, entrino, rimangano e progrediscano nel mercato del lavoro;
c) sono incompatibili con lo sviluppo di imprese sostenibili e hanno un impatto negativo sull’organizzazione del lavoro, sui rapporti nei luoghi di lavoro, sulla partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori, sulla reputazione delle imprese e sulla produttività;
d) le molestie e la violenza di genere colpiscono sproporzionatamente donne e ragazze e mentre si rivela essenziale per porre fine a tali comportamenti nel mondo del lavoro un approccio inclusivo, integrato e in una prospettiva di genere, che intervenga sulle cause all’origine e sui fattori di rischio, ivi compresi stereotipi di genere, forme di discriminazione multiple e interconnesse e squilibri nei rapporti di potere dovuti al genere.
Poiché si tratta di un approccio che non è molto conosciuto in ambito nazionale, propongo di integrare la lettera a) dell’art. 2 nel seguente modo:
“1. Il giudice, con la pronuncia con la quale dichiara la nullità del licenziamento nelle ipotesi di:
a) licenziamento discriminatorio ai sensi della legislazione nazionale e dell’unione europea, configurabile anche in caso di licenziamento derivante da molestie o violenze nell’ambiente di lavoro”.