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Testo della sentenza

Con sentenza n. 1213 pubblicata il 10.08.2020, il Tribunale di Milano in funzione di Giudice del Lavoro si è nuovamente pronunciato sui criteri di applicazione delle norme sulle proroghe dei contratti a termine nel cd. periodo transitorio, successivo all’entrata in vigore del Decreto Dignità (D.L. 87/2018, conv. Il L. 96/2018) ma antecedente la sua piena efficacia.
Questi, in sintesi, i fatti di causa.
Un lavoratore, assunto con contratto a termine (a-causale) del 24.07.2017, prorogato 3 volte, l'ultima delle quali il 26.10.2018, alla definitiva scadenza del rapporto di lavoro (29.02.2020) sosteneva l’illegittimità del termine e delle proroghe sotto vari profili e chiedeva la conversione del contratto a tempo indeterminato sin dal principio.
Sotto un primo profilo riteneva che alla terza ed ultima proroga, concordata il 26.10.2018 (pochi giorni prima della scadenza fissata al 31.10.2018), dovesse applicarsi il nuovo regime della causalità (vd. artt. 19 e 21 D. Lgs. 81/2015) in quanto, a suo dire, la proroga avrebbe avuto efficacia a partire dal 01.11.2018, dunque fuori del regime transitorio stabilito dal Decreto Dignità.
Censurava, poi, la legittimità dell'ultima proroga del contratto anche per contrarietà a norme imperative e perché disposta in frode alla legge, essendoci stato un mutamento di mansioni.
Il lavoratore contestava anche l'apposizione del termine al contratto sostenendo che, nonostante alla data della stipula fosse vigente una norma che permetteva l'assunzione a tempo determinato senza l'obbligo di causale giustificativa, il datore di lavoro avrebbe dovuto comunque dimostrare che l’assunzione con contratto a termine fosse motivata da esigenze temporanee.
Il Giudice del Lavoro di Milano, dopo avere confermato la legittimità delle prime due proroghe (risalenti al 2017) perché rientranti “nella disciplina di cui all’art. 21 D. Lgs. 81/2015 nella sua versione originaria”, ha poi chiarito, in forza dell’esame della disciplina normativa in essere tra la data di emanazione del Decreto Dignità e quella della sua conversione in legge, che “per garantire l’ulteriore slittamento della scadenza dell’originario contratto di lavoro a tempo determinato senza interruzioni … la proroga doveva necessariamente intervenire entro il 31 ottobre 2018, e non poteva che rientrare nella regolamentazione previgente in ragione del regime transitorio disposto con l’art. 1, co. 2, D.L. 87/2018”.
Infatti in punto di efficacia temporale il Legislatore aveva stabilito che “le disposizioni di cui al comma 1 (ossia, l’obbligo d’apporre le causali, n.d.r.) si applicano ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché ai rinnovi e alle proroghe contrattuali successivi al 31 ottobre 2018”.
Rimarcando la legittimità della proroga cd. a-causale anche nel caso di mutamento di mansioni, il Tribunale ha quindi respinto la tesi della sussistenza di un atto in frode alla legge chiarendo che “la proroga è stata disposta – del tutto legittimamente – entro l’unico termine possibile, termine fisiologicamente compreso nel regime transitorio”.
La sentenza in commento merita d’essere segnalata perché è intervenuta ad ulteriore chiarimento di varie problematiche interpretative che, già all’indomani dell’emanazione del Decreto Dignità e poi della sua conversione in legge, erano state messe in luce e che facevano paventare – come in effetti sta avvenendo – un massiccio ritorno di contenzioso sul tema della causale e dell’efficacia e legittimità degli atti (proroghe e rinnovi) intervenuti nel periodo transitorio (spirato il 31.10.2018).
Se da un lato, infatti, il Tribunale di Milano, almeno nell’ultimo triennio, aveva dimostrato compattezza d’orientamento sull’infondatezza della ritenuta obbligatorietà per il datore di lavoro, nel regime di a-causalità generalizzata introdotto con il cd. Jobs Act II, di fornire la prova che le assunzioni a termine dovessero comunque soddisfare esigenze di lavoro imprevedibili e temporanee, non così si poteva dire guardando ad altri Fori (quali ad es. Trento e Firenze) che con recenti pronunce sembravano volere rimettere in discussione la ratio legis accolta nell’originaria formulazione del D. Lgs. 81/2015.
Va quindi salutata come chiarificatrice la conferma della correttezza e della legittimità della proroga del termine concordata nella vigenza del periodo transitorio e destinata ad avere effetti successivamente alla scadenza dello stesso, anche se permane la sensazione che sulla tematica in commento la parola fine dovrà essere posta dal Giudice di legittimità, salvo che vi sia prima un intervento del Legislatore che ponga termine con una norma di interpretazione autentica al dibattito giurisprudenziale.

 

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