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Lavoro Diritti Europa ha già dedicato ampio spazio al tema degli effetti della digitalizzazione sul lavoro e altro ne dedicherà in futuro. Per quanto il tema appartenga oramai alla categoria dei temi classici (ancorché relativamente nuovi) del diritto del lavoro, la spinta ad approfondirlo non accenna a diminuire e, ciononostante, il dibattito non sembra affatto saturo, perché le questioni giuridiche che esso pone sono innumerevoli, molte delle quali dirompenti.

Il focus che presentiamo in questo numero ha ad oggetto tre diverse declinazioni del fenomeno della digitalizzazione, osservate naturalmente attraverso le lenti del diritto del lavoro: l’impatto del piano nazionale “Impresa 4.0” sull’organizzazione del lavoro, la questione della disconnessione dei lavoratori e quello della qualificazione giuridica dei crowd-workers.

I tre temi sono a tutti ben noti, ma vengono discussi in questa sede da un punto di vista particolare.

Il contributo di Michele Faioli riprende il tema della transizione verso le tecnologie 4.0 e l’uso massiccio di macchine intelligenti, considerate come un terzo elemento del rapporto di lavoro tradizionalmente bilaterale. Un terzo elemento da meditare ancora per investigare il ruolo che esso riveste rispetto alla costruzione e interpretazione della fattispecie normativa. Ebbene, a partire da questo assunto, l’autore si domanda quali effetti abbia la transizione – spinta ora anche dal legislatore tramite importanti incentivi – sul concetto giuridico di unità produttiva, in particolare in ambito manifatturiero, quindi con una attenzione particolare al mondo del lavoro operaio. L’unità produttiva viene qui colta sia come luogo di esercizio di libertà individuali e sindacali sia come livello di contrattazione collettiva. Si conferma, con argomenti che non è il caso di anticipare, la centralità della contrattazione collettiva anche in questo tornante dell’evoluzione dei metodi di produzione e, soprattutto, si prende atto dell’esigenza di rivedere le definizioni, innanzitutto statutarie, di unità produttiva, nel contesto internazionale in cui le catene del valore si sviluppano.

Il contributo di Antonio Preteroti guarda alla digitalizzazione nell’ambito del c.d. lavoro agile per affrontare il problema del diritto alla disconnessione dei lavoratori della pubblica amministrazione. L’autore valorizza il materiale normativo attualmente a disposizione per difendere la tesi della sussistenza de iure condito di un diritto effettivo alla disconnessione, sia nel settore privato che in quello pubblico. Lo distingue dal più basilare diritto al riposo per valorizzarne la portata e discute infine de iure condendo dei primi passi che l’UE sta muovendo per promuovere efficacemente la lotta al più evidente problema posto dalla digitalizzazione del lavoro impiegatizio: quello della estensione del tempo di lavoro e dell’invasione spazio-temporale nel campo della vita privata dei lavoratori.

Infine il contributo in inglese di Elena Gramano e Hendric Stolzenberg discute il tema mainstream della qualificazione giuridica dei rapporti di lavoro dei crowd-workers, commentando una recente sentenza della Corte federale del lavoro tedesca, a nostro avviso degna di maggiore attenzione (si veda un primo commento a freddo di L. Nogler, La Corte federale del lavoro tedesca risolve il rompicapo della qualificazione dei lavoratori delle piattaforme, in Giornale di Diritto del Lavoro e delle Relazioni Industriali, 168/4, 2020, 835). Gli autori, sviluppano l’approfondimento riprendendo gli orientamenti tradizionali in materia di subordinazione in Germania ed evidenziando criticamente le novità di una decisione giustamente definita far-reaching. Naturalmente non mancano i riferimenti comparati alla situazione italiana. La decisione, a prescindere dal giudizio che se ne può dare, tocca punti delicatissimi oggetto di dibattito anche a livello nazionale: i sistemi di ranking dei gig workers costruiti dai titolari delle piattaforme algoritmiche per incentivare la disponibilità continuativa dei lavoratori quale ruolo possono assumere nell’opera di qualificazione giuridica dei rapporti di lavoro? In che modo questi contribuiscono ad integrare gli elementi essenziali della fattispecie legale della subordinazione? Pur accedendo al campo della valutazione della performance, assurgono effettivamente ad elementi di una vera e propria obbligazione di prestare attività lavorativa in modo continuativo o rappresentano solo una modalità organizzativa che produce una pressione psicologica unilaterale sul lavoratore che non può incidere sull’opera di sussunzione dell’interprete chiamato a qualificare il rapporto di lavoro?

Il fil rouge che lega i contributi del focus non riguarda solo i temi prescelti ma anche, pur con le diverse sfumature che caratterizzano i singoli contributi, l’approccio sensibile alle esigenze di tutela della dignità dei lavoratori e costruttivo verso un fenomeno, quello della digitalizzazione, inarrestabile ma che può essere governato per controllarne i rischi.

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