testo integrale con note e bibliografia

Quando scoppiò il caso GKN a Firenze, i sindacati e le istituzioni rimasero sorpresi, ma anche i giuslavoristi vicini ai sindacati erano abbastanza disorientati: decenni di deindustrializzazione, e varie e ricorrenti crisi, nel nostro paese avevano creato meccanismi sindacali, istituzionali ed infine giuridici, che consentivano ad i vari attori di assumere la loro parte sulla scena e fare le proprie mosse con sicurezza.
Ma qui non ci si trovava di fronte ad una crisi, per quanto grave, da gestire, ma ad una decisione imprenditoriale, come tale libera, di chiudere uno stabilimento in piena salute e trasferire la produzione altrove. Decisione netta, repentina ed assunta da un soggetto, una multinazionale, poco incline a farsi influenzare dalle prevedibili pressioni istituzionali.
In questo contesto, la reazione del sindacato, preso atto della inefficacia in questi contesti di una risposta meramente sindacale, si è spostata subito anche sul piano giudiziario, e la chiave di volta dell’azione giudiziaria è stata trovata nei diritti di informazione contenuti nella parte prima del CCNL dei metalmeccanici, nell’oramai famoso art. 9, Questi diritti d’informazione, presenti oramai nelle parti prime dei CCNL di tutte le categorie, per tanto tempo hanno, per così dire, sonnecchiato, dando vita solo, e non da per tutto, a stanche pratiche rituali, e raramente sono stati oggetto di contenziosi giudiziari, Come invece è capitato, tantissime volte, alle procedure legali d’informazione previste per i licenziamenti collettivi e per il trasferimento d’azienda.
Dunque, la asserita violazione di questi diritti d’informazione, insieme alla violazione di specifici diritti d’informazione eventualmente previsti dagli accordi aziendali, è diventato il canovaccio di tutti i ricorsi per condotta antisindacale presentati di fronte a decisioni di chiusura repentina di stabilimenti e decisioni di delocalizzazioni. Non vi erano altri solidi appigli per rivolgersi ai giudici.
Dopo i primi casi giudiziari, è intervento il legislatore, che in due riprese, con l’art. 1, comma 227, L. 234/2021 (c.d. Legge di Bilancio 2022) come modificato dall’art. 37 L. 144 del 23.09.2022, ha messo a punto una disciplina, pomposamente definita nella prima versione come legge “anti delocalizzazioni”, che di fatto introduce una procedura ulteriore di informazioni e consultazione che deve anticipare, per un po' di mesi, l’eventuale apertura di una procedura ai sensi della legge 223 per la cessazione d’attività, con l’interessante previsione dell’obbligo di presentazione di un piano sociale e di un sistema sanzionatorio di una quiche rilevanza.
La presenza di una normativa legale ha fatto sì che il contenzioso successivo si sia arricchito di un nuovo tema, ovvero la possibile violazione della procedura di informazione e consultazione prevista da questa nuova disciplina legislativa. Oltre che della questione dei rapporti tra detta procedura legale ed i diritti d’informazione di origine contrattuale.
Nel corso del contenzioso sopra richiamato che, come è naturale che sia, ha avuto esiti alterni e diversificati nei contenuti dei vari decreti e sentenze, sono emerse una serie di interessanti, ed importanti, questioni interpretative. Alcune di queste sono emerse subito, ed i Giudici hanno dovuto prenderle di petto già nelle prime decisioni, altre si sono imposte all’attenzione man mano che il contenzioso procedeva avanti ai diversi tribunali. Solo per citarne le più significative, si pensi al tema, già evocato, del rapporto tra procedure di informazione di origine legale, previste dalla disciplina introdotta recentemente dal legislatore o dalla legge n. 223 del 1990 sui licenziamenti collettivi, e quelle di origine contrattuale. Il tema del possibile contenuto del decreto del Giudice che accerti la sussistenza di una condotta antisindacale e deve quindi emettere, ai sensi del primo comma dell’art. 28, un dispositivo atto a rimuoverne gli effetti. Si pensi ancora al delicato tema della problematica coesistenza, se non vero e proprio conflitto, tra obblighi di informazione e vincoli di riservatezza, cui sono soggette le stesse imprese, laddove le società siano quotate in mercati finanziari regolamentati. Infine, non per importanza, emergono non poche questioni interpretative proprio in relazione alla recente disciplina introdotta dal legislatore, a partire dal delicatissimo tema della stessa determinazione, evidentemente non così scantata, del suo campo d’applicazione.
A riflettere su questi temi, quantomai attuali - infatti mentre si svolgeva il convegno, si dipanava il caso Marelli, l’ennesima vicenda di annunciata chiusura di uno stabilimento per scelta della multinazionale che ne detiene la proprietà – abbiamo chiamato a riflettere autorevoli giuristi, il Presidente della sezione Lavoro del Tribunale di Bologna, e tre esperti Avvocati giuslavoristi dei diversi Fori, alcuni dei quali hanno avuto anche un ruolo diretto nel contenzioso sopra richiamato. Sì da garantire non solo un pluralismo delle idee, ma anche una diversità di approcci, accademico ma anche forense, come è nelle corde dell’ Associazione Aidlass Forense.

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