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Cos’è il potere disciplinare nel rapporto di lavoro?
A questa domanda, qualunque cultore del diritto del lavoro rispondeva e risponde con le parole del Prof. Montuschi, prese dal noto volume intitolato Potere disciplinare e rapporto di lavoro (Angeli, 1973).
Da lì in poi per me e per molti della mia generazione il prof. Montuschi sarebbe stato “il potere disciplinare”.
Ma sarebbe stato anche e soprattutto una guida attenta per i primi dottorandi della c.d. Scuola di Bologna, e per gli studiosi che si muovevano intorno alle mitologiche 4 cattedre di Diritto del lavoro (Carinci-Ghezzi Montuschi-Pedrazzoli) dell’Ateneo felsineo.
Tra i ricordi del mio periodo bolognese ben presente è quello in cui, all’ultimo piano dell’Istituto Cicu, prima di una esercitazione, il prof. Montuschi disse, guardandomi: “finalmente abbiamo riconquistato l’isola”, con evidente riferimento al mio primo concorso come ricercatore universitario, a Cagliari. Un tocco di magica ironia da parte di una persona seria, serissima, talora “temibile”.
E ancora i veloci pranzi nelle pause degli esami, caratterizzati da battute divertenti ma al contempo da inviti a procedere nel percorso formativo di ciascuno, sempre conosciuto.
Sul piano scientifico e didattico, come si direbbe oggi, il prof. Montuschi non aveva rivali, anche in virtù della evidente osmosi tra profili universitari e pratici, convinto peraltro che prima di svolgere attività professionale occorresse percorrere i gradini della carriera accademica: insomma electa una via essa doveva essere percorsa fino alla fine. E così per molti di noi è stato.
Oltre al potere disciplinare la tutela della salute e la sicurezza sul lavoro costituiva un altro dei suoi temi preferiti ed approfonditi: sempre con Franco Angeli (1976) la monografia su Diritto alla salute e organizzazione del lavoro rimane una pietra fondamentale nello sviluppo del diritto del lavoro e del recepimento dei valori costituzionali, sempre al centro dell’attenzione del prof. Montuschi.
E il rapporto tra diritto civile e il “nuovo” diritto del lavoro costituiva, come per altri Maestri, la strada principale per calare in modo rigoroso una materia in continua evoluzione tra le pieghe del codice civile e dei principi generali. Non a caso i suoi diretti allievi di questo si sono principalmente nutriti: clausole generali, diritti soggettivi e interessi legittimi, obbligo di sicurezza, poteri “datoriali”: una espressione, quest’ultima, sempre rifiutata dal Prof. Montuschi, che preferiva parlare di potere imprenditoriale.
Il primo allievo del prof. Montuschi, Marco Biagi, era invece in parte fuoriuscito dagli schemi tradizionali, certo occupandosi della disciplina dei licenziamenti e del profilo della dimensione dell’unità produttiva, ma dimostrando subito l’interesse per una prospettiva comparata, cifra poi accolta con grande interesse dallo stesso Maestro, con particolare riguardo al citato tema della tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.
Vi era poi, nel prof. Montuschi, un profilo derivante dal pieno svolgimento della professione, consistente nel rigore interpretativo delle norme e nella accurata ricerca della soluzione maggiormente corrispondente alle esigenze dei lavoratori e, insieme, dell’impresa. Pur riconoscendo l’alterità delle posizioni delle parti, infatti, il professore ma anche l’avvocato tendeva sempre a ricercare e spesso trovare risposte equilibrate tra le ragioni delle stesse: basti pensare alle più recenti opere, curate con la sua allieva e collega di studio, in materia, e per così dire ante litteram, di responsabilità sociale dell’impresa, ora vero e proprio cult tra i giuslavoristi.
Infine, ma non ultimo, voglio ricordare la sua spasmodica attenzione ai giovani studiosi, che ha attraversato le diverse fasi dell’insegnamento sino a sfociare nella puntuale presenza alla consegna dei Premi “Marco Biagi” e alla stretta collaborazione con la Fondazione omonima. Un segno questo, di quanto il prof. Montuschi avesse compreso come da un lato il passato, il diritto del lavoro “statutario” dovesse costituire le fondamenta del diritto del lavoro del futuro; e come questo futuro dovesse costruirsi intorno a una pluralità di giovani menti, capaci di coniugare i cambiamenti, taluni epocali, del contesto circostante, ai principi fondanti della materia, sanciti dalla nostra Carta Costituzionale. E, tornando in apicibus, lo svisceramento costituzionalmente orientato dell’art. 2087 del codice civile, sta lì a dimostrarlo.

 

 

 

 

 

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