Testo integrale con note e bibliografia

sent. CGUE C-304/21 del 17 nov 2022

1. Divieti di discriminazione e specificità dei servizi a tutela di sicurezza e ordine pubblico
La sentenza riguarda il ricorso pregiudiziale proposto dal Consiglio di stato italiano originato dal caso di un aspirante al concorso per posti di commissario di polizia che si era visto negare la possibilità di presentare la domanda - e in seguito era stato ammesso solo con riserva, per poi vedersi definitivamente rigettare la domanda - avendo superato il limite dei 30 anni di età previsto dalla normativa nazionale per tale settore , in deroga al regime giuridico generale che non prevede limiti massimi di età ammettendo tuttavia deroghe se “dettate dai regolamenti delle singole amministrazioni connesse alla natura del servizio o ad oggettive necessità dell’amministrazione” . La specificità di alcuni servizi pubblici è riconosciuta anche dal Considerando n. 18 della Direttiva 2000/78 – Direttiva – quadro sul divieto di discriminazione nell’occupazione – secondo il quale << la presente direttiva non può avere l’effetto di costringere le forze armate nonché i servizi di polizia, penitenziari o di soccorso ad assumere o mantenere nel posto di lavoro persone che non possiedano i requisiti necessari per svolgere l’insieme delle funzioni che possono essere chiamati ad esercitare, in considerazione dell’obiettivo legittimo di salvaguardare il carattere operativo di siffatti servizi>>.
La pronuncia in commento si inserisce nel filone giurisprudenziale della Corte di giustizia che ha già scrutinato la legittimità del requisito in questione sotto il profilo delle eccezioni citate al campo di applicazione della Direttiva alla luce dei principi e regole proprie del quadro complessivo del diritto antidiscriminatorio di matrice euro-unitaria, in cui l’età costituisce uno dei “nuovi” fattori vietati di discriminazione incluso nella D.00/78 Ce, e si caratterizza per l’ampia gamma di eccezioni ammesse, al punto da essere stata qualificata dai primi commenti come la “cenerentola” dal punto di vista della tutela perseguibile . Oltre a quella appena menzionata, va ricordato che ai sensi dell’art.6, c.1, D. 2000/78, come è noto, è possibile altresì invocare deroghe dovute a ragioni consistenti in particolari requisiti di formazione richiesti dal tipo di attività da svolgere oppure per la necessità di assicurare un ragionevole periodo di lavoro prima del pensionamento. La stessa norma concernente il divieto di discriminazioni dirette , infine, ammette deroghe al divieto ove le caratteristiche da cui discende il trattamento sfavorevole siano “essenziali e determinanti” per lo svolgimento della prestazione dedotta in contratto, e a condizione che la finalità sia legittima e i mezzi siano proporzionati all’obiettivo perseguito.
La questione delle eccezioni al campo di applicazione del divieto di discriminazione è stata oggetto di critiche sotto il profilo del contenuto del provvedimento di trasposizione che fa salve <<tutte le disposizioni vigenti in materia di sicurezza pubblica, tutela dell’ordine pubblico, prevenzione dei reati, tutela della salute , nonché in materia di forze armate, limitatamente ai fattori di età e di handicap >>. Secondo il tenore della norma, le eccezioni menzionate assumono una portata eccessivamente ampia rispetto alla disciplina euro-unitaria, che pur essendo a maglie larghe mantiene il carattere di stretta necessità delle eccezioni e deroghe ammesse tenuto conto, altresì, del principio di proporzionalità che costituisce un limite ulteriore da rispettare quale principio generale, pur in mancanza di un’espressa menzione da parte della normativa di trasposizione. Infatti, la formulazione del prosieguo della norma si limita a stabilire:<<Parimenti, le caratteristiche suddette non sono illegittime se <<assumano rilevanza per l’idoneità ai fini dello svolgimento delle funzioni che le forze armate, servizi di polizia, penitenziari e di soccorso possono essere chiamati ad esercitare>> , essendo la deroga basata sulla mera “rilevanza” anziché sul carattere “essenziale e determinante” del requisito, fattori criticamente rilevati fin dai primi commenti . Solo la trasposizione dell’art.6 della Direttiva menziona il carattere appropriato e necessario dei mezzi impiegati per il conseguimento delle finalità ivi previste .
2 – La natura essenziale e determinante del requisito di forza fisica e i suoi limiti
Il caso fornisce l’occasione di ricostruire in modo esemplare l’interpretazione sul modo corretto di applicare i limiti al divieto, mediante un’argomentazione che riprende sotto vari profili quanto già acquisito in materia dal filone giurisprudenziale formatosi nel tempo, consolidando i pilastri già definiti ed affrontando altresì vari nodi tematici.
In tal senso, la sentenza ribadisce anzitutto che la matrice del divieto è costituita dall’art.21 CDFUE e che la Direttiva lo ha meramente “concretizzato” (punto 36), consolidando il principio scaturito dal filone inaugurato fin dalla prime pronunce in tema di discriminazione per età , che ne ha ribadito la natura di principio fondamentale alla luce della Carta allegata ai Trattati. In secondo luogo, essa conferma l’orientamento secondo il quale un limite massimo di età per l’accesso ad un concorso, incidendo sulle condizioni di lavoro, rientra nel campo di applicazione della D.00/78 e costituisce una discriminazione diretta stante la disparità di trattamento che colpisce in modo sfavorevole chi abbia superato l’età indicata (punti 38-40).
La parte più interessante della pronuncia attiene, peraltro, alla valutazione delle giustificazioni: nella fattispecie la fissazione del limite massimo di età a 30 anni era principalmente dovuta all’esigenza di assicurare il possesso di un’adeguata forza fisica da parte dei candidati, di cui occorreva pertanto verificare in primo luogo se rivestisse natura di requisito essenziale e determinante ai sensi dell’art. 4, par.1 della Direttiva. La Corte ha così l’occasione per ribadire che anche una caratteristica legata al motivo vietato è rilevante ai fini del giudizio complessivo e che richiede, altresì, che il requisito sia giustificato da una finalità legittima e proporzionato allo scopo da perseguire.
In proposito, alcune circostanze della fattispecie concreta richiamate dal provvedimento di rinvio pregiudiziale apparivano di per sè dirimenti, dal punto di vista logico, per escludere che il requisito richiesto – ovvero l’età in quanto collegata alla forza fisica - potesse essere considerato essenziale e determinante, come rilevato dal giudice remittente. In primo luogo, il fatto che il requisito di forza fisica era oggetto di una specifica prova di verifica preventiva ed eliminatoria che il candidato aveva già superato, essendo una condizione indispensabile per la presentazione della domanda al concorso. In secondo luogo, il fatto che al medesimo concorso erano ammessi funzionari già dipendenti che non avessero superato i 40 anni, secondo il regolamento applicabile . Entrambe pongono in dubbio che l’età massima di 30 per partecipare al concorso venisse considerata quale requisito essenziale e determinante, ovvero indispensabile, nonché proporzionato per l’esercizio dell’attività propria di un commissario di polizia.
La sentenza prende in considerazioni tali circostanze sotto il profilo della proporzionalità del requisito ( infra par. 3), ma preliminarmente approfondisce l’analisi sostanziale per esaminare in quale misura il possesso di una certa forza fisica fosse giustificata dalle mansioni richieste, secondo il modo di argomentare proprio del diritto antidiscriminatorio che impone di adottare la concezione oggettiva di discriminazione e di verificare le caratteristiche del requisito richiesto rispetto alle mansioni esercitate in concreto, non essendo sufficiente il riferimento a generiche ragioni di efficienza del servizio.
Anche sotto tale profilo vengono confermate alcune acquisizioni interpretative già desumibili dai precedenti resi con riferimento a tali ambiti specifici, tra cui in primis il fatto che (punto 45) <<rispetto ad alcune funzioni legate all’attività di polizia quali la protezione delle persone e dei beni, all’arresto e custodia di autori di atti criminosi, l’esigenza del possesso di forza fisica assume indubbia rilevanza e risponde ad una finalità legittima dato che la natura di dette funzioni presuppone una forza fisica particolare nella misura in cui le carenze fisiche .. possono avere conseguenze rilevanti non soltanto per gli agenti di polizia stessi e per i terzi, ma parimenti per il mantenimento dell’ordine pubblico>>. Pertanto, (punto 47) << il possesso di capacità fisiche particolarmente significative…può essere considerato un requisito essenziale e determinante, ai sensi dell’articolo 4, par. 1 della direttiva 2000/78 per l’esercizio della professione di agente di polizia>> .

Tuttavia, la Corte distingue opportunamente fra la figura dell’agente di polizia, per cui tale requisito appare essenziale e determinante, e quella di commissario di polizia a cui sono invece demandate funzioni prevalentemente amministrative e dirigenziali e che solo saltuariamente potrà trovarsi nella situazione che richieda l’impiego di particolare forza fisica. La rilevanza di quest’ultima corrisponde al limite stabilito dalla Direttiva n.78 che, come si è ricordato in apertura, fa riferimento allo svolgimento di mansioni “operative” quale esigenza legittimante le eccezioni al campo di applicazione della Direttiva stessa.
Nel concreto, la necessità di possedere forza fisica può variare a seconda dei diversi tipi di compiti affidati, come emerge dai precedenti giurisprudenziali: è stato ritenuto legittimo il riferimento ad un particolare livello di forza fisica nel primo caso esaminato, concernente i vigili del fuoco , e anche, benché in misura minore, nel caso degli agenti di polizia nazionale ritenendo, al contrario, illegittimo tale riferimento nel caso della figura dell’agente di polizia locale .

Le funzioni di Commissario descritte dalla pertinente normativa italiana sono quelle di ufficiale di pubblica sicurezza e di ufficiale di polizia giudiziaria, che <<vengono svolte con autonoma responsabilità decisionale e corrispondente apporto professionale>>. Inoltre, <<i commissari provvedono all’addestramento del personale dipendente e svolgono, in relazione alla professionalità posseduta, compiti di istruzione e formazione del personale della polizia di stato. Collaborano con gli appartenenti alle qualifiche superiori e li sostituiscono in caso di assenza nella direzione di uffici o reparti. Se titolari del relativo incarico o in sostituzione dei…..i commissari capo esercitano anche funzioni di capo della pubblica sicurezza locale. Inoltre, svolgono funzione di direzione di uffici o reparti non riservati a coloro che appartengono alle qualifiche superiori>>.

La disciplina legislativa conferma, pertanto, la fondatezza delle considerazioni del Consiglio di Stato nel rinvio pregiudiziale (punto 26) secondo le quali dalla documentazione <<emerge che le funzioni di commissario di polizia sono essenzialmente direttive e di carattere amministrativo>>. Che le funzioni tipicamente operative avessero natura residuale si può desumere anche dalla difesa del Ministero dell’Interno, secondo il quale l’esigenza di particolare forza fisica riguarda lo svolgimento dell’attività di ufficiale di pubblica sicurezza in caso di pubbliche manifestazioni . Si tratta di valutazioni che non possono essere compiute che dal giudice nazionale, cui la Corte decide opportunamente di rinviare (punto 51): a lui spetterà << determinare quali siano le funzioni effettivamente esercitate dai commissari di polizia di Stato, e alla luce di queste ultime stabilire se il requisito di capacità fisiche particolari sia un requisito essenziale e determinante ai sensi dell’art.4, par.1 della Direttiva>> .

3. Il carattere sproporzionato dell’età massima di 30 anni quale requisito per l’assunzione
Oltre alle argomentazioni analizzate, che inducono ad escludere nella fattispecie la sussistenza dei presupposti per la legittimità del requisito di età massima alla luce dei parametri stringenti di valutazione impliciti nella formula “essenziali e determinanti”, la sentenza approfondisce altresì il quesito se esso sia proporzionato o meno rispetto alla finalità perseguita. Come si è ricordato, si trattava di una condizione per la partecipazione al concorso e non di un requisito attitudinale da applicare per l’assegnazione delle funzioni una volta superato il concorso. Il giudizio di proporzionalità assume valenza autonoma rispetto a quello circa la natura “essenziale e determinante” del requisito richiesto ai fini del giudizio finale sulla sua legittimità rendendo necessario il suo espletamento anche ove non sia menzionato da parte del diritto nazionale. Si tratta di un modo di procedere costantemente seguito dalla Corte in tema di discriminazione che rivela il carattere cruciale di questo tipo di valutazione come risulta dei precedenti specifici ove proprio il carattere sproporzionato della misura contestata ha indotto a ritenere il contrasto con il divieto di discriminazione nonostante la finalità legittima oggettivamente e ragionevolmente giustificata .
Nel rinviare al giudice nazionale, la sentenza in commento individua le regole interpretative cui quest’ultimo dovrà attenersi per stabilire se il requisito del possesso di forza fisica sia proporzionato (punto 52). Il criterio dirimente consiste nella verifica delle condizioni di attività “abituali” e di quelle svolte “solo saltuariamente”, sulla base dell’analisi del complesso di compiti e funzioni effettivamente esercitate. Il parametro basato sulla distinzione tra le mansioni prevalenti e costantemente svolte rispetto a quelle che possono essere richieste in via saltuaria permette alla Corte di non considerare risolutiva la ragione addotta dal Ministero resistente e fondata sul fatto che in alcuni casi il commissario deve svolgere compiti operativi.
La regola ermeneutica così enunciata riveste carattere generale, ben potendo essere invocata anche in ipotesi di discriminazione di altro tipo e aprendo spazi di verifica più articolati in capo al giudice nazionale al fine di compiere il giudizio di legittimità del requisito. Non sarà sufficiente, infatti, verificare la corrispondenza tra requisito (in questo caso di particolare forza fisica) e tipologia di attività, come pure avvenuto nei casi precedenti citati dalla sentenza, ma occorrerà stabilire con quale frequenza si potranno realizzare effettivamente le condizioni che richiedano il possesso di un requisito particolarmente restrittivo.
Sotto altro profilo, la sentenza sottolinea un ulteriore elemento di rilievo ai fini del giudizio di proporzionalità, ovvero la disponibilità di scelte alternative a minor impatto discriminatorio. Nel caso esaminato era previsto lo svolgimento preventivo di un’autonoma prova fisica eliminatoria cui erano sottoposti i candidati al concorso per commissario e che, secondo l’orientamento espresso dalla Corte, potrebbe costituire <<una misura adeguata e meno restrittiva rispetto alla fissazione dell’età massima dei 30 anni>> ( punto 62 ) in grado di perseguire il medesimo obiettivo.

4- L’esigenza di “ricalibratura dell’età” del corpo di polizia e la portata dell’art.6, D.2000/78
A sostegno della correlazione tra età e forza fisica e della necessità di rispettare il limite massimo di 30 anni come condizione per la partecipazione al concorso, in altra logica, era stata addotta dal Ministero dell’Interno l’esigenza di garantire una generale <<ricalibratura della piramide generazionale>> nell’assetto complessivo della Polizia di Stato onde abbassare l’età media (riportata al punto 63). Era stato al riguardo richiamato il precedente in base al quale la Corte di giustizia aveva ritenuto legittimo l’obiettivo di evitare l’invecchiamento degli effettivi di polizia intendendo, pertanto, la portata dell’indice di forza fisica non in senso statico, nell’ambito delle prove di assunzione, ma in senso dinamico e dunque considerando anche il periodo di lavoro successivo all’assunzione .
La sentenza in commento non considera risolutiva tale osservazione basandosi, anche a tal proposito, sulla differenza che connota le due fattispecie, dato che nel caso già deciso si trattava di agenti di polizia e non di commissari (punto 65). Tuttavia, non esclude in modo definitivo la rilevanza della finalità descritta anche nel caso in esame, facendo rinvio al giudice nazionale che dovrà, peraltro, svolgere la sua indagine entro confini prestabiliti (punto 66) di cui la sentenza scandisce le tappe progressive e le regole da applicare.
Un nodo importante al riguardo attiene all’area della comparazione che, come è noto, è cruciale per far emergere la discriminazione in particolare quella diretta. Rispetto all’individuazione dei gruppi rilevanti, il giudice di rinvio dovrà circoscriverne l’ambito prendendo in considerazione l’età media esclusivamente del personale interessato al concorso, ovvero i commissari di polizia, e non quella dell’intero apparato dipendente. L’affermazione è corretta sotto il profilo del criterio di individuazione dei gruppi da porre in comparazione al fine di individuare la discriminazione che, secondo i principi generali in materia, sono quelli immediatamente interessati o meno dal trattamento potenzialmente discriminatorio, secondo la regola valida anche in caso di ricorso al metodo di analisi statistica.
Inoltre, la sentenza precisa che anche sotto il profilo della giustificazione fondata sulla pretesa di alzare l’età media del personale, assume portata dirimente la verifica se il commissario di polizia svolge abitualmente funzioni per le quali sia necessaria effettivamente una particolare forza fisica (punti 66 e 67), in mancanza della quale cade l’esigenza di proseguire il giudizio. Infine, ove tale circostanza fosse provata, la pronuncia afferma che si dovrà procedere alla valutazione della proporzionalità del requisito.
Ciò porta in rilievo le altre incongruenze della normativa nazionale sopra richiamate - quali la riserva di posti nei confronti del personale già in servizio di età non superiore ai 40 anni, nonchè la fissazione del diverso limite dei 35 anni di età per chi avesse svolto il servizio militare – considerate dalla Corte ulteriori indici negativi dato che smentiscono che il perseguimento dell’obiettivo sia attuato “in modo coerente e sistematico” (punto71). In sostanza, anche ove si dimostrasse che le funzioni di commissario richiedono per la natura dei compiti svolti abitualmente una forza fisica particolare, il limite massimo di età pari a 30 anni per la partecipazione al concorso appare comunque sproporzionato alla luce di tali circostanze. Affermazione di notevole rilievo perché contribuisce a precisare il contenuto del giudizio di proporzionalità in termini non solo di congruità fra il mezzo e il fine ma altresì di assenza di alternative, di coerenza e sistematicità delle misure impiegate nel quadro complessivo della strategia perseguita.
La Corte, pur facendo salve le verifiche del giudice nazionale, alla luce di tali considerazioni coerentemente afferma (punto 71) che il requisito dell’età massima di 30 anni fissato per la partecipazione al concorso di commissari di polizia risulta sproporzionato.
La conclusione è pienamente coerente con uno dei motivi principali per cui è stato inserito il divieto di discriminazione basato sull’età, ovvero l’esigenza di evitare il rischio emerso in relazione a strategie manageriali di “svecchiamento del personale” che portavano all’ espulsione dei dipendenti più anziani con conseguenze sociali negative.
I profili appena esaminati attengono anche alla questione relativa all’applicazione dell’art.6, D. 2000/78 che, come è noto, ammette più ampie deroghe al divieto di discriminazione in base all’età consentendo agli ordinamenti nazionali di introdurre o mantenere regimi che, pur se in contrasto con il divieto di discriminazione, siano oggettivamente e ragionevolmente giustificati da <<legittimi obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale>> a condizione che anche in questo caso sia assicurato il rispetto del principio di proporzionalità. Le ragioni menzionate sono legate <<al possesso di una formazione professionale connessa all’attività lavorativa che il lavoratore dovrà svolgere oppure all’esigenza di assicurare un adeguato periodo di lavoro prima del pensionamento>> formulazione mantenuta nel provvedimento di trasposizione ai sensi dell’art.3, c.4- bis, lett.c) e 4-ter D.lgs. n.216/03 senza ulteriori precisazioni.
Nel fattispecie controversa, dalla normativa nazionale non risultava quale fosse la finalità sottesa alla fissazione dell’età massima per l’assunzione a 30 anni ma, come la sentenza sottolinea (punto 75), ciò non impedisce la valutazione della legittimità della misura controversa in sede di sindacato giurisdizionale alla luce degli elementi propri del caso.
In merito, la sentenza rileva l’assenza di prove di esigenze legate alla formazione, e quanto all’età di pensionamento fissata a 61 anni richiama le considerazioni svolte dal Consiglio di Stato in sede di rinvio (punto 31 ), ovvero che:<< l’età pensionabile a 61 anni assicura comunque un congruo periodo di servizio anche per colui che iniziasse la propria carriera dopo aver compiuto 30 anni>>. Da ciò la conclusione (punto 81) che l’età del pensionamento non giustifica di per sé la restrizione controversa, << in particolare se il giudice conferma, all’esito dell’esame di tutti gli elementi pertinenti, che le funzioni dei commissari di polizia non comportano essenzialmente compiti impegnativi sul piano fisico che i commissari di polizia assunti ad un’età più avanzata non sarebbero in grado di esercitare per un periodo sufficientemente lungo.
In tal senso si consolida il criterio adottato nelle precedenti decisioni in materia circa la rilevanza delle mansioni effettivamente esercitate e salvo, comunque, il giudizio di proporzionalità. Infatti, il dispositivo afferma che. <<la disposizione contestata che fissa il limite massimo a 30 anni per l’assunzione è in contrasto con l’art.21 CDFUE e la Direttiva 2000/78 allorché le mansioni non richiedano una particolare capacità fisica, oppure, ove la richiedessero corrispondendo pertanto ad una finalità legittima, se si tratta di un requisito sproporzionato alla luce, anche in questo caso, dell’istruttoria compiuta>>.

Conclusioni: la portata espansiva del principio di illegittimità del limite di età nei confronti di chi non svolge ruoli operativi
Alla luce dell’analisi compiuta si coglie l’importanza della sentenza in commento sotto vari profili che riguardano il consolidamento di alcuni principi ben noti in materia – quale il valore rispettivamente della CDFUE e della D.2000/78 - e l’approfondimento dell’interpretazione in tema di giustificazioni ammesse nei confronti del divieto di discriminazione per età dove si rivela cruciale l’analisi dell’attività lavorativa effettivamente esercitata dai dipendenti al fine di stabilire se il requisito controverso sia “essenziale e determinante”. In proposito la pronuncia conferma che il ricorso al criterio dell’età può assumere contorni sfuggenti, e di conseguenza dar luogo a conclusioni variabili che richiedono verifiche rigorose da parte del giudice di rinvio.
Di estremo rilievo appaiono, inoltre, le regole concernenti il giudizio di proporzionalità precisate dalla sentenza nei diversi ambiti considerati imponendo, per un verso, di valutare non solo il contenuto delle funzioni assegnate ai commissari ma la loro abitualità oppure saltuarietà e, per altro verso, la coerenza tra il requisito dell’età rispetto allo scopo perseguito nonché l’assenza di alternative e la coerenza e sistematicità delle misure adottate nel quadro complessivo della strategia realizzata.
Infine, la pronuncia ha chiarito in modo rigoroso l’iter logico cui il giudice nazionale si dovrà attenere, scandendo i passaggi successivi della verifica da compiere per valutare la legittimità o meno del requisito contestato procedendo in primis all’accertamento delle funzioni proprie dei commissari e della abitualità o saltuarietà di quelle che comportano una notevole forza fisica, e solo ove tale verifica dia risultato positivo si potrà procedere alla valutazione della giustificazione basata sull’esigenza di ricalibratura dell’età media del personale, da commisurare esclusivamente nei confronti del personale specifico per cui è bandito il concorso, ovvero i commissari di polizia, e tenuto conto che la fissazione dell’età massima a 30 anni appare peraltro sproporzionata alla luce delle altre circostanze emerse.
I limiti da rispettare nell’apprezzamento dei vari tipi di eccezioni al campo di applicazione e di giustificazioni ammesse hanno il pregio di ridurre l’area sottratta alla protezione del divieto in questione, ridimensionando le critiche mosse sia alla Direttiva n.78 sia al provvedimento di trasposizione, e permettendo al giudice di rinvio di argomentare la decisione che, come si può prevedere, condurrà a sancire la disapplicazione della norma contestata.
Il principio formulato dalla Corte di Giustizia ha dimostrato di rivestire portata espansiva. Richiamando la sentenza in commento, la recente sentenza della Corte costituzionale del 22 dicembre 2022 n.262 ha riconosciuto l’illegittimità del limite di età massima di 30 anni stabilita per il reclutamento di psicologi presso la Polizia di Stato. L’argomentazione invocata è la medesima, ovvero il fatto che si trattasse di attività prive di contenuti operativi ma a carattere tecnico – scientifico. Il requisito è pertanto arbitrario e irragionevole, pacificamente escluso dall’ambito di applicazione delle eccezioni al divieto di discriminazione secondo l’interpretazione rigorosa accolta dalla sentenza in commento.

 

 

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