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La copiosa giurisprudenza che si sta generando sul tema dei Rider/Ciclofattorini in Italia, si è “arricchita”, in ultimo, con il provvedimento del Giudice del Tribunale di Bologna, datato 30 giugno 2021, che, al netto, delle eventuali (si può ritenere certe) fasi di opposizione/reclamo, che verosimilmente potranno consegnare (e si spera!) una cognizione più ampia nel merito, ha suscitato un fervido interesse, non solo di natura propriamente dottrinale/giuslavoristica - per non parlare dei risvolti lavorativi, economici e sociali - ma anche, e soprattutto, di natura sindacale.

Non volendo intrattenere deduzioni, o eccezioni, relative alla pronuncia del giudicante, che pure sono evidenti e - oggettivamente inedite - (una tra tutte l’accertamento della illegittimità di un Contratto Collettivo Nazionale e la decisone di disapplicare detto accordo), risultando la UGL “attore non protagonista” o forse “protagonista ma non attore/convenuto” all’interno del percorso deduttivo/interpretativo del Giudice, diviene assolutamente macroscopica, la puntualizzazione, riportata nella parte terminale del provvedimento, alla lettera c) “Sul merito della causa”, nella quale, il Giudice, dopo una presunzione sulla rappresentatività/comparativa, a favore di altre OO.SS. (non è dato sapere su quali basi e requisiti specifici), precisa che “NON SEMBRA che il sindacato UGL Rider sia in possesso di tali requisiti”.

Vero è, che la sommarietà del provvedimento, proprio in considerazione della peculiarità dell’art. 28, potrebbe favorire una presunzione di valutazione, ma si ha difficoltà a comprendere - la deduzione del Giudice - che seppure all’interno del provvedimento rimarca che la “causa è stata istruita con prove orali”, non ha - evidentemente - ritenuto di accertare/verificare la rappresentatività/comparativa sindacale della UGL Rider, liquidando e circoscrivendo la decisione proprio attraverso la locuzione “NON SEMBRA”.

Non si nega, che il Giudice si è - oggettivamente - imbattuto in una articolata e complessa discussione, che vige nel nostro Paese e nel nostro Ordinamento giuridico, da quasi un secolo, che è propria quella sulla rappresentatività/comparatività sindacale - nel comparto privato – che, se da una parte è fortemente ancorata ai precetti costituzionali (art. 39 Cost.) che sancisce ed eleva il principio della libertà sindacale, dall’altra ha alimentato e alimenta uno dei dibattiti più “accesi” nell’ambito sindacale, al punto che il legislatore ha più volte avanzato disegni o proposte di Legge, per arrivare in qualche maniera a “certificare” e “legittimare” le OO.SS. in Italia e di riflesso gli agenti contrattuali ai fini della sottoscrizione di Contratti Collettivi Nazionali. Si omettono, riflessioni sulla rappresentatività sindacale datoriale!

Ma non si può, dovendo disquisire nel merito della rappresentatività sindacale, sostenere che gli stessi sindacati - dei lavoratori - sono stati a guardare, basterebbe invocare e ricordare i numerosi Accordi Interconfederali Sindacali sulla Rappresentanza e Rappresentatività sindacale (da UGL sottoscritti) così come il tentativo di compendiare la rappresentanza sindacale in un TESTO UNICO, Accordo Interconfederale del 10 gennaio 2014 (da UGL sottoscritto).

Orbene, il Giudice dell’art. 28 di cui si discute, ha dovuto, verosimilmente, ricercare all’interno del procedimento, per reprimere la condotta antisindacale, la sussistenza del potere negoziale dei soggetti sindacali - e quindi della UGL - in conformità delle nuove disposizioni introdotte dalla Legge 128 del 2 novembre 2019, che ha convertito il Decreto Legge datato 3 settembre 2019 n. 101, ovvero quel Decreto Legge rubricato “Disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di Crisi Aziendali” che circoscriveva al suo interno il capo V bis “Tutela del lavoro tramite piattaforme digitali”, e più in particolare prevedendo al comma 1 dell’art. 47 quater :

- I Contratti Collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale possono definire criteri di determinazione del compenso complessivo che tengano conto delle modalità di svolgimento della prestazione e dell’organizzazione del committente.

Su questo punto, ovvie domande che non trovano la benché minima risposta all’interno del provvedimento, ovvero:

- ma di quale rappresentatività comparativa si parla e soprattutto con quali requisiti deve essere misurata ?

e soprattutto

- rappresentatività comparativa in un ambito nazionale che chiameremmo “generale” o nello specifico all’interno del lavoro in piattaforma digitale, o ancora all’interno del settore dei rider?

Sta di fatto che la decisione del Giudice, seppure in assenza di esplicitazioni che (ove esistenti) avrebbero contribuito alla definizione e cognizione della rappresentatività sindacale all’interno dell’economia e del lavoro delle piattaforme digitali, “ad excludendum”, ha stabilito - perentoriamente - che la UGL Rider non è rappresentativa e il CCNL Assodelivery non deve essere applicato ai Rider di Bologna dalla piattaforma convenuta in giudizio.

A parere di chi scrive la conclusione e gli effetti del procedimento ex art. 28, riportano la discussione sul lavoro in piattaforma all’estate del 2018, anno in cui il Ministro dello Sviluppo Economico e del Lavoro L. Di Maio (Governo Conte I) dette avvio a una serie di incontri, coinvolgendo le parti sociali datoriali e dei lavoratori, riproponendo un articolato dibattito sulla Gig economy e più in particolare sui i Rider.

L’esordio da parte del Ministro durante i tavoli sindacali, che trovarono la partecipazione di soggetti quali: Ugl, Cgil, Cisl, Uil, Cisal, Confcommercio, Confidustria, e altre e numerose rappresentanze datoriali e dei lavoratori, fu quello di ricercare, attraverso il dibattito tra i soggetti interessati, di dettagliare e chiarire l’esatta qualificazione del rapporto di lavoro, all’interno della Gig Economy o del lavoro in piattaforma, per cui all’epoca veniva precisata l’esistenza di oltre un milione di addetti in Italia (quantificazione di lavoratori peraltro non certificata).

In realtà il dibattito si focalizzò, così come oggi è ancora polarizzato, solo verso una parte (minima) del lavoro in piattaforma digitale, ovvero verso i Rider, che nel 2018, sempre attraverso dati assolutamente sommari, venivano indicati nel numero di circa 30 mila addetti in Italia (è bene altresì rammentare che rispetto ai 30 mila solo il 10/15% svolge il lavoro con continuità). Va precisato che, in tale circostanza, il Ministro non ebbe l’attenzione di istituire un tavolo con tutti i soggetti in Italia che operano all’interno della Gig-economy o della on-demand economy , ovvero di tutte le piattaforme che si occupano di mettere in contatto domanda e offerta del lavoro in Italia, ma coinvolse oltre ai soggetti datoriali e sindacali, innanzi richiamati, solo alcune piattaforme digitali, che operavano esclusivamente nel settore delivery food e alcune associazioni di Rider, spontaneamente e autonomamente generatesi in Città quali Roma, Bologna, Milano, Firenze.

I numerosi e ripetuti incontri ministeriali, assunsero di fatto, una sterile, e sicuramente improduttiva “disputa”, nella quale i soggetti convocati, in primis talune associazioni autonome dei Rider e talune Organizzazioni Sindacali Confederali, presupponeva a qualsiasi ed eventuale intervento legislativo o negoziale, il riconoscimento dello status del lavoro subordinato, facendo ricadere che tutte le piattaforme interessate, avrebbero dovuto assumere i propri Rider (a quel tempo autonomi) e avrebbe dovuto applicare un CCNL, già esistente, quale: Logistica, Multiservizi, Terziario etc.

Ma allontanandoci dai migliori auspici, evidentemente non ricevibili, peraltro dalle stesse piattaforme, l’oggettiva analisi della prestazione lavorativa, all’interno del sistema del labour platform, e nella fattispecie di cui si discute del delivery food, anche in rapporto con le previsioni codicistiche ex art. 2094 del c.c. e art. 2222, nonché con d. lgs. 81 del 2015 (successivamente riformato) faceva emergere e delineava una linea di intervento che era quella di ricercare un sistema di tutele per i Rider (in primis salute e sicurezza), presupponendo l’inquadramento come lavoratore autonomo o indipendent contractor, proprio attraverso la contrattazione collettiva.

Va annotato in questo, che alcune associazioni autonome dei Rider - anche qui di indefinita rappresentatività - ma legittimati al tavolo ministeriale dal Ministro di Maio per il semplice fatto di essere state convocate, così come alcune OO.SS. Confederali, assunsero una dimensione e un approccio ideologico e per l’effetto di chiusura, negando di ricercare formule innovative, o meglio nuovi modelli contrattuali, per disciplinare il lavoro offerto attraverso il web, che rappresenta senza dubbio una innovazione storicamente inedita, insistendo sul riconoscimento del lavoro subordinato.

Differentemente il dibattito, anche interno alla UGL, rese la convinzione che la verosimile soluzione al lavoro dei Rider, dovesse essere quella di una contrattazione collettiva nazionale di riferimento, lontano da impianti contrattuali più ampi, quali il terziario, logistica etc., proprio riconoscendo la peculiarità del lavoro dei Rider, di fatto, portatrice di nuovi modelli e sistemi contrattuali, così come di relazioni sindacali.
Di qui l’istituzione all’interno della UGL stessa, di un sindacato Nazionale specifico per i Rider, che prese il nome di UGL RIDER, ma soprattutto un quotidiano dialogo con i Rider in Italia.

Nel solco degli incontri ministeriali, con le battute di arresto date dalle note criticità governative, non solo le parti sociali non sono mai giunte a una soluzione condivisa con le piattaforme, ma si è formata una contrapposizione tra gli stessi Rider e Organizzazioni sindacali dei lavoratori, tra quelle che continuavano a “rivendicare” la piena, e (forse incondizionata) subordinazione, negando l’evidente autonomia presente nella prestazione e la UGL che rimarcava, proprio in considerazione della autonomia e flessibilità dell’esecuzione del rapporto, rilevando elementi portatori di un paradigma innovativo e di fatto - atipico -, la ricerca di nuove formule contrattuali.

E’ iniziata, in tale contesto, una capillare attività di consultazione e confronto, in tutte le Regione d’Italia, della UGL Rider, che ha associato numerosissimi Rider, cogliendo altresì il riconoscimento di Sindacato di riferimento nel settore del delivery food da parte degli stessi Rider, evidentemente da parte di coloro che si “collocavano” verso l’autonomia della prestazione. Si è avuto anche modo di confrontarsi e di condividere iniziative ed incontri con una delle più importanti associazioni nazionali dei Rider, già operante a livello Nazionale negli anni precedenti, ovvero l’Anar (Associazione Nazionale Rider), soggetto fortemente riconosciuto tra i Rider e accreditato anche a livello mediatico, il cui Presidente ha personalmente aderito alla UGL RIDER, unitamente all’intero nucleo Direttivo e a centinaia di Rider che si sono iscritti alla UGL.

In tale contesto è intervenuto il legislatore con il già richiamato D.L. 101 del 3 settembre 2019, tracciando la soluzione di un contratto collettivo nazionale attraverso le organizzazioni sindacali e datoriali più rappresentative a livello nazionale per la determinazione del compenso.

Iniziato il confronto con l’Associazione datoriale Assodelivery, si poteva, in punta di legge, determinare unicamente il compenso, ma la scelta, proprio per la ricerca di maggiori tutele e protezione sociale è stata quella di prevedere e riconoscere: una serie di indennità integrative, un sistema di incentivi nelle Città in cui il delivery food sia recente introduzione, un sistema premiale, obbligo di forniture gratuite in termini di dotazioni di sicurezza, così come obbligo di formazione e coperture assicurative, sia contro gli infortuni sia per danni a terzi, riconoscimento dei diritti sindacali per i Rider che svolgono attività sindacale e quant’altro presente nel CCNL. In sintesi è stato sottoscritto il primo contratto di lavoro in Italia e in Europa prevedendo diritti e tutele nell’ambito del lavoro autonomo.

L’attività di socializzazione e consultazione è iniziata, tra i Rider, ante e post la firma del Contratto Collettivo Nazionale Assodelivery/UGL, sottoscritto in data 15 settembre 2020, e si è sviluppata attraverso quotidiani incontri sia di persona che attraverso il web, nelle principali piazze e Regioni Italiane, per cui tanti Rider hanno aderito alla UGL (attestando proprio quella rappresentatività, che chiameremmo “vera” per la UGL, prevista dalla Legge 128/2019). Ma congiuntamente è iniziata una energica attività, sia di natura legale che sindacale, da parte di altre OO.SS., le quali hanno manifestato dissenso al CCNL Assodelivery, presupponendo di ricondurre il lavoro dei Rider nell’alveo della subordinazione e di una Contrattazione Collettiva più ampia, quale, in particolare, il CCNL Logistica.

Invero, a fronte della decisione di una piattaforma digitale di delivery food, che ha rivisitato il proprio modello di business, in marzo u.s., ha trovato seguito il modello subordinato, per i Rider di detta piattaforma, che sono stati assunti in forza del CCNL Logistica e un contratto di II livello (derogatorio in peius alla contrattazione collettiva); ma in considerazione dell’esiguità delle ore di lavoro proposte anche limitate a 10 ore contrattuali, così come le deroghe/flessibilità, accettate dalle OO.SS. firmatarie, di fatto questo modello contrattuale ha determinato una sorta di “snaturalizzazione” del contratto subordinato stesso. Giungono oggettivi e numerosi riscontri che detto modello non soddisfa i Rider!

In conclusione, si può - sostanzialmente - dedurre che nello studio di questo settore e dei nuovi lavori generati e che saranno generati dall’economia digitale, che piaccia o no, saranno sempre più numerosi e innovativi, si concentra il senso, la strada del futuro e il ruolo del sindacato, a cui si richiede di proiettarsi verso nuovi sistemi.
La sintesi del dibattito sui rider, anche in ambito sindacale, si è sostanzialmente concentrata sulla classificazione della prestazione tra autonomia e subordinazione. Su questo, è altresì rilevante che alcune giurisdizioni a livello internazionale, e in qualche pronuncia di Tribunali in Italia, si è argomentato sulla esistenza di una categoria - seppure inesistente nel nostro Ordinamento - ma di fatto generatasi, identificata come un tertium genus, ai fini dell’esatta qualificazione del rapporto di lavoro in piattaforma.

Per quello che è il ruolo del sindacato, preso atto della forte eterogeneità della forza lavoro operante in questo settore e della stessa diversità delle tipologie di piattaforma, avendo già annotato che il mondo on-demand economy in Italia non è fatto solo dal delivery food e dai Rider ma bisogna concentrarci sull’intero contesto dei lavoratori della Gig Economy, il punto di domanda è se continuare a sostenere tali modelli con contratti di lavoro “tradizionali”, e in quanto tali oggettivamente inappropriati o insufficienti, o ricercare strumenti innovativi attraverso una contrattazione nazionale di altro genere.

 

 

 

 

 

 

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