testo integrale con note e bibliografia

Dal 2006 il World Economic Forum (organizzazione senza fine di lucro nata in Svizzera nel 1971) redige annualmente un rapporto che misura quale sia la strada percorsa verso la parità di genere nel mondo (quest’anno – come l’anno passato – gli Stati presi in esame sono ben 146).
L’analisi viene svolta avvalendosi di una unità di misura, il c.d. Global Gender Gap Index, che analizza quattro parametri: la partecipazione economica, l’istruzione, la salute e la leadership politica.
A ben guardare neanche quest’anno i dati che emergono dal Rapporto appaiono particolarmente incoraggianti sia a livello globale che a livello europeo e nazionale, anzi.
Per quanto riguarda il divario globale di genere, esso risulta, infatti, ad oggi colmato in media solo al 68,4%. Ciò significa che, al ritmo attuale, secondo il Rapporto in esame, ci vorranno in media ancora 131 anni per raggiungere la parità tra i sessi. Tale dato, pur muovendo nella direzione di un leggero miglioramento rispetto alle stime sia del 2022 (che calcolava in 132 gli anni necessari per raggiungere la parità), sia del 2021 (che parlava di 136 anni) non compensa, a ben guardare, la disastrosa retrocessione in materia di parità di genere causata dalla pandemia (se è vero che le proiezioni precedenti al 2020 stimavano in 100 anni il periodo di tempo necessario per appianare il divario tra i sessi).
Così a livello regionale, se è vero che quest'anno la zona più avanzata del globo in termini di riduzione del divario di genere risulta non più, come in passato, il Nord America (sceso al 75% rispetto al 76,9% dell’anno scorso), bensì l’Europa (con un punteggio di 76,3 punti percentuali) che finisce, dunque, per posizionarsi al primo posto tra le otto regioni del mondo, è vero anche che l’anno scorso l’Europa riportava un indice di parità più alto di 0,3 punti percentuali.
Allo stesso modo, purtroppo, ben quattro delle altre sei regioni rimanenti sembrano in discesa in tema di parità di genere rispetto all’anno passato. Il divario pare infatti colmato quest’anno: al 69% in America Latina e Caraibi (contro il 72,6% dell’anno scorso), al 69% in l’Eurasia e Asia centrale (contro il 69, 1% del Rapporto 2022), al 68,8% in Asia orientale e Pacifico (contro il 69% dell’anno passato) e, infine, al 62,6% in Medio Oriente e Nord Africa (rispetto al 63,4% dello scorso anno). Miglioramenti si riscontrano invece nell’Africa sub-sahariana (passata dal punteggio di 67,9% dell’anno passato al 68,2% di quest’anno), nonché nell’Asia meridionale (passata dal 62,4% nel Rapporto 2022 al 63,4% di quest’anno).
Quanto al livello nazionale, nel Rapporto 2023 si conferma in testa alla classifica, anche quest’anno, l'Islanda che pare aver colmato per il 91,2% il divario di genere (l’anno scorso l’indice era al 90,8%), seguita a breve distanza da: la Norvegia (con un indice dell’87,9% contro l’84,5% dell’anno passato), la Finlandia (con un indice dell’86,3% contro l’86% dell’anno precedente), la Nuova Zelanda (con un indice dell’85,6% contro l’84,1% dello scorso anno) e la Svezia (con un indice dell’81,5% contro l’82,2% del precedente anno), mentre all’ultimo posto si conferma l’Afghanistan (con il 40,5% di gender gap colmato, in discesa rispetto all’anno passato di ben tre punti percentuali).
Quanto all’Italia, essa risulta 79^ nella classifica mondiale con il 70,5% di gender gap colmato. Tale dato appare non solo deludentissimo in sé per sé, considerato che si tratta di una discesa in graduatoria di ben sedici posizioni rispetto agli ultimi due anni (in cui il nostro Paese risultava posizionato al 63° posto con un indice del 72%), ma anche se confrontato con i risultati raggiunti dalla maggior parte degli altri Paesi dell’Unione Europea. Dietro l’Italia si trovano, infatti, oggi, nella classifica generale, solo: la Romania, con un gender gap colmato al 69,7%, (l’anno precedente era il 69,8%), la Grecia, con un gender gap colmato al 69,3% (contro il 68,9% dell’anno passato), l’Ungheria, con un gender gap colmato al 68,9% (contro il 69,9% dello scorso anno), la Repubblica Ceca, con un gender gap colmato al 68,5% (contro il 71% dell’anno precedente) e Cipro, con un gender gap colmato al 67,8% (contro il 69,6% dell’anno passato).

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