Testo integrale con note e bibliografia

L’incontro.
Ho conosciuto Riccardo nel 1982, appena laureato con una tesi sui licenziamenti collettivi (Relatore Giuseppe Pera), da cui sarebbe derivato il suo primo articolo.
L’incontro avvenne nell’istituto di Diritto del Lavoro dell’Università di Pisa, diretto da Giuseppe Pera, che entrambi frequentavamo.
Mi avvicinò dicendomi che aveva sentito parlare di me dal Professore e avrebbe voluto conoscermi.
Fu intesa immediata, che entrambi riconoscemmo dalle prime parole e che ci avrebbe accompagnati inseparabilmente per quarant’anni, spezzata solo da ciò che non volevo immaginare potesse accadere.
Un dialogo continuo, mai interrotto, che negli ultimi due anni della malattia è stato quotidiano, quasi sempre in serata, quando eravamo finalmente liberi da ogni impegno.
Entrambi amavamo il diritto del lavoro, ma i nostri dialoghi andavano oltre, toccando ogni aspetto di ciò che ci circonda.
Riccardo aveva lo straordinario potere di illuminare ogni parola, di andare al di là delle apparenze. Era impossibile resistergli.
L’inizio di ogni conversazione era spesso quasi banale, ma improvvisamente assumeva un crescendo inarrestabile, e l’oggetto veniva scomposto e ricomposto, osservato da angolazioni diverse e collegato ad altro, nella pretesa (probabilmente illusoria) di ricondurre tutto ad unità.
Mi diceva che mi accendevo come una lampadina, ma era lui ad azionare l’interruttore che rendeva le nostre conversazioni uniche ed imprevedibili nel loro sviluppo.
Riccardo era naturalmente curioso, profondo, originale, non conformista.
Il suo non era un abito, ma una condizione naturale.
Avevamo in comune l’esperienza della psicoanalisi, l’amore per Proust e la lettura di ogni passaggio dell’infinita Recherche. E di quel percorso Riccardo avrebbe conservato sempre le tracce.
Il disperato tentativo di conoscere se stessi attraverso l’esperienza psicoanalitica costituisce una delle basi su cui si fonda la costante attenzione per l’individuo che pervade la ricerca di Riccardo, senza mai cadere nell’individualismo.
Un individuo calato nella dimensione sociale, propria del diritto del lavoro, ma pur sempre soggetto.

La prima produzione (anni 80-90), l’approdo al manuale e l’avvio della professione.
In quegli anni ottanta-novanta Riccardo seguiva il percorso indicato dal suo maestro Giuseppe Pera, con grande attenzione alla giurisprudenza attraverso note e commenti e studi monografici classici, come quello monumentale sulla “Sospensione del rapporto di lavoro”, e molti interventi su svariati temi, toccando spesso la materia dei licenziamenti, gli appalti, le esternalizzazioni etc …, ma anche problematiche poco “ortodosse” e poco frequentate dai giuslavoristi, come quella dell’abuso del diritto (V. L’abuso del diritto nel lavoro, Dir. Priv., 1997, 403 ss ).
Contemporaneamente aveva avviato l’attività professionale, che avrebbe sempre svolto nella piena convinzione, condivisa con Giuseppe Pera, che la professione ben si integrasse con l’attività accademica, completandola, arricchendola e favorendo un approccio sempre calato nella realtà.
Il ruolo decisivo della giurisprudenza nell’orientare l’interpretazione della disposizione legislativa, trasformandola in norma e riconducendola a sistema nell’ambito dei principi, conferma la bontà di quelle scelte, su cui Riccardo non ha mai avuto dubbi.
Coerentemente ha coordinato la redazione della prima edizione del Commentario breve alle leggi sul lavoro, a cura di Grandi e Pera (Cedam).
Molti anni dopo avrebbe dato vita con Franco Scarpelli ad un nuovo Codice Commentato del Lavoro (Wolters Kluwers 2020).
Ma già in questa prima parte del suo cammino, la sua formazione eclettica traspariva in ogni pagina, ed indicava la direzione che inevitabilmente avrebbe percorso.
Nel suo amore per Johann Sebastian Bach e per la perfetta e geometrica armonia della sua musica, che tutto ricompone, si esprimeva la propensione a ricondurre tutto a sistema, che avrebbe portato negli anni 2000 alla prima delle quattordici edizioni del suo Manuale di Diritto del Lavoro, aperto, non a caso, da due paragrafi introduttivi su “Diritto e Vita” e “Fra metodo e filosofia”.
All’ordine di Bach contrapponevo spesso la gioiosità di Mozart, ma infine convenivamo sulla rappresentazione unitaria della vita che entrambi offrivano, pur da angolazioni diverse.
E di tale approccio si trovano tracce nella continua sottolineatura da parte di Riccardo della complessità, incompatibile con soluzioni semplicistiche.

La riflessione sui fondamenti e le prospettive del diritto del lavoro. Gli scritti degli ultimi venticinque anni.
In questa prospettiva era naturale che Riccardo vedesse il rapporto tra diritto del lavoro ed economia non in termini di contrapposizione, ma di imprescindibile integrazione.
“…La riflessione giuridica potrà continuare a svolgere la sua indispensabile funzione di sintesi a condizione di approfondire ed affinare il dialogo interdisciplinare: e ciò secondo prassi improntate alla trasparenza ermeneutica e idonee a governare la complessità nella quale, a dispetto dell’attuale arroganza delle forze della semplificazione, siamo ormai immersi” (Valori del diritto del lavoro ed economia di mercato, in Il diritto del lavoro e la grande trasformazione, a cura di B. Caruso, R. Del Punta e T. Treu, Il Mulino, 2020, 59; v. anche Epistemologia breve del diritto del lavoro, LD, 2013, 37 ss. e Il Manifesto per un diritto del lavoro sostenibile, CSDLE, maggio 2020, di cui è coautore con Bruno Caruso e Tiziano Treu).
L’anticonformismo di Riccardo era in linea con quello di uno dei suoi autori preferiti, Giorgio Gaber, cui ha dedicato uno scritto in Lavoro e Diritto del 2009.
Il dubbio era motore della sua continua ricerca, che rifiutava schemi precostituiti e rassicuranti.
Apprezzava l’onestà intellettuale con cui in vari ambiti scientifici, specie nel campo della fisica, gli studiosi ammettono con naturalezza l’erroneità di impostazioni a cui hanno dedicato anni di lavoro, alimentando un proficuo dibattito. Pur consapevole della specificità del metodo scientifico, a Riccardo sembrava che le contrapposizioni nell’ambito giuslavoristico fossero spesso cristallizzate nel tempo, con scarsa propensione al ripensamento.
Le sue conclusioni sono sempre rivolte al futuro, non chiudono mai un cerchio, ma aprono a nuove prospettive e offrono spunti per ulteriori riflessioni.
Riccardo, specie nei lavori degli ultimi venticinque anni, prova ad indicare le basi di un diritto del lavoro che vada oltre la mera protezione del lavoratore (pur necessaria) e la contrapposizione al potere datoriale, e pone al centro del suo pensiero la persona, il soggetto, inserito nella dimensione sociale propria del diritto del lavoro.
Nel suo lavoro su Diritti della persona e contratto di lavoro (in DLRI, 2006, 2, 195 ss.), analizza ogni aspetto della relazione tra persona e contratto di lavoro, dal danno, alla salute e sicurezza, alla tutela della personalità morale, al tema dell’uguaglianza, della libertà sessuale, alla tutela dell’immagine, al diritto alla libertà di espressione e alla riservatezza, alla tutela della professionalità e del diritto al riposo effettivo, per tentare di ricomporre tutto ad unità attraverso la riflessione sistematica finale.
In questa prospettiva appariva conseguenziale l’incontro con la teoria delle capabilities di Amartya Sen e Martha Nussbaum, e il pieno inserimento nel dibattito giuslavoristico internazionale, attraverso la partecipazione a vari convegni e congressi in Europa, America, Australia e Israele e varie pubblicazioni in lingua inglese.
La valorizzazione delle diverse capacità individuali e la predisposizione di tutti gli strumenti perché si realizzino effettivamente (trasformazione della capabilities in functionings), costituisce per Riccardo un approccio di ampie prospettive nell’ambito del diritto del lavoro (For a Capability Theory of labour law: preliminary notes, DNAFS, LLRN Valparaiso, June 2019, Labour law and the Capability approach, 2016, Is the Capability Theory an adeguate normative theory for labour law?, 2019, Leggendo “The idea of justice” di Amartya Sen-2013), posto in relazione con la teoria neo repubblicana della libertà come non dominio (Philip Pettit, Frank Lovett).
In più occasioni Riccardo ha indicato i collegamenti tra questa teoria e vari istituti del diritto del lavoro (salute e sicurezza, rispetto della dignità personale, valorizzazione della professionalità e conseguente formazione continua, valorizzazione delle conoscenze e competenze del lavoratore, forme di partecipazione nella gestione dell’impresa, valorizzazione della capacità lavorativa di persone con disabilità etc …), precisando come l’approccio delle capabilities sia in grado di “catturare” le ultime tendenze evolutive del diritto del lavoro, guidandone lo sviluppo, specie nell’ambito dei processi di trasformazione dei modelli organizzativi e produttivi connessi a industria 4.0 ed alla digitalizzazione.
La sua è una visione del diritto del lavoro proiettata verso il futuro, che discende da una visione del mondo che cerca di coniugare il pieno sviluppo delle capacità individuali e delle connesse responsabilità con la dimensione sociale dell’economia e del lavoro, in una prospettiva di liberalismo sociale che va oltre la tradizionale contrapposizione tra neoliberalismo e socialdemocrazia. “….La prospettiva che reputo più feconda è quella di rinunciare, per la cultura giuslavoristica, a rappresentare una visione del mondo alternativa ed emancipatoria in senso forte, e di lavorare invece dentro al mercato per tentare di regolarlo, alla ricerca del migliore compromesso possibile tra socialità ed efficienza” (Valori del diritto del lavoro ed economia di mercato, 46).
Il tutto conduce alla ricerca di una libertà sostanziale che parte da una eguaglianza di opportunità. “Il punto fondamentale e decisivo è che questa libertà sia effettiva, e non una mera copertura formale di situazioni di dominio: che sia, in una parola, una libertà sostanziale” (Ragioni economiche, tutela dei lavori e libertà del soggetto, RIDL, 2002, I, 401 ss, 419, ed ancora L’economia e le ragioni del diritto del lavoro, DLRI, 2001, 53).
L’aspirazione alla libertà sostanziale è strettamente collegata al recupero della soggettività del lavoratore anche nelle proprie scelte, specie di fronte ad alte professionalità che possono avere maggior interesse ad allargare gli spazi della contrattazione individuale.
Ma Riccardo non dimentica la polarizzazione del mercato del lavoro e l’esistenza dei lavori umili che tuttora richiedono ampie protezioni eteronome, anche se talvolta poco efficaci (così presentando il libro “Lavoro: la grande trasformazione”, a cura di Enzo Mingione, Feltrinelli 2020, 14).
Il diritto del lavoro continua ad assolvere una essenziale funzione redistributiva di riduzione delle diseguaglianze che ostacolano il pieno sviluppo di ogni individuo.
La valorizzazione della persona si inserisce e si coniuga con un “…approccio integrato delle tre sostenibilità, ambientale, sociale ed economica” al fine di “comporre queste tre grandi istanze, che tutte, tra l’altro, hanno un contenuto di socialità” (Manifesto, 15). In questa direzione “le nuove tecnologie… presentano potenzialità e soluzioni di conciliazione tra modi di lavorare e di produrre e sostenibilità ambientale, che erano certamente impensabili nelle precedenti rivoluzioni industriali” (Manifesto, 15).
Siamo di fronte ad una visione della sostenibilità (unitamente ai due coautori del Manifesto) molto lucida e concreta, in anticipo su ciò che sarebbe stato ripreso poco dopo dal PNRR:
La sua ultima fatica, incompiuta ma già strutturata e fruibile, è stata la redazione della voce Contratto di lavoro (teorie filosofiche) per il volume sul “Contratto di Lavoro” nell’”Enciclopedia del Diritto”, cui stava lavorando in fase avanzata al momento della scomparsa.

L’attività universitaria e le associazioni.
Riccardo svolgeva ogni sua attività con grande passione, ed è la passione con cui affrontava i suoi numerosi impegni universitari ed il rapporto con gli studenti.
La prospettiva era sempre quella di legare lo sviluppo teorico del diritto del lavoro alla sua applicazione pratica, e coerentemente alle lezioni frontali aveva accompagnato anche esercitazioni con simulazione del processo del lavoro, coinvolgendomi in qualche occasione.
In questi casi l’interazione con gli studenti era molto forte e gli stessi si rendevano parte attiva nella simulazione degli atti e della discussione e anche del modo di impostare il rapporto iniziale con il cliente.
Sempre nell’ambito universitario ha organizzato, insieme ai suoi collaboratori, 18 edizioni del Corso di Aggiornamento Professionale, Teoria e Pratica del Lavoro, che oggi prosegue intitolato a suo nome.
Ogni lezione del corso riusciva ad unire riflessioni teoriche profonde alle conseguenti applicazioni pratiche, ed era caratterizzata da una grande vivacità del dibattito, che coinvolgeva soprattutto consulenti del lavoro e avvocati.
Sia nell’insegnamento, sia nelle lezioni del Corso, si manifestava la sua capacità di avere una visione unitaria e coerente di ogni aspetto delle problematiche collegate al diritto del lavoro, ed al centro dell’attenzione era sempre la persona, i suoi bisogni, i suoi diritti ed i suoi doveri nell’ambito della relazione contrattuale e dell’organizzazione lavorativa di cui faceva parte.
Con la convinzione che il lavoro possa e debba essere strumento di realizzazione delle proprie capacità e che ciò possa contribuire ad accrescere l’efficienza dell’intera organizzazione.
Era stato socio e membro del Comitato direttivo dell’AIDLASS e, in dissenso, fu tra i promotori della nuova associazione Labour Law Community-LLC, tra i promotori del gruppo “Freccia Rossa”, nonchè socio di AGI (Avvocati Giuslavoristi Italiani) e membro del Comitato scientifico, cercando sempre di gettare un ponte tra accademia e professione.

L’attività di consulenza legislativa.
Dopo aver partecipato nel 2001 ai lavori della Commissione Foglia sulla riforma del processo del lavoro, Riccardo ebbe un ruolo fondamentale nell’elaborazione della c.d. riforma Fornero, in materia di licenziamento ed altri istituti.
Il suo nome era stato fatto dalla Banca D’Italia, ed aveva accettato con entusiasmo. Si trasferì a Roma per buona parte della settimana ed iniziò un rapporto con la ministra Elsa Fornero e con il capo dell’ufficio legislativo del Ministero del Lavoro, che sarebbe diventato di amicizia e forte stima, come capita spesso a chi si trova ad affrontare insieme una vera e propria tempesta.
In privato ed in occasioni pubbliche spesso ha ricordato come molti sembrano aver dimenticato il momento drammatico che il paese stava attraversando, il rischio di default, la paura diffusa che aveva portato il gradimento per il Presidente del Consiglio Mario Monti a livelli altissimi.
E la riforma che porta il nome di Elsa Fornero nacque in un periodo molto breve, con inevitabili compromessi e modifiche nel corso di nottate tumultuose.
Ma quella riforma contribuì a far uscire l’Italia da uno dei periodi più difficili della sua storia.
“… Il quadro non sarebbe completo se non si ricordasse che il tutto si inseriva in una situazione di particolare emergenza finanziaria che si concentrava proprio sull’Italia, oltre che naturalmente sulla Grecia. La situazione dei titoli di Stato italiani era particolarmente grave, con l’esplosione dello spread con i titoli tedeschi fino a 574 punti a inizio novembre 2011. La lievitazione incontrollata degli interessi dovuti sul debito pubblico significava campane a morte per un paese già pesantemente indebitato come l’Italia.
Non esagerava, quindi, chi preconizzava lo spetto di un default, con la conseguente distruzione del risparmio degli italiani, lavoratori ovviamente inclusi, che ciò avrebbe comportato” (relazione di Riccardo Del Punta al convegno di Firenze del 15 giugno 2022 “La riforma dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori dieci anni dopo”, la sua ultima relazione in un convegno).
Da ciò la necessità di agire in fretta, con la riforma anche dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, che aveva costituito sempre un vero e proprio tabù.
La vasta convergenza di tutte le forze politiche (ad eccezione della Lega) “…ha impresso all’intervento sull’art. 18, una cifra esasperatamente compromissoria…” (ancora dalla relazione di Riccardo sopra menzionata).
Ma ciò nonostante, scrive “…dal punto di vista della struttura in senso stretto, mi pare che l’impianto sanzionatorio dell’art. 18 abbia retto alla prova del tempo trascorso e anche delle (tante) critiche ricevute…”, fermi restando gli aggiustamenti della Corte Costituzionale.
Quell’esperienza non si limitò alla sola riforma dell’art. 18 e introdusse innovazioni significative, anche processuali, di notevole impatto.
L’esperienza di consulenza al governo proseguì nell’ambito della redazione dei decreti legislativi di attuazione del Jobs Act, anche se in un contesto diverso non più caratterizzato da una drammatica crisi finanziaria, ma da un disegno complessivo di riforma del diritto del lavoro. Così, in relazione alla disciplina dei licenziamenti, Riccardo osserva come “Il D.Lgs n. 23/2015, di contro, non è nato in un contesto acuto di crisi, ed è stato costruito sulla base delle idee di un gruppo di economisti, certamente influenzate dall’approccio neoliberale, per quanto anch’esse abbiano poi dovuto fare i conti con alcuni dati ordinamentali (come dimostra ad es. la sopravvivenza della tutela reintegratoria nel licenziamento disciplinare ingiustificato)” (relazione, cit.).
Nell’ambito di questa vasta produzione legislativa, l’apporto di Riccardo fu particolarmente significativo nella stesura del D. Lgs 81/2015 e nella modifica all’art. 4 dello Statuto dei lavoratori.
Durante tutti questi periodi, sulle varie bozze che si susseguivano, si confrontò regolarmente con vari colleghi, pronto ad ascoltare utili suggerimenti e comunque le impressioni che i testi suscitavano e fui io stesso destinatario di questa intensa corrispondenza e dei successivi scambi anche telefonici.
Da ultimo, nel 2021, Riccardo ha fatto parte della Commissione per la riforma della magistratura onoraria , nell’ambito della Riforma Cartabia.
Come altri hanno rilevato nel loro ricordo di Riccardo (Pietro Ichino, ma anche Roberto Romei e Franco Scarpelli), è stato certamente uno dei giuslavoristi che più ha inciso direttamente sugli assetti normativi del diritto del lavoro, ma ha sempre conservato una grande umiltà, non di maniera, frutto di una profonda consapevolezza dei limiti e della fugacità della nostra esperienza di vita.

I limiti, il disincanto, l’ironia e l’amore.
Spesso parlavamo di argomenti di cui avevamo una conoscenza sommaria, derivante da testi divulgativi, ma che ci affascinavano per lo sconvolgimento dei parametri di riferimento della nostra percezione della realtà.
La teoria della relatività e la fisica quantistica, per quel poco che riuscivamo a comprendere, lasciavano intravedere orizzonti che ci incantavano come bambini.
La dimensione relativa dello spazio-tempo, le apparenti illogicità della quantistica, suggerivano prospettive metodologiche aperte a non escludere aprioristicamente qualsiasi possibilità, forse trascurate per seguire approcci più tranquillizzanti.
È anche su questo terreno culturale che si innesta il rifiuto della contrapposizione secca tra neoliberismo e “socialdemocrazia” in senso lato. Il dubbio non diventa mai nel pensiero di Riccardo incertezza, ma un vero e proprio metodo, che porta inevitabilmente ad allargare la visuale, a percorrere nuovi sentieri, ad aprire al futuro.
La tensione positiva che ne nasceva si accompagnava comunque ad un certo disincanto e alla consapevolezza dei nostri limiti.
Parlavamo spesso della fugacità della nostra esperienza di vita, rapportata ai tempi della Terra e dell’Universo.
Un lampo, forse anche meno, e per lui, purtroppo, un lampo ancora più breve.
Sottolineavamo i limiti della conoscenza umana rispetto alla incomparabile complessità delle leggi fisiche e chimiche che governano ogni dato percepibile, compreso il nostro corpo di cui, nonostante gli enormi progressi, ancora poco sappiamo.
In questo contesto ogni forma di superbia ci appariva, prima ancora che moralmente discutibile, ridicola.
Era di regola naturalmente gentile, anche perché pensava che non avesse senso non esserlo.
E su questo terreno si innestava l’ironia ed il disincanto sottile ed elegante che Riccardo trasmetteva talvolta anche attraverso un solo sguardo.
Disincanto che non gli ha impedito di manifestare grandi passioni, di amare intensamente e di invitarmi con entusiasmo ad essere suo testimone alle nozze con Angela, da cui sarebbe nato poco dopo Federico.
Dal disincanto ad un sorriso un po’ amaro, che si accompagnava alla consapevolezza della nostra precaria condizione umana.

 

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