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Sentenza della Corte (Quinta Sezione), 14 maggio 2020, Causa C-17/19, Procedimento penale a carico di Bouygues travaux publics e a.

Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour de cassation (Francia)

Rinvio pregiudiziale – Lavoratori migranti – Sicurezza sociale – Regolamento (CEE) n. 1408/71 – Legislazione applicabile – Articolo 14, punto 1, lettera a), e punto 2, lettera b) – Regolamento (CE) n. 883/2004 – Articolo 12, paragrafo 1 – Articolo 13, paragrafo 1, lettera a) – Lavoratori distaccati – Lavoratori che esercitano un’attività in due o più Stati membri – Regolamento (CEE) n. 574/72 – Articolo 11, paragrafo 1, lettera a) – Articolo 12 bis, punto 2, lettera a), e punto 4, lettera a) – Regolamento (CE) n. 987/2009 – Articolo 19, paragrafo 2 – Certificati E 101 e A 1 – Effetto vincolante – Portata – Previdenza sociale – Diritto del lavoro

L’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), l’articolo 12 bis, punto 2, lettera a), e punto 4, lettera a), del regolamento (CEE) n. 574/72 del Consiglio, del 21 marzo 1972, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CEE) n. 1408/71 relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità, nella versione modificata e aggiornata dal regolamento (CE) n. 118/97 del Consiglio, del 2 dicembre 1996, come modificato dal regolamento (CE) n. 647/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 aprile 2005, nonché l’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 987/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, devono essere interpretati nel senso che un certificato E 101, rilasciato dall’istituzione competente di uno Stato membro, ai sensi dell’articolo 14, punto 1, lettera a), o dell’articolo 14, punto 2, lettera b), del regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità, nella versione modificata e aggiornata dal regolamento n. 118/97, come modificato dal regolamento (CE) n. 1606/98 del Consiglio, del 29 giugno 1998, a lavoratori che esercitano le proprie attività nel territorio di un altro Stato membro, e un certificato A 1, rilasciato da tale istituzione, aisensi dell’articolo 12, paragrafo 1, o dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, come modificato dal regolamento (CE) n. 465/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, a siffatti lavoratori, vincolano i giudici di quest’ultimo Stato membro solo in materia di sicurezza sociale.

Sentenza:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=226493&pageIndex=0&doclang=it&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=10793000

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Tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori

Sentenza della Corte  (Grande Sezione), 4 giugno 2020, C 588/18, Federación de Trabajadores Independientes de Comercio (Fetico), Federación Estatal de Servicios, Movilidad y Consumo de la Unión General de Trabajadores (FESMC-UGT), Federación de Servicios de Comisiones Obreras (CCOO) contro Grupo de Empresas DIA SA, Twins Alimentación SA

Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Audiencia Nacional (Corte centrale, Spagna)

Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori – Organizzazione dell’orario di lavoro – Direttiva 2003/88/CE – Articoli 5 e 7 – Riposo settimanale – Ferie annuali – Congedi speciali remunerati che consentono di assentarsi dal lavoro per far fronte a esigenze e obblighi determinati

Gli articoli 5 e 7 della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, devono essere interpretati nel senso che essi non si applicano ad una normativa nazionale che non consente ai lavoratori di avvalersi dei congedi speciali previsti da tale normativa in giornate in cui detti lavoratori devono lavorare, allorché le esigenze e gli obblighi cui rispondono tali congedi speciali si verificano durante periodi di riposo settimanale o di ferie annuali retribuite di cui ai suddetti articoli.

Sentenza:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=%2522rinvio%2Bpregiudiziale%2522&docid=226978&pageIndex=0&doclang=it&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=9625364#ctx1

Conclusioni dell’Avvocato generale Henrik Saugmandsgaard Øe, presentate il 12 dicembre 2019:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=%2522rinvio%2Bpregiudiziale%2522&docid=221548&pageIndex=0&doclang=it&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=9625364#ctx1

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Sentenza della Corte  (Prima Sezione), 25 giugno 2020, cause riunite C 762/18 e C 37/19, QH contro Varhoven kasatsionen sad na Republika Bulgaria, con l’intervento di: Prokuratura na Republika Bulgaria (C 762/18), e CV contro Iccrea Banca SpA (C 37/19)

domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte dal Rayonen sad Haskovo (Tribunale distrettuale di Haskovo, Bulgaria) (C 762/18) e dalla Corte suprema di cassazione (Italia) (C 37/19), con ordinanze del 26 novembre e del 27 novembre 2018

Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori – Direttiva 2003/88/CE – Articolo 7 – Lavoratore illegittimamente licenziato e reintegrato nel posto di lavoro mediante decisione giudiziaria – Esclusione del diritto alle ferie annuali retribuite non godute per il periodo compreso tra il licenziamento e lareintegrazione – Assenza del diritto all’indennità finanziaria per le ferie annuali non godute in relazione al medesimo periodo in caso di successiva interruzione del rapporto di lavoro

1) L’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una giurisprudenza nazionale in forza della quale un lavoratore illegittimamente licenziato e successivamente reintegrato nel suo posto di lavoro, conformemente al diritto nazionale, a seguito dell’annullamento del suo licenziamento mediante una decisione giudiziaria, non ha diritto a ferie annuali retribuite per il periodo compreso tra la data del licenziamento e la data della sua reintegrazione nel posto di lavoro, per il fatto che, nel corso di detto periodo, tale lavoratore non ha svolto un lavoro effettivo al servizio del datore di lavoro.

2) L’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una giurisprudenza nazionale in forza della quale, in caso di cessazione di un rapporto di lavoro verificatasi dopo che il lavoratore interessato sia stato illegittimamente licenziato e successivamente reintegrato nel suo posto di lavoro, conformemente al diritto nazionale, a seguito dell’annullamento del suo licenziamento mediante una decisione giudiziaria, tale lavoratore non ha diritto a un’indennità pecuniaria a titolo delle ferie annuali retribuite non godute nel corso del periodo compreso tra la data del licenziamento illegittimo e quella della sua reintegrazione nel posto di lavoro.

Sentenza:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=%2522rinvio%2Bpregiudiziale%2522&docid=227727&pageIndex=0&doclang=it&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=9625364#ctx1

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione), 24 settembre 2020,  causa C223/19, YS contro NK AG,

domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Landesgericht Wiener Neustadt (Tribunale del Land, Wiener Neustadt, Austria), con decisione dell’11 marzo 2019

«Rinvio pregiudiziale – Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro – Direttive 2000/78/CE e 2006/54/CE – Ambito di applicazione – Divieto di discriminazioni indirette fondate sull’età o sul sesso – Giustificazioni – Normativa nazionale che prevede un prelievo sulle pensioni versate direttamente ai loro beneficiari da parte di imprese controllate a maggioranza dallo Stato nonché la soppressione dell’indicizzazione dell’importo della pensione – Articoli 16, 17, 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Applicabilità – Discriminazione fondata sul patrimonio – Lesione della libertà contrattuale – Violazione del diritto di proprietà – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali – Diritto a un ricorso effettivo»

1) La direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, e la direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, devono essere interpretate nel senso che rientrano nel loro ambito di applicazione disposizioni del diritto di uno Stato membro ai sensi delle quali, da un lato, una parte dell’importo della pensione aziendale, che il datore di lavoro si è impegnato, mediante contratto, a versare direttamente al suo ex lavoratore, deve essere prelevata alla fonte da detto datore di lavoro e, dall’altro, l’indicizzazione contrattualmente convenuta dell’importo di tale prestazione è resa inefficace.

2) L’articolo 5, lettera c), e l’articolo 7, lettera a), iii), della direttiva 2006/54 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla normativa di uno Stato membro ai sensi della quale i beneficiari di una pensione che un’impresa controllata dallo Stato si è impegnata, mediante contratto, a versare loro direttamente e che supera determinate soglie fissate da tale normativa si vedono privati, da un lato, di un importo trattenuto sulla parte di tale pensione eccedente una di dette soglie e, dall’altro, del beneficio di un’indicizzazione contrattualmente convenuta di detta pensione, anche laddove la quota di ex lavoratori in relazione ai quali l’importo di una siffatta pensione aziendale è stato interessato dalle disposizioni nazionali in questione sia notevolmente più elevata tra gli ex lavoratori di sesso maschile rientranti nell’ambito di applicazione di queste ultime rispetto agli ex lavoratori di sesso femminile ivi rientranti, a condizione che tali conseguenze siano giustificate da fattori obiettivi estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

3) L’articolo 2, paragrafo 1 e paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2000/78 deve essere interpretato nel senso che esso non osta alla normativa di uno Stato membro ai sensi della quale i beneficiari di una pensione che un’impresa controllata dallo Stato si è impegnata, mediante contratto, a versare loro direttamente e che supera determinate soglie fissate da tale normativa si vedono privati, da un lato, di un importo trattenuto sulla parte di tale pensione eccedente una di dette soglie e, dall’altro, del beneficio di un’indicizzazione contrattualmente convenuta di detta pensione, per il solo fatto che detta normativa si applica unicamente a beneficiari che hanno superato una determinata età.

4) Gli articoli 16, 17, 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla normativa di uno Stato membro ai sensi della quale i beneficiari di una pensione che un’impresa controllata dallo Stato si è impegnata, mediante contratto, a versare loro direttamente e che supera determinate soglie fissate da tale normativa si vedono privati, da un lato, di un importo trattenuto sulla parte di tale pensione eccedente una di dette soglie e, dall’altro, del beneficio di un’indicizzazione contrattualmente convenuta di detta pensione.

5) L’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che uno Stato membro si astenga dal prevedere, nel proprio ordinamento giuridico, un mezzo di ricorso autonomo diretto, in via principale, a esaminare la conformità al diritto dell’Unione di disposizioni nazionali che attuano tale diritto, purché esista la possibilità di un siffatto esame in via incidentale.

Sentenza:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=%2522rinvio%2Bpregiudiziale%2522&docid=231563&pageIndex=0&doclang=it&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=19080787#ctx1

35)

SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione), 9 settembre 2020, cause riunite C674/18 e C675/18, EM contro TMD Friction GmbH (C674/18), e FL contro TMD Friction EsCo GmbH (C675/18),

domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro, Germania), con decisioni del 16 ottobre 2018,

«Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Trasferimenti d’imprese – Direttiva 2001/23/CE – Articoli 3 e 5 – Mantenimento dei diritti dei lavoratori – Tutela dei lavoratori in caso d’insolvenza del datore di lavoro – Cessione realizzata dal curatore fallimentare dell’impresa cedente soggetta ad una procedura d’insolvenza – Prestazioni previdenziali di vecchiaia aziendali – Limitazione degli obblighi del cessionario – Importo della prestazione dovuta a titolo del regime complementare di previdenza aziendale calcolato in funzione della retribuzione del lavoratore al momento dell’apertura della procedura di insolvenza – Direttiva 2008/94/CE – Articolo 8 – Efficacia diretta – Presupposti»

1)      La direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, in particolare alla luce dell’articolo 3, paragrafi 1 e 4, nonché dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), di quest’ultima, deve essere interpretata nel senso che, in caso di trasferimento di un’impresa soggetta a una procedura di insolvenza realizzato dal curatore fallimentare, essa non osta ad una normativa nazionale, come interpretata dalla giurisprudenza nazionale, secondo la quale, laddove l’evento che fa scattare il diritto a una pensione di vecchiaia a titolo di un regime complementare di previdenza aziendale si verifichi dopo l’apertura della procedura d’insolvenza, il cessionario non è responsabile dei diritti di un lavoratore a tale pensione di vecchiaia in corso di maturazione accumulati per i periodi di occupazione anteriori all’apertura della procedura di insolvenza, a condizione che, per quanto riguarda la parte dell’importo di cui non risponde il cessionario, i provvedimenti adottati per tutelare gli interessi dei lavoratori siano di un livello almeno equivalente a quello richiesto in forza dell’articolo 8 della direttiva 2008/94/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro.

2)      L’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2001/23, letto in combinato disposto con l’articolo 8 della direttiva 2008/94, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come interpretata dalla giurisprudenza nazionale, in forza della quale - laddove un evento che fa scattare il diritto a prestazioni di vecchiaia a titolo di un regime complementare di previdenza aziendale si verifichi dopo l’apertura della procedura di insolvenza nel corso della quale è stato effettuato il trasferimento dell’impresa - per quanto riguarda la parte di tali prestazioni che non incombe al cessionario, da un lato, l’organismo di garanzia contro l’insolvenza determinato in base al diritto nazionale non è tenuto ad intervenire qualora i diritti a prestazioni di vecchiaia in corso di maturazione non fossero già definitivi al momento dell’apertura di tale procedura di insolvenza e, dall’altro, ai fini della determinazione dell’importo relativo alla parte di tali prestazioni di cui il suddetto organismo è responsabile, detto importo è calcolato sulla base della retribuzione mensile lorda che il lavoratore interessato percepiva al momento dell’apertura della suddetta procedura, qualora ne consegua che i lavoratori si vedono privati del livello minimo di tutela garantito da tale disposizione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

3)      L’articolo 8 della direttiva 2008/94, nella parte in cui prevede un livello minimo di tutela dei diritti dei lavoratori maturati, o in corso di maturazione, a prestazioni di vecchiaia, può produrre direttamente effetti, così da poter essere invocato nei confronti di un ente di diritto privato designato dallo Stato membro interessato come l’organismo di garanzia contro il rischio di insolvenza dei datori di lavoro in materia di pensioni aziendali, a condizione, da un lato, che, tenuto conto del compito di garanzia affidato a tale organismo e delle condizioni in cui esso lo svolge, l’organismo stesso possa essere assimilato allo Stato, e, dall’altro, che tale compito si estenda effettivamente ai tipi di prestazioni di vecchiaia per le quali è richiesto il livello minimo di tutela previsto dal suddetto articolo 8, circostanze che spetta al giudice del rinvio accertare.

Sentenza:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=%2522rinvio%2Bpregiudiziale%2522&docid=230784&pageIndex=0&doclang=it&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=19899429#ctx1

Conclusioni dell’Avvocato generale Evgeni Tanchev, presentate il 5 marzo 2020:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=%2522rinvio%2Bpregiudiziale%2522&docid=224126&pageIndex=0&doclang=it&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=19899429#ctx1

Parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro 

Sentenza della Corte (Ottava Sezione) dell’8 ottobre 2020 

causa C644/19,

domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Curtea de Apel Alba Iulia (Corte d’appello di Alba Iulia, Romania) nel procedimento

FT

contro

Universitatea «Lucian Blaga» Sibiu,

GS e a.,

HS,

Ministerul Educaţiei Naţionale

Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 2000/78/CE – Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro – Articoli 1, 2 e 3 – Direttiva 1999/70/CE – Accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato – Clausola 4 – Principio di non discriminazione – Misura adottata da un istituto universitario in applicazione del diritto nazionale – Conservazione della qualifica di docente di ruolo al di là dell’età pensionabile prevista dalla legge – Possibilità riservata ai docenti che possiedono la qualifica di supervisore di tesi di dottorato – Docenti che non possiedono tale qualifica – Contratti a tempo determinato – Retribuzione inferiore a quella concessa ai docenti di ruolo

1)      Gli articoli 1 e 2 della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, devono essere interpretati nel senso che non si applicano a una normativa nazionale in forza della quale, tra i docenti di un istituto universitario che continuano a esercitarvi la propria professione dopo aver raggiunto l’età pensionabile prevista dalla legge, solo i docenti che possiedono la qualifica di supervisore di tesi di dottorato possono conservare lo status di docente di ruolo, mentre i docenti che non hanno la qualifica di supervisore di tesi di dottorato possono stipulare con tale istituto solo contratti di lavoro a tempo determinato, associati a un regime di retribuzioni inferiori a quelle concesse ai docenti di ruolo.

2)      La clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato dev’essere interpretata nel senso che essa osta all’applicazione di una normativa nazionale in forza della quale, tra i docenti di un istituto universitario che continuano a esercitarvi la propria professione dopo aver raggiunto l’età pensionabile prevista dalla legge, solo i docenti che possiedono la qualifica di supervisore di tesi di dottorato possono conservare lo status di docente di ruolo, mentre i docenti che non hanno la qualifica di supervisore di tesi di dottorato possono stipulare con tale istituto solo contratti di lavoro a tempo determinato, associati a un regime di retribuzioni inferiori a quelle concesse ai docenti di ruolo, purché la prima categoria di docenti sia formata da lavoratori a tempo indeterminato comparabili a quelli rientranti nella seconda categoria e la disparità di trattamento attinente, segnatamente, a detto regime retributivo non sia giustificata da ragioni oggettive, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?docid=232145&mode=req&pageIndex=4&dir=&occ=first&part=1&text=rinvio%2Bpregiudiziale&doclang=IT&cid=14718418#ctx1

Sicurezza Sociale

Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 29 ottobre 2020

causa C243/19,

domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Augstākāstiesa (Senāts) (Senato della Corte suprema, Lettonia) nel procedimento

A

contro

Veselības ministrija

Rinvio pregiudiziale – Previdenza sociale – Regolamento (CE) n. 883/2004 – Articolo 20, paragrafo 2 – Direttiva 2011/24/UE – Articolo 8, paragrafi 1 e 5 nonché paragrafo 6, lettera d) – Assicurazione malattia – Cure ospedaliere prestate in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di affiliazione – Rifiuto di autorizzazione preventiva – Cure ospedaliere che possono essere prestate efficacemente nello Stato membro di affiliazione – Articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Differenza di trattamento fondata sulla religione

1)      L’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, letto alla luce dell’articolo 21, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che lo Stato membro di residenza dell’assicurato rifiuti di concedere a quest’ultimo l’autorizzazione prevista dall’articolo 20, paragrafo 1, di tale regolamento qualora, in tale Stato membro, siano disponibili cure ospedaliere la cui efficacia clinica non è in discussione, ma le convinzioni religiose di tale assicurato siano contrarie al metodo di cura utilizzato.

2)      L’articolo 8, paragrafo 5 e paragrafo 6, lettera d), della direttiva 2011/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2011, concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera, letto alla luce dell’articolo 21, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che lo Stato membro di affiliazione di un paziente rifiuti di concedere a quest’ultimo l’autorizzazione prevista dall’articolo 8, paragrafo 1, di tale direttiva qualora, in tale Stato membro, siano disponibili cure ospedaliere la cui efficacia clinica non è in discussione, ma le convinzioni religiose di tale paziente siano contrarie al metodo di cura utilizzato, a meno che tale rifiuto sia obiettivamente giustificato da uno scopo legittimo di mantenimento delle strutture sanitarie o delle competenze mediche, e costituisca un mezzo adeguato e necessario per raggiungere tale scopo, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=rinvio%2Bpregiudiziale&docid=233023&pageIndex=0&doclang=it&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=14718418#ctx1

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

GERARD HOGAN

presentate il 30 aprile 2020 

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=rinvio%2Bpregiudiziale&docid=226002&pageIndex=0&doclang=it&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=14718418#ctx1

Libera circolazione dei lavoratori

Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 6 ottobre 2020

causa C181/19,

domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla  dal Landessozialgericht Nordrhein-Westfalen (Tribunale superiore per il contenzioso sociale, Land Renania settentrionale-Vestfalia, Germania) nel procedimento

Jobcenter Krefeld – Widerspruchsstelle

contro

JD

Rinvio pregiudiziale – Libera circolazione delle persone – Lavoratori – Regolamento (UE) n. 492/2011 – Articolo 7, paragrafo 2 – Parità di trattamento – Vantaggi sociali – Articolo 10 – Figli scolarizzati – Direttiva 2004/38/CE – Articolo 24 – Prestazioni di assistenza sociale – Regolamento (CE) n. 883/2004 – Articolo 4 – Articolo 70 – Prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo – Lavoratore migrante con figli a carico scolarizzati nello Stato membro ospitante

1)      L’articolo 7, paragrafo 2, e l’articolo 10 del regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione, devono essere interpretati nel senso che essi ostano alla normativa di uno Stato membro in forza della quale il cittadino di un altro Stato membro e i suoi figli minorenni, che godono tutti, nel primo Stato membro, di un diritto di soggiorno fondato sull’articolo 10 di tale regolamento, in quanto detti figli frequentano la scuola in questo medesimo Stato, sono in ogni caso e automaticamente esclusi dal diritto alle prestazioni volte a garantire la loro sussistenza. Tale interpretazione non è rimessa in discussione dall’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE.

2)      L’articolo 4 del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 3, e con l’articolo 70, paragrafo 2, dello stesso regolamento, deve essere interpretato nel senso che esso osta alla normativa di uno Stato membro in forza della quale il cittadino di un altro Stato membro e i suoi figli minorenni, che godono tutti, nel primo Stato membro, di un diritto di soggiorno fondato sull’articolo 10 del regolamento n. 492/2011, in quanto detti figli frequentano la scuola in tale medesimo Stato, e che sono ivi iscritti a un regime previdenziale ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004, sono in ogni caso e automaticamente esclusi dal diritto alle prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo.

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=rinvio%2Bpregiudiziale&docid=232081&pageIndex=0&doclang=IT&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=14718418#ctx1

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

GIOVANNI PITRUZZELLA

presentate il 14 maggio 2020 

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=rinvio%2Bpregiudiziale&docid=226501&pageIndex=0&doclang=it&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=14718418#ctx1

Lavoro tramite agenzia interinale

Sentenza della Corte (Seconda Sezione)  del 14 ottobre 2020

causa C681/18,

domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale ordinario di Brescia nel procedimento

JH

contro

KG, 

Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 2008/104/CE – Lavoro tramite agenzia interinale – Articolo 5, paragrafo 5 – Parità di trattamento – Misure necessarie per evitare il ricorso abusivo al lavoro tramite agenzia interinale – Obbligo, per gli Stati membri, di prevenire missioni successive – Assenza di previsione di limiti nella normativa nazionale – Obbligo di interpretazione conforme

L’articolo 5, paragrafo 5, prima frase, della direttiva 2008/104/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa al lavoro tramite agenzia interinale, deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale che non limita il numero di missioni successive che un medesimo lavoratore tramite agenzia interinale può svolgere presso la stessa impresa utilizzatrice e che non subordina la legittimità del ricorso al lavoro tramite agenzia interinale all’indicazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che giustifichino tale ricorso. Per contro, tale disposizione deve essere interpretata nel senso che essa osta a che uno Stato membro non adotti alcuna misura al fine di preservare la natura temporanea del lavoro tramite agenzia interinale, nonché ad una normativa nazionale che non preveda alcuna misura al fine di evitare l’assegnazione ad un medesimo lavoratore tramite agenzia interinale di missioni successive presso la stessa impresa utilizzatrice con lo scopo di eludere le disposizioni della direttiva 2008/104 nel suo insieme.

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=rinvio%2Bpregiudiziale&docid=232406&pageIndex=0&doclang=IT&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=14718418#ctx1

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 23 aprile 2020 

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=rinvio%2Bpregiudiziale&docid=225541&pageIndex=0&doclang=IT&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=14718418#ctx1

Sentenza della Corte (Prima Sezione)

11 novembre 2020

Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Licenziamenti collettivi – Direttiva 98/59/CE – Articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a) – Nozione di “licenziamento collettivo” – Modalità di calcolo del numero di licenziamenti – Periodo di riferimento da prendere in considerazione»

Causa C‑300/19

domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Juzgado de lo Social n.º 3 de Barcelona (tribunale del lavoro n. 3 di Barcellona, Spagna) nel procedimento

UQ

contro

Marclean Technologies SLU,

con l’intervento di:

Ministerio Fiscal,

Fondo de Garantía Salarial,

 

L’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), della direttiva 98/59/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi, deve essere interpretato nel senso che, al fine di valutare se un licenziamento individuale contestato faccia parte di un licenziamento collettivo, il periodo di riferimento previsto da tale disposizione per determinare l’esistenza di un licenziamento collettivo deve essere calcolato prendendo in considerazione tutti i periodi di 30 o di 90 giorni consecutivi nel corso dei quali tale licenziamento individuale è intervenuto, e durante i quali si è verificato il maggior numero di licenziamenti effettuati dal datore di lavoro per uno o più motivi non inerenti alla persona del lavoratore, ai sensi della stessa disposizione.

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=rinvio%2Bpregiudiziale%2B&docid=233542&pageIndex=0&doclang=it&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=22113043#ctx1

Connclusioni dell’Avvocato Generale

MICHAL BOBEK

presentate l’11 giugno 2020

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=rinvio%2Bpregiudiziale%2B&docid=227307&pageIndex=0&doclang=it&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=22113043#ctx1

Sentenza della Corte (Ottava Sezione) del 25 novembre 2020 

Causa C‑799/19,

domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Okresný súd Košice I (Tribunale distrettuale di Košice I, Slovacchia)

NI,

OJ,

PK

contro

Sociálna poisťovňa

Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 2008/94/CE – Articoli 2 e 3 – Tutela dei lavoratori in caso d’insolvenza del datore di lavoro – Nozioni di “diritti non pagati dei lavoratori subordinati” e di “insolvenza del datore di lavoro” – Infortunio sul lavoro – Decesso del lavoratore – Risarcimento del danno morale – Recupero del credito presso il datore di lavoro – Impossibilità – Organismo di garanzia

1)      L’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2008/94/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro, deve essere interpretato nel senso che un datore di lavoro non può essere considerato in «stato di insolvenza» qualora sia stato oggetto di una domanda di apertura di un procedimento esecutivo a titolo di un diritto a risarcimento, riconosciuto da una decisione giudiziaria, ma il credito sia stato dichiarato irrecuperabile nell’ambito dell’esecuzione a causa dell’insolvenza di fatto di tale datore di lavoro. Spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare se, conformemente all’articolo 2, paragrafo 4, della medesima direttiva, lo Stato membro interessato abbia deciso di estendere la tutela dei lavoratori subordinati prevista da detta direttiva a una siffatta situazione di insolvenza, stabilita mediante procedure diverse da quelle menzionate in detto articolo 2, paragrafo 1, previste dal diritto nazionale.

2)      L’articolo 1, paragrafo 1, e l’articolo 3 della direttiva 2008/94 devono essere interpretati nel senso che un’indennità dovuta da un datore di lavoro ai superstiti a titolo del danno morale subìto a seguito del decesso di un dipendente dopo un infortunio sul lavoro può essere considerata come «diritto dei lavoratori subordinati, derivante da contratti di lavoro o da rapporti di lavoro», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, di tale direttiva, solo qualora essa rientri nella nozione di «retribuzione», come definita dal diritto nazionale, ciò che spetta al giudice nazionale determinare.

Sentenza della Corte (Prima Sezione)

18 novembre 2020

Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 2006/54/CE – Pari opportunità e parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego – Articoli 14 e 28 – Contratto collettivo nazionale che riconosce il diritto a un congedo conseguente al congedo legale di maternità per le lavoratrici che si prendono cura in prima persona del proprio figlio – Esclusione del diritto a tale congedo per i lavoratori di sesso maschile – Tutela della lavoratrice con riguardo tanto alle conseguenze della gravidanza quanto alla sua condizione di maternità – Presupposti d’applicazione

Causa C‑463/19

domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal conseil de prud’hommes de Metz (Tribunale del lavoro di Metz, Francia) nel procedimento

Syndicat CFTC du personnel de la Caisse primaire d’assurance maladie de la Moselle

contro

Caisse primaire d’assurance maladie de Moselle,

con l’intervento di:

Mission nationale de contrôle et d’audit des organismes de sécurité sociale,

Gli articoli 14 e 28 della direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, letti alla luce della direttiva 92/85/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento (decima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE), devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla disposizione di un contratto collettivo nazionale che riserva alle lavoratrici che si prendono cura in prima persona del proprio figlio il diritto ad un congedo dopo la scadenza del congedo legale di maternità, a condizione che tale congedo supplementare sia diretto a tutelare le lavoratrici con riguardo tanto alle conseguenze della gravidanza quanto alla loro condizione di maternità, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare prendendo in considerazione, in particolare, le condizioni di concessione di detto congedo, le modalità e la durata del medesimo nonché il livello di protezione giuridica ad esso connesso.

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=rinvio%2Bpregiudiziale%2B&docid=233871&pageIndex=0&doclang=it&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=22113043#ctx1

conclusioni dell’Avvocato Generale

MICHAL BOBEK

presentate il 9 luglio 2020 

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=rinvio%2Bpregiudiziale%2B&docid=228386&pageIndex=0&doclang=it&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=22113043#ctx1

25 novembre 2020 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2003/109/CE – Status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo – Articolo 11 – Diritto alla parità di trattamento – Sicurezza sociale – Normativa di uno Stato membro che esclude, per la determinazione dei diritti a una prestazione familiare, i familiari del soggiornante di lungo periodo che non risiedono nel territorio di tale Stato membro»

Sentenza della Corte (Quinta Sezione)

Causa C‑303/19,

domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte suprema di cassazione (Italia), nel procedimento

Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS)

contro

VR

L’articolo 11, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Stato membro in forza della quale, ai fini della determinazione dei diritti a una prestazione di sicurezza sociale, non vengono presi in considerazione i familiari del soggiornante di lungo periodo, ai sensi dell’articolo 2, lettera b), di detta direttiva, che risiedano non già nel territorio di tale Stato membro, bensì in un paese terzo, mentre vengono presi in considerazione i familiari del cittadino di detto Stato membro residenti in un paese terzo, qualora tale Stato membro non abbia espresso, in sede di recepimento di detta direttiva nel diritto nazionale, la propria intenzione di avvalersi della deroga alla parità di trattamento consentita dall’articolo 11, paragrafo 2, della medesima direttiva.

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=rinvio%2Bpregiudiziale%2B&docid=234323&pageIndex=0&doclang=IT&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=22113043#ctx1

Conclusioni dell’Avvocato Generale

EVGENI TANCHEV

presentate l’11 giugno 2020 

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=rinvio%2Bpregiudiziale%2B&docid=227308&pageIndex=0&doclang=IT&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=22113043#ctx1

 

Sentenza della Corte  (Grande Sezione)

1° dicembre 2020 

Rinvio pregiudiziale – Direttiva 96/71/CE – Articolo 1, paragrafi 1 e 3, e articolo 2, paragrafo 1 – Distacco di lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi – Autisti del trasporto internazionale su strada – Ambito di applicazione – Nozione di “lavoratore distaccato” – Trasporti di cabotaggio – Articolo 3, paragrafi 1, 3 e 8 – Articolo 56 TFUE – Libera prestazione dei servizi – Contratti collettivi dichiarati di applicazione generale

Causa C‑815/18,

domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi) nel procedimento

Federatie Nederlandse Vakbeweging

contro

Van den Bosch Transporten BV,

Van den Bosch Transporte GmbH,

Silo-Tank kft

1)      La direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi, deve essere interpretata nel senso che essa è applicabile alle prestazioni di servizi transnazionali nel settore del trasporto su strada.

2)      L’articolo 1, paragrafi 1 e 3, e l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 96/71 devono essere interpretati nel senso che un lavoratore che esercita un’attività di autista nel settore del trasporto internazionale su strada – nell’ambito di un contratto di noleggio tra l’impresa presso cui è impiegato, stabilita in uno Stato membro, e un’impresa situata in uno Stato membro diverso da quello in cui l’interessato lavora abitualmente – è un lavoratore distaccato nel territorio di uno Stato membro, ai sensi di tali disposizioni, qualora lo svolgimento del suo lavoro presenti, durante il limitato periodo in questione, un legame sufficiente con tale territorio. L’esistenza di un simile legame è determinata nell’ambito di una valutazione globale di elementi quali la natura delle attività svolte dal lavoratore interessato in detto territorio, il grado di intensità del legame delle attività di tale lavoratore con il territorio di ciascuno Stato membro nel quale egli opera, nonché la parte che dette attività vi rappresentano nell’insieme del servizio di trasporto.

Il fatto che un autista del trasposto internazionale su strada, che un’impresa stabilita in uno Stato membro ha messo a disposizione di un’impresa stabilita in un altro Stato membro, riceva le istruzioni inerenti alle sue missioni, inizi o concluda le medesime presso la sede di questa seconda impresa non è di per sé sufficiente per ritenere che egli sia stato distaccato nel territorio di quest’altro Stato membro, ai sensi della direttiva 96/71, se lo svolgimento del suo lavoro non presenta, sulla base di altri fattori, un legame sufficiente con tale territorio.

3)      L’articolo 1, paragrafi 1 e 3, e l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 96/71 devono essere interpretati nel senso che l’esistenza di un vincolo di gruppo tra le imprese che sono parti del contratto di messa a disposizione di lavoratori non è, in quanto tale, rilevante ai fini di valutare se sussista un distacco di lavoratori.

4)      L’articolo 1, paragrafi 1 e 3, e l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 96/71 devono essere interpretati nel senso che un lavoratore – che esercita un’attività di autista nel settore del trasporto su strada e che, nell’ambito di un contratto di noleggio tra l’impresa presso cui è impiegato, stabilita in uno Stato membro, e un’impresa situata in un altro Stato membro, effettua trasporti di cabotaggio nel territorio di uno Stato membro diverso dallo Stato membro nel cui territorio egli lavora abitualmente – deve, in linea di principio, essere considerato distaccato nel territorio dello Stato membro nel quale tali trasporti sono effettuati. La durata del trasporto di cabotaggio è un elemento irrilevante ai fini di valutare se sussista un simile distacco, fatta salva l’eventuale applicazione dell’articolo 3, paragrafo 3, di tale direttiva.

5)      L’articolo 3, paragrafi 1 e 8, della direttiva 96/71 deve essere interpretato nel senso che la questione di stabilire se un contratto collettivo sia stato dichiarato di applicazione generale deve essere valutata con riferimento al diritto nazionale applicabile. Corrisponde alla nozione di cui a tali disposizioni un contratto collettivo di lavoro che non è stato dichiarato di applicazione generale, ma alla cui osservanza è subordinato, per le imprese che vi rientrano, l’esonero dall’applicazione di un altro contratto collettivo di lavoro dichiarato, da parte sua, di applicazione generale, e le cui disposizioni sono sostanzialmente identiche a quelle di tale altro contratto collettivo di lavoro.

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=rinvio%2Bpregiudiziale%2B&docid=234741&pageIndex=0&doclang=it&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=22113043#ctx1

Conclusioni dell’Avvocato Generale

MICHAL BOBEK

presentate il 30 aprile 2020 

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=rinvio%2Bpregiudiziale%2B&docid=226005&pageIndex=0&doclang=it&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=22113043#ctx1

 

 

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