I recenti dati ISTAT sull'andamento dell'occupazione in Italia vanno salutati sicuramente come un fatto positivo, di cui esser lieti. Ma essi non paiono sufficienti a dissolvere le preoccupazioni relative al mercato del lavoro e, in particolare, non possono indurre a ignorare che tale incremento cade in un contesto economico caratterizzato da bassi salari. Il trattamento retributivo dei lavoratori dipendenti, infatti, è rimasto pressocché fermo da circa trent'anni in termini nominali; e ha registrato, sul piano sostanziale, un decremento dei salari reali e del loro potere d'acquisto.
Né il perdurante pluriennale mancato rinnovo di un gran numero di contratti collettivi induce a ipotizzare prospettive favorevoli per il prossimo futuro.
E porta a constatare che irrisolto rimane il tema della rappresentanza sindacale e delle efficacia soggettiva delle pattuizioni collettive.
In proposito, non si può fare a meno di notare che ancora privi di risultati e di effetti sono i periodici annunci di propositi di “disboscare” la giungla dei contratti-pirata.
Il dovere dell'ottimismo induce a sperare che a ciò possa servire la recente Legge-delega, 26 settembre 2025,n.144. Pare difficile ritenere che attraverso i decreti attuativi si possa risolvere alla radice il problema della retribuzione proporzionata e sufficiente prevista dai precetti costituzionali, ma l’individuazione dei contratti collettivi “maggiormente applicati” costituirebbe, comunque, un non trascurabile risultato.
Ulteriore, connesso, motivo di pessimismo è fornito dal persistere e dall’ampliarsi della realtà del lavoro povero, che coinvolge un numero molto ampio di lavoratori (tra i 4 e i 5 milioni) che -pur lavorando e nonostante il lavoro- restano al di sotto della soglia di povertà. Il fenomeno non accenna certo a diminuire e ha una portata sociale rilevante. Ove si consideri che esso coinvolge la famiglia del lavoratore, si può agevolmente concludere che una fascia non trascurabile della popolazione italiana vive in condizione di povertà.
Né si può trascurare l'ulteriore effetto che il livello basso dei salari produce nel determinare la fuga dall'Italia di molti giovani in età da lavoro, così privando il Paese di energie fresche e di competenze lavorative che sarebbe meglio venissero dedicate allo sviluppo della nostra Società.
La fuga dei giovani aggrava, inoltre, il nodo del calo demografico, al quale fa riscontro l'aumento della popolazione anziana. Che trascina con sé ulteriori problemi che non possono essere certo trascurati da chi si occupa e si preoccupa per l'andamento del mondo del lavoro.
Un primo effetto del crescente invecchiamento della popolazione italiana è quello del basso livello delle pensioni, cui certo non hanno posto rimedio le riforme degli ultimi anni e per il quale non si intravedono prospettive significative per il prossimo futuro. Per non parlare della perversa congiunzione tra riduzione della base contributiva connessa al calo di occupazione delle giovani generazioni e crescita del fabbisogno pensionistico dovuta alla maggior durata di vita di un crescente numero di pensionati.
Il basso livello dei salari e l'invecchiamento della popolazione, inoltre, inoltre, mettono in evidenza un ulteriore problema del mercato del lavoro, quello connesso al “lavoro di cura” richiesto a coloro che dovrebbero prestare assistenza agli anziani. Si tratta di un settore destinato a crescere parallelamente al crescere della popolazione della “terza” (o quarta) età, per il quale è assolutamente necessario un intervento regolatore, attualmente inesistente (come dimostra una ricerca internazionale pubblicata in questo numero di LDE). Per effetto di tale carente regolamentazione , oltre che per salari inadeguati rispetto alla qualità delle mansioni richieste, si determina la scarsa disponibilità del personale specializzato necessario per questo particolare tipo di lavoro.
La situazione sopra delineata in questo “catalogo” parziale di situazioni problematiche si colloca in un quadro caratterizzato dalla mancanza di riforme idonee a attuare rimedi efficaci ed efficienti; o almeno. ad avviarne la soluzione.
Sempre più, quindi, si afferma e si evidenzia il ruolo di supplenza della giurisdizione e, soprattutto, della giurisprudenza delle Alte Corti, in primis Corte costituzionale italiana e Corte di giustizia dell'Unione europea, il cui dialogo efficacemente contribuisce alla creazione di un sistema giuridico articolato e proattivo, al quale il numero odierno della Rivista dedica una ampia e doverosa attenzione.
La auspicata opera riformatrice potrebbe, intanto, cominciare ad avvalersi dell'apporto degli specialisti e dei tecnici che - fermo restando il primato della politica e dei Decisori istituzionali- possono essere valorizzati nella ricerca di soluzioni e di progetti legislativi adeguati e ponderati.
In tal senso deve essere segnalata l'importante opera recentemente svolta dagli Accademici del Gruppo Freccia Rossa che, partendo da posizioni scientifiche e ideali eterogenee e fortemente differenziate, hanno realizzato una virtuosa convergenza su una proposta di riforma e semplificazione del sistema sanzionatorio dei licenziamenti illegittimi. Si tratta di una piattaforma che sicuramente può costituire una preziosa base di elaborazione, e può fornire al Legislatore un utile strumento per affrontare uno degli snodi più controversi. del contenzioso lavoristico.
La rilevanza e l'utilità di tale Proposta ha fornito lo spunto a LDE per indire un dibattito ad ampio raggio fra i lettori, che ha trovato una conferma nella ampia partecipazione di soggetti appartenenti a tutte le categorie degli “addetti al lavoro”.
Come si vede, il catalogo dei problemi sul tappeto è ampio ma non mancano le prospettive e le ipotesi di soluzione.
Occorre che tutti i protagonisti trovino la volontà e la forza di un impegno congiunto, da attuarsi con la concretezza e l'urgenza che la portata dei problemi impone.
Non vi è più spazio per alibi.
