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Nota dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro n. 4304 del 12.5.2025

La recente nota dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro (n. 4304 del 12 maggio 2025) in materia di vigilanza sui CED e lotta all'abusivismo rappresenta un ulteriore tassello nel mosaico di tutele che l'ordinamento giuridico ha costruito attorno alle professioni ordinistiche. Il documento si inserisce in un percorso consolidato di riconoscimento del valore pubblico e della specificità delle competenze professionali riservate, offrendo strumenti operativi concreti per contrastare un fenomeno in crescente espansione¹.
Il quadro giurisprudenziale di riferimento
La nota INL trova solide fondamenta nell'evoluzione giurisprudenziale che ha progressivamente chiarito i confini dell'attività riservata. La Corte di Cassazione con ordinanza n. 3495/2024 ha ribadito che le attività di elaborazione delle buste paga, tenuta della contabilità e compilazione delle dichiarazioni fiscali sono riservate ai professionisti iscritti negli albi per "salvaguardare gli interessi di chi fruisce dell'attività dei professionisti". La finalità è quella di "rafforzare la tutela del privato che si avvale di un professionista, e di garantire indirettamente una maggiore professionalità nella gestione degli aspetti più delicati di ogni attività".
Questa evoluzione giurisprudenziale ha superato l'orientamento tradizionale che considerava penalmente rilevanti solo gli atti attribuiti in via esclusiva a una determinata professione, abbracciando invece il concetto di atti "caratteristici" della professione. Come chiarito dalla Cassazione, assumono rilevanza penale tutti gli atti che, pur non essendo esclusivamente riservati, vengono compiuti "in modo continuativo, stabile, organizzato e remunerato", creando le apparenze del loro compimento da parte di soggetto munito del titolo abilitante.
La giurisprudenza amministrativa² ha contribuito a questo processo di chiarificazione, precisando che le attività "di carattere complesso e articolato nelle quali si estrinseca uno sforzo di carattere intellettuale implicante l'acclarato possesso di specifiche cognizioni lavoristico-previdenziali" rientrano nella riserva dell'iscrizione agli albi professionali. Tra queste, l'adeguamento delle buste paga a seguito di variazioni retributive e normative, l'assolvimento degli adempimenti presso gli enti pubblici e l'attività di consulenza per l'amministrazione del personale, con particolare riguardo agli accertamenti ispettivi.
Il riconoscimento del primato ordinamentale
Un importante riconoscimento del ruolo distintivo dei Consulenti del Lavoro è giunto di recente anche dalla giurisprudenza amministrativa. Il TAR del Lazio, con sentenza n. 9974/2025, pur ordinando all'Ispettorato Nazionale del Lavoro di esaminare una proposta di estensione di protocolli di intesa avanzata da altre categorie professionali, ha sottolineato la legittimità dell'attuale differenziazione fondata sulle competenze ordinamentali e sulla vigilanza ministeriale distinta delle due categorie professionali.
Il Tribunale ha dichiarato inammissibile qualsiasi richiesta volta a obbligare l'Amministrazione alla stipula automatica di protocolli, riconoscendo che tale materia rientra nell'ambito della piena discrezionalità amministrativa.
Questo orientamento conferma sostanzialmente che il sistema di asseverazione della regolarità contributiva e retributiva (Asse.Co.) trova il suo fondamento naturale nelle specifiche competenze ordinamentali dei Consulenti del Lavoro e nel particolare sistema di vigilanza ministeriale cui sono sottoposti.
Il protocollo Asse.Co., infatti, rappresenta – come sottolineato dal Presidente Ancl, Dario Montanaro, l'approdo finale di un percorso più ampio, che impegna i Consulenti del Lavoro ad asseverare il rispetto della legalità nella gestione dei rapporti di lavoro.
Il valore aggiunto della nota INL
Riprendendo la nota INL del maggio 2025, preme sottolineare come la stessa offra un contributo fondamentale traducendo questi principi giurisprudenziali in indicazioni operative concrete per il personale ispettivo. L'ordinamento giuridico, attraverso i collegi giudicanti e il Ministero del lavoro, riconosce inequivocabilmente il ruolo di garante pubblico ai Consulenti del Lavoro, portatori di alti valori morali e intellettuali ed espressione di garanzia di tutela degli interessi generali.
Il documento rappresenta un chiarimento decisivo sulla distinzione tra attività lecite e abusive, fornendo criteri oggettivi per valutare quando un CED opera nei limiti di legge e quando invece sconfina nell'esercizio abusivo della professione. La precisazione che i CED possono svolgere solo "elaborazioni aventi valenza matematica di tipo meccanico ed esecutivo, quali la mera imputazione di dati (data entry) ed il relativo calcolo e stampa degli stessi, operazioni che non devono includere attività di tipo valutativo ed interpretativo" traccia una linea di demarcazione netta e inequivocabile (cfr. Circ. Min. Lavoro, n. 17/2013).
La definizione delle attività "strumentali" e "accessorie" consentite ai CED offre finalmente una guida operativa precisa. Le prime comprendono operazioni esecutive funzionali al calcolo e stampa, come raccolta, lettura e trasposizione dati, mentre le seconde includono operazioni successive come consegna cedolini e archiviazione dei dati raccolti. Entrambe devono essere meramente meccaniche, prive di valutazione professionale e subordinate alle indicazioni del consulente abilitato.
La tutela del "capitale umano"
Gli adempimenti in materia di lavoro non possono mai essere ridotti a mere attività di calcolo, in quanto il consulente del lavoro è il professionista che gestisce "il capitale umano", entrando in contatto con la sfera personalissima dei lavoratori. Questa considerazione coglie il cuore della questione: la gestione dei rapporti di lavoro non è mera operazione tecnica, ma attività che richiede competenze specialistiche per tutelare diritti fondamentali.
La nota INL, precisando che spetta al consulente tutto ciò che richiede "valutazione, interpretazione e competenza professionale" mentre al CED restano solo "il mero sviluppo del calcolo e la stampa dei dati retributivi", riconosce implicitamente questa dimensione qualitativa dell'intervento professionale. L'individuazione del contratto collettivo applicabile, l'inquadramento del lavoratore, la gestione di istituti come straordinario, congedi parentali e assegni familiari sono operazioni che incidono direttamente sui diritti dei lavoratori e richiedono la competenza di chi è sottoposto a controlli nell'accesso e nello svolgimento della professione.
Il concetto di "assistenza" del consulente ai CED acquista così un significato preciso: un supporto consulenziale che comprende tutte le problematiche di natura lavoristica, previdenziale e fiscale, richiedendo quella competenza professionale e culturale necessaria per l'abilitazione all'esercizio dell'attività riservata. Non si tratta di una mera formalità, ma di una responsabilità professionale sostanziale che deve essere formalizzata con atto scritto avente data certa e comunicata preventivamente agli organi competenti.
L'importanza della vigilanza ordinistica
Il sistema di vigilanza rappresenta un elemento distintivo del modello ordinistico dei Consulenti del Lavoro. Il richiamo della nota all'obbligo di comunicazione preventiva dell'incarico professionale all'Ispettorato territoriale e ai consigli provinciali degli ordini professionali (cfr. nota Min. Lavoro n. 7004/2007) conferma l'importanza di questo controllo distribuito. Non si tratta solo di una formalità burocratica, ma di un meccanismo che garantisce la tracciabilità della responsabilità professionale e la possibilità di interventi disciplinari in caso di violazioni deontologiche.
Il sistema ordinistico, vigilato dal Ministero del Lavoro e della Giustizia, rappresenta una garanzia per l'utenza finale. Richiamando ancora una volta la posizione espressa da Dario Montanaro, i protocolli di legalità come l'Asse.Co. impegnano la responsabilità del Consulente del Lavoro asseveratore all'interno dei sistemi di disciplina dell'attività professionale, creando un circuito virtuoso di responsabilizzazione e controllo. Si tratta di un'iniziativa di legalità che impegna la responsabilità del Consulente del Lavoro asseveratore all'interno dei sistemi di disciplina dell'attività professionale vigilata dal Ministero del Lavoro e dal Ministero della Giustizia.
L'incessante lavoro delle Commissioni Legalità e la sottoscrizione di protocolli di intesa con l'Ispettorato Nazionale del Lavoro testimoniano questo impegno costante nella diffusione dei principi di correttezza, efficienza e trasparenza.
Le indicazioni operative per gli ispettori
La nota rappresenta, come efficacemente evidenziato dal Vicepresidente del Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro Luca De Compadri, un vero e proprio "cambio di paradigma nell'approccio alla vigilanza, introducendo criteri sostanziali e investigativi che puntano a far emergere la realtà effettiva dietro le apparenze formali"³. L'Ispettorato non si limita più alla mera verifica documentale formale, ma è chiamato a ricostruire l'effettiva catena di responsabilità tra CED, professionista e cliente attraverso un approccio sostanziale, dinamico e investigativo.
Il documento fornisce un protocollo dettagliato per le verifiche ispettive, che devono essere sistematiche e approfondite. Gli ispettori devono sempre controllare l'iscrizione professionale e le comunicazioni preventive, verificare la delimitazione delle attività CED ai soli compiti consentiti, analizzare la documentazione contrattuale e le fatture emesse, acquisire dichiarazioni testimoniali. La nota prevede inoltre un esame incrociato dei flussi economici (fatturazioni, compensi) e relazionali (contratti, rapporti cliente-professionista-CED) per verificare l'effettiva sussistenza del rapporto professionale.
Particolare rilevanza assume l'elemento della prossimità territoriale tra professionista e clienti assistiti. Una reiterata assegnazione di incarichi a soggetti operanti in territori distanti rappresenta un elemento sintomatico di una consulenza fittizia, spesso apprestata per mascherare attività riservate gestite dal CED in via autonoma. Tale elemento, pur non costituendo prova in sé, assume rilievo indiziario nell'economia complessiva dell'accertamento, permettendo di superare le difese formalistiche basate su documentazione solo apparentemente regolare.
L'apparato sanzionatorio rafforzato
Il presidio sanzionatorio dell'art. 348 c.p., modificato dalla L. n. 3/2018, fornisce strumenti deterrenti significativi: reclusione da sei mesi a tre anni e multa da 10.000 a 50.000 euro, con aggravanti per il professionista che determina altri al reato. La giurisprudenza ha chiarito che è sufficiente un singolo atto professionale per configurare il reato, mentre la pluralità di atti costituisce reato continuato (cfr. Cass. pen., n. 27848/2001; Cass. pen., n.31432/2004).
Come confermato dalla Suprema Corte (Cass. pen., sez. IV, n. 448 dell’11.7.2001), l'ambito del penalmente rilevante è "assai più ampio ed esteso", ricomprendendo anche l'attività dei CED "se non costituiti e composti con la presenza o l'assistenza di consulenti del lavoro". L’ordinanza del Tribunale di Torino del 2019, che ha condannato un consulente per aver concesso le proprie credenziali a un CED, dimostra ancora oggi l'attualità di queste problematiche e la determinazione della magistratura nel contrastarle.
Si consideri, infine, che le sanzioni comprendono la confisca dei beni impiegati per l’attività illecita, la pubblicazione della sentenza di condanna, la trasmissione all’Ordine professionale per eventuali provvedimenti disciplinari, tra cui la sospensione o l’interdizione temporanea.
Prospettive future
La nota si inserisce in un percorso più ampio di rafforzamento della legalità nel mercato del lavoro. Tutti gli operatori devono riconoscere che lo Stato ha riservato in via esclusiva ai Consulenti del Lavoro la competenza nelle materie afferenti alla gestione dei rapporti di lavoro. Come chiarito recentemente dal TAR del Lazio, questa riserva trova fondamento nelle specifiche "competenze ordinamentali" e nel particolare sistema di "vigilanza ministeriale distinta" che caratterizza la professione.
La collaborazione istituzionale attraverso protocolli di intesa dimostra come sia possibile costruire un sistema efficace di prevenzione e contrasto delle irregolarità. Ogni tentativo di confusione tra ruoli e competenze va arginato con la forza del diritto e il rispetto delle istituzioni.
La nota INL rappresenta un alleato prezioso in questa battaglia per la legalità, offrendo strumenti concreti per rendere effettivo il riconoscimento delle competenze professionali riservate e per tutelare tanto i professionisti quanto gli utenti finali del servizio. La sfida è ora quella di assicurare l'applicazione uniforme di queste indicazioni su tutto il territorio nazionale, rafforzando quel sistema di tutele che protegge la qualità dei servizi e la dignità delle professioni ordinistiche nel nostro Paese.
Per concludere, mi permetto di rivolgere un appello anche alle Procure italiane affinché non lascino cadere in prescrizione le segnalazioni di esercizio abusivo della professione (inoltrate dagli Ispettorati Territoriali del Lavoro, esperiti gli accertamenti del caso) e comminino le pene previste dall’ordinamento contribuendo, così, ad arginare il fenomeno dell’abusivismo professionale che è sempre più dilagante a discapito delle imprese e dei lavoratori che meritano attenzione e tutela.

¹ Per un approfondimento sui (recenti) sviluppi giurisprudenziali in materia di lotta all'abusivismo professionale, si veda P. Di Nunzio, "Per una cultura della legalità anche nella professione del Consulente del lavoro", in Lavoro Diritti Europa, n. 2/2024.
² Per quanto di specifico interesse in questa sede, la giurisprudenza amministrativa (TAR e Consiglio di Stato) si distingue da quella penale per l'ambito di competenza: mentre la seconda si occupa dell'aspetto sanzionatorio dell'abusivismo (art. 348 c.p.), la prima regola i rapporti tra privati e pubblica amministrazione, come gare d'appalto per servizi riservati, protocolli di intesa con enti pubblici e atti amministrativi che incidono sull'esercizio delle professioni. Entrambe convergono nel riconoscere la riserva professionale, ma da prospettive complementari. Si v. per la giurisprudenza amministrativa: Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 16/01/2015, n. 103 - citata nella nota INL in oggetto, che ha stabilito che ai CED sono rimesse "soltanto le attività di calcolo e stampa dei cedolini paga esclusivamente fondate su automatismi software" nonche’ ripresa nel testo di Di Nunzio (nota 1), che ha precisato quali attività ricadono nella riserva dell'art. 1 della L. n. 12/1979; v. infine TAR Lazio, sent. n. 9974/2025 - sulla stipula di un protocollo per il rilascio dell’asseverazione di conformità di Inl che non sia sottoscritto solo con la categoria dei Consulenti del Lavoro).
³ L. De Compadri, "Attività di vigilanza sui CED e contrasto all'abusivismo: il confronto con gli ispettori", in Leggi di Lavoro, n. 2/2025, p. 19. L'Autore riporta il confronto pubblico tenutosi al Festival del Lavoro di Genova il 30 maggio 2025, durante il quale le autorità ispettive e l'Ordine dei Consulenti del Lavoro hanno condiviso l'esigenza di rendere più netta la distinzione tra soggetti abilitati (Consulenti del Lavoro) e soggetti autorizzati (avvocati, commercialisti, ragionieri e periti commerciali), sottolineando come la mancata comunicazione preventiva da parte di questi ultimi costituisca una violazione sostanziale dell'impianto normativo. Il Festival ha rappresentato un momento di chiarezza interpretativa per consolidare una lettura coerente con l'intento del Legislatore di garantire che attività ad alto contenuto tecnico e giuridico siano svolte da soggetti qualif

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