testo integrale con note e bibliografia

Il disegno di legge delega: tratti salienti
Il disegno di legge delega si articola attorno a oltre venti principi e criteri direttivi destinati a orientare l'emanazione dei decreti attuativi. Al centro della riforma si colloca il riconoscimento del ruolo sociale ed economico delle professioni come contributo essenziale allo sviluppo del Paese, accompagnato dalla garanzia dell'indipendenza professionale e dell'autonomia intellettuale nell'esercizio della professione nell'interesse pubblico. La riserva del titolo professionale rimane limitata agli iscritti all'albo.
Sul fronte dell'accesso e della formazione, il legislatore delegante conferma il principio del libero accesso ordinato attraverso esami di Stato coerenti con l'articolo 33 della Costituzione, introducendo al contempo la possibilità per gli ordini di istituire percorsi specialistici con riconoscimento formale delle competenze acquisite. La formazione continua obbligatoria viene profondamente riformata: standard minimi uniformi per tutte le professioni, quote annuali dedicate specificamente a competenze digitali, intelligenza artificiale e sostenibilità ambientale, rafforzamento del controllo qualitativo sui provider formativi accreditati.
Per quanto concerne l'attività professionale, la riforma introduce tre innovazioni significative. La perimetrazione delle competenze mira a definire con maggiore chiarezza le attività esclusive rispetto a quelle concorrenti, riducendo i conflitti tra categorie professionali. L'equo compenso viene esteso a tutti i rapporti contrattuali, non più limitato solo a determinati soggetti: i parametri obbligatori saranno definiti da ciascun Consiglio Nazionale, approvati con decreto ministeriale e periodicamente aggiornati, proporzionali a quantità, qualità e contenuto specifico delle prestazioni. L'assicurazione di responsabilità professionale è obbligatoria, con possibilità di stipulare polizze collettive tramite gli Ordini o le casse previdenziali.
Sul versante della governance e dell'organizzazione, il sistema elettorale degli ordini viene uniformato secondo principi che includono la capacità di voto digitale, requisiti di parità di genere nella governance e nelle liste elettorali, meccanismi di ricambio generazionale e rappresentanza trasparente. I consigli di disciplina vedranno procedure semplificate e una modifica sostanziale: non saranno più nominati dai presidenti dei tribunali ma direttamente dagli ordini professionali, con utilizzo di strumenti digitali per i procedimenti e formazione obbligatoria per i membri. I codici deontologici sono di competenza esclusiva dei Consigli Nazionali, con l'obbligo di disciplinare l'uso delle tecnologie digitali e dell'intelligenza artificiale, assicurando comunque la prevalenza del lavoro professionale umano sulla tecnologia. La natura giuridica degli ordini viene confermata come quella di enti pubblici non economici, con chiarificazione della vigilanza ministeriale e assoggettamento dei dipendenti al decreto legislativo n. 165/2001 e al contratto collettivo nazionale del comparto funzioni pubbliche.
Le strutture professionali ricevono particolare attenzione attraverso la riforma delle Società Tra Professionisti (STP), con regole più chiare sulla partecipazione di soci professionisti e non professionisti, allineamento del regime fiscale e previdenziale con quello delle società ordinarie, disciplina della responsabilità solidale coordinata con gli obblighi assicurativi e facilitazione di forme aggregative competitive.
Sul piano delle protezioni professionali, la riforma prevede tutele di welfare attraverso la possibilità di differire scadenze fiscali e previdenziali in casi di malattia grave, infortunio o maternità. Il principio di sussidiarietà consente agli Ordini di svolgere funzioni pubbliche in sostituzione della pubblica amministrazione, mentre le convenzioni con il Ministero del Lavoro permetteranno l'accesso alla piattaforma SIISL per gli sportelli del lavoro autonomo.
Il procedimento attuativo vedrà ciascun decreto legislativo adottato su proposta del ministero vigilante per la specifica professione interessata, previa consultazione obbligatoria dei Consigli Nazionali e acquisizione dei pareri delle commissioni parlamentari competenti entro trenta giorni.
Sin qui il contenuto, in estrema sintesi, della bozza di legge delega. Trattandosi di una bozza di testo normativo, non è detto che quanto illustrato trovi poi puntuale conferma nel testo di legge definitivo che delegherà il Governo, entro i 24 mesi successivi alla pubblicazione in G.U., ad emanare uno o più decreti legislativi di revisione e di riordino degli ordinamenti delle seguenti professioni: 1. agrotecnici e agrotecnici laureati 2. architetti, pianificatori territoriali, paesaggisti, conservatori, architetti junior e pianificatori junior 3. assistenti sociali specialisti e assistenti sociali 4. attuari e attuari junior 5. consulenti del lavoro 6. dottori agronomi e forestali, agronomi e forestali, zoonomi, biotecnologi agrari 7. geologi e geologi junior 8. geometri e geometri laureati 9. giornalisti 10. ingegneri civili e ambientali, ingegneri industriali, ingegneri dell'informazione, ingegneri civili e ambientali junior, ingegneri industriali junior, ingegneri dell'informazione junior 11. periti agrari e periti agrari laureati 12. periti industriali e periti industriali laureati 13. spedizionieri doganali 14. consulenti in proprietà industriale.
Una prospettiva dalla professione: le attese dei Consulenti del Lavoro
Come Presidente dell'Ordine territoriale di Milano, guardo a questa riforma con cauto ottimismo, consapevole che rappresenta un'occasione irripetibile per consolidare l'identità e il riconoscimento della nostra professione dopo oltre quarant'anni dalla legge istitutiva. La perimetrazione delle competenze costituisce la priorità assoluta: troppo a lungo il ruolo dei Consulenti del lavoro è rimasto nell'incertezza di confini sfumati con altre professioni, generando contenziosi che sottraggono energie alla missione principale di servizio alle imprese e ai lavoratori.
La perimetrazione delle competenze: una questione di certezza del diritto
La definizione chiara delle attività esclusive rispetto a quelle concorrenti non rappresenta soltanto una legittima aspirazione corporativa, ma costituisce un presidio di legalità e qualità per l'utenza. L'attuale sovrapposizione di competenze tra diverse categorie professionali ha infatti prodotto un duplice effetto distorsivo: da un lato, genera incertezza negli operatori economici chiamati a individuare il professionista competente per specifiche esigenze; dall'altro, favorisce fenomeni di concorrenza sleale basata non sulla qualità della prestazione ma sull'ambiguità normativa.
Per i Consulenti del lavoro, la perimetrazione dovrà necessariamente tener conto del percorso formativo specifico – che integra discipline giuridiche, economiche e previdenziali – e del ruolo di ausiliari delle amministrazioni pubbliche riconosciuto dalla normativa vigente. L'auspicio è che il legislatore delegato sappia valorizzare questa specificità, riconoscendo competenze esclusive in materia di amministrazione del personale, contenzioso del lavoro, gestione previdenziale e assistenziale, ambiti nei quali la professione ha consolidato un patrimonio di expertise riconosciuto dal mercato e dalle istituzioni.
L'equo compenso: tutela della professionalità e garanzia per l'utenza
L'estensione dell'equo compenso a tutti i rapporti contrattuali risponde a un'esigenza avvertita quotidianamente dai colleghi, specie nelle realtà territoriali dove la pressione competitiva si traduce in una corsa al ribasso che mina la qualità della consulenza. Occorre tuttavia precisare che l'equo compenso non va inteso come mera tutela reddituale della categoria, ma quale strumento di salvaguardia della qualità della prestazione professionale nell'interesse ultimo dell'utenza.
Un compenso inadeguato rispetto alla complessità dell'incarico lede il valore della competenza professionale per la quale il professionista dedica molto tempo nell’approfondimento delle questioni, all'aggiornamento normativo e giurisprudenziale, alla cura della relazione professionale. La definizione di parametri ministeriali obbligatori, proporzionali a quantità, qualità e contenuto delle prestazioni, dovrà pertanto fondarsi su criteri oggettivi che tengano conto non soltanto del tempo impiegato, ma anche della responsabilità assunta, della complessità tecnica dell'intervento, delle competenze specialistiche richieste.
La previsione di un aggiornamento periodico dei parametri assume particolare rilevanza in un contesto normativo, quale quello giuslavoristico, caratterizzato da una stratificazione legislativa che impone al professionista un costante adeguamento delle competenze. Milano, con la sua articolata composizione produttiva e la presenza di realtà multinazionali, costituisce un osservatorio privilegiato della necessità di parametri che sappiano differenziare adeguatamente le prestazioni in ragione della loro effettiva complessità.
La vigilanza sull'esercizio della professione: verso un sistema integrato di controllo
La possibilità di ottenere il trasferimento della gestione dell'elenco dei professionisti autorizzati – ovvero gli avvocati e i commercialisti abilitati a svolgere attività di consulenza del lavoro ai sensi della normativa vigente – dall'Ispettorato Nazionale del Lavoro al Consiglio Nazionale rappresenterebbe un passo decisivo verso un controllo più efficace dell'esercizio della professione, fenomeno che danneggia non solo i professionisti regolari ma soprattutto l'utenza finale.
L'abusivismo professionale nel settore giuslavoristico non costituisce infatti una mera violazione di norme ordinamentali, ma espone imprese e lavoratori a rischi giuridici ed economici rilevanti: dall'invalidità degli atti alla responsabilità per violazioni normative, dalle sanzioni amministrative al danno reputazionale. La gestione diretta dell'elenco di questi professionisti da parte del Consiglio Nazionale consentirebbe un monitoraggio più efficace dell'effettivo possesso dei requisiti abilitativi, della regolarità contributiva, dell'assolvimento degli obblighi formativi e assicurativi.
Questa funzione di vigilanza si inscrive perfettamente nel ruolo pubblicistico degli Ordini professionali quali enti esponenziali chiamati a garantire, nell'interesse generale, la qualità e la correttezza dell'esercizio professionale nel settore giuslavoristico. L'esperienza maturata dall'Ordine di Milano nel contrasto alle forme più insidiose di abusivismo vero e proprio – quali l'utilizzo improprio del titolo o l'offerta di prestazioni riservate attraverso strutture societarie opache – conferma la necessità di dotare gli Ordini di strumenti efficaci di controllo e di coordinamento con le autorità di vigilanza.
Formazione continua e innovazione tecnologica: la professione di fronte alla sfida digitale
La formazione obbligatoria su intelligenza artificiale e competenze digitali mi trova pienamente favorevole: la consulenza giuslavoristica è già profondamente investita dalla trasformazione digitale e i nostri iscritti devono essere messi nelle condizioni di padroneggiare questi strumenti mantenendo al centro il giudizio professionale umano.
La riforma, prevedendo quote annuali dedicate specificamente alle competenze digitali e all'intelligenza artificiale, riconosce implicitamente che la professione del futuro non sarà sostituita dalla tecnologia, ma dovrà saperla governare criticamente. L'obbligo di formazione su questi temi non può tuttavia esaurirsi in un adempimento formale, ma richiede la costruzione di percorsi formativi di qualità che consentano ai professionisti di comprendere le potenzialità e i limiti degli strumenti tecnologici, di valutarne l'affidabilità, di integrarne l'utilizzo nella metodologia professionale senza delegare ad algoritmi il giudizio che resta prerogativa umana.
L'Ordine di Milano, in ragione della concentrazione sul territorio di competenze tecnologiche e della presenza di importanti player del settore digitale, può e deve assumere un ruolo di avanguardia nella sperimentazione di modelli formativi innovativi, che integrino l'apprendimento teorico con laboratori pratici, che favoriscano il confronto interdisciplinare tra professionisti e tecnologi, che promuovano una cultura digitale consapevole dei profili etici e deontologici.
La previsione secondo cui i codici deontologici dovranno disciplinare l'uso delle tecnologie digitali assicurando la prevalenza del lavoro professionale umano sulla tecnologia costituisce un presidio fondamentale. Essa impone agli Ordini di elaborare regole chiare sulla delimitazione tra attività delegabili a sistemi automatizzati e prestazioni che richiedono necessariamente l'intervento del professionista, sulla trasparenza nell'utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale, sulla responsabilità per gli esiti delle elaborazioni algoritmiche.
Governance degli Ordini: trasparenza, rappresentatività, efficienza
Le previsioni in materia di uniformazione del sistema elettorale, parità di genere, ricambio generazionale rappresentano un segnale di modernizzazione della governance ordinistica che va colto come opportunità di rinnovamento. La possibilità di voto digitale, oltre a facilitare la partecipazione degli iscritti, può contribuire a rafforzare la legittimazione democratica degli organi rappresentativi, superando la storica tendenza all'astensionismo che ha talvolta caratterizzato le consultazioni elettorali.
L'introduzione di meccanismi di garanzia della parità di genere e del ricambio generazionale non risponde soltanto a istanze di equità, ma costituisce un fattore di arricchimento della rappresentanza, assicurando la presenza negli organi direttivi di sensibilità e competenze diversificate, maggiormente rappresentative della composizione effettiva della base professionale.
La riforma dei consigli di disciplina, con la previsione di nomina diretta da parte degli Ordini in luogo della designazione da parte dei presidenti dei tribunali, rafforza l'autonomia ordinistica pur confermando la natura pubblicistica della funzione disciplinare. La previsione di formazione obbligatoria per i componenti dei consigli di disciplina e dell'utilizzo di strumenti digitali per i procedimenti risponde all'esigenza di assicurare professionalità nell'esercizio della giurisdizione domestica e celerità nella definizione dei procedimenti.
L'esperienza dell'Ordine di Milano evidenzia come la tempestività del procedimento disciplinare costituisca elemento essenziale per la credibilità del sistema, evitando che il decorso del tempo vanifichi la funzione deterrente e educativa della sanzione. L'auspicio è che la riforma sappia contemperare le esigenze di efficienza con le garanzie difensive degli incolpati, assicurando procedure trasparenti, motivazioni analitiche, possibilità effettiva di contraddittorio.
Le società tra professionisti: aggregazione e competitività
La riforma della disciplina delle società tra professionisti costituisce un tassello fondamentale per favorire forme di aggregazione professionale più strutturate, capaci di competere sui mercati nazionali e internazionali. L'allineamento del regime fiscale e previdenziale con quello delle società ordinarie elimina distorsioni che hanno sinora disincentivato la costituzione di strutture societarie, mentre la chiarificazione delle regole sulla partecipazione di soci non professionisti può favorire l'ingresso di competenze manageriali e capitali necessari allo sviluppo.
Welfare professionale e politiche di sostegno
Le tutele di welfare previste dalla riforma – con la possibilità di differire scadenze fiscali e previdenziali in casi di malattia grave, infortunio o maternità – rappresentano un riconoscimento dell'esigenza di protezione sociale dei professionisti, tradizionalmente esclusi dalle tutele riservate al lavoro subordinato. La sfida sarà quella di costruire un sistema di welfare professionale che, nel rispetto del principio di sussidiarietà, integri le tutele pubbliche con forme mutualistiche e assicurative gestite dagli Ordini o dalle casse previdenziali.
Milano come laboratorio della riforma
L'auspicio è che i decreti attuativi sappiano tradurre questi principi in norme operative chiare, evitando le ambiguità che hanno caratterizzato l'attuazione delle riforme precedenti. Milano, con la sua realtà economica complessa e la densità di professionisti, sarà banco di prova privilegiato per verificare l'efficacia concreta di questa riforma nel bilanciare modernizzazione e tutele, competitività e qualità del servizio professionale.
La specificità del contesto milanese – caratterizzato dalla compresenza di grandi gruppi multinazionali, piccole e medie imprese innovative, realtà del terzo settore, professionisti ad alta specializzazione – impone agli Ordini territoriali di attrezzarsi per offrire servizi sempre più qualificati agli iscritti: dalla formazione specialistica all'assistenza nell'utilizzo delle nuove tecnologie, dal supporto nell'avvio dell'attività professionale alla promozione di forme di aggregazione, dalla mediazione nei rapporti con le istituzioni alla rappresentanza nei tavoli di concertazione locale.
L'Ordine di Milano puo’ assumere un ruolo propositivo nella fase attuativa della riforma, mettendo a disposizione del Consiglio Nazionale e del legislatore delegato l'esperienza maturata nella gestione di un Ordine territoriale di dimensioni significative, nella sperimentazione di forme innovative di erogazione dei servizi, nel confronto con una base professionale eterogenea per età, specializzazione, dimensione degli studi.
Conclusioni: responsabilità istituzionale e spirito costruttivo
Lo schema di legge delega rappresenta per i Consulenti del Lavoro un'occasione di rinnovamento ordinamentale che dovrà essere colta con consapevolezza e spirito costruttivo. La fase attuativa richiederà un ruolo propositivo e vigile del Consiglio Nazionale, chiamato a collaborare con il legislatore delegato per garantire che i principi generali della riforma trovino declinazione coerente con le specificità della professione e con il ruolo di ausiliari del sistema di amministrazione del lavoro che da sempre caratterizza la categoria.
La riforma non può essere vissuta passivamente come un adempimento imposto dall'alto, ma deve rappresentare un'opportunità di ripensamento dell'identità professionale, di rafforzamento delle competenze, di modernizzazione delle strutture organizzative. Ciò richiede un coinvolgimento attivo di tutti gli attori: dal Consiglio Nazionale agli Ordini territoriali, dalle fondazioni di studi alla base professionale, in un processo partecipativo che valorizzi le diverse sensibilità e competenze presenti nella categoria.
Il termine di ventiquattro mesi per l'emanazione dei decreti legislativi impone tempi di lavoro serrati, che dovranno essere gestiti con metodo e rigore. Sarà essenziale che il Consiglio Nazionale organizzi tavoli di lavoro tematici, coinvolga esperti di settore, promuova consultazioni allargate, elabori proposte tecnicamente solide e politicamente condivise. Gli Ordini territoriali, da parte loro, dovranno farsi tramite delle istanze provenienti dai territori, segnalando criticità applicative, evidenziando buone pratiche, contribuendo alla costruzione di soluzioni che tengano conto delle specificità locali.
La riforma rappresenta altresì un'occasione per rafforzare il dialogo istituzionale con le amministrazioni pubbliche, le organizzazioni sindacali e datoriali, gli altri Ordini professionali. Il ruolo dei Consulenti del Lavoro nel sistema di amministrazione del lavoro non può essere difeso con atteggiamenti autoreferenziali, ma va conquistato attraverso la dimostrazione quotidiana di competenza, affidabilità, capacità di innovazione. La riforma costituisce l'occasione per formalizzare e consolidare questo ruolo, attraverso convenzioni, protocolli, forme strutturate di collaborazione con le istituzioni.
Solo attraverso un'attenta interlocuzione istituzionale, sorretta da proposte tecnicamente qualificate e da una visione strategica di lungo periodo, sarà possibile trasformare questa riforma in un'opportunità di valorizzazione della professione e di rafforzamento del suo contributo al sistema-Paese. L'obiettivo non è la difesa di privilegi corporativi, ma la costruzione di una professione moderna, competente, eticamente rigorosa, capace di rispondere alle esigenze di un mercato del lavoro in continua trasformazione e di contribuire allo sviluppo economico e sociale del Paese.
In questa prospettiva, la responsabilità che grava sugli Ordini professionali – e in particolare su quelli territoriali, più vicini alle esigenze concrete degli iscritti – è quella di tradurre i principi della riforma in azioni concrete, in servizi effettivi, in opportunità di crescita per tutta la categoria. Milano, per la sua dimensione, la sua complessità, il suo ruolo di motore economico del Paese, intende assumere pienamente questa responsabilità, trasformando le sfide della riforma in occasioni di sviluppo per la professione e per il territorio.

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