testo integrale con note e bibliografia

L'articolo 2086 del Codice Civile costituisce oggi una delle colonne portanti della moderna cultura d'impresa. La sua evoluzione – culminata con la riforma apportata dal Codice della Crisi – ha trasformato un principio di buona amministrazione in un autentico paradigma di governance responsabile e proiettata al futuro. L'imprenditore, e ancor più gli organi amministrativi delle società, non sono più chiamati soltanto a guidare l'attività economica, ma a presidiarla in modo consapevole, prevenendo squilibri e garantendo continuità anche in contesti mutevoli e complessi.
Il nuovo comma dell'articolo stabilisce che ogni impresa deve dotarsi di assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati alla propria natura e dimensione, concepiti per individuare tempestivamente segnali di crisi e per attivarsi, senza esitazioni, nell'adozione degli strumenti di risanamento. Non si tratta, tuttavia, di un adempimento burocratico: l'adeguatezza rappresenta l'espressione più concreta della capacità imprenditoriale di anticipare i rischi, stabilendo una relazione misurabile tra struttura, risorse e strategia. Gli assetti diventano così una rete di protezione costruita non sull'improvvisazione, ma sulla pianificazione e sulla lungimiranza.
Questa visione sposta l'asse della responsabilità manageriale dal passato al futuro, introducendo una vera ottica forward looking. L'articolo 2086 invita a ragionare non in termini di mera sopravvivenza, ma di prevenzione intelligente: l'impresa deve imparare a leggere i segnali deboli dell'ambiente esterno e interno, predisponendo meccanismi di autodiagnosi e di risposta anticipata. È significativo che, come sottolineato anche dai più recenti orientamenti giurisprudenziali, l'obbligo di istituire assetti adeguati non sorge in presenza della crisi, ma nelle fasi di stabilità e benessere operativo. È allora che l'imprenditore deve costruire la propria "architettura di controllo", perché solo in un clima di equilibrio economico e organizzativo si può sviluppare un sistema affidabile, coerente e duraturo.
In questa prospettiva, la norma assume una portata etica oltre che tecnica. Gli assetti non sono soltanto strumenti di calcolo e verifica, ma riflessi di un modello di impresa sostenibile, che riconosce il valore della trasparenza, del capitale umano e della responsabilità verso stakeholder e collettività. Il giudizio di adeguatezza, come ricorda la giurisprudenza più recente, non si limita alla conformità alle regole, ma valuta la capacità dell'impresa di mantenere equilibrio economico-finanziario, reputazionale e sociale nel tempo. In assenza di tali presidi, l'imprenditore e gli amministratori rispondono non solo civilmente, ma anche in termini di affidabilità e meritevolezza sul mercato.
L'articolo 2086, dunque, non è più un dispositivo tecnico relegato ai manuali di diritto commerciale, ma una bussola culturale per l'imprenditore moderno. Le imprese che scelgono di leggere la norma in chiave evolutiva ne traggono un vantaggio competitivo duraturo: perché un'organizzazione capace di correggersi prima dell'errore non si limita a sopravvivere, ma cresce, innova e genera fiducia. In fondo, l'essenza di questa disposizione consiste nel trasformare la buona gestione in un atto di visione, dove la solidità del presente diventa la premessa della resilienza futura.
Fra le novità a supporto di questo cambiamento culturale vi è la UNI/PdR 167:2025 sugli assetti organizzativi, amministrativi e contabili.
Questa prassi, infatti, rappresenta una delle innovazioni più rilevanti per la governance delle piccole e medie imprese italiane, offrendo un modello gestionale evoluto che punta sulla sinergia tra adeguatezza organizzativa, capitale umano e sostenibilità della continuità aziendale.
Nata dalla collaborazione tra UNI e l'Ordine dei Dottori Commercialisti di Milano, la prassi rielabora l'articolo 2086 del Codice Civile in chiave operativa, introducendo un linguaggio condiviso tra imprenditori, consulenti e organismi di certificazione.
Nuova cultura d'impresa e approccio prestazionale
Il punto centrale della UNI/PdR 167:2025 è il cosiddetto approccio prestazionale, che definisce cosa deve essere raggiunto (gli esiti attesi) senza imporre il modo univoco per ottenerli. Questo consente a ogni impresa di adattare il modello alla propria realtà, dimensione e complessità, mantenendo coerenza tra governance, obiettivi strategici e capacità operative.
Si tratta, quindi, di uno strumento manageriale evoluto, concepito per accompagnare anche le PMI più piccole verso una gestione strutturata delle attività aziendali, capace di generare evidenza oggettiva della propria efficacia.
Questo documento, inoltre, offre una guida operativa per analizzare la propria organizzazione e pianificare percorsi di miglioramento, partendo da un'analisi iniziale ("as-is"), passando per la mappatura delle responsabilità e dei processi, fino alla valutazione dei gap rispetto ai requisiti richiesti.
Il percorso di adeguamento culmina nella certificazione di conformità, rilasciata da organismi accreditati secondo la UNI CEI EN ISO/IEC 17065:2012, che attesta la capacità dell'impresa di operare secondo un modello di gestione coerente, responsabile e monitorato.
Continuità aziendale e prevenzione della crisi
La UNI/PdR 167:2025, inoltre, costituisce oggi una vera e propria architettura di riferimento per la prevenzione della crisi d'impresa, traducendo gli obblighi previsti dall'articolo 2086 del Codice Civile e dal Codice della Crisi in un modello operativo di gestione preventiva, basato su analisi dei rischi, monitoraggio continuo e responsabilità diffusa.
Al centro della UNI/PdR 167:2025 vi è il concetto di prevenzione come processo, non come intervento tardivo. La prassi stabilisce che l'impresa, per essere "adeguata", deve dotarsi di strumenti capaci di rilevare tempestivamente i segnali di allerta economici, patrimoniali, finanziari e organizzativi, prima che questi si traducano in situazioni di crisi conclamata.
Si introduce così un approccio "risk-based thinking", orientato alla pianificazione consapevole e alla gestione proattiva dei rischi: ogni decisione strategica deve essere accompagnata dalla valutazione dei possibili impatti negativi sulla continuità aziendale e dall'individuazione di misure correttive immediate.
Questo sistema di allerta precoce si fonda su quattro pilastri tecnici:
• Una struttura organizzativa chiara e tracciabile, con ruoli e responsabilità definite;
• Un flusso informativo sicuro e costante tra direzione, amministrazione e controllo;
• Un modello contabile trasparente, capace di rappresentare con immediatezza la situazione economica e finanziaria;
• strumenti di analisi periodica dei dati gestionali per l'individuazione dei gap e l'adozione di contromisure.
La UNI/PdR 167:2025 assegna, infine, un ruolo centrale alla governance aziendale, investendo amministratori e management della responsabilità di garantire la continuità. Il vertice deve assicurare la presenza di un sistema coerente con la natura e la dimensione dell'impresa, che consenta una lettura dinamica dei fenomeni aziendali e la loro correzione tempestiva.
Ciò implica che il Consiglio di Amministrazione e gli organi di controllo non si limitino a validare i bilanci, ma adottino una vera cultura predittiva della crisi, basata su indicatori di performance e trend gestionali in grado di anticipare le disfunzioni operative e finanziarie.
Rilevante anche la possibilità di procedere ad avviare una procedura di certificazione UNI/PdR 167:2025, affidata ad organismi accreditati secondo la norma UNI CEI EN ISO/IEC 17065:2012, poiché si consente di attestare la conformità dell'impresa agli standard di adeguatezza organizzativa, offrendo un riconoscimento pubblico della capacità di gestione preventiva.
Tale certificazione assume una funzione interna di incentivo al cambiamento perché diventa uno strumento di garanzia nei confronti di banche, clienti, partner e autorità, in quanto dimostra che l'impresa adotta presidi strutturati contro il rischio di crisi e di responsabilità degli amministratori.
Il legame tra continuità e capitale umano
Elemento distintivo della UNI/PdR 167:2025 è il riconoscimento del fattore umano come fondamento della continuità. La norma non si limita a regolamentare processi e strutture, ma riconosce che l'efficacia di ogni assetto dipende dalle persone che lo animano.
La valorizzazione del capitale umano avviene attraverso la chiarezza delle deleghe, la formazione continua, la partecipazione diffusa alle decisioni e la promozione di comportamenti organizzativi orientati all'innovazione. In questo senso, l'adeguato assetto si traduce anche in benessere organizzativo, comunicazione trasparente e responsabilizzazione collettiva.
All'interno della UNI/PdR 167:2025, il fattore umano rappresenta una componente strutturale della nozione di adeguatezza: non un accessorio del sistema d'impresa, ma la condizione che ne rende possibile la funzione vitale. La prassi, infatti, evidenzia come nessun assetto possa definirsi realmente "adeguato" se non integra lo sviluppo, la responsabilità e la partecipazione consapevole delle persone che vi operano.
Il documento collega il concetto di governance alla cultura organizzativa, superando la visione puramente formale di "chi fa cosa". L'adeguatezza non è soltanto la presenza di procedure o ruoli chiari, ma riguarda la capacità del personale di interpretare gli obiettivi aziendali, agire in coerenza con essi e contribuire al miglioramento continuo. Questo orientamento trasforma la norma in uno strumento evolutivo: l'impresa non è più vista come un insieme di regole, ma come una comunità di competenze orientata alla creazione di valore condiviso.
In questo contesto, uno dei principi cardine della UNI/PdR 167:2025 è la valorizzazione delle competenze come garanzia di adeguatezza. La prassi stabilisce che la definizione di ruoli, mansioni e poteri deve essere accompagnata dalla verifica che le persone che li ricoprono possiedano le competenze necessarie e siano poste in condizione di esercitarle. La formazione, allora, non è soltanto un mezzo di aggiornamento, ma un fattore sistemico: serve a mantenere vivo il legame fra capacità individuale e missione dell'impresa, favorendo un comportamento organizzativo coerente e responsabile.
La PdR, quindi, lega la solidità aziendale alla partecipazione del personale nei processi decisionali. Gli organigrammi e i mansionari vengono riletti come strumenti per rendere trasparente la catena di responsabilità, ma la prassi aggiunge un livello ulteriore: quello della comunicazione bidirezionale tra vertice e collaboratori.
L'adeguatezza, in altre parole, non si misura solo nell'efficienza, ma nella qualità del dialogo interno, nella capacità di ascoltare i segnali provenienti dal basso e di tradurli in decisioni tempestive. Si tratta di un passaggio decisivo verso un modello dove il sapere diffuso è fonte di innovazione e prevenzione.
Il capitale umano, nel quadro della UNI/PdR 167:2025, è inteso, allora, come infrastruttura della continuità aziendale. Laddove macchine e procedure garantiscono la replicabilità, le persone assicurano l'adattabilità. È attraverso la motivazione, l'etica professionale e la condivisione degli obiettivi che l'impresa diventa resiliente e capace di affrontare le crisi.
Quando le competenze si trasformano in comportamenti coerenti, la struttura aziendale non solo resiste agli shock, ma li trasforma in occasione di apprendimento e miglioramento. In questa logica, la figura del dipendente si evolve in quella di "co-protagonista della governance", partecipe e consapevole della propria funzione nella catena del valore.
Si potrebbe dire che la prassi apre la strada a un umanesimo organizzativo consapevole: un modello dove l'adeguatezza non è vista come requisito statico, ma come equilibrio dinamico fra razionalità gestionale e umanità operativa.
L'impresa è "adeguata" quando la sua struttura valorizza la dignità del lavoro, riconosce il merito, favorisce la crescita personale e valorizza la diversità come risorsa di innovazione. In questo senso, la UNI/PdR non è solo una norma tecnica, ma uno strumento culturale che riconosce alle persone il ruolo di vero capitale strategico per la sostenibilità e per la continuità dell'impresa
Ciò che rende la UNI/PdR 167:2025 un documento "di sistema" è la sua capacità di trasformare un obbligo normativo in una opportunità di crescita sostenibile. La prassi infatti promuove un modello di impresa capace di ripensare il proprio funzionamento interno come un ecosistema, in cui processi, risorse e persone operano in sinergia per generare valore nel tempo.
La sostenibilità aziendale, in questo quadro, non è un obiettivo esterno, ma un principio organizzativo che nasce dalla qualità del capitale umano — dal modo in cui viene valorizzato, formato e integrato nelle strategie della governance.
In conclusione la creazione di una sinergia fra i Commercialisti ed UNI ha dato vita ad uno strumento nuovo che, valorizzando le competenze dei professionisti nel mondo della qualità , consente alle imprese di oggettivizzare con la certificazione la struttura dei propri assetti ed agli organi di controllo di attuare una più agevole attività di vigilanza in questo ambito.

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