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1.Premessa.
La monografia di Mirko Altimari mette ordine in un ambito che dopo essere stato a lungo scarsamente approfondito ha suscitato, in ragione di interventi normativi frazionati ma continui che si sono avvicendati a partire dagli anni 2000, molteplici riflessioni tra i giuslavoristi. Ci si riferisce all’ampia galassia delle partecipazioni pubbliche che il libro ricostruisce con dettaglio sin dalle sue origini. Partendo dalle aziende municipalizzate l’Autore si occupa della specifica quanto complessa vicenda degli autoferrotramvieri, sino al più recente ed ambizioso prodotto costituito dal Testo Unico sulle partecipate (d.lgs. 175/2016). Quest’ultimo argomento, cui Altimari accompagna il lettore solo successivamente all’utile contestualizzazione storica, rappresenta senz’altro il cuore della ricerca. In proposito merita di essere segnalata sin d’ora l’ apprezzabile scelta non solo di approfondire aspetti espressamente regolati dal legislatore del 2016 ma anche di confrontarsi con profili trascurati in sede normativa e discutibilmente rimessi alla autoregolamentazione delle singole società. È, soprattutto, innanzi al silenzio del legislatore che occorre che lo studioso cerchi di trovare un’interpretazione rispettosa del sistema ed è in questa direzione che Altimari si muove nel corso di tutto il libro. Nella consapevolezza di trovarsi su un terreno dalla tenuta incerta che non consente una semplicistica trasposizione delle regole privatistiche, l’Autore quindi andrà alla ricerca di soluzioni che, ove attinte dal settore privato, verranno declinate alle peculiarità delle partecipate (dalla disciplina della prova, alle mansioni e progressioni di carriera, alla somministrazione di manodopera sino all’affidamento di incarichi professionali).
L’impressione che si ricava dalla ricca ricerca di Altimari è che sia proprio l’insicurezza del legislatore (che da un lato sancisce in modo in apparenza perentorio l’applicazione del regime privatistico, da un altro lato vi inserisce incisivi innesti di matrice pubblicistica) a costringere il giuslavorista a misurarsi costantemente con categorie e regole che corrono sul filo tra mondi ancora lontanissimi. Si pensi alla procedimentalizzazione del sistema di reclutamento (prescritto per le assunzioni ma non per l’affidamento di incarichi), od alla predisposizione di tetti ai trattamenti economici di dirigenti e dipendenti (fortemente limitativa del libero esplicarsi dei poteri datoriali o, più in generale, dell’autonomia di cui dovrebbe godere il soggetto privato). Queste sono solo alcune delle contraddizioni (o, come si legge nel libro, dei corto circuiti) che l’Autore puntualmente enfatizza e tenta di risolvere ricorrendo a strumenti compatibili con il “sistema delle partecipate”. Un sistema con cui Altimari ammette di essersi confrontato sempre in una prospettiva pubblicistica in ragione della ratio ispiratrice dell’intero impianto del d.lgs. 175/2016. Il c.d. Testo Unico sulle partecipate condivide, infatti, con i numerosi provvedimenti normativi che a lungo hanno composto il puzzle della disciplina, l’obiettivo di garantire un utilizzo delle risorse pubbliche che sia efficiente e rispettoso dei principi sanciti all’art. 97 Cost. Il richiamo ai principi costituzionali giustifica, così, l’ attento dialogo dell’Autore con le fonti regolatrici del pubblico impiego, ancora connotato da spiccati tratti di specificità con buona pace dell’intervenuta privatizzazione.
2. Una Ricostruzione Storica Necessaria. Dalle Aziende Municipalizzate alle Società Pubbliche.
Nel più ampio obiettivo di risolvere le contraddizioni e colmare i silenzi, e quindi di ricomporre la disciplina applicabile, l’Autore decide di avviare l’indagine dalle aziende municipalizzate, utili modelli di studio anche sul fronte della contrattazione collettiva, ritenendole “le antesignane” delle società partecipate. Queste ultime, in larga misura costituite a livello locale a partire dagli anni novanta, sono state regolamentate in modo uniforme solo nel 2016 con il menzionato “testo unico”, mosso dalla volontà di offrire un quadro normativo organico. Il testo di Altimari insegna come tale ambizione sia lontana dall’esser stata soddisfatta.
Con specifico riguardo al rapporto di lavoro instaurato alle dipendenze delle società pubbliche si è dell’avviso che l’Autore non abbia trascurato alcun aspetto o fase dello stesso; dalla selezione concorsuale sino alla sua cessazione, l’Autore indaga non solo le conseguenze sistematiche derivanti dalle omissioni del legislatore ma, ovviamente, anche le implicazioni connesse ai profili espressamente regolati spesso suscettibili di letture contrastanti. Si pensi alla fase dell’accesso al lavoro e quindi alla decisione (già adottata nel 2008) di eteroregolare il concorso anche mediante il richiamo dei principi di cui all’art. 35 co. 3 D.lgs. 165/2001. Ebbene, questa stessa opzione normativa apparentemente chiara lascia irrisolti dubbi non solo di carattere teorico (la riconduzione alle categorie di concorsi pubblici o privati) ma anche pratico quali la possibilità che al settore delle partecipate possa estendersi ad esempio il peculiare meccanismo della valutazione di idoneità senza comparazione di cui all’art. 16 l. 56/1987. In questo caso come ogni qual volta si prospettino più interpretazioni, l’Autore rammenta al lettore e, quindi, anche all’operatore pratico, la necessità di optare per la soluzione in grado di meglio soddisfare l’obiettivo del legislatore del 2016: ostacolare le dinamiche di accesso clientelare alle partecipate e, quindi, l’abuso di risorse pubbliche anche attraverso l’imposizione di rilevanti restrizioni alla autonomia contrattuale.
3. La difficile combinazione tra regole sull’accesso e sullo svolgimento del rapporto di lavoro.
Emblematico di quel che correttamente viene definito nel libro lo “spaesamento” del giuslavorista è l’orientamento giurisprudenziale in materia di contratti a termine. Nonostante il richiamo alle regole sul lavoro privato contenuto nel d.lgs. 175/2016 – estendibile, si potrebbe arguire, anche al rimedio della trasformazione in caso di illegittimità del contratto a termine - la giurisprudenza prevalente ritiene che in tale ipotesi la società partecipata debba essere condannata ad un mero risarcimento al pari di quanto avviene nel pubblico ai sensi dell’art. 36 d.lgs 165/2001. Tale sanzione, coerente con i principi di pubblicità e trasparenza della selezione concorsuale e con la natura pubblica del socio controllante, stride invece con il richiamo al regime privatistico contenuto all’art. 19 d.lgs. 175/2016. L’ apparente contraddizione (tra regole sull’accesso, lo svolgimento e tutela sanzionatoria) che combina, quasi fosse un patchwork (cit.), regole di matrice differente, da un lato dimostra come la tensione tra pubblico e privato sia tutt’altro che sopita a seguito del d.lgs. 175/2016, da un altro lato dovrebbe indurre, secondo Altimari, ad impegnarsi per privilegiare opzioni interpretative tra loro omogenee.
Quanto ai rapporti di lavoro instaurati nell’ambito della somministrazione di lavoro le perplessità sono forse maggiori poiché non esiste alcun vincolo di selezione concorsuale, non trattandosi di assunzioni dirette. Tale scelta, che se non altro dissipa eventuali dubbi circa le conseguenze sanzionatorie derivanti da somministrazione irregolare, è in realtà indice di un difetto più ampio puntualmente sottolineato nel testo in rassegna: lo scarso coordinamento tra il d.lgs. 175/2016 e d.lgs. 50/2016, il c.d. Codice appalti. Eppure, nonostante il d.lgs. 175/2016 non contenga un espresso e generalizzato richiamo alle regole sull’evidenza pubblica l’Autore correttamente ritiene che ai fini dell’individuazione dell’agenzia di somministrazione le partecipate non possano che soggiacere alle norme del d.lgs. 50/2016 ed in particolare siano tenute ad individuare l’agenzia di somministrazione aggiudicataria attraverso il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Detto criterio è, infatti, in grado di valorizzare adeguatamente il profilo qualitativo dell’offerta unitamente ai già menzionati obiettivi di contenimento della spesa.
Il mancato coordinamento con la riforma degli appalti pubblici non rappresenta l’unica debolezza del d.lgs. 175/2016. Il Testo Unico omette anche di regolare rilevanti profili del rapporto di lavoro nonostante la loro connessione con l’accesso al posto di lavoro e, più in generale, con la funzione di contenimento della spesa. Indicativa in proposito è l’assenza nel d.lgs.175/2016 di ogni riferimento alle regole in materia di mansioni e promozioni che, tra l’altro, continuano ad essere distinte in ragione della natura pubblica o privata del datore. Come in ogni occasione in cui, a fronte di una lacuna normativa, possa farsi strada l’autoregolazione delle singole società è molto utile l’approfondimento empirico del quale l’Autore dà puntualmente conto. Certo, laddove i regolamenti analizzati tacciano diventa indispensabile la ricerca di una soluzione nel sistema e con lo stesso compatibile. Venendo all’esempio citato, Altimari giunge a domandarsi se la procedimentalizzazione della fase di accesso al lavoro possa incidere anche sullo svolgimento del rapporto ed in particolare sulla disciplina delle mansioni. Come si leggerà l’Autore conclude che, seppure esistano anche opinioni contrarie, l’art. 19 non lasci su questo fronte spazio a soluzioni alternative al regime privatistico. La modifica delle mansioni in qualunque senso la si approfondisca non determina, del resto, l’insorgenza di una nuova assunzione andando ad insistere sul medesimo rapporto di lavoro già instaurato. Al fine di non trascurare alcun profilo e di offrire quindi al lettore un panorama quanto più completo Altimari ritiene poi di dedicare qualche riflessione, sempre in tema di accesso al lavoro, alle regole speciali dedicate ad Anpal, ente che si ricorda essere controllato dal Ministero del lavoro. La natura speciale dell’Anpal si riversa anche sulle norme in materia di stabilizzazione ( in particolare di lavoratori a termine Anpal indipendentemente dall’anzianità) decisamente derogatorie rispetto all’art. 19 D.lgs. 175/2016 ma essenziali al fine di soddisfare i compiti assegnati all’ente.
4. Trattamenti retributivi e contrattazione collettiva, le tracce ella differenza
a. La contraddizione tra la ratio di natura pubblica, a tratti moralizzatrice, e la natura privata del regime applicabile ai rapporti di lavoro imposta dall’art. 19 del d.lgs. 175/2016 emerge con evidenza tra le regole che nel corso degli anni hanno introdotto stringenti limiti ai compensi ed anche alla contrattazione collettiva di settore, per alcuni oggetto di una vera e propria funzionalizzazione (art. 11 co. 6 del d.lgs. 175/2016). Poiché la predisposizione di limiti retributivi massimi inderogabili in sede contrattuale è già nota nel nostro ordinamento, nell’argomentare la legittimità di imposizioni siffatte l’Autore cerca e trova conforto nella giurisprudenza della Corte costituzionale che in più occasioni ne ha sancito la compatibilità con i principi costituzionali ove sia perseguita una ratio di carattere economico (a titolo esemplificativo cfr C.Cost. 26.5.2017 n. 124). Inutile ribadire che tale ratio sia riscontrabile laddove, come nella materia che ci occupa, siano perseguite esigenze di bilancio e di riduzione della spesa che l’Autore considera “propugnate in maniera quasi ossessiva” dal legislatore del 2016 (con la necessaria puntualizzazione che, come osserva Altimari, nel caso delle società partecipate destinataria del limite alla derogabilità in melius in relazione alla retribuzione massima prevista dal d.lgs.175/2016 è la contrattazione individuale e non quella collettiva).
Argomentata la tenuta costituzionale di tali misure l’Autore dedica, poi, attenzione anche alle ulteriori limitazioni relative questa volta ad istituti contrattuali erogabili in sede di cessazione del rapporto di lavoro (art. 11 co. 10 d.lgs. 175/2016). Anche in questo frangente come a margine di ogni disposizione di rilievo lavoristico del d.lgs. 175/2016 Altimari ricorda al lettore e a se stesso che la scelta di intraprendere la strada privatistica o pubblicistica debba essere sempre adottata considerando debitamente l’obiettivo di contenimento della spesa. Obiettivo che, con riferimento al tema in esame, è in effetti espressione di una “generalizzata sfiducia che il legislatore del tusp nutre nei confronti della gestione del personale” nelle società a controllo pubblico.
b. L’Autore non trascura le implicazioni derivanti dalla natura pubblica del socio controllante non solo sul rapporto societario con la controllata e sulla disciplina dei rapporti di lavoro ma anche sulla contrattazione collettiva. A quest’ultimo riguardo è utile siano segnalate le riflessioni a margine dell’art. 19 co. 6 d.lgs. 175/2016 (che avrebbe imposto alla controllata di “portare al tavolo delle trattative” in sede decentrata “quelle esigenze di contenimento degli oneri contrattuali” annoverabili trai macro obiettivi formulati dall’ente controllante e che la società ritiene di fare propri) ma, soprattutto, le interessanti proposte formulate in conclusione all’approfondimento. Pur rinviando al testo per una descrizione completa, in questa sede ci si limita ad osservare come i suggerimenti dell’Autore - il primo in tema di contenuti della contrattazione il secondo in materia di coordinamento tra attori sindacali a livello decentrato - nascano dalla acquisita consapevolezza che le società partecipate da enti pubblici presentino ancora peculiarità meritevoli di essere valorizzate forse in veri e propri “statuti speciali” del personale(anche contrattuali) che ne recepiscano le differenze dalla pubblica amministrazione, da un lato, e dalle società tout court private, dall’altro lato.
5. La protezione dei lavoratori nelle vicende circolatorie e di crisi delle società pubbliche. Il modello di gruppo sotteso alle regole.
È fatto noto anche a quanti non abbiano approfondito l’argomento che, successivamente ad una fase di forte incentivo alle esternalizzazioni anche associative attraverso la costituzione di società partecipate, il legislatore abbia dato avvio ad un’inversa fase di reinternalizzazione dei servizi anche mediante la dismissione di tali enti. Lo studioso del diritto del lavoro non può trascurare l’impatto sociale di tali fenomeni; da qui la scelta dell’Autore di dedicare l’ultimo corposo capitolo alle vicende circolatorie nell’ambito di una ampia nozione di amministrazione integrata (composta da pubblico e privato partecipato) nonché all’esubero ed al conseguente accesso agli ammortizzatori sociali.
In particolare, a valle della ricognizione delle partecipazioni imposta a ciascuna pubblica amministrazione dall’art. 24 del d.lgs. 175/2016, l’art. 25 grava le società a controllo pubblico dell’effettuazione con cadenza annuale nel triennio 2020-2022 di “una ricognizione del personale in servizio, per individuare eventuali eccedenze”. L'elenco dei lavoratori eccedenti è gestito a livello regionale e strumentale ad agevolare processi di mobilità in tale ambito territoriale, “con le modalità stabilite dal decreto previsto dal medesimo comma 1 e previo accordo con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, tramite riallocazione totale o parziale del personale in eccedenza presso altre società controllate dal medesimo ente o da altri enti della stessa regione, sulla base di un accordo tra le società interessate” (art. 25 comma 2).Secondo l’Autore il metodo introdotto - scandito da una ricognizione delle partecipate con successiva individuazione degli esuberi e dei loro profili al fine di una loro ricollocazione - è espressione del convincimento che le partecipate (in particolare in uno specifico ambito territoriale) costituiscano un unico gruppo societario nel quale la Pubblica Amministrazione capo gruppo si preoccupa di riequilibrare la distribuzione del personale, ed è pertanto apprezzabile. Differente è, tuttavia, il giudizio sulle modalità di attuazione del metodo che, ad avviso di Altimari, ne hanno compromesso l’operatività al pari di quanto è avvenuto in relazione al divieto di assunzioni operativo fino al giugno 2018. Quest’ultima imposizione, funzionale alla ricollocazione del personale in esubero nell’ambito del gruppo delle partecipate dall’ente pubblico, conosce infatti notevoli limiti di effettività; basti pensare alla possibilità di assumere attraverso gli elenchi dei profili in esubero, sino alla facoltà di assumere con contratti a termine, in forza del d.lgs. 69/1999 sino, infine alla possibilità di assumere profili infungibili previo nulla osta.
Le riflessioni dell’Autore aiutano il lettore a percepire con maggiore chiarezza il modello sotteso alle previsioni in materia di circolazione ed esuberi del personale e, forse, all’intera regolamentazione delle società controllate da enti pubblici. Una volta accantonate le difficoltà operative ed i colpevoli ritardi (ad esempio nella adozione del decreto ministeriale attuativo dell’art.25 del d.lgs. 175/2016) si scoprirà che tali regole, segnatamente laddove prevedono che la ricollocazione possa avvenire primariamente presso altre società controllate dallo stesso ente pubblico, evocano una dimensione infragruppo delle partecipazioni nell’ambito della quale l’amministrazione controllante assumerebbe il ruolo di sostanziale capogruppo. Tale accezione sembra trovare conforto anche nell’enfasi mostrata dal legislatore nei confronti del ruolo esercitabile dall’ente pubblico controllante (in termini, ad esempio, di individuazione di obiettivi specifici, annuali, pluriennali sul complesso delle spese di funzionamento comprese quelle per il personale) nei confronti della controllata e meriterebbe pertanto di essere esaltata anche con riferimento ai rapporti di lavoro. Ed è questa la condivisibile convinzione dell’Autore che orienta l’intero contributo: la Pubblica Amministrazione “capogruppo” esercita un ruolo fondamentale nella scansione delle fasi di una società partecipata, dalla sua costituzione alla sua eventuale dismissione. Tale funzione così cruciale, lungi dal poter essere ridotta all’espletamento di meri adempimenti di natura giuscommerciale, deve esplicarsi in un costante monitoraggio sulla “vita” delle proprie controllate in particolare nella sua componente dinamica di instaurazione e gestione dei rapporti di lavoro.

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