Testo integrale con note e bibliografia

1.Overruling processuale e sostanziale in materia di contributi previdenziali: definizione ed impostazione del tema di indagine.
1.1. Si tratta soltanto di poche pronunce della sezione lavoro della Corte di cassazione , adottate da collegi giudicanti – largamente coincidenti – e da una esigua minoranza dei giudici della sezione.
Fanno, tuttavia, “molto rumore”, ma – – per restare nella metafora scespiriana – non “per nulla”.
Intanto ne risultano enunciati principi di diritto in radicale contrasto con l’orientamento giurisprudenziale da sempre consolidato (vedi infra).
Peraltro, il diffuso proselitismo – sebbene non inconsueto per novità giurisprudenziali – nella specie comporta, tuttavia, lo stravolgimento del contenzioso del lavoro e della sicurezza sociale.
Ne risulta, infatti, sostanzialmente imposta – asseritamente muovendo, appunto, dall’overruling processuale in esame - la partecipazione dell’ente previdenziale – all’evidenza, affatto carente di interesse - in tutte le controversie instaurate dal lavoratore – nei confronti del datore di lavoro – nelle quali si pongano questioni di contributi (vedi infra).

1.2. Dichiarano, bensì, le pronunce in esame di dare seguito a precedenti giurisprudenziali – asseritamente – conformi.
Si discostano, tuttavia, da un orientamento giurisprudenziale consolidato da sempre in senso contrario.
Nessuno aveva, infatti, finora affermato – in contrasto, appunto, con l’orientamento giurisprudenziale consolidato - il litisconsorzio necessario dell’ente previdenziale - in tutte le controversie, nelle quali si pongano questioni di contributi – né, tantomeno, negato il diritto del lavoratore alla posizione contributiva.

1.3. La prima linea di contrasto - all’ overruling processuale e sostanziale in esame, che ne risulta – pare, all’evidenza, la difesa della nomofilachia.
E prescinde dal presidio di sanzione processuale per la sua violazione (vedi infra).
Non preclude, tuttavia, l’interpretazione - anche evolutiva - della legge.
Ma subordina ogni scostamento – dalla interpretazione uniforme, che la nomofilachia persegue - a doverose cautele ed a supporto argomentativo adeguato.
Nella specie, tuttavia, la inadeguatezza della stessa motivazione – addotta a sostegno dell’overruling – si coniuga con le ragioni – che sorreggono l’orientamento giurisprudenziale disatteso – e con principi di segno parimenti contrario.

1.4. Intanto il precedente – addotto a sostegno dell’overruling processuale – prevede, bensì, il litisconsorzio necessario dell’ente previdenziale (Inps).
Riguarda, tuttavia, controversia instaurata dal lavoratore - per ottenere dall’INPS, appunto, la costituzione di rendita sostitutiva di pensione, con onere contributivo a carico del datore di lavoro – a titolo di risarcimento in forma specifica del danno pensionistico, in dipendenza della omissione di contributi ormai prescritti.
È lo stesso precedente, del resto, a sottolineare la palese differenza fra tale controversia – nella quale la partecipazione necessaria dell’ente previdenziale e del datore di lavoro risulta palesemente indefettibile – e la controversia affatto diversa - instaurata dal lavoratore per ottenere dal datore di lavoro il risarcimento in forma generica del medesimo danno (ai sensi dell’articolo 2116. Cpv., c.c.) – nella quale l’ente previdenziale, all’evidenza, è del tutto estraneo (vedi infra).
La stessa conclusione si impone, vieppiù, per la controversia instaurata dal lavoratore, nei confronti del datore di lavoro, per far valere il proprio diritto alla posizione contributiva.

1.5. Parimenti destituita di fondamento giuridico pare, altresì, la configurazione come sostituzione processuale, cioè volta a far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui (art. 81 c.p.c.), che - per la condanna del datore di lavoro al pagamento dei contributi sul risarcimento del danno per licenziamento illegittimo (articolo 18 dello statuto dei lavoratori) – viene apoditticamente proposta. a sostegno dell’overruling processuale, all’evidente scopo di rimuovere lo stesso riscontro esplicito – nel testo della legge (art. 18 s.l., appunto) - del diritto del lavoratore alla posizione contributiva, azionabile senza la partecipazione al giudizio dell’ente previdenziale.
La configurazione prospettata, infatti, risulta incompatibile, da un lato, con l’assenza della previsione espressa dell’asserita la sostituzione processuale -sebbene tale previsione sia indefettibile – e mal si concilia, dall’altro, con la storia interna della norma statutaria (art. 18), nella sua evoluzione dal testo originario a quello ora vigente (vedi infra).

1.6. Parimenti a confutazione dello stesso overruling processuale – ed a sostegno dell’orientamento giurisprudenziale finora consolidato – soccorre il diritto del lavoratore alla posizione contributiva (vedi infra).
Con esso concorrono, tuttavia, i principi processuali sull’ accertamento incidentale (art. 34 c.p.c.).
Il punto si coniuga, in tale prospettiva, con la questione pregiudiziale – oggetto di accertamento e, rispettivamente, decisione incidenter tantum, senza necessità di integrare il contraddittorio – e con la causa pregiudiziale, che – su domanda di parte - è decisa con autorità di giudicato, previa integrazione del contraddittorio (vedi infra).

1.7. Il principio generale di automatismo delle prestazioni - secondo cui le prestazioni previdenziali spettano al lavoratore anche quando i contributi dovuti non siano stati effettivamente versati – costituisce una fondamentale garanzia per il lavoratore assicurato, intesa a non far ricadere su di lui il rischio di eventuali inadempimenti del datore di lavoro in ordine agli obblighi contributivi.
Palese ne risulta, quindi, la coerenza con il diritto del lavoratore alla posizione contributiva.

1.8. Del pari coerente – con lo stesso diritto del lavoratore alla posizione contributiva – è la sostanziale continuità fra “la sussistenza dell'interesse del lavoratore ad agire per la tutela della propria posizione contributiva ancor prima del maturare del diritto alle prestazioni previdenziali, mediante la proposizione di una domanda di condanna generica volta ad accertare la eventualità dell'omissione”, da un lato, e la salvezza, dall’altro. della “facoltà di esperire, al momento del prodursi dell'evento dannoso, coincidente con il raggiungimento dell'età pensionabile, l'azione risarcitoria ex art. 2116 c.c., comma 2, ovvero quella in forma specifica (ex art. 13 legge n. 1338 del 1962)”.
Valga, tuttavia, il vero.

2.Segue: in difesa della nomofilachia.
2.1. La prima linea di contrasto all’ overruling processuale e sostanziale in esame pare, all’evidenza, la difesa della nomofilachia.
E prescinde – come pure è stato anticipato (§ 1.3) - dal presidio di sanzione processuale per la sua violazione.

2.2. La nomofilachia resta funzione della Corte di cassazione (art. 65 dell’ordinamento giudiziario).
Pare auspicabile, tuttavia, che la uniforme interpretazione della legge – che ne risulta perseguita – diventi dovere di tutti i giudici – compresi quelli del lavoro – senza frustrarne, tuttavia, il potere di interpretazione, anche evolutiva.
La uguaglianza dinanzi alla legge (art. 3 cost.) – che la nomofilachia concorre a garantire - si coniuga, infatti, con la prevedibilità e predittività della giurisprudenza e, con essa, la tutela dell’affidamento e la certezza del diritto.

2.3.A sostegno della uniforme interpretazione della legge – che la nomofilachia persegue – soccorrono, tuttavia, le critiche all’overruling processuale della Corte di cassazione , che – nel primo decennio di questo secolo – è pervenuta a conclusioni in palese contrasto – con il tenore letterale delle norme e con la precedente giurisprudenza della stessa Corte (e, talora, anche della Corte costituzionale) – motivando in punto di principi costituzionali ed, in particolare, sul principio di ragionevole durata del processo.
A fronte dello stesso – come di qualsiasi altro - overruling processuale, infatti, va tenuta ferma, innanzi tutto, la difesa delle norme processuali ,
Pertanto, la lettura delle stesse norme processuali – in senso non formalistico, beninteso – deve coniugarsi con il rispetto del loro tenore letterale, anche nella sua evoluzione diacronica.
Né può essere trascurato che la libera interpretazione delle stesse norme – a prescindere, cioè, dal loro tenore letterale – si risolve nella “abolizione del diritto stesso, almeno in quanto l’idea del diritto si riconnette alla ... garanzia di certezza e di eguaglianza, conquista insopprimibile della civiltà”.

2.4. Tanto più la conclusine ora proposta si impone ove si consideri che l’overruling continua ad occupare – e preoccupare – la giurisprudenza delle sezioni unite civili e della sezione lavoro della Corte di cassazione, insieme alla esigenza di contrastare – affidata, ora, al prospective overruling – le conseguenze pregiudizievoli, che ne derivano, per la tutela giurisdizionale dei diritti (anche) dei lavoratori.

2.5. Le palesi ricadute negative delle conclusioni disattese – sulla strumentalità del processo e, con essa, sulla effettività della tutela giurisdizionale – non potrebbero, in nessun caso, essere compensate dalla finalità – talora predicata – di deflazione del contenzioso.
La deflazione buona, infatti, è solo quella che nasce dal lato dell’offerta.
Si tratta, invero, di opinione largamente condivisa nella scienza economica, dalla quale attinge, appunto, la metafora della deflazione del contenzioso.
Non può essere, tuttavia, estesa alle norme processuali, in funzione deflattiva del contenzioso.
Suggerisce, però, doverosa cautela dinanzi a manovre deflattive, che – incidendo sulla domanda di giustizia – possono determinarne, addirittura, la frustrazione di ga¬ranzie, che sono offerte dal patrimonio costituzionale comune.
Si tratta, quindi, di privilegiare manovre deflattive, che – promuovendo la efficienza – incidano sulla offerta di giustizia: le regole del processo si coniugano, in tale prospettiva, con interventi – parimenti virtuosi – sulla organizzazione giudiziaria.

 

2.6. Né rileva in contrario, per quanto si è detto, l’assenza di una sanzione processuale per la violazione della nomofilachia.
Persino nella ipotesi di principio di diritto enunciato dalle sezioni unite civili - che non esaurisce, all’evidenza, la nomofilachia – l’onere delle sezioni semplici, che ritengano di non condividerlo, di rimettere la decisione del ricorso alle stesse sezioni unite (ai sensi dell’articolo 374, terzo comma c.p.c.) “non concerne l'intero impianto motivazionale, ma la sola "regula iuris", correlata ad un concreto motivo di ricorso, espressa dal precedente delle Sezioni Unite”.
E - per quel che qui interessa - “l'implicito divieto dell'opinione dissenziente”, che ne risulta, pare imposto, tuttavia, da “lex imperfecta perché non assistita da una formale sanzione di nullità della sentenza (ma forse, più correttamente, minus quam perfetta, in considerazione di possibili riflessi disciplinari) …… “.

2.7. Al di fuori del prospettato divieto dell'opinione dissenziente, la nomofilachia non preclude, come è stato anticipato, l’interpretazione - anche evolutiva - della legge.
Subordina, tuttavia, lo scostamento dalla interpretazione uniforme – che la nomofilachia persegue - a doverose cautele ed a supporto argomentativo adeguato.
Nella specie, tuttavia, vizi nella stessa motivazione – che viene addotta a sostegno dell’overruling – si coniugano con principi di segno contrario o, comunque, con esso incompatibili.

 

 

3.Segue: litisconsorzio necessario dell’ente previdenziale in tutte le controversie nelle quali si ponga una questione di contributi.
3.1.Come è stato anticipato (§ 1.4), il precedente – addotto a sostegno dell’overruling processuale – prevede, bensì, il litisconsorzio necessario dell’ente previdenziale (Inps).
Riguarda, tuttavia, controversia instaurata dal lavoratore – per ottenere dall’INPS, appunto, la costituzione di rendita sostitutiva di pensione, con onere a carico del datore di lavoro – a titolo di risarcimento in forma specifica del danno pensionistico, in dipendenza della omissione di contributi ormai prescritti.
È lo stesso precedente, del resto, a sottolineare – come pure è stato anticipato (§ 1.4, cit.) - la palese differenza fra tale controversia – nella quale la partecipazione necessaria dell’ente previdenziale e del datore di lavoro risulta palesemente indefettibile – e la controversia affatto diversa - instaurata dal lavoratore per ottenere dal datore di lavoro il risarcimento in forma generica del medesimo danno (ai sensi dell’articolo 2116. Cpv., c.c.) – nella quale l’ente previdenziale, all’evidenza, è del tutto estraneo (vedi infra).
La stessa conclusione si impone vieppiù – come pure è stato anticipato - per la controversia instaurata dal lavoratore, nei confronti del datore di lavoro, per far valere il proprio diritto alla posizione contributiva.

3.2.A sostegno dell’overruling processuale in esame, si legge testualmente:
“le medesime ragioni di ordine logico e sistematico esaminate da Cass. S.U. n. 3678 del 2009, cit., a sostegno della necessità del litisconsorzio necessario con l'ente previdenziale allorché l'azione risarcitoria abbia ad oggetto la costituzione della rendita vitalizia, debbono valere anche nel caso in cui oggetto della domanda del lavoratore sia direttamente la condanna del datore di lavoro al pagamento in favore dell'ente previdenziale dei contributi omessi”.
La palese differenza fra le controversie – che ne risultano, apoditticamente, assimilate – viene lucidamente sottolineata, tuttavia, dalla stessa sentenza richiamata.

3.3. La sentenza richiamata , infatti, risulta così massimata:
“Nel caso in cui il lavoratore agisca giudizialmente per ottenere la costituzione della rendita vitalizia ex art. 13, 5º comma, l. 12 agosto 1962 n. 1338, per la quale il datore di lavoro si sia sottratto al versamento all'Inps della relativa riserva matematica e per il cui versamento lo stesso datore resta obbligato, sussiste litisconsorzio necessario nei confronti dell'anzidetto datore di lavoro e dell'Inps, ciò trovando giustificazione per il riflesso, sotto il profilo processuale, che assumono gli aspetti sostanziali rappresentati: dall'interesse, giuridicamente protetto, del lavoratore alla realizzazione dei presupposti della tutela assicurativa (con la condanna dell'Inps alla costituzione della rendita vitalizia e del datore di lavoro inadempiente al versamento della riserva matematica); dall'interesse dell'Inps a limitare il riconoscimento della rendita vitalizia ai casi di esistenza certa e non fittizia di rapporti di lavoro; dall'interesse del datore di lavoro a non trovarsi esposto, ove il giudizio si svolga in sua assenza, agli effetti pregiudizievoli di un giudicato ai suoi danni a causa del riconoscimento di un inesistente rapporto lavorativo, lontano nel tempo”.
E motiva testualmente:
- “sussiste litisconsorzio necessario nei confronti del datore di lavoro e dell'I.N.P.S. nel caso in cui il lavoratore, sostituendosi al datore di lavorare agisca giudizialmente per ottenere la costituzione della rendita vitalizia L. n. 1338 del 1962, ex art. 13, comma 5, per la quale il datore di lavoro si sia sottratto al versamento all'I.N.P.S. della relativa riserva matematica e per il cui versamento esso datore di lavoro resta L. n. 1338 del 1962, art. 13, ex comma 5, cit. obbligato, ferme restando le sanzioni penali a suo carico L. n. 1338 del 1962, art. 13, ex comma 1 cit.”;
- viceversa, “ove il lavoratore agisca nei confronti del datore di lavoro deducendo il mancato versamento di contributi previdenziali e chiedendo esclusivamente la condanna del datore al pagamento di un importo pari alla riserva matematica necessaria per costituire la rendita vitalizia (…), non occorre, rispetto a tale domanda, integrare il contraddittorio nei confronti dell'I.N.P.S.”.
L’ overruling processuale in esame ne risulta, all’evidenza, smentito dallo stesso precedente invocato a sostegno.

3.4.Come pure è stato anticipato (§ 1.5.), parimenti destituita di fondamento giuridico pare, altresì, la configurazione come sostituzione processuale, volta a far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui (art. 81 c.p.c.), che - per la condanna del datore di lavoro al pagamento dei contributi sul risarcimento del danno per licenziamento illegittimo (articolo 18 dello statuto dei lavoratori) –viene apoditticamente proposta sostegno dell’overruling processuale.
Evidente ne risulta lo scopo di rimuovere l’univoco riscontro testuale – nella legge (art, 18 s.l., cit.), appunto - del diritto del lavoratore alla posizione contributiva, azionabile senza la partecipazione al giudizio dell’ente previdenziale.

3.5. La configurazione prospettata, tuttavia, risulta incompatibile – come pure è stato anticipato (§ 1.5., cit.) - con l’assenza della previsione espressa dell’asserita la sostituzione processuale, sebbene tale previsione sia indefettibile.
Dalla stessa motivazione dell’overruling processuale risulta, infatti, che “la condanna a favore di terzo è istituto di carattere eccezionale, che può trovare giustificazione solo in presenza di un'espressa previsione legislativa”.
Né la previsione espressa – di condanna a favore di terzo, appunto – pare recata, dalla disposizione in esame (art. 18 s.l., cit.), per la condanna del datore di lavoro – al “versamento dei contributi previdenziali e assistenziali”, appunto – in giudizio di impugnazione di licenziamento individuale, instaurato dal lavoratore nei suoi confronti, senza la partecipazione dell’ente previdenziale.

3.6. La medesima configurazione – di sostituzione processuale, appunto – mal si concilia, altresì, con la storia interna della norma statutaria (art. 18), nella sua evoluzione dal testo originario a quello ora vigente vedi inf(ra).
Alla retribuzione - dal licenziamento alla sentenza di condanna - si coniugava, nel testo originario della norma statutaria, il risarcimento del danno dalla sentenza alla reintegrazione nel posto di lavoro.
Incontrovertibile risultava – per entrambi i periodi – la soggezione a contribuzione previdenziale, sebbene non prevista espressamente.
Nel testo ora vigente dello stesso noma statutaria (art. 18), tuttavia, è previsto il risarcimento del danno per l’intero periodo dal licenziamento, appunto, alla reintegrazione.
E la previsione esplicita - che “il datore di lavoro è condannato inoltre, per il medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali” – è volta, nella norma ora vigente, a rimuovere qualsiasi dubbio circa la permanente soggezione a contribuzione - nonostante la dichiarata natura risarcitoria - di quanto dovuto dal datore di lavoro in dipendenza della illegittimità del licenziamento.
Ne risulta confermato, vieppiù, il diritto del lavoratore – al versamento di tali contributi – azionabile in giudizio di impugnazione di licenziamento individuale, previdenziale.
Coerentemente ne risulta ribadita la palese inconfigurabilità, nella specie, di una ipotesi di sostituzione processuale (art. 81 c.p.c.).

4.Segue: diritto strumentale del lavoratore alla posizione contributiva.
4.1. Parimenti a confutazione dello stesso overruling processuale e, insieme, di quello sostanziale – come è stato anticipato (§1.6.) – soccorre, a sostegno dell’orientamento giurisprudenziale finora consolidato, il diritto del lavoratore alla posizione contributiva.
Con esso concorrono – come pure è stato anticipato (§1.6., cit.) - i principi processuali sull’ accertamento incidentale (art. 34 c.p.c.).
Il punto si coniuga, in tale prospettiva, con la questione pregiudiziale – oggetto di accertamento e, rispettivamente, decisione incidenter tantum, senza necessità di integrare il contraddittorio – e con la causa pregiudiziale, che – su domanda di parte - è decisa con autorità di giudicato, previa integrazione del contraddittorio (vedi infra).

4.2. La negazione del diritto del lavoratore alla posizione contributiva risulta – dall’ overruling sostanziale – così testualmente motivato:
”Deve escludersi, coerentemente con l'autonomia del rapporto contributivo rispetto a quello previdenziale, che il lavoratore possa sostituirsi all'ente previdenziale per ottenere una condanna del datore di lavoro a pagare i contributi medesimi, discendendo piuttosto l'obbligo del loro pagamento dall'acclarata persistenza del rapporto di lavoro” con la conseguenza che, “in caso di omesso versamento dei contributi da parte del datore di lavoro, il nostro ordinamento non prevede un'azione dell'assicurato volta a condannare l'ente previdenziale alla "regolarizzazione" della sua posizione contributiva, nemmeno nell'ipotesi in cui l'ente previdenziale, che sia stato messo a conoscenza dell'inadempimento contributivo prima della decorrenza del termine di prescrizione, non si sia tempestivamente attivato per l'adempimento nei confronti del datore di lavoro obbligato, residuando unicamente in suo favore il rimedio risarcitorio di cui all'art. 2116 c.c. e la facoltà di chiedere all'INPS la costituzione della rendita vitalizia”.
Non pare, tuttavia, confortata dai precedenti – asseritamente – conformi.
Ne risulta, invece, palese il contrasto con l’orientamento consolidato – da sempre – in senso contrario.

4.3. Invero “l'interesse del lavoratore al versamento dei contributi, (è) dalla legge protetto come diritto soggettivo alla posizione assicurativa”.
Risulta, all’evidenza, “strumentale rispetto al soddisfacimento delle esigenze di vita in caso di avveramento di rischio protetto dalla legge”, in palese coerenza con il diritto alla previdenza, costituzionalmente garantito (art. 38, 2° comma).
Tale diritto del lavoratore “non s'identifica con il diritto spettante all'istituto previdenziale, né si configura come una posizione di contitolarità in tale diritto e ancor meno di solidarietà attiva”.
Ma risulta, tuttavia, “connesso con il diritto di credito dell'istituto, sia geneticamente, perché nasce dal medesimo fatto che a quello dà origine (la costituzione del rapporto di lavoro), sia funzionalmente, perché l'adempimento del debito contributivo realizza anche la soddisfazione del diritto alla posizione assicurativa.
Peraltro, “con l'azione ex art. 2116-2 c.c., il lavoratore fa valere il medesimo interesse sostanziale alla cui protezione è preordinato il diritto alla posizione assicurativa”.
Non saprei meglio sintetizzare l’orientamento giurisprudenziale, da sempre - per quanto si è detto – consolidato sul punto.
Pare coerente, tuttavia, ritenere fondata – proprio sulla lesione dello stesso diritto alla posizione contributiva – la ingiustizia del danno pensionistico ed il diritto del lavoratore al risarcimento in forma generica oppure specifica.

4.4. Né può essere trascurato che il diritto del lavoratore ad agire per il versamento dei contributi (diritto alla posizione contributiva, appunto) compete non solo nella previdenza pubblica – alla quale si riferisce l’overruling – ma anche nella previdenza privata – di secondo livello – dei Fondi pensione .
Mal si concilia, invece, con la previdenza privatizzata delle Casse per i liberi professionisti, essendo i contributi alle Casse versati – in tale ipotesi - dagli stessi professionisti che ne ricevono prestazioni previdenziali.
Parimenti non può essere trascurato l’analogo diritto del lavoratore ad agire, nei confronti dell’ente previdenziale, per “fare accertare la computabilità dei contributi dovuti e non versati dal datore di lavoro, ancorché non venga ancora rivendicato il diritto alla relativa prestazione, atteso che l'interesse ad agire deriva in tali ipotesi dalla contestazione dell'ente previdenziale in ordine alla computabilità dei contributi medesimi”, in base, appunto, alla “ragione essenziale che la costituzione di una regolare posizione assicurativa costituisce di per sé un diritto, autonomamente azionabile a prescindere dalla richiesta attuale di una prestazione previdenziale”.
Tanto basta per concludere che l’overruling in esame – sebbene sia riferito alla posizione contributiva del lavoratore nella previdenza pubblica – sembra cancellare, nella sostanza, un istituto del diritto della previdenza sociale, che – sia pure con qualche variabile – risulta di generale applicazione.

4.5. La prospettata autonomia del diritto del lavoratore alla posizione contributiva non significa indifferenza rispetto al diritto di credito contributivo dell’ente previdenziale – parimenti nei confronti del datore di lavoro – in quanto ne costituisce imprescindibile presupposto genetico, per entrambi, il medesimo rapporto di lavoro e l’obbligazione contributiva che ne deriva.
Nella controversia instaurata dal lavoratore nei confronti del datore di lavoro – per far valere, appunto, il proprio diritto alla posizione contributiva - si pone sempre, pertanto, la questione circa l’esistenza di quel presupposto.
Va risolta, tuttavia, secondo i principi processuali in materia di accertamenti incidentali (art. 34 c.p.c.).
In tale prospettiva, l’esistenza dello stesso presupposto (rapporto di lavoro, appunto, ed obbligazione contributiva che ne deriva) costituisce sempre – nella controversia instaurata dal lavoratore nei confronti del datore di lavoro, per far valere il proprio diritto alla posizione contributiva - un punto pregiudiziale, che il giudice deve accertare al fine della pronuncia sulla domanda.
Mentre dà origine – nel caso di contestazione – ad una questione pregiudiziale, che il giudice decide in via incidentale (incidenter tantum), senza alcuna efficacia autonoma di giudicato - al di fuori della causa in cui l'accertamento avviene – e, di conseguenza, senza necessità di estendere il contraddittorio ai soggetti – interessati alla stessa questione pregiudiziale - quale, appunto, l’ente previdenziale.
Solo se le parti chiedono espressamente che sulla questione pregiudiziale sia emessa una pronuncia con autorità di cosa giudicata, il giudice adito viene ad essere investito di due cause - quella pregiudiziale, appunto, e quella principale - da decidere entrambe con efficacia di giudicato, previa integrazione del contraddittorio rispettivo.
Tanto basta per confermare la conclusione, già raggiunta per altra via, che una questione contributiva – in controversia promossa dal lavoratore per far valere, nei confronti del datore di lavoro, il proprio diritto alla posizione contributiva – non è, da sola, sufficiente per imporre il litisconsorzio necessario dell’ente previdenziale, quale titolare del diritto di credito contributivo, nei confronti dello stesso datore di lavoro.

 

5.Segue: automatismo delle prestazioni previdenziali e risarcimento del danno pensionistico.
5.1.Come è stato anticipato (§ 1.7), il principio generale di automatismo delle prestazioni - secondo cui le prestazioni previdenziali spettano al lavoratore anche quando i contributi dovuti non siano stati effettivamente versati – costituisce una fondamentale garanzia per il lavoratore assicurato, intesa a non far ricadere su di lui il rischio di eventuali inadempimenti del datore di lavoro in ordine agli obblighi contributivi.
Palese ne risulta, quindi, la coerenza con il diritto del lavoratore alla posizione contributiva.

5.2. Il principio generale di automatismo delle prestazioni - secondo cui le prestazioni previdenziali spettano al lavoratore, appunto, anche quando i contributi dovuti non siano stati effettivamente versati – trova applicazione "salvo diverse disposizioni delle leggi speciali": il che significa che potrebbe ritenersi sussistente una deroga rispetto ad esso solo in presenza di una esplicita disposizione in tal senso.
Detto principio costituisce una fondamentale garanzia per il lavoratore assicurato, intesa a non far ricadere su di lui il rischio di eventuali inadempimenti del datore di lavoro in ordine agli obblighi contributivi.
Rappresenta, perciò, un logico corollario della finalità di protezione sociale inerente ai sistemi di assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti.
Garanzia, questa, ulteriormente rafforzata dal legislatore, in attuazione di una direttiva comunitaria, attraverso la sua estensione al caso di obblighi contributivi non adempiuti e prescritti, gravanti su un datore di lavoro sottoposto a procedure fallimentari o di amministrazione straordinaria .
Palese ne risulta la coerenza – con il diritto del lavoratore alla posizione contributiva – del quale condivide, appunto, la finalità di protezione sociale.

5.3.Del pari coerente con lo stesso diritto del lavoratore alla posizione contributiva – come pure è stato anticipato (§ 1.8.) – è la sostanziale continuità fra “la sussistenza dell'interesse del lavoratore ad agire per la tutela della propria posizione contributiva ancor prima del maturare del diritto alle prestazioni previdenziali, mediante la proposizione di una domanda di condanna generica volta ad accertare la eventualità dell'omissione”, da un lato, e la salvezza, dall’altro. della “facoltà di esperire, al momento del prodursi dell'evento dannoso, coincidente con il raggiungimento dell'età pensionabile, l'azione risarcitoria ex art. 2116 c.c., comma 2, ovvero quella in forma specifica (ex art. 13 legge n. 1338 del 1962)”.

 

5.4. Palese risulta, infatti, la sostanziale continuità fra “la sussistenza dell'interesse del lavoratore ad agire per la tutela della propria posizione contributiva ancor prima del maturare del diritto alle prestazioni previdenziali, mediante la proposizione di una domanda di condanna generica volta ad accertare la eventualità dell'omissione”, da un lato, e la salvezza, dall’altro. della “facoltà di esperire, al momento del prodursi dell'evento dannoso, coincidente con il raggiungimento dell'età pensionabile, l'azione risarcitoria ex art. 2116 c.c., comma 2, ovvero quella in forma specifica (ex art. 13 legge n. 1338 del 1962)”.
Non saprei esprimere meglio né, tantomeno, con pari autorevolezza – rispetto alla sezione lavoro della Corte di cassazione – la conferma, che ne risulta, dell’orientamento da sempre consolidato - in punto di “sussistenza dell'interesse del lavoratore ad agire per la tutela della propria posizione contributiva” – e la sconfessione dell’esaminato overruling sostanziale in senso contrario.
Resta da domandarsi, tuttavia, se si tratti di ritorno alla ragione – per così dire – oppure se siano ancora necessari – per ristabilire l’orientamento consolidato, per quanto si è detto, prima dell’ esaminato overruling – interventi ulteriori della stessa sezione lavoro – in ipotesi, nella cosiddetta formazione rafforzata - oppure la rimessione della questione alle sezioni unite civili per comporre il contrasto di giurisprudenza – fra l’orientamento finora consolidato, appunto, e l’esaminato overruling - o, comunque, per decidere una questione di massima di particolare importanza.

 

6.Segue: conseguenze, implicazioni e rimedi.
6.1.Come è stato anticipato – fin dall’apertura (§ 1.1) – il diffuso proselitismo dell’esaminato overruling comporta lo stravolgimento del contenzioso del lavoro e della sicurezza sociale.
Ne risulta, infatti, diffusamente imposta – asseritamente muovendo, appunto, dall’esaminato overruling processuale - la partecipazione dell’ente previdenziale – all’evidenza, affatto carente di interesse - in tutte le controversie instaurate dal lavoratore – nei confronti del datore di lavoro – per ottenere retribuzioni, ovviamente imponibili ai fini della contribuzione previdenziali.

6.2.Con l’incidenza pregiudizievole sulla ragionevole durata del processo e sullo spreco di giustizia – che, all’evidenza, ne risulta – concorre la palese inutilità della chiamata in causa dell’ente previdenziale, che - nel difetto di domande giudiziali (e, ancor prima, di pretese sostanziali azionate) nei suoi confronti – è del tutto carente di interesse.
Il difetto di domanda, infatti, preclude (arg. ex art. 99 c-p.c. e 2907 c.c.) qualsiasi pronuncia – nei confronti dello stesso ente – anche per quanto riguarda le spese processuali.
L’elenco degli inconvenienti (per dirla con un eufemismo) dell’esaminato overruling potrebbe, forse, continuare.
Tanto basta, tuttavia, per imporne l’immediato superamento.
Il ritorno - all’orientamento giurisprudenziale consolidato, che ne risulta disatteso – sarebbe, all’evidenza, funzionale alla ragionevole durata del processo ed al risparmio di giustizia.
Concorrerebbe, altresì, anche alla tutela giurisdizionale effettiva – tra gli altri – del diritto del lavoratore alla posizione contributiva, che – per quanto si è detto, ne risulta negato dall’overruling.
Tuttavia, non mancano, per quanto si è detto, rimedi adeguati agli inconvenienti prospettati: il tempo sia galantuomo!

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