Testo Integrale con note e bibliografia       Testo della Sentenza

Abstract
In tema di tutela del socio lavoratore di cooperativa, in caso d'impugnazione, da parte del socio, del recesso della cooperativa, la tutela risarcitoria non è inibita dall'omessa impugnazione della contestuale delibera di esclusione fondata sulle medesime ragioni, afferenti al rapporto di lavoro, mentre resta esclusa la tutela restitutoria

Wheter a cooperative member challenges the dismissal delivered by the Company, the compensation provided by law 604/66 will still be achievable even if the worker did not file any appeal against the Company's excluding decision. In any case, no reinstatement can be granted

 

La pronuncia in epigrafe interviene a fissare un primo approdo (auspicabilmente) stabile in un territorio estremamente frastagliato (quello dei soci lavoratori di cooperativa), in cui si sono registrate, negli ultimi tre lustri , decisioni ondivaghe, quando non addirittura apertamente in contrasto tra loro e, comunque, insuscettibili di essere ridotte ad unità concettuale.
Il quesito oggetto del rinvio, che costituisce il tema centrale della sentenza su cui si innestano una pluralità di rilevanti obiter dicta, attiene alla possibilità (o meno) di impugnare esclusivamente l'atto di recesso dal contratto di lavoro, laddove sia intervenuto un contestuale provvedimento di esclusione dalla compagine societaria.
A parere della Corte, il comma 3 dell'art. 1 della L. 142, nella versione successiva alla riforma del 2003, introduce un collegamento unidirezionale tra il contratto sociale (che riveste posizione dominante) e quello di lavoro, sia nella fase genetica che soprattutto, per quanto qui rileva, nella fase estintiva degli stessi .
La giurisprudenza che ha preceduto la decisione in commento si è interrogata in relazione alla necessità o meno di impugnare il provvedimento di esclusione dalla compagine societaria, tutte le volte che quest'ultimo intervenga contestualmente ad un provvedimento di recesso dal contratto di lavoro.
La previsione di un ristretto termine (frequentemente obliterato) “di sessanta giorni dalla comunicazione”, introdotto a pena di decadenza al fine di impugnare la delibera di esclusione , si presterebbe, secondo una parte della menzionata giurisprudenza di legittimità, a rappresentare, laddove negletto, un ostacolo insormontabile anche rispetto a richieste di tutela squisitamente ed esclusivamente giuslavoristiche.
Si è, conseguentemente, generata una tangibile tensione interpretativa tra pronunce inclini all'applicazione di tutele maggiormente capienti , anche a rischio di forzare il (laconico e scivoloso, per il vero) dato normativo, e decisioni meno propense a dilatare gli strumenti di tutela messi a disposizione della vastissima popolazione che abita questo confine estremo e sottoprotetto della subordinazione , tensione risolta in maniera rigorosa da parte delle SS.UU. in commento.
Queste ultime, infatti, definiscono il contrasto argomentando a partire dal differente impatto rimediale conseguente alla impugnazione della delibera di esclusione o del solo provvedimento di recesso.
Nel primo caso, l'impugnazione, laddove fondata, condurrà alla invalidazione della delibera ed alla applicazione della tutela restitutoria (mai reintegratoria, in applicazione dell'art. 2 della L. 142/01); nel secondo l'unica tutela richiedibile ed accordabile risulterà essere quella risarcitoria disciplinata dalla L. 604/66.
Sarà, dunque, l'attore a potere e dovere decidere quale tipo di tutela esperire, senza che la mancata impugnazione della delibera di esclusione possa pregiudicare l'esercizio dell'azione risarcitoria; a parere della Corte, infatti: “Pretendere che chi intenda chiedere soltanto la tutela risarcitoria derivante dal licenziamento illegittimo debba impugnare la delibera di esclusione equivarrebbe ad assoggettare la fruizione della prima ad un presupposto proprio della tutela restitutoria conseguente all'invalidazione dell'esclusione”.
È lecito confidare nella decisione delle SS.UU. al fine di tracciare una direzione che consenta di pervenire ad una interruzione del corto circuito interpretativo in cui la giurisprudenza (sia di merito che di legittimità) rischiava di rimanere intrappolata e che ha riguardato non solo (e forse non tanto) quello delle regole sostanziali che presiedono allo svolgimento del rapporto di lavoro del socio di cooperativa, ma piuttosto quello relativo al complesso dei meccanismi processuali funzionali a consentire al lavoratore stesso l'esercizio e la tutela dei propri diritti.

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